Categoria: Paesi Bassi

Idee per le vacanze: diari di viaggio pronti!

Diari di viaggio da Granada, Bruges, Mont Saint Michel, Tokyo, Nara e il Kumano Kodo
Diari di viaggio: un po’ di Belgio, un po’ di Spagna, un po’ di Francia, un po’ di Giappone, un po’ di me e Federica 😉

Da qualche anno non aggiornavo la lista dei luoghi visitati con i rispettivi diari di viaggio, con questo post ho recuperato un po’ di tempo perduto.
I Paesi del mondo in cui ho viaggiato sono aumentati e le località attraversate in nave, aereo, treno, bus, macchina sono anche di più. Come i diari di viaggio che ho scritto!
La pubblicazione dei diari di viaggio su questo blog è ormai un rito, un appuntamento fisso con i miei ricordi e con altri viaggiatori che vogliono fare esperienze simili.
I miei viaggi divisi per anno sono direttamente collegati al rispettivo diario: pronti a partire? 😉

2018: Normandia in macchina: Rouen, Mont Sant-Michel, Omaha Beach, Bayeux, Arromanches, Honfleur, Etretat, Giverny (Francia); Amsterdam (8) e Volendam (3)
2017: Bruges e Bruxelles (Belgio); Tokyo, Watarase Onsen, Hongu (Kumano Kodo), Shirahama, Nachi, Koyasan, Kyoto e Nara (Giappone); Sofia (Bulgaria)
2016: Vilnius e Trakai (Lituania); Amsterdam (6), Volendam (2), Monnickendam (2), Marken (2) e Edam
(Paesi Bassi); Andalusia (2) in macchina: Granada (2), Cordoba, Ronda, Nerja e Malaga (Spagna); Amsterdam (7); Cracovia e Auschwitz (Polonia)
2015: Varanasi, Sarnath, Agra, Fatehpur Sikri, Jaipur, Delhi (India); Miami, Key West (2), Orlando (3), Savannah, New Orleans, New York (3); Bratislava e Devin (Slovacchia), Vienna (Austria);
2014: Atene (Grecia); Mosca e San Pietroburgo (Russia); San Francisco, Las Vegas e i grandi parchi americani (USA); Porto (Portogallo)
2013: Phnom Pen, Siem Reap, Koh Kong (Cambogia); Bristol (2), Salisbury (2), Stonehenge (2) e Bath (UK); Andalusia in macchina: Siviglia (2), Gibilterra (UK), Cadice (Spagna); Parigi (7)
2012: Parigi e Disneyland (6)
2010: Bristol , Salisbury, Stonehenge (UK), Amsterdam (5), Volendam, Monnickendam, Marken (Paesi Bassi), Madrid (Spagna)
2009: Amsterdam (3); Budapest (Ungheria); Edimburgo e Cramond (Scozia), Brema (Germania), Amsterdam (4), Lisbona (Portogallo)
2008: Berlino (Germania); Istanbul (Turchia)
2007: Siviglia e Granada (Spagna)
2006: Route 66 in macchina: Chicago, St. Louis, Springfield, Oklahoma City, Amarillo, Tucumcari, Santa Fe, Los Alamos, Albuquerque, Holbrook, Grand Canyon, Flagstaff, Las Vegas, Los Angeles (USA)
2005: Key West, Orlando (2), New York (2) (USA), Cozumel, Playa del Carmen e Tulum (Messico), Haltun Ha (Belize); Valencia (Spagna)
2004: Mumbai e Calcutta (India); Barcellona (Spagna); Parigi (5); Mauritius girata in macchina; Londra (2)
2001: Parigi (4)
1999: Il Cairo, Menfi, Saqquara e Giza (Egitto)
1998: Parigi (3); New York, Schenektady, Albany e Orlando (USA)
1997: Guadalupa e Martinica girate in auto
1996: Interrail: Parigi (2), Londra (UK) e Amsterdam (2)
1995: Montecarlo (Principato di Monaco); Praga (Repubblica Ceca); Interrail: Parigi (Francia), Bruxelles (Belgio), Amsterdam (Paesi Bassi), Dachau e Monaco di Baviera (Germania).

Le recensioni di ristoranti e hotel le pubblico sul mio profilo Tripadvisor 😉

Diario di viaggio: Amsterdam e Volendam

Tappa a Monnickendam
In viaggio verso Marken. Il ponte sulle chiuse di Monnickendam

Ci sono posti dove mi piace tornare con occhi diversi, per ritrovare luoghi, strade, opere, panorami che mi hanno colpito e vedere se hanno sempre lo stesso fascino.
Negli ultimi venti anni sono stato sei volte ad Amsterdam, e ci tornerò ancora. Per me è un’ottima base di partenza per scoprire il resto dell’Olanda – pardon! – dei Paesi Bassi, a cominciare da Volendam, Edam, Monnickendam, Marken, tutte località raggiunte in questo viaggio. Partiamo!

18/06 Roma – Amsterdam

Dopo la levataccia necessaria per il week end a Vilnius, stavolta partiamo da casa con tutta calma.
Alle 09:15 prendiamo la strada per l’aeroporto di Fiumicino e raggiungiamo il parcheggio AltaQuota2 dove lasceremo la macchina per i prossimi 5 giorni (18 Euro).
Il volo è stato prenotato online sul sito di Alitalia (a/r 124 Euro) ma non abbiamo potuto fare il check-in online perché non era disponibile. Solo in aeroporto ci hanno spiegato che il volo era operato da KLM e i sistemi Alitalia non erano ancora aggiornati. In compenso, però, abbiamo appreso che grazie a questa partnership il peso consentito per il bagaglio a mano passa da 7,5 chili a 12,5, non male!
In attesa del volo ci siamo portati avanti, abbiamo cercato su TripAdvisor un sushi bar che avevo provato più volte in passato e abbiamo prenotato online: comodissimo!
Alle 15:30 atterriamo a Schipol e ci accoglie un fantastico acquazzone: il meteo a Giugno è altamente instabile, l’abbiamo monitorato per un mese prima di partire e ha dato pioggia ogni giorno, con temperature massime di 21 gradi. I nostri piumini autunnali si riveleranno molto adatti 😉
Saliamo sul bus 300 fino al capolinea Amsterdam Bijlmer Arena e da qui prendiamo la metro 50 fino a Overamstel, la nostra fermata di riferimento per l’hotel. A bordo del bus avviene il primo colpo di fortuna del viaggio: non funziona la macchina dei biglietti e il conducente ci invita a sederci ugualmente, si viaggia gratis!
Il check-in al Mercure Hotel Amsterdam City procede veloce: l’upgrade di stanza riservata ai membri dell’A-Club ci porta al settimo piano, con una grande finestra che affaccia sul canale Amstel e il frigo bar a disposizione 😉
Abbiamo scelto una posizione fuori dal centro caotico della città: l’hotel ha la fermata della metro a pochi passi e in 10 minuti siamo nel cuore di Amsterdam, con il vantaggio di un hotel di categoria superiore a un prezzo accessibile.
Scarichiamo i bagagli, torniamo verso la metro e con lo stesso biglietto usato per arrivare in hotel raggiungiamo la stazione. I biglietti costano 2.90 Euro e durano un’ora.
Una volta fuori dalla stazione centrale di Amsterdam (che mi ricorda sempre l’ingresso principale di Disneyland Paris!) iniziamo a gironzolare per orientarci: percorriamo la Damrak fino alla grande piazza che ospita il palazzo reale, il Monumento nazionale della Liberazione e la Nieuwe Kerk intitolata a Santa Caterina.
Ammirate le strutture, gli artisti di strada e scattate le foto di rito, torniamo sui nostri passi lungo il muro dell’imponente edificio Beurs van Berlage, sede della borsa. Dove finisce l’edificio inizia il Red Light District, il quartiere a luci rosse più famoso d’Europa. Ci tuffiamo senza indugi e la prima cosa che noto è la riduzione del numero dei coffee-shop, i locali in cui è possibile acquistare e consumare droghe leggere, a favore del numero di sexy shop, che sono sempre stati tanti ma ora sono di più. Noto che mancano all’appello lo Stone Corner, lo Sheeba, il bellissimo Baba ma di contro il caos in giro è il più grande di sempre.
Sarà che non avevo mai visto Amsterdam a Giugno, sarà il sabato sera, saranno gli Europei di calcio, fatto sta che nelle strette vie acciottolate e nei vicoli c’è un numero di persone esagerato! La festa del week end è in corso, i locali sono pieni e anche i canali non scherzano: nelle acque sotto il livello della strada navigano lentamente tante barche con a bordo persone che ascoltano musica, bevono, mangiano e si godono la città da un punto di vista alternativo.
La cosa migliore da fare per un giro panoramico del Red Light è prendere come riferimento Oude Kerke, la chiesa vecchia circondata dalle vetrine a luci rosse, e perdersi nei vicoletti che si diramano da qui.
Una nota sulle luci rosse: l’impressione è che siano diminuite anche queste ma forse non è così, forse c’era solo tanto lavoro da sbrigare e buona parte delle famose “vetrine” era chiusa per questo motivo. Mi risparmio qualsiasi considerazione di tipo morale: andate, guardate con i vostri occhi e fatevi un’idea 🙂
In alcuni punti il caos è insopportabile, quindi troviamo sollievo nello spingerci oltre il distretto della trasgressione per guadagnare la tranquillità di Tomo Sushi.
Il locale non è cambiato: ritrovo l’atmosfera intima, le luci soffuse, i pochi tavoli, speriamo che anche la qualità non sia cambiata! Ordiniamo una large sushi combination, selezione di 9 nigiri e 6 maki roll proposti dallo chef; e 8 uramaki con salmone grigliato e sesamo. Per aggiungere qualcosa di caldo e proteico, chiudiamo con un paio di spiedini di agnello e manzo. Tutto buono ma con meno personalità rispetto al passato, 49 Euro la spesa finale.
Prima di tornare verso la metro percorriamo ancora le strade del Red Light stracolmo e molesto, con decibel elevati almeno quanto il grado alcolico generale. Ritroviamo un po’ di tranquillità all’interno del 420 Cafè, un locale che conosco bene perché durante un precedente viaggio da solo in Europa incontrai qui i miei amici venuti dall’Italia per festeggiare insieme il mio 33esimo compleanno.
Dopo il momento nostalgico, è tempo di rientrare in hotel e chiudere la prima giornata olandese.

Quanto abbiamo camminato oggi? 11,4 km

19/06 Amsterdam

Durante la passeggiata in centro di ieri abbiamo fatto rifornimenti per la colazione di oggi, così dopo aver caricato le riserve energetiche con succhi di frutta e cookies siamo pronti a pedalare.
Dopo aver noleggiato le bici in hotel (16 euro/giorno) ci prepariamo a raggiungere il Van Gogh Museum.
Dobbiamo percorrere un tragitto di circa 30 minuti per arrivare nella fascia oraria prenotata online per la nostra visita. L’ingresso costa 17 Euro e consiglio l’acquisto su Internet per risparmiare la coda in biglietteria, che di solito è lunga.
Lasciamo zaini e giubbotti al guardaroba (gratis), ci armiamo di piantina e smartphone collegato in Wi-Fi e iniziamo il nostro viaggio alla scoperta della pittura del maestro Vincent Van Gogh. Il museo, all’interno e all’esterno, è cambiato negli anni e vale sempre una visita anche se molti dei quadri più celebri del pittore olandese li abbiamo già visti in altri musei, per esempio al Museo d’Orsay di Parigi, all’Hermitage di San Pietroburgo e al MOMA di New York.
Ad Amsterdam si possono ammirare, fra gli altri, i dipinti della celebre serie dei girasoli, della camera ad Arles e dei suoi 37 autoritratti. E sì, a Vincent piaceva proprio produrre in serie e migliorarsi. Notevole anche il quadro di Gauguin che ritrae Van Gogh mentre dipinge i Girasoli 🙂
Una volta fuori, la spianata dei musei ci offre una bellissima sorpresa: prima di tutto splende il sole, e poi è domenica e c’è il mercatino nel grande prato che separa il Rijks dal Vang Gogh Museum.
Siamo letteralmente circondati da baracchini che cucinano per tutti i gusti e il profumo ci attrae inesorabilmente. Ci separiamo per metterci in fila in postazioni diverse e poi ci ritroviamo per divorare insieme: due jack potato ripiene di pomodoro secco, bacon e formaggio; una porzione di stinco di maiale sfilacciato servito su una fetta di pane abbrustolito, accompagnato da una grande salsiccia suina, e per finire un panino casareccio con due belle salsicce luganiche di pecora. Tutto il pane era abbondantemente spalmato di mostarda dolce, è stato uno spuntino buonissimo all’aria aperta! (13 Euro)
Finita la pausa abbiamo ripreso le nostre bici per raggiungere il vicino Vondel Park che percorriamo interamente per tutta la sua lunghezza. Pedaliamo nel traffico domenicale e ogni tanto ci fermiamo per fotografare gli scorci più belli e riposarci al fresco della vegetazione. Da qui ripartiamo per vedere la storica piazza Leidsplein e successivamente il famoso mercato dei fiori.
Consigli per gli acquisti: non comprate souvenir nei negozi di fronte agli stand, perché nei box galleggianti dei fiorai troverete le stesse cose che costano meno. Ulteriore consiglio: comprate al centro della via perché i prezzi sono più bassi rispetto ai due estremi del mercato. Noi abbiamo portato a casa sportine, bulbi di tulipani e le immancabili calamite.
Abbiamo quindi proseguito verso Rembrandtplein e intersecato i canali più eleganti: Herengracht, Keizergracht e Prinsengracht fino a Frederiksplein. Da questa bellissima piazza rilassante, colorata e profumata per via della lavanda in fiore, siamo rientrati in hotel costeggiando il canale Amstel.
Dopo 7 ore trascorse fuori, ci siamo guadagnati un meritato relax tra sauna e hammam. Riscaldati e disintossicati, abbiamo scelto un posticino dove mangiare ad appena 500 metri da noi. Così riprendiamo le bici e lo raggiungiamo: meraviglioso! Fuori dal centro, dal caos, dalle trappole per turisti, vale sempre la pena spostarsi un po’ e cercare luoghi più genuini. Il tHUIS aan de AMSTEL è bellissimo: praticamente è una casa che ospita persone per mangiare. Il menù è spartano, scritto su una lavagna con soli tre piatti da scegliere tra carne, pesce e vegetariano. L’arredamento è un mix di vintage e shabby chic, molto curato, con tanti spazi esterni che affacciano su giardino, parco e un vicino specchio d’acqua pulitissimo. L’atmosfera è famigliare, il servizio veloce e il personale giovanissimo e molto cortese. Ci hanno descritto bene i piatti e consigliato correttamente, se deciderete di andare fate attenzione agli orari perché la cucina chiude alle 21:30 😉
Abbiamo ordinato carne e pesce: un filetto di platessa con insalatina alghe e finocchi, purè di patate e salsa di pastis e zafferano; e un filetto di agnello al pesto servito in zuppa, condito con spinaci accompagnati da uno sformatino di patate. Da bere abbiamo scelto un paio di birre locali, chiara e scura, e per finire un bella fetta di cheesecake alle fragole. Era tutto buono e ben presentato, abbiamo speso 47.75 Euro e consigliamo senza dubbio un’escursione da queste parti.
Sono le 23:00 e c’è ancora tanta luce (il sole tramonta verso le 22:30) quindi ci rilassiamo sui lettini del parco pubblico davanti l’Amstel e quando il vento freddo del Nord ci richiama all’ordine, rimontiamo sulle nostre bici per l’ultima pedalata… per ora!

Quanto abbiamo camminato oggi? 3,3 km
E quanto abbiamo pedalato? 20 km

20/06 Amsterdam – Volendam

Per l’ultimo giorno di Amsterdam abbiamo programmato un po’ di shopping quindi dopo il check-out prendiamo la metro fino a Neumarket, facciamo un ultimo giro nel Red Light e successivamente torniamo sulla Damrak per il pieno di souvenir classici: t-shirt, magneti e ancora tulipani.
Alle 14:00 ci fermiamo da Vinnies (CHIUSO, agg. 01/20) per un brunch veloce, un bel posticino dove in passato ho fatto colazione. Purtroppo non hanno la loro meravigliosa torta di mele, quindi ripieghiamo su uova strapazzate con erbe aromatiche e bacon, e un brownie cioccolato e caramello. Tutto accompagnato da succhi di frutta bio, all’arancia, mango e mele. Spesa totale: 19.50 Euro. Ora sì che siamo pronti per metterci in moto e raggiungere la prossima destinazione!
Come arrivare a Volendam? Raggiungere questo villaggio di pescatori è facile: bisogna prendere il bus 316 che parte dalla stazione centrale di Amsterdam ogni 15 minuti circa, il biglietto di sola andata costa 7.50 Euro e si acquista a bordo (contanti, no carte!).
Sul bus troviamo la rete Wi-Fi gratuita che funziona molto bene e durante il tragitto di circa 30 minuti ne abbiamo approfittato per pubblicare una nuova foto sul nostro profilo Instagram Handmade_Travel, dedicato alle foto scattate in viaggio.
Sono le 16:00 quando arriviamo a Volendam, l’autobus ferma proprio vicino al porto della città vecchia dove si trova il nostro hotel ma siamo costretti a muoverci sotto una pioggia costante, in corso già dal mattino e senza segnali di interruzione, per questo quando entriamo nell’Art Hotel Spaander siamo grondanti d’acqua.
L’hotel è bellissimo, in una struttura storica che risale al 1881, in passato ha ospitato tanti artisti che venivano a Volendam per dipingere i paesaggi e le persone del borgo marinaro. Gli abitanti sono orgogliosi di questo hotel, tanto che viene fatto visitare ai gruppi di turisti che attraversano la hall del tutto simile a una galleria d’arte: spesso gli ospiti dei secoli scorsi omaggiavano l’ospitalità ricevuta durante il soggiorno lasciando alcune loro opere che la proprietà ha saggiamente conservato. Le sale comuni sono arredate in stile classico, con ampio utilizzo di legno, cuoio, pelli, che conferiscono agli ambienti un senso di calda accoglienza. Anche la nostra stanza è molto bella, una camera deluxe spaziosa, al piano più alto, con balcone privato che affaccia sulla baia.
Visto che la pioggia non dà tregua ne approfittiamo per una pausa relax: sauna, hammam e poi a mollo nella piscina coperta. Riscaldati e rilassati, scegliamo un locale dove cenare e visto che qui le cucine chiudono presto (specie se la giornata non ha portato un buon numero di turisti) andiamo al vicino De Lunch dove avevo mangiato durante un precedente viaggio a Volendam. Il locale è rimasto uguale, piccolino, e ordiniamo un mix di carne grigliata e un altro mix di pesce fritto, insieme a due birrette per un totale di 36 Euro. Porzioni robuste ma niente di memorabile…
Dopo cena passeggiamo approfittando finalmente del tempo sereno e delle lunghe ore di luce. Ci immergiamo nel cuore di Volendam perdendoci nei suoi vialetti per ammirare i giardini curatissimi, i canali, i ponti, la vegetazione rigogliosa, le case caratteristiche con le finestre al livello della strada. Il giro finisce con un ritorno nella zona dal porto, qui ci fermiamo al Grand Cafè de Molen l’ultimo bar ancora aperto dove finalmente riusciamo a ordinare una meravigliosa torta di mele con panna, davvero ottima (2.80 Eu).
Proseguiamo la nostra passeggiata fino alle 23:00, poi rientriamo in hotel perché fa un freddo boia per essere Giugno (13 gradi!) ma soprattutto perché dobbiamo riposare prima della mini-impresa in programma per domani!

Quanto abbiamo camminato oggi? 5,4 km

21/06 Volendam – Monnickendam – Marken – Edam – Volendam

La mini-impresa richiede una sveglia di buon’ora ma soprattutto una robusta colazione.
Dopo la giornata grigia e piovosa, c’è un gran sole a darci il buongiorno e a illuminare la via per una pasticceria adocchiata ieri: siamo decisi e veloci come dei rapinatori e riportiamo in hotel un’enorme fetta di torta di mele, un biscotto di pasta frolla ripiena di pasta di mandorle, un panino al latte con l’uvetta, i classici biscotti stroopwafel cannella e caramello, e per finire altri biscotti al burro ricoperti con sfoglie di mandorle. Spendiamo 20 Euro ma non è finita, perché gli acquisti proseguono pochi metri più in là, da Deen. Nel supermercato aggiungiamo succhi di frutta, altri biscotti in confezione di latta da portare come souvenir e integratori di sali minerali (13.70 Euro), in vista del resto della giornata che trascorreremo in bicicletta.
Consigli per gli acquisti: inutile dirlo, fare la spesa da Deen conviene molto di più, anche per i regali e prodotti locali. Ma ci torneremo più avanti… 😉
Dopo lo shopping alimentare, rientriamo in hotel, ci apparecchiamo una bella tavola sul nostro balcone affacciato sul mare e facciamo il pieno di zuccheri. Dopo una rapida occhiata al meteo, sempre instabile da queste parti, noleggiamo alla reception le bici (9.75 Euro) e partiamo per Monnickendam, un altro villaggio di pescatori a circa 9 chilometri da Volendam.
Prendiamo la pista ciclabile 21 e appena fuori Volendam incontriamo il suo imponente mulino a vento, conservato perfettamente, che ci obbliga alla prima fermata per le foto di rito perché il paesaggio è esattamente quello che ci si aspetta dall’Olanda: mulino monumentale, prati verdi, canali, campi coltivati e in lontananza l’intreccio degli alberi maestri delle imbarcazioni da pesca.
La pedalata prosegue e la vegetazione a un certo punto si interrompe e ci proietta direttamente nella strada principale di Monnickendam, una via molto caratteristica costeggiata su entrambi i lati da un muro continuo costituito dalle tipiche facciate delle case del posto, che si fronteggiano fino al campanile centrale che risale al 1591.
Dopo le immancabili foto attraversiamo un ponticello che affaccia sul sistema di chiuse dei canali e proseguiamo verso la nostra destinazione finale, l’isola di Marken, unita alla terraferma da una strada su cui corre la nostra ciclabile. Il tratto tra le due località è paesaggisticamente il migliore, ci accompagnano solo il vento, l’acqua, la vegetazione e il vento, fino all’ingresso in città.
Il villaggio con le tipiche case verdi ci offre il meglio di sé, i turisti sono pochi e noi percorriamo i sentieri con le nostre bici, inseguendo nuovi scorci ormai sempre più familiari: grandi finestre aperte sulla strada, legni con colori accesi che contrastano con gli specchi d’acqua e il verde brillante di prati sempre impeccabili. Marken è un gioiello da visitare con cura, così molliamo un po’ le bici e ci sgranchiamo le gambe alla ricerca di qualche souvenir. I ritmi sono rilassati, le botteghe aperte, i commercianti molto disponibili; ci fermiamo ad acquistare le calamite da una signora anziana che prima di andar via ci regala degli opuscoli per mostrarci le bellezze del suo villaggio e ci aiuta a raggiungere il porto.
Dopo 2 ore sui pedali facciamo una pausa più lunga e saccheggiamo il baracchino del pesce fresco dove assaggiamo le specialità del posto: piccoli panini al latte con aringa e cipolle, con salmone affumicato e infine con insalata di granchio e mayonaise. Questo era il migliore!
Il tempo sta cambiando e per non farci cogliere dalla pioggia lungo la strada, decidiamo saggiamente di tornare a Volendam con il traghetto delle 15:45, un collegamento attivo con partenze variabili in base al periodo dell’anno. Il biglietto costa 7.50 Euro e con un supplemento di 1.50 Euro si può imbarcare la bici, la traversata dura 30 minuti.
Una volta sbarcati prendiamo l’altra ciclabile diretti a Edam, la capitale del formaggio olandese. Il flusso turistico è minore rispetto alle altre località viste finora ma anche qui i paesaggi e l’organizzazione del tessuto urbano meritano tutta la nostra attenzione. Entriamo in una gastronomia/gioielleria e troviamo la conferma di quanto intuito questa mattina: lo shopping finale con i prodotti tipici lo faremo domani, al supermercato. Qui gli stessi identici biscotti confezionati nello scatolo di latta costavano il triplo! 😉
Il tempo ha retto tutto il giorno ma abbiamo tirato troppo la corda, così sulla strada del ritorno ci coglie un acquazzone improvviso e proprio come ieri torniamo di nuovo in hotel fradici nonostante i k-way. Pazienza.
Il bello di questi villaggi è che tutto è vicino e così, dopo aver riconsegnato le bici, saliamo un attimo in stanza ad asciugarci e siamo subito di nuovo in strada per la nostra ultima cena olandese. La scelta ricade su De Vrijheid, bello, grande, tutto in legno e ovviamente affacciato sul mare. Il cameriere è molto simpatico e ci divertiamo a parlare un po’ di Olanda e Italia, poi torniamo a concentrarci sul cibo e dopo la giornata impegnativa di oggi ci diamo dentro con un potentissimo fritto misto di pesce per due: surimi di granchio, gamberoni, calamari, filetti di merluzzo serviti in una bella cassetta di legno e accompagnati da pane e diverse salse. Portata molto impegnativa ma, nonostante ciò, non potevamo andar via senza l’ultimo assaggio di salmone affumicato, stavolta accompagnato da un’intera baguette! Da bere una birra chiara e una birra rosa, aromatizzata al lampone (che si può tranquillamente evitare), per una spesa di 34 Euro.
Fuori ha di nuovo smesso di piovere, facciamo ancora una passeggiata lungo il porto e prima di rientrare in hotel a preparare le valigie ci godiamo il lento tramonto di Volendam.

Quanto abbiamo camminato oggi? 3,3 km
E quanto abbiamo pedalato? 26 km

22/06 Volendam – Amsterdam – Roma

Giorno di partenza sì, ma da sfruttare fino in fondo!
Dopo la nostra colazione sul mare siamo pronti per il check out e per gli ultimi acquisti. Oggi non solo c’è il sole ma è anche caldo e i turisti sono arrivati in massa per la loro gita a Volendam, mentre noi ci prepariamo per tornare ad Amsterdam.
Ci facciamo strada tra giapponesi impazziti per le foto in costume tipico e gli enormi zoccoli di balsa, mentre noi torniamo verso il nostro supermercato per comprare formaggi e salumi.
Consigli per gli acquisti: il risparmio nel supermercato è di almeno il 50% rispetto ai negozi che abbiamo visto in strada e ai vari musei del formaggio, e parliamo degli stessi identici prodotti e confezioni. Non di cose simili.
Anche sul lungomare di Volendam, fate una perlustrazione prima di scegliere i vostri souvenir perché tutti vendono gli stessi oggetti che vanno per la maggiore ma con prezzi diversi: è praticamente impossibile pensare di fare la spesa unica dal negozio eletto, molto probabilmente vi toccherà entrare in diversi shop per avere il massimo della convenienza.
Gli zaini sono pieni, i 5 chili supplementari sul bagaglio a mano li useremo tutti perché abbiamo fatto il pieno di felpe, t-shirt, zoccoletti, magneti, caciottine, formaggio a spicchi e pure salumi!
Sono le 14:15 quando prendiamo il bus 316 che da Volendam ci riporterà ad Amsterdam. Dopo aver mangiato un paio di panini, con formaggio aromatizzato al cumino e salame, compriamo i biglietti per raggiungere l’aeroporto di Schipol. Il biglietto costa 5.20 Euro, i treni-navetta sono frequenti e impiegano 15 minuti per arrivare a destinazione.
Un altro viaggio si conclude, un altro ritorno gradito. Amsterdam è sempre Amsterdam, ogni volta nuova, libera, diversa, anche se forse un po’ meno affascinante del passato resta sempre da vedere. I villaggi di pescatori di Volendam, Marken, Monnickendam e Edam, invece, hanno confermato tutte le loro qualità e ho intenzione di tornare in Olanda per vederne altri. In bici.
Da notare: quelli descritti sono tragitti percorribili anche da chi non è allenato perché le piste ciclabili sono sicure e i percorsi quasi esclusivamente pianeggianti. Quindi consiglio a tutti questo tipo di viaggio. Meteo permettendo, ovvio!

Ma alla fine, quanto abbiamo camminato? 29,8 km
E quanto abbiamo pedalato? 46 km

Note
Hotel prenotati su Booking
Guida di riferimento: Amsterdam di Lonely Planet disponibile su Amazon
Libro letto su Kindle: Alice all’inferno di Jane Elliott

Diario di viaggio: Bristol, Salisbury, Stonehenge, Volendam e Madrid

Stonehenge

Ormai è una consuetudine: quando tutti rientrano dalle loro vacanze, io parto 🙂
Quest’anno sono arrivato particolarmente stanco all’appuntamento con il mio viaggio; durante l’estate ho fatto troppe cose e ho lavorato come un mulo, quindi sento la necessità di “staccare” un po’ e partire è sempre la soluzione migliore!
L’esperienza dell’anno scorso mi è piaciuta, quindi ho deciso di provarla ancora e di vedere nuove città in perfetta modalità Viaggiatore 2.0.
Ad accompagnarmi durante il viaggio ci saranno il mio fedele PC Dell, l’immancabile iPhone e una novità: l’applicazione Trip Journal, a dir poco strepitosa per chi ama scrivere diari di viaggio 😉
Partiamo…

8/10 Gaeta -Roma – Bristol

Quest’anno ho boicottato Ryanair, anzi, spero di non doverla prendere mai più perché trovo che negli anni siano diventati sempre più rigidi, e meno convenienti. Ho quindi deciso di spendere i miei soldi con easyJet: ha tante rotte, prezzi bassi e sui bagagli fa imbarcare fino a 20 chili, 5 in più rispetto al sig. Ryan. La prima destinazione è Bristol, in Inghilterra. Il biglietto l’ho acquistato on line l’8 agosto per la cifra di 78 Euro, solo andata (incluso lo stivaggio di un bagaglio).
Prima dell’imbarco cambio 350 Euro presso Travelex e, tolta la commissione di 25.84 Euro (!), una volta applicato il tasso di 0.772, mi ritrovo in tasca 250 sterline di sua maestà la regina. L’unica cosa positiva è il buyback gratuito: al ritorno se ti avanzano dei soldi te li ricambiano (incluse le monete) allo stesso tasso della partenza, senza commissioni.
Il volo parte puntualmente alle 16:45 e alle 18:15 ora locale (un’ora in meno rispetto a noi) sono a Bristol. Il tempo di ritirare il bagaglio e sono subito fuori a cercare lo shuttle per il centro città.
L’aeroporto è piccolo, basta seguire le indicazioni e non si può proprio sbagliare! La compagnia che collega il terminal al centro è la Flyer e una corsa singola costa 6 sterline. Scendo a Temple Meads, la stazione dei treni di Bristol, a due passi dall’Ibis Bristol Temple Meads Quay che ho scelto per questo soggiorno. Prima di raggiungerlo, però, entro in stazione a ritirare i biglietti del treno che mi serviranno domani e che ho comprato on line dall’Italia. Trovo una macchinetta automatica libera, inserisco il mio codice e la carta di credito come riconoscimento e il gioco è fatto: i tagliandi A/R per Salisbury sono stampati, spesa totale: 20 Euro.
Adesso è il momento di andare in hotel. La struttura è molto bella e ben posizionata, il quartiere è circondato da corsi d’acqua e ponti pedonali, l’insieme è molto suggestivo. La camera è spaziosa e pulita, con letto e doccia molto grandi: ottima scelta. Il tempo di fare due chiacchiere con la receptionist, aderire al programma di fedeltà della catena Accor (mi hanno accredito i bonus maturati nel 2008 a Budapest!) e mi sposto verso il ristorante dell’hotel. Scelgo un Hereford beef burger: 250 grammi di manzo tritato con cipolla, lattuga, pomodoro, formaggio e bacon. Il piatto in cui lo servono monta di serie patatine fritte, insalata, pannocchia lessa, e anelli di cipolla 🙂
Con una pinta di Curling e una bottiglia di preziosa acqua naturale, spendo 14 sterline. La nostra nazionale di calcio ha appena terminato con un pareggio la sfida con l’Irlanda del Nord e io vado diretto in stanza, piuttosto provato dalla giornata di spostamenti: domani si comincia sul serio 😉

09/10 Bristol – Salisbury

Il check out in hotel è alle ore 12:00, ho tutto il tempo per iniziare la giornata nel migliore dei modi: stretching, yoga, elastico e una ricchissima colazione tradizionale! Con 6.95 sterline mangio: una baguette per accompagnare uova strapazzate e bacon, due succhi d’arancia, due fette di pane tostato con marmellata di albicocche, un croissant, due muffin al cioccolato e due con mela e cannella, e per finire un the earl grey… la giornata inizia alla grande 🙂
Raggiungo subito la stazione e alle 12.43 salgo sul mio treno, decisamente affollato. La gente è in piedi nel corridoio e quasi nessuno ha la prenotazione, i pochi che ce l’hanno sono seduti nei posti sbagliati, quindi anche io… ma pazienza, è una storia piuttosto familiare per chi è abituato a viaggiare con Trenitalia 😉
Ho notato una cosa particolare: su un display scorrono i nomi delle varie fermate e alcune di queste sono accompagnate da una “X” che sta a indicare i luoghi dove ci si ferma solo su richiesta, come se fosse un pullman! Il treno attraversa campagne verdissime, dove si intrecciano molti corsi d’acqua; il paesaggio è suggestivo e si intravede Bath: deve essere una bella città (ed è famosa per le terme, quindi l’ho messa nel taccuino).
Dopo un’ora scendo a Salisbury e seguendo le indicazioni sull’iPhone raggiungo l’hotel in quindici minuti. Il Victoria Lodge Guest House è gestito da due coniugi, molto gentili, che mi danno subito qualche dritta sul posto e sull’orientamento. La camera ha due letti, tv, scrivania, internet wi-fi e colazione inclusa nel prezzo (165 Euro per tre notti). Sono a circa 15 minuti a piedi dal centro città, molto facile da raggiungere.
La prima impressione si rivelerà poi quella giusta: Salisbury è proprio piccola (42.000 abitanti) e la sua fama ruota tutta attorno alla magnifica cattedrale, che vado subito a visitare.
Si passa per Market Square e un’infinità di vicoletti, uno più bello dell’altro. Ci sono tante attività commerciali e scarseggiano, strano a dirsi, le trappole per turisti, cioè quei maxi negozi di gadget e souvenir. Proseguo per High Street e finalmente arrivo sull’enorme spiazzo della cattedrale, un prato vastissimo e perfettamente curato. L’impatto visivo è straordinario, è il primo edificio religioso  che vedo all’estero ad avermi davvero impressionato (batte anche la Moschea Blu di Istanbul). Costruita tra il 1220 e il 1258, è un capolavoro assoluto dell’architettura del tempo, e con i suoi 123 metri la sua torre è la più alta d’Inghilterra. Prima di accedere ai locali delle funzioni si passa per il chiostro, impreziosito da archi e volte che si intrecciano creando perfetti giochi geometrici. L’ingresso è libero ma è suggerita una donazione di 5.5 sterline per gli adulti. Acquisto una mini-guida in inglese (2 sterline) ma all’interno è disponibile gratis un opuscolo in italiano. L’insieme è meraviglioso, nonostante non ci siano vistosi segni di opulenza; piuttosto si avvertono l’ingegno e la fatica costata a tanti uomini per esaltare il loro dio, richiamandone la presenza nell’ampiezza delle navate, lunghe e soprattutto alte, altissime. Le cose più notevoli che si possono osservare all’interno sono in particolare tre: l’orologio meccanico più antico d’Europa e forse del mondo, con un ingranaggio fatto di ruote dentate e corde che a vederlo sembra addirittura ridicolo nella sua semplicità ma che a suo tempo ha rappresentato il massimo della tecnologia per misurare il tempo; il fonte battesimale, uno specchio d’acqua perfettamente livellato e immobile (l’effetto è quello delle moderne infinity pool!), tanto da riflettere in maniera nitida le vetrate colorate, raddoppiando l’intensità e la magnificenza dei soggetti raffigurati; e per finire, al centro della cattedrale, dove transetto e navata si incrociano, si possono ammirare le altissime colonne letteralmente piegate dal peso sovrastante della torre: l’effetto è davvero impressionante, sono praticamente curve! Il coro è composto da 106 scranni originali del 1236, e mentre sto facendo il mio giretto sono in corso delle prove, con adulti e bambini vestiti esattamente come durante un concerto. Tutto davvero molto bello, ora capisco perfettamente perché Ken Follett per il capolavoro I pilastri della terra ha trovato qui l’ispirazione per narrare le storie che ruotano attorno alla costruzione della cattedrale di Kingsbridge (il protagonista del romanzo, Tom il costruttore, prima di iniziare a lavorare su quel progetto che lo impegnerà a vita, cercherà lavoro, senza fortuna, proprio nel cantiere della cattedrale di Salisbury! A mio avviso è un vero e proprio omaggio dell’autore alla sua musa).
Prima di uscire è d’obbligo una visita alla sala capitolare, dov’è custodita la meglio conservata delle quattro copie originali della Magna Carta (1215), un documento importantissimo per la storia delle democrazie moderne in quanto ha sancito per la prima volta i diritti dei sudditi e i rapporti con il re, che non si poneva più al di sopra di legge. La Magna Carta a distanza di secoli è stata in grado di ispirare le costituzioni più solide e liberali, come quella americana, oltre alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Note tecniche: è un solo foglio, scritto su pergamena di pecora e composto da circa 3500 parole per buona parte abbreviate. Una volta badavano ai fatti, mica andavano tanto per il sottile…
All’uscita mi fermo da Tesco a comprare acqua, tisane, frutta, crema idratante e il dentifricio Pearl Drops (il migliore per denti bianchi). Spendo 11 sterline, tiro dritto in hotel per mollare tutto e andare subito a cena.
Tra i locali che mi hanno consigliato scelgo George and Dragon in Castle Street, bel posticino con wi-fi gratuito, dove per 13 sterline mi nutro nuovamente con il panino nazionale: hamburger, bacon, cheese, patatine, anelli di cipolla, ecc… ecc… L’atmosfera è rilassante, e il clima gradevole, tanto che scelgo un tavolo nel giardino esterno sull’Avon. In più il chitarrista che suona dal vivo è davvero in gamba (passerò altre volte da qui, e ogni sera ho visto ospiti musicali diversi).
La prima giornata a Salisbury si chiude perfettamente. È il momento di andare a dormire 😉

10/10 Salisbury

Il meteo non prometteva nulla di buono per oggi, quindi ho deciso di rinviare la mia escursione fuori Salisbury e dedicarmi a un giro più completo della città. Dopo la colazione tradizionale (il colesterolo ringrazia), sistemo alcune cose di lavoro al computer e intorno alle 11:00 sono di nuovo in centro. I negozi sono quasi tutti aperti tranne, strano ma vero, l’ufficio turistico! Va bene, mi arrangio con la cartina che ho e procedo verso la vicina chiesa di St. Thomas Becket, molto piccola ma adorata dagli abitanti del luogo. Questa era la chiesta usata dai braccianti durante la costruzione della cattedrale ed è ancora oggi rispettatissima. L’interno è silenzioso e raccolto rispetto alla sua gigantesca vicina e si può apprezzare pienamente grazie a una mini-guida da ritirare all’ingresso (in italiano, ma bisogna fare da soli perché non c’è nessuno a dare indicazioni).
Oltre alla magnifica luce e alle decorazioni dei vetri, questa chiesa è famosa per l’affresco del Giudizio Universale più grande d’Inghilterra. Dipinto nel 1475 precede di soli 50 anni quello che tale Michelangelo dipingerà dalle nostre parti. Però non si può azzardare alcun paragone: uno dei due sembra fatto da mio nipote di 10 anni. Ma si sa, il Buonarroti era di un’altra categoria 😉
Appena fuori la chiesa c’è una bella piazzetta con un caffè con tavoli all’aperto, e visto che c’è wi-fi ne approfitto per aggiornare il mio stato su 4Square. Apro una parentesi per i viaggiatori 2.0:  ho trovato molto deludente, quando non inutile, l’applicazione Free Wi-Fi finder. A Salisbury  non ha mi ha dato disponibile neppure un accesso mentre ne ho trovati diversi, e se vuoi dare il tuo contributo all’accrescimento del database ti chiede di compilare tanti di quei campi che se ti metti a rispondere hai finito la vacanza. Pazienza, ci ho provato.
Ritorno verso la cattedrale per andare a vedere lo shopping center ma non trovo nulla di interessante, quindi, visto che nel frattempo è venuta fuori una magnifica giornata torno verso la cattedrale e occupo il mio bel pezzo di prato verde, mangio delle mele, prendo il sole, leggo e scatto delle gran foto. Verso le 16:00 rientro in hotel lungo il walkside river, una passeggiata che costeggia l’Avon che qui è poco più grande di un ruscello. Ci sono diverse persone che si bagnano e pescano, in pieno centro città. Incredibile.
Una volta in camera mi preparo un the (il bollitore di cortesia è sempre gradito) e controllo la posta… per troppo tempo! Così faccio maledettamente tardi, troppo abituato ai nostri orari, e alle 21 mi ritrovo a entrare e uscire dai locali che hanno già chiuso le cucine! Finisco quindi da Wagamama un ristorante panasiatico che si rivela una bella sorpresa. Mangio molto bene: ebi gyoza e chicken katsu curry, per saperne di più si può vedere il menù on line 😉 e spendo 17.55 sterline.
Sono passate le 22:00 e mi appresto a rientrare in hotel, stavolta però la passeggiata è “inquietante”, niente a che vedere con la gradevole atmosfera del pomeriggio. Per strada non c’è proprio nessuno, tranne qualche macchina guidata da tamarri che sfilano orgogliosi a bordo di modelli modificati in improbabili e rombanti versioni da competizione, con tanto di braccio fuori il finestrino, musica a palla e sgasate gratuite: tutto il mondo è paese.
Le strade non sono molto illuminate e le case ricordano un po’ quelle dei film horror. Nel tragitto, mi tocca attraversare anche due sottopassi abbandonati, in stile Guerrieri della Notte… uhm… forse dovrei andare di meno al cinema! 😉
È ora di dormire, domani ci si sveglia presto per un’altra lunga giornata con escursione eccellente: è tempo di Stonehenge.

11/10 Stonehenge – Old Sarum

Il giorno tanto atteso è arrivato! Diciamocela tutta, questo ritorno in Inghilterra è stato motivato soprattutto per visitare una località mitica: Stonehenge.
È un posto che appartiene ai misteri dell’umanità e non so per quale motivo ma sin da bambino sai che esiste, come le piramidi in Egitto (difatti, guarda un po’, risalgono allo stesso periodo).
Insomma, le piramide egizie e quelle Maya le ho viste, ora barro la casella dei megaliti e poi credo che mi resterà Machu Picchu, i templi di Angkor e i moai dell’Isola di Pasqua per completare un’ideale raccolta di altari, osservatori, tombe, monumenti costruiti dall’uomo che hanno conservato nel tempo la maestosità originaria, ma soprattutto i loro misteri.
Un’altra nota positiva del mio hotel è che ha proprio di fronte la fermata dell’autobus che porta a Stonehenge 😉
Il biglietto si acquista a bordo, io ho scelto la formula da 18 sterline che comprende il viaggio a/r più l’ingresso ai due siti da visitare. Solo il viaggio costa 11 Euro (poi bisogna aggiungere i 6.90 Euro per entrare a Stonehenge e 3.50 per Old Sarum, quindi il pacchetto conviene). Parto alle 11:10 (una corsa ogni ora) e dopo 40 minuti si arriva a destinazione.
La zona dedicata all’accoglienza è ben organizzata e non rovina il paesaggio circostante, difatti per arrivare sul sito bisogna attraversare un sottopasso che ti fa riemergere a pochi metri dalle famose rocce. Prima di entrare ritiro l’audioguida in italiano e incomincio la visita. Che dire, in tanti restano delusi dal fatto che le pietre in foto sembrano “più grandi”, ma io non ho questa impressione, le trovo in linea con le mie aspettative. L’audioguida è fondamentale per capire cosa si sta guardando: la provenienza del materiale, il trasporto, il tipo di pietra, la lavorazione, le dimensioni, il peso, l’uso… insomma, tante cose interessanti da ascoltare per avere una certezza al termine del giro: Stonehenge non si sa cosa rappresenti 🙂
Il dibattito è ancora aperto e sospeso tra leggenda e realtà, tra scienza e religione. Per esempio si accredita l’ipotesi dell’osservatorio astronomico e come contraltare spuntano i seguaci della Wikka con il mito del Mago Merlino, quindi, se pensate di recarvi a Stonehenge per capire quali misteri l’avvolgono, restate a casa. Se non c’è riuscito Giacobbo in varie puntate di Voyager non ce la farete neppure voi! 😉
Il negozio al termine del giro è piccolo ma ben fornito e faccio un po’ di spese, in particolare per i nipoti: peluche, t-shirt, gomme da cancellare con tema Stonehenge Rocks! Poi compro le immancabili calamite, una fotografia 18×33 in bianco e nero che mi è subito piaciuta e una borsa in juta per trasportare gli acquisti. Alle 13:40 sono sul pullman e dopo venti minuti c’è la fermata a Old Sarum.
Ecco, questo posto ci ricorda come buona parte dell’Europa sia stata provincia di Roma. Sarum era una roccaforte costruita su un collina che sovrasta un’enorme pianura, risale all’età del ferro ed è stato il primo insediamento di quella che diventerà Salisbury. Il sito ha ospitato un castello, un palazzo e una chiesa molto grande, antenata di quella famosissima che sarà elevata nella nuova città. Di tutto ciò resta molto poco, qualche muro di cinta e le fondamenta, però ci sono delle chiare illustrazioni di come doveva essere una volta. Ma vale la pena fare una visita per il paesaggio: la collina che in cima aveva queste strutture, circondata da un profondo fossato, sembra emergere dall’enorme prato che la circonda. C’è verde ovunque, curato perfettamente, e pochissima gente che si aggira tra le rovine: è il momento giusto per fare una pausa, sdraiarsi a mangiare e prendere il sole.
Dopo la rilassante Old Sarum riprendo il pullman che conclude la corsa in Market Square, e ne approfitto per andare da Poundland a comprare un po’ di biscotti (non posso continuare a mangiare tutte le mattine uova e pancetta!)
Una volta tornato in hotel lavoro un po’ al pc e stavolta non mi faccio fregare, esco in tempo per andare a cena all’Avon Brewery Inn ancora in Castle Street, qui spendo 12 sterline per una maxi bistecca accompagnata dagli immancabili anelli di cipolla e patatine fritte. E tanto per completare una giornata all’insegna del mistero, stavolta trovo nel piatto anche alcuni oggetti degni di attenzione, sono verdi, sferici, piccoli, e sono sani: piselli al vapore! 😉
Giornata finita, è tempo di rientrare in hotel e preparare le valigie… domani si parte di nuovo!

12/10 Salisbury – Bristol

Ho il treno alle 11:12, ma mi sono svegliato presto quindi dopo la colazione e il check-put mi avvio a piedi verso la stazione. Ho il tempo per fermarmi ad acquistare ancora qualcosa in centro e nonostante tutto arrivo con largo anticipo, tanto che prendo un treno diverso da quello programmato. Non ho la prenotazione ma non fa nulla perché è mezzo vuoto e così arrivo quasi un’ora prima del previsto a Bristol 🙂
Al momento del check-in mi faccio subito accreditare i punti-miglia previsti dell’A-Club. Eh… quando si dice “lungimiranza”, la mia è stata un’affiliazione premeditata 🙂
Prendo una mappa della città e sono già in strada, stavolta accompagnato anche dall’applicazione City Walks, niente male. Vago un po’ a casaccio lungo Victoria Street e mi fermo ad ammirare l’affascinante Temple Church. La struttura risale al 1147 e ha due caratteristiche singolari: gli esterni sono perfettamente conservati nonostante… tutta la struttura sia priva di tetto! Difatti la chiesta fu semi-distrutta durante i bombardamenti incendiari del 1942 e il restauro è stato di tipo conservativo, quindi non una ricostruzione. L’effetto è ben riuscito, lo scheletro della chiesa non ha la copertura, rendendo possibile la vista del cielo dall’interno; sembra un monito contro la stupidità delle guerre. E la seconda caratteristica rende ancora più incredibile questo posto: il campanile del 1460 ha la facciata principale che pende di ben 1,64 metri rispetto alla verticale! Bristol si presenta bene, è una bella giornata e faccio una lunga sosta sdraiato a mangiare e a leggere sul prato della collina dove si trova Castle Park. Da qui c’è una vista della città molto bella: in basso si vede scorrere l’Avon e si è circondati dalle bellissime chiese di St. Thomas e St. Nicholas, mentre sulla sommità si erge il vecchio castello, anch’esso sventrato, che ora è un monumento ai caduti. E sì, Bristol è proprio bella! Tranquilla, molto elegante, ricca d’acqua e di cose interessanti da vedere.
Riprendo la mia passeggiata lungo la storica Baldwin street fino a The Centre, la grande piazza al centro della città. Da qui proseguo lungo il Floating Harbour fino al palazzo Arnolfini dove ho approfittato dell’ultimo sole, una panchina sul fiume e una grande wi-fi aperta per controllare la posta e lavorare un po’ con l’Italia. Dopo la pausa ho ripreso a camminare costeggiando Queen Square per imboccare la Redcliffe Way e raggiungere l’orgoglio della città: la spettacolare chiesa di St. Mary Redcliffe risalente al XII secolo. La leggenda vuole che, visitandola, la regina Elisabetta I l’abbia descritta come “la più bella, la più imponente e la più famosa chiesa parrocchiale dell’Inghilterra”.
Effettivamente per essere una “semplice” chiesa parrocchiale è piuttosto sfarzosa, addirittura oscura la cattedrale della città. All’interno è possibile fare una visita con una guida cartacea in italiano da restituire all’uscita. Segnalo tre cose interessanti: la macchina del caos, un invito condiviso da scienza e religione a meditare sui misteri dell’universo; uno specchio dotato di ruote, che può essere usato per vedere meglio i particolari  dello splendido soffitto a volte; un’area dedicata ai bambini. Ecco, quest’ultima è una costante che ho trovato in tutte le chiese protestanti che ho visitato in Inghilterra: dalla più seria e prestigiosa alla più piccola e semplice, tutte hanno una sorta di baby park con giocattoli, libri e tanti colori per disegnare. Per cena decido di mettere in pausa la terribile dieta a base di bacon fritto e opto per un ristorante mediterrano, il Bristol Bridge (CHIUSO, agg. 01/20) in Baldwin Street. Ordino salmone affumicato con pita greca e insalata con olive e cipolla, e uno stupendo piatto di chicken shish, bocconcini di pollo allo spiedo speziati e accompagnati da un risotto (14.75 sterline).
Al termine faccio due chiacchiere con il proprietario che chiede aggiornamenti sul campionato italiano e poi vado nel pub affianco, lo storico The Old Fish Market, a vedere la partita dell’Inghilterra. Peccato, Mr. Capello & Co. chiudono il match casalingo sullo 0-0 e quindi non ho la soddisfazione di assistere dal vivo a una tipica esultanza inglese 😉
Dopo aver appreso brutte notizie sugli scontri in corso in Italia per la partita contro la Serbia, rientro in hotel percorrendo a ritroso la strada fatta in mattinata.

13/10 Bristol

La prima mossa della giornata è acquistare attraverso la TV della camera il pacchetto multimediale per avere la connessione Internet per 24 ore al prezzo forfettario di 9.90 sterline. Dopo scendo a fare colazione da Philpotts (che in realtà è un take away specializzato in sandwich) e prendo una torta doppio cioccolato e spremuta d’arancia (3.45 sterline) che consumo in camera, mentre sistemo alcune cose. Comunico un po’ con l’ufficio in Italia e alle 13 muovo nuovamente verso il centro, precisamente a Millennium Square dove c’è il centro polifunzionale Explore con l’acquario e la caratteristica “palla” di un imax. In tutta onestà, dopo aver visitato l’oceanographic di Valencia e la Geode di Parigi, questi di Bristol sembrano delle miniature, quindi non accedo.
Faccio un giro nella grande piazza dell’anfiteatro, dove c’è una statua molto fotografata di Cary Grant e poi mi sposto verso la cattedrale della città. Durante il tragitto fotografo la Cabot Tower che sovrasta questa parte della città dall’alto di una collina. Il complesso della cattedrale ospita anche un college e tutta l’area è gremita di ragazzi di varia età; è più o meno l’ora del termine delle lezioni e c’è un’atmosfera piuttosto elettrica: si rincorrono, giocano a pallone, urlano, si riuniscono in gruppetti, scoppiano a ridere, grandi e piccoli, maschi e femmine, tutti con la loro bella uniforme che portano con orgoglio. Sarà un’impressione ma questi ragazzi sembrano appartenere all’elite di Bristol. All’interno della cattedrale, realizzata in stile normanno nel 1140 e intitolata a S. Agostino, non è possibile eseguire una visita perché è in corso un concerto del coro dell’adiacente scuola, quindi scelgo un buon posto e mi siedo ad ascoltare. Si esibiscono prima le ragazze, poi i piccoli e al termine ancora questi ultimi insieme ai ragazzi più grandi. La chiesa è piena di persone, l’acustica ottima e per quanto non sia un esperto l’esibizione mi sembra di qualità. Al termine faccio un giro della struttura con l’ausilio di una breve guida in italiano, disponibile all’ingresso, e poi vado a vedere l’orgoglio di questa cattedrale: l’arco a tutto sesto che caratterizza la Casa del Capitolo, il luogo che in un’abbazia è deputato alle assemblee dei monaci dove si prendono e si comunicano decisioni, si infliggono pene, si eseguono denunce, ecc…
All’uscita scendo verso Floating Harbour e faccio una pausa per mangiare una crepe con prosciutto e cheddar cheese, proveniente dalla vicina località che dà il nome al formaggio celebre in tutto il mondo. Proseguo lungo la passeggiata coperta del Watershed e poi attraverso il ponte pedonale che porta alla sponda opposta dove c’è la galleria di arte contemporanea Arnolfini, la più famosa della città. Devo essere sincero, mi ha deluso molto.
L’ingresso è gratuito e si può assistere alla mostra in corso in quel periodo. La galleria ospita non solo scultura, pittura o installazioni, ma anche eventi musicali, di danza, cinema o reading letterari. Io ho beccato una serie di installazioni sul tema della tecnologia e della comunicazione (ma guarda un po’!), alcune di queste interattive, ma non mi hanno entusiasmato, anche perché non sono proprio sicuro di cosa abbia visto, infatti le informazioni erano davvero molto scarse. La cosa più bella che mi offre l’Arnolfini è una grande finestra che affaccia sull’Avon e che scopro proprio nel momento in cui sta passando la fedele riproduzione della caravella con cui John Cabot, o Giovanni Caboto, partì alla scoperta del Nord America nel 1497. Una volta all’esterno riprendo a camminare diretto verso il gigantesco centro commerciale The Mall Galleries, dove compro tre orrendi magneti (4.47 sterline) e poi procedo verso l’adiacente Cabot Circus, una specie di outlet integrato nel tessuto commerciale della città, molto ben curato. Guardo un po’ di vetrine delle solite firme prestigiose che trovi ovunque ed entro nell’Apple store, dove provo qualche applicazione sugli iPad in esposizione e cerco una cover nuova per il mio telefono. Non c’è niente di entusiasmante, niente che non possa comprare on line e pagare meno dall’Italia, quindi muovo verso l’hotel dopo 5 ore di cammino praticamente ininterrotte 🙂
Il tempo di fare una doccia, rispondere a qualche e-mail e per cena bisso il locale e il menù della sera prima: era tutto perfetto 😉

14/10 Bristol – Amsterdam – Volendam

Al mattino nuova colazione da Philpotts, solo che stavolta aggiungo una bella fetta di torta al limone. Preparo la valigia e scendo in reception per il check out delle 12:30 (la spesa è stata di 130 sterline), quindi mi fermo nella hall a leggere in attesa che si facciano le 14:00 per incamminarmi in stazione. All’ora stabilita prendo i bagagli, sempre più pesanti, e mi avvio. Come ho già spiegato sono a cinque minuti dal capolinea della navetta per l’aeroporto, che parte ogni 10 minuti, quindi neanche il tempo di arrivare che sono già a bordo e diretto verso il mio volo. Una volta concluse le operazioni di imbarco arriva il primo intoppo del viaggio: il mio aereo (easyJet solo andata, 30 Euro, bagaglio da stiva incluso), previsto alle 16.45, partirà con un ritardo di 45 minuti. Non ci voleva! Proprio per questa tappa che dopo l’atterraggio prevede ancora collegamenti in treno e autobus prima di arrivare a Volendam, la mia destinazione finale.
Va be’, non posso far niente se non aspettare e vedere come muovermi. La compagnia aerea non fa nulla per informare e alla fine il ritardo supera l’ora, senza nuove comunicazioni neppure sul tabellone…
Per fortuna, una volta atterrato, il mio bagaglio è stato “sputato” fuori subito e conosco già l’aeroporto e i collegamenti per il centro (biglietto 4.20 Euro). Sono le 20:00 passate quando arrivo alla stazione centrale di Amsterdam e l’orario-limite del check-in nell’hotel di Volendam è fissato alle 21:00: non ce la farò mai.
Quindi, visto che non ho intenzione di farmi prendere dall’ansia, me ne frego semplicemente: in qualche modo arriverò. Voglio salutare almeno la Damrack e fare una capatina nel mio locale preferito, dove saluto un amico argentino che si ricorda di me e della combriccola con cui l’anno scorso, di questi tempi, andavo a bere tisane di ogni gusto. Dopo il momento dell’amarcord torno a essere un’efficiente macchina organizzativa: localizzo la stazione dei bus e ho la fortuna di chiedere informazioni a un signore italiano che vive da 40 anni in Olanda e che mi dà la dritta per prendere il mezzo giusto. Sarà il pullman 110 a portarmi a destinazione. La compagnia è l’Arriva, il biglietto si fa a bordo, costa 6 euro e il tragitto dura 30 minuti. Spiego al conducente dove si trova il mio alloggio e a un certo punto mi scarica in una piazza buia. Fa un freddo boia ma per fortuna trovare l’hotel Old Dutch non è affatto complicato: è affacciato sul porto, praticamente sulla strada principale di Volendam. Lo conosco tutti e il suo ristorante è il più chic della città. Tanto che quando entro, come un profugo con le sue valigie, è gremito di persone… altro che check-in entro le 21!
Una volta preso possesso della stanza scendo affamato come un lupo, ma trovare da mangiare alle 22 passate è davvero un’impresa. Entro ed esco da vari locali, e quando chiedo se è possibile mangiare mi guardano come se fossi un marziano! Alla fine trovo un’anima buona nel proprietario del Grand Café de Molen, che decide di non mandarmi via ma ci tiene a precisare che non potrò scegliere niente dal menù e che mi cucinerà personalmente fish and chips. Prendere o lasciare. Ovviamente prendo, mi siedo e mangio, bene, con 14.60 Euro.
Si capisce subito che Volendam è un posto rilassante, dove tutti si conoscono e amano passare del tempo insieme, in locali come quello. Alla fine del mio pasto, dopo i primi sguardi diffidenti… mi ritrovo al bancone con tanti sconosciuti a bere birra e a mangiare roba tipica olandese, senza pagare più nulla! 🙂
Ritorno in camera che sono davvero stanco ma contento. Sono in una nuova città, che già mi piace molto, e la camera in cui sono è addirittura incredibile: una mansarda molto spaziosa con una finestra che affaccia sul porto e da cui si ammira un panorama strepitoso. E poi c’è il lucernario parallelo al letto da cui puoi vedere le stelle prima di dormire (la stanza è la numero 33, la 25 è identica). Inoltre c’è una bella sorpresa: nella struttura è presente la connessione wi-fi gratuita, mentre dal sito Booking su cui ho fatto la prenotazione, riportava che era disponibile a pagamento. Evidentemente qualcosa è cambiato, in meglio 🙂

15/10 Volendam

Oggi è una giornata dedicata al completo relax dopo tutti gli spostamenti frenetici dei giorni precedenti. Prendo la bici e vado a zonzo per Volendam, seguo il lungomare fino al porto nuovo e poi visito la parte interna della città. Mi fermo a scattare foto, ci sono canali, parchetti, tutto è silenzioso e ben curato. Le persone in strada sorridono sempre, alcuni commercianti indossano i vestiti tradizionali e le case sono bellissime. Hanno tutte una gigantesca finestra al pianterreno, e le tende sono sempre semi-chiuse e lasciano volutamente intravedere gli ambienti interni. Così vedi chi cucina, chi sta facendo una riunione, chi mangia, chi gioca… queste finestre sono decorate, oppure accessoriate in maniera personalizzata: alcuni mettono in mostra raffinate sculture, oppure gadget di design, altri gingilli più kitsch, ninnoli di ogni tipo, mentre i migliori hanno in “esposizione” dei fantastici gattoni che se la dormono alla grande.
Chi passeggia guarda nelle case, viene naturale, ma senza indugiare con lo sguardo. Sono delle abitazioni private e ti senti un po’ un intruso, quasi obbligato a rispettare la loro privacy. È una sensazione strana, viene da pensare: e se invece è dall’interno che si godono davvero lo spettacolo di guardare tutte le persone che passano, come se fossero comodamente seduti davanti a un’enorme tv? 🙂
Nel pomeriggio scoppia un violento temporale, le strade sono deserte, ma prima che la bici si trasformi in un pedalò riesco a comprare un panino con pesce fresco e mayonaise. Mangio e riposo affacciato al mio balcone, guardando infuriare la tempesta sul mare e all’ora di cena ritorno al vicinissimo De Molen, anche perché piove ancora. Ma stasera sono in orario e potendo scegliere dal menù opto per la carne: una schnitzel (è praticamente una nostra cotoletta alla milanese) accompagnata da pancake prosciutto e formaggio della vicina Edam (20.50 Eu). Poi vado a dormire presto perché l’indomani il giro in bici sarà un po’ più impegnativo…

16/10 Volendam – Monnickendam – Marken

Oggi è il mio compleanno e un guasto sul roaming internazionale sembra fatto apposta per non distrarmi dagli impegni richiesti dal programma della giornata.
In pratica ricevo soltanto gli SMS ma non posso rispondere, così non ci saranno pause mentre faccio ciò che mi aspetta. Dopo una robusta colazione metto a punto lo zaino e alle 11:00 sono in bicicletta, diretto all’isola di Marken. Dopo circa un chilometro mi fermo a scattare foto a un vero mulino olandese e inizio a notare una cosa: è una bella giornata ma il vento, il vento ha qualcosa di strano…
La prima impressione me la lascio alle spalle e proseguo lungo una fantastica pista ciclabile. Dopo 5 km sono a Monnickendam, un pittoresco paesino immerso nel verde e il vento comincia a farmi capire qualcosa di più sulle prime sensazioni che ho avvertito una volta fuori Volendam. Ripresa la pista e individuata all’orizzonte Marken a 14 km di distanza, è tutto chiaro. La pista riservata alle bici non è una porzione della strada principale, quella delle auto per intenderci. Nel tratto che mi interessa è un percorso a sé, che costeggia il mare ed è sopraelevato rispetto alla strada principale. Questo significa una cosa: sarò esposto al vento per tutto il tragitto. E non ho mai sentito un vento così: potente, freddo, continuo, massacrante. Se questo è il famoso vento del nord ne ho fatto scorta per i prossimi anni. Il percorso, tranne qualche falsopiano, è ovviamente in pianura ma con il vento di traverso, è come restare fermi! Anzi, si fatica il doppio a mantenere l’equilibrio e in più il cambio non produce alcun effetto sulla pedalata: è come usare un rapportone in salita, faccio una gran fatica! Però è il bello della sfida, una volta deciso di andare fino in fondo non mi fermo. Quindi via con cappello, cappuccio, zaino e il vento in faccia, per tutti i chilometri che mi separano dalla meta. Il mare è increspato, il sole si affaccia tra nuvole minacciose, e io continuo ad arrancare sui pedali come se affrontassi un mitico tappone alpino, sono state delle sensazioni indimenticabili 🙂
Alla fine arrivo a Marken, ancora un villaggio di pescatori, famoso per le sue casette in legno dipinte di verde. Ancora oggi può risiedere a Marken solo chi ha un avo diretto originario del luogo, da queste parte ci tengono…
Il tempo di fare qualche foto e passo subito ai rifornimenti: compro l’acqua, tanta acqua, in un piccolo market e poi il pranzo a un baracchino del pesce. Visto che incomincia a piovigginare, mangio mentre pedalo, come farebbe un buon ciclista: salmone affumicato cotto al vapore con burro e una porzione di gamberoni sgusciati in salamoia, una botta di grassi ed energie. Sono le 14:00 e riparto con una speranza: se all’andata ho beccato tutto quel vento, al ritorno dovrei averlo a favore. Ipotesi sbagliata, come dicevo il vento era di traverso, quindi al ritorno aveva la stessa intensità e ha prodotto gli stessi effetti, anzi di più, perché rispetto all’andata ero già affaticato. Mi fermo per una pausa energetica a base di miele e riparto per gli ultimi 6 km, i peggiori: ancora con questo vento che rimbomba nelle orecchie, che ti fa correggere continuamente la traiettoria, che ti sposta, che ti soffia contro. Davvero, sembrava accanirsi, l’ho trovato malvagio ma lo ringrazio. Perché mi ha spinto ad andare fino in fondo e a godermi davvero il ritorno al punto di partenza.
Ho riabbracciato Volendam alle 16:00 in punto, sudatissimo e abbronzato. Prima di salire in camera compro un po’ di souvenir da Riverside Gifts e la signora mi spiega come sono loro del posto, chi si sposa con chi e ci tiene a precisare che le persone del posto vogliono tutte restare lì, e andare fuori solo per vacanza e studi. Anche i ragazzi. Il tempo di fare una doccia calda e sono giù al bar a bere un the e a rispondere a centinaia di messaggi di auguri: centinaia nel vero senso della parola! 😉
All’ora di cena cambio locale e finisco al De Lunch Havenrestaurant dove mangio ancora pancake ham and cheese e una bella bistecca di manzo locale, molto buona (24.50 Eu), resto a chiacchierare con Josi fino a tardi e poi inizio a sentire le fatiche della giornata. Rientro in camera, inizio a preparare le valigie e crollo letteralmente dal sonno!

17/10 Volendam – Amsterdam – Madrid

Ancora giorno di partenze. Dopo colazione preparo la valigia e poi faccio una passeggiata fuori a cercare la webcam con cui i miei genitori hanno visto com’è questa benedetta Volendam. Alla fine, seguendo le descrizioni ricevute via mail riesco a trovarla, così chiamo quando arrivo sotto di essa e li saluto in diretta. Il tempo di scattare qualche foto dal pc, tramite screenshot, e rientro in hotel per il check-out (206 Euro incluse le tasse turistiche, i the al bar e l’affitto della bici) prima di raggiungere la fermata dell’autobus. Una volta arrivato gironzolo un po’ per la zona di Amsterdam retrostante alla stazione, che non ho mai visto, e poi prendo il treno per l’aeroporto, dove purtroppo mi aspettano nuovi ritardi, stavolta di Iberia (biglietto multitappa su Expedia: Amsterdam-Madrid-Roma 139.63 Eu). Dopo due improvvisi cambi di gate, annunciati solo via altoparlante, il ritardo a terra supera l’ora. Ritiro il bagaglio e mi dirigo verso la metro, anche grazie all’applicazione MetrO (migliore di Metro Madrid, provata anche questa) che mi ha già fornito il percorso con tutti i cambi da fare per arrivare alla fermata dell’hotel. Così dopo aver comprato il biglietto (2 Euro) a una macchinetta automatica  prendo il primo dei tre treni che mi porteranno alla fermata Gran Via. Sono veramente a pochi passi da Calle Valverde e raggiungo subito l’hotel 7 Islas (4 notti, 330 Euro).
Anche se è tardi qui non ci sono problemi di orari per mangiare, anzi, si può dire che la serata stia appena cominciando. Ma sono stanco, e non mi va di cercare un buon locale, così mi dirigo da Pans e Company sulla Gran Via e faccio un ordine sicuro: baguette con jamon serrano y caso e tortilla de pata y cebolla (11.20 Euro). Il primo purtroppo è pessimo rispetto ad anni fa, quando ci mettevano anche il pomodoro, mentre quello con la frittata di patate si conferma ottimo. Consumo la cena in camera, mi connetto al wi-fi gratuito per scaricare la posta e prima di dormire programmo un po’ le cose da fare e vedere nei prossimi giorni.

18/10 Madrid

È lunedì, in questo giorno i musei più famosi di Madrid sono chiusi quindi è il momento ideale per conoscere la città attraverso le sue strade e le sue piazze. Il punto di partenza è la fermata della metro Gran Via, da lì percorro tutta Calle de la Montera fino a sbucare nell’enorme Plaza de la Puerta del Sol, il centro “ideale” della città da cui partono le principali strade. La piazza, avrò poi modo di vedere, è sempre piena di gente, a qualsiasi orario della giornata. C’è un’edicola con wi-fi aperto e sosto al sole a controllare la posta, dopo mi rimetto in cammino lungo calle Mayor per svoltare dopo pochi metri nell’omonima piazza, la più rappresentativa della città: quadrangolare, piena di bar con i tavolini all’esterno e soprattutto, con le facciate dei palazzi decorate stupendamente. Scatto qualche foto e proseguo alla ricerca del Restaurante Sobrino de Botìn in Calle de los Cuchilleros. Citato anche in Fiesta! di Hemingway è il ristorante più antico del mondo, in attività dal 1725. Pensavo di trovarlo pieno di turisti e invece ce ne sono solo fuori a scattare foto, forse per via dei prezzi 🙂
L’interno ti riporta indietro nel tempo, ordino al volo un arroz nigro (in pratica un risotto condito con il nero delle seppie), pago (22.25 Eu), scatto un paio di foto e proseguo lungo Calle del Sacramento fino a sbucare davanti all’imponente cattedrale di Nuestra Senora de la Almudena. L’ingresso è libero e all’interno c’è un piccolo depliant con delle spiegazioni (in inglese), la struttura attuale è relativamente recente, risalendo al 1883. Progettata in modo da armonizzarsi perfettamente con l’antistante palazzo reale, è stata inaugurata nel 1911. Ci sono molte cappelle consacrate a personaggi della chiesa contemporanea, come il discusso San Josemaria Escrivà, fondatore dell’Opus Dei, e buona parte delle decorazioni e degli arredi, come pitture, vetri lavorati e sculture, sono stati eseguiti tra gli anni ’90 del secolo scorso e i primi anni del 2000. In pratica è una chiesa nuovissima 🙂
Dopo è il momento di raggiungere il Palazzo Reale per raccogliere alcune informazioni e programmare la visita; poi mi fermo per una pausa rilassante nei giardini dell’elegante Plaza de Oriente che separa l’enorme palazzo dal teatro. Non per essere campanilista… ma in tutte queste architetture monumentali lo stile italiano è ovunque 😉
Proseguo il mio giro a piedi fino a ricollegarmi con la Gran Via, che percorro tutta fino a Calle Valverde, la mia traversa. La strada è veramente enorme e ricca di negozi, gente indaffarata, traffico (e smog) ed è caratterizzata da palazzi di pregevole fattura che la impreziosiscono su entrambi i lati. Dopo una pausa in hotel, esco nuovamente e da Puerta del Sol e mi incammino in Calle de la Cruz dove mi fermo a mangiare tapas da 4D  (10.90 Euro per vino, tortilla de pata, focaccia con jamon serrano e formaggio). Il giro pedestre è davvero finito, domani toccherà ai musei 😉

19/10 Madrid

La giornata è dedicata alla visita del Museo del Prado che raggiungo in metro (fermata Opera). È molto che non visito un grande museo e ho proprio intenzione di fare indigestione di opere d’arte finora viste solo sui libri. Dopo aver visitato i grandi musei di Roma, Firenze, Parigi, New York, Berlino e altre città, attendevo da tempo di poter inserire El Prado tra le pinacoteche visitate, e finalmente ce l’ho fatta! 😉
La Maya Desnuda, la Maya Vestida, il 2 e il 3 de Mayo di Goya, Las Meninas di Velazquez si aggiungono alle raffinate opere di Tiziano, Tintoretto, El Greco, Van Dyck, Rembrandt e Botticelli. Ovviamente il padiglione italiano va per la maggiore e da gaetano non posso non notare che tra questi mostri sacri c’è anche un quadro di Sebastiano Conca (che ha decorato la chiesa dell’Annunziata della mia città, chiesa nella quale Pio IX si rifugiò nel 1848 e che ispirò il dogma dell’Immacolata Concezione proclamato nel 1854).
Poi cerco uno dei miei preferiti, Bruegel il Vecchio e il suo Trionfo della Morte, per finire con un vero e proprio genio: Hieronymus Bosch, l’autore de Il giardino delle delizie. Be’, che dire di questo quadro, se non lo conoscete ve lo mostro tramite questo link. Allora? Non è un genio? Non sembra un quadro di Dalì? non sembra dipinto da un artista della corrente surrealista? Abbastanza, solo che Bosch ha realizzato il suo capolavoro nel 1500!
Dopo aver visto questo quadro dal vivo ho dovuto ridimensionare il mio giudizio sulla rivoluzione artistica dei surrealisti. È proprio vero quanto diceva Goethe: “Tutti i pensieri intelligenti sono già stati pensati; occorre solo tentare di ripensarli”.
Al termine del tour compro delle stampe di quest’opera, una per me e una da regalare 🙂
La visita a El Prado è stata completamente soddisfacente ma c’è un’avvertenza da non trascurare: al biglietto d’ingresso (8.50 Eu) aggiungete i 3.50 Euro dell’audioguida in italiano, solo così la visita può essere completa e appagante.
Mangio un bocadillo al volo e rientro in hotel per prendere accordi con un amico che non vedo da 8 anni e che tramite Facebook mi ha fatto sapere che si trova a Madrid! Alle 20:00 esco nuovamente per l’appuntamento e raggiungo Paolo “sotto le palle del cavallo” della statua equestre al centro di Plaza Mayor. È così che si danno appuntamento i madrileni. Non abbiamo problemi a trovarci e dopo una passeggiata e tante chiacchiere per aggiornarci, finiamo a cenare e a guardare la partita Real Madrid – Milan nel Gran Cafè de Madrid in Calle Mayor. Mangiamo un’entrecote, beviamo un paio di birre (21 Euro) e prima della chiusura della metro ci salutiamo davanti alla fermata Sol.
Torno in hotel, e chiudo una giornata molto piena, fatta di incontri indimenticabili con le opere e gli autori raccolti nel museo e la sorpresa inaspettata della cena con Paolo.

20/10 Madrid

Ultimo giorno a Madrid, ma già so che in questa città ci tornerò perché mi restano ancora cose da vedere: sono tornato 5 volte a Parigi perché non tornare una seconda volta a Madrid?
Comincio presto con la visita al Palacio Real (dove il mercoledì i cittadini UE entrano gratis), prendo l’audioguida (4 Euro) e inizio con la visita alla Farmacia Real (ricorda molto ciò che ho visto nel museo della medicina di Budapest), proseguo poi per le sfarzose sale del palazzo e finisco con la visita all’armeria reale. All’uscita mi dirigo verso il Centro de Arte Reina Sofia e prima di entrare mi fermo a mangiare da El Brillante. Non è indicato dalla guida ma andrebbe inserito: i camerieri urlano come matti le ordinazioni ai cuochi, sono tutti rapidissimi e si mangiano cose buone e semplici, il posto è famoso per i calamari fritti più buoni di Madrid. Ordino anche un bocadillo con tortilla de pata (ottimo), un’acqua (5.30 Euro) e proseguo subito verso il museo che raccoglie opere dell’arte contemporanea. L’ingresso costa 8 Euro e l’audioguida 4, anche in questo caso consiglio di visitare le varie sale armati del supporto audio perché le informazioni scritte sono davvero molto scarse.
Qui c’è Guernica. Guernica di Pablo Picasso. Il museo si identifica talmente tanto con quest’opera che i vari Mirò, Magritte, Dalì, Kandinskij passano quasi in secondo piano.
Al termine decido di fare una cosa inconsueta, letta sulla guida, che mi spinge a fare nuovo viaggio in metro fino alla fermata Principe Pio, per cercare l’Ermita di San Antonio de la Florida, una chiesetta che ospita le spoglie di Goya ma che, soprattutto, conserva un affresco del maestro spagnolo. Uno dei pochissimi che è possibile vedere nel luogo originario di realizzazione. La chiesa è piccola, praticamente senza visitatori, e tenuta molto bene. L’ambiente dell’affresco è rilassante e silenzioso e l’opera è davvero imponente, ci sono anche dei grandi specchi mobili che permettono di vedere i dettagli senza alzare la testa e da una prospettiva diversa dal punto di osservazione “naturale”. L’effetto è stranissimo…
Torno in hotel e mangio da Cutxi (11.80 Euro) qualche tapas a base di calamari fritti e albondigas (piccole polpette di carne), offro un bicchiere all’ennesimo amico ubriacone di questo viaggio e vado a fare le ultime compere su Calle de la Montera. Acquisto maglie, tazze, vino, le immancabili calamite e torno in hotel per iniziare nuovi preparativi. Ancora una volta c’è da fare una valigia, che questa volta però rientra in Italia più piena e più pesante della partenza.
Mai quanto i miei occhi, la mia testa e il mio cuore di viaggiatore solitario.

Nel corso del viaggio, oltre alle applicazioni per iPhone che ho elencato, ho letto e usato: La Papessa di Norfolk, Il Libro del Risveglio di Kerouac, Madrid Lonely Planet.

Diario di viaggio: Edimburgo, Brema, Amsterdam e Lisbona

Edimburgo - Princess Garden
I colori del Princess Garden

Dopo un’estate intera di lavoro e un settembre incredibile per la mole di progetti sviluppati, sono cotto!
Mi rendo conto che “scomparire” davvero in questo periodo è semi-impossibile, però ho bisogno di allontanarmi, di vedere le cose da prospettive diverse. Così preparo una gran trolley, carta di credito, portatile e cellulare, e per la prima volta inizio un viaggio da solo. Oddio, non sarà proprio così, ma più avanti vedremo…
Viaggiare da soli ha i suoi pro e i suoi contro, però è un’esperienza da fare e che consiglio a tutte le persone che hanno il viaggio nell’anima. Volevo vedere posti nuovi, località che quando ho proposto per vacanze condivise non hanno suscitato entusiasmi, quindi quale occasione migliore di questa?
Ma dov’è che vado? Scopriamolo insieme, giorno per giorno 😉

11/10 Roma – Edimburgo

La prima destinazione è Edimburgo. Parto da Roma Ciampino alle ore 11:00 con un volo Ryanair che, per carità, ha sempre delle tariffe convenienti però… però rispetto a un tempo è diventata molto più fiscale e macchinosa con i costi aggiuntivi, specialmente legati alla politica sui bagagli. Durante la prenotazione ho scelto di imbarcare una valigia e di fare il check-in on line (che poi non serve a niente se devi far stivare il bagaglio!), e ho scelto anche l’invio del codice di prenotazione via SMS… che non è mai arrivato! Insomma, sono stati un po’ deludenti, anche perché questi servizi li ho pagati. E poi a Ciampino ho visto persone “smontare” le proprie valigie per alleggerirle ed evitare l’esoso extra da 15 Euro al chilo! Una vera esagerazione: se hai preso il biglietto a un prezzo medio e poi in valigia hai tre chili in più, il totale diventa simile a quello di altre compagnie dove però puoi imbarcare maggior peso, non sono fiscali sugli extra, ti assegnano i posti e a bordo ti danno anche uno snack. Perdonatemi, sono delle semplici riflessioni.
Il volo parte puntuale ma arriviamo a Edimburgo con 45 minuti di ritardo, per fortuna il fuso orario ci porta indietro di un’ora e recupero qualcosa. Subito fuori il terminal ci sono le navette Lothian che portano al centro città, il biglietto costa 3.50 sterline (cambio: 1 Euro pari 0.80 sterline) e una mappa e la voce dell’autista indicano chiaramente il nome della fermata (Edimburgo non ha metro ed è servita completamente da bus). Scendo a West End, dove la Shandwik Place diventa Princess Street, e inizio a capire dove sono. Edimburgo è divisa in zone, una volta individuate le principali (Old e New Town) si hanno degli ottimi punti di riferimento per guardare una mappa.
Il mio hotel è in zona Bruntsfield, il riferimento è il quartiere Tollcross, così appena vedo il bus 11 che va verso quella direzione… mi ci fiondo, pago il biglietto (£ 1.20) e aspetto la mia fermata. Solo dopo scoprirò che ho preso il pullman nel mezzo di Charlotte square, uno dei migliori esempi di architettura georgiana e sede della residenza ufficiale del primo ministro scozzese. Il pullman mi scarica nei pressi del King’s Theathre e da lì raggiungo l’hotel Links, oggi Black Ivy (agg. 01/20).
Non sono proprio vicinissimo al centro, però il posto è molto bello, a due passi dal Meadows, un parco pubblico con buche da golf per chi vuole cimentarsi (le regole di questo gioco le hanno scritte qui!), e immerso in una zona residenziale molto tranquilla e piena di bei locali. L’hotel ha copertura wi-fi e un bar aperto fino a notte, dove si incontrano tantissimi ragazzi al termine delle lezioni perché siamo in una zona universitaria, c’è una bella atmosfera in pratica!
Esco subito a fare una perlustrazione, capire le distanze e i tempi è fondamentale prima di cominciare a pianificare le visite, così dedico l’intero pomeriggio a un girovagare consapevole: mi perdo e mi ritrovo tra strade e vicoli. L’impressione iniziale della città non è delle migliori, cioè, è molto bella però sembra piuttosto spenta. Ma la spiegazione c’è: di solito arrivo nelle capitali di venerdì, quando il week end sta per esplodere. Stavolta è domenica e tutto è più tranquillo, quasi silenzioso direi.
Percorro la East Fountainbridge e attraverso tutto il Grassmarket, dove affacciano molti negozi e dove mi fermo a mangiare un fish & chips fatto al momento (£ 7.20). Al termine di Grassmarket prendo la West Bow fino al famoso Royal Mile, l’acciottolata arteria principale che collega il castello di Edimburgo, in cima a una roccia, al palazzo di Holyroodhouse più a valle. Ma non lo percorrerò tutto, lo metto in agenda per domani, intanto però posso ammirare le City Chambers (le camere del consiglio cittadino) e Heart of Midlothian, un cuore fatto di ciottoli ben visibile nel pavimento antistante la St. Giles. Segna il luogo dove un tempo c’era un carcere famoso per le torture e le esecuzioni capitali. La tradizione della città vuole che i passanti sputino su questo cuore per assicurarsi buona fortuna. Dopo questa prima esplorazione rientro e scopro che alle 21:00 nel pub dell’hotel già non servono più da mangiare, allora esco nuovamente e ceno da No. 1 un sushi bar vicino (CHIUSO, agg. 01/20). Vado a dormire presto, come non mi capitava da anni, ma sono stanco morto e per l’indomani ho un programma fittissimo a cominciare da un problema da risolvere: non ho l’adattatore necessario per caricare le batterie di cellulare, notebook e macchina fotografica! Saranno incubi tecnologici… 😉

12/10 Edimburgo

Dopo un’importante colazione (uova strapazzate con bacon e salsiccia, pane imburrato con marmellata, the, succo d’arancia e yogurt all’amarena), esco per esplorare Edimburgo. Appena fuori l’hotel c’è un elettricista che con £ 4.50 mi risolve un bel problema: ha l’adattatore che cercavo!
Ripercorro la stessa strada fatta ieri per arrivare al Royal Mile, dove di cose da vedere ce ne sono davvero tante. Inizio le mie escursioni dall’imponente chiesa di St. Giles che per gli scozzesi ha un’importanza fondamentale nella loro storia: è qui che cominciò una rivolta della durata di un anno che nel 1638 portò alla firma del National Covenant in cui veniva affermata l’indipendenza dei vescovi scozzesi (e le loro nomine) dalla corona inglese. L’interno è notevole per i colori delle sue alte vetrate, che contrastano con il grigio dei mattoni, e poi ci sono le volte dipinte interamente di un azzurro brillante, senza raffigurazioni di alcun genere. Un piccolo gioiello è la Thistle Chapel, caratterizzata dalla massiccia presenza di legno finemente lavorato. Entrare in una chiesa protestante e vedere croci senza Gesù, oppure l’assenza totale di altre immagini sacre, dipinti o statue, fa riflettere molto…
La mia passeggiata prosegue, ho in testa un percorso particolare e lo seguo districandomi tra close (viuzze) e wynd (vicoli), due elementi che insieme ai tenement (caseggiati) caratterizzano questo stupendo quartiere.
Sì, Old Town praticamente si conserva ancora com’era 400 anni fa, ed è un enorme labirinto di scale, giardini e stradine nascoste costruite su vari livelli in base al periodo storico. Basta pensare che sul Royal Mile ci sono dei ponti che portano alla città nuova ma… sotto non vi scorre un fiume! C’è la città vecchia, che non vuole essere più sepolta. E così è arrivata a proteggerla anche l’UNESCO inserendola tra i patrimoni dell’umanità (anche se con tutti i patrocini che a volte concedono con troppa generosità, stanno facendo perdere credibilità a questo riconoscimento).
Continuo a camminare fino a Canongate Kirk, una chiesetta che ha uno stupendo cimitero dove riposano le spoglie di Adam Smith e del poeta Robert Ferguson. L’atmosfera è surreale, Edimburgo è famosa per i suoi cimiteri nel centro della città e per il suo rapporto con la morte e, soprattutto, con il soprannaturale. Mi riferisco a medium, fantasmi, apparizioni, che alimentano anche tantissime attrazioni create appositamente per i turisti in cerca di brividi…
Poco distante la chiesa c’è un close che si chiama Dunbar, se entrate qui troverete un incantevole giardino in stile secentesco: un’oasi di silenzio e pace a pochi metri dal caotico Royal Mile, incredibile! Dopo una sosta riprendo il cammino fino al discusso Parlamento scozzese, dall’architettura di dubbio gusto (ma si sa, le “archistar” spesso fanno danni…), che si trova proprio di fronte all’Holyroodhouse Palace e l’omonima abbazia, due costruzioni splendide. D’altronde parliamo di una residenza reale e della sua chiesa!
Sempre da questo punto si può scegliere se dirigersi verso l’Arthur’s Seat, un parco naturale nel centro della città una volta riserva di caccia dei reali, che ha il suo picco nella cima di 251 metri che da diverse angolazioni impone su Edimburgo la sua millenaria presenza, oppure verso la collina di Calton, ricca di monumenti interessanti e con una vista panoramica spettacolare. Scelgo quest’ultima e così mi accingo a risalire Regent Road, dove si può fotografare la tomba del filosofo Hume, fino all’ingresso pedonale del parco: sono arrivato in quella che è stata battezzata l’Acropoli di Scozia. Infatti su Calton Hill ci sono diverse opere costruite in stile classico (tombe e templi commemorativi), oltre all’osservatorio cittadino e al monumento a Nelson che riproduce un cannocchiale rovesciato. La vista da quassù è sorprendente: spostandosi di pochi metri è possibile vedere il panorama a 360 gradi, oppure si può salire in cima alla torre per dominare l’intera città. Dopo le foto di rito incomincio la discesa verso Princess Street, un’arteria enorme (e attualmente sventrata per via dei lavori in corso per costruire la rete tranviaria) strapiena di negozi di ogni genere e molto, molto frequentata. Dopo un boccone al volo presso il St. James Shopping Centre la percorro tutta, passando in rassegna palazzi e campanili monumentali (Scott Monument, Royal Scottish Academy e National Gallery of Scotland).
La nuova méta sono i Princess Street Garden, l’ennesimo, stupendo parco cittadino. Lo attraverso e seguo i sentieri che si arrampicano sulla roccia sovrastata dal monumentale castello-simbolo della città, e dopo una faticosa scarpinata arrivo in cima all’Explanade. Nonostante il castello sia l’attrazione più visitata di Edimburgo, non mi suscita particolare entusiasmo: la roccaforte è molto più interessante per la sua collocazione, per il suo dominare la città… diciamo che dal basso fa molta più impressione che dall’interno! 🙂
Però, nel gift-shop, si può comprendere bene quanto la tradizione sia sentita dal popolo scozzese. La devozione per gli antenati e per quei clan che hanno costruito le fondamenta della storia patria è palpabile: insegne, crest, kilt, tartan di vari colori, tutto è in grado di dettare precise coordinate su una particolare famiglia piuttosto che un’altra. Ma il tour che ho organizzato non è ancora finito, quindi riscendo di nuovo per il Royal Mile fino a incrociare il George IV Bridge che percorro fino all’angolo con Candlemaker Road. Qui c’è quella che viene considerata una delle statue più celebrate e conosciute di Edimburgo: Greyfriars Bobby, un piccolo terrier che alla morte del suo padrone, un poliziotto della città, vegliò sulla sua tomba per ben 14 anni! I cittadini hanno voluto onorare la sua fedeltà, rendendolo immortale insieme al suo padrone, ma la località non merita una visita solo per questo motivo. A due passi dalla statua appena citata c’è Greyfriars Kirk and Kirkyard, uno dei luoghi più inquietanti della città. La chiesa non è particolarmente attraente ma è un vero è proprio pezzo di storia della Scozia, perché qui venne firmato il National Covenant di cui ho accennato poco sopra e, soprattutto, vennero tenuti in terribili condizioni di prigionia ben 1200 ribelli. Molti di essi morirono di stenti o giustiziati, e furono sepolti nel retro della chiesa, che ancora oggi conserva in un cimitero monumentale le tombe dove morirono queste persone. Ed è proprio qui che risiede il fenomeno noto come Poltergeist McKenzie, il caso di attività paranormale meglio documentato del mondo. Be’, restare indifferente in questi luoghi è impossibile, se poi ci si mettono anche gli scoiattoli ad alimentare suggestioni, muovendo rami, apparendo e scomparendo, facendo percepire movimenti “strani”, il gioco è fatto! E allora vai col business dei tour guidati a caccia di fantasmi 🙂
Dal cimitero rientro verso l’hotel tagliando per Meadows Park, ma prima mi sono imbattuto nel Flodden Wall, delle mure megalitiche costruite nel 1500 per arginare una temuta invasione inglese.
Be’, la giornata è finita, ho camminato per quasi 7 ore (è stata una scelta, il percorso si può fare con gli autobus volendo) e, soprattutto, ho cambiato idea sulla prima impressione ricevuta dalla città: è molto bella e godibile. Anzi, ho provato qui sensazioni che non avevo mai provato in nessun’altra città…

13/10 Edimburgo – Cramond

Allora, Edimburgo è piccola. Non ha neanche 500.000 abitanti e le cose davvero interessanti da vedere sono tutte concentrate in aree piuttosto limitate. Diciamo che il giro di ieri mi ha permesso di vedere praticamente il meglio che c’è in città per un turista, quindi nella giornata di oggi potrò dedicarmi a un’escursione fuori porta. Ma prima… prima mi aspetta l’ultima attrazione della Old Town: Real Mary King’s Closed.
Questo vicolo è l’emblema della costruzione a strati della città e delle sue storie tristi e dolorose, con l’ovvio corollario di fantasmi sopraggiunti a conclusione di varie vicende drammatiche. Il vicolo cadde in disgrazia quando i suoi abitanti, tra cui Mary King (una commerciante benestante), vennero colpiti dalla peste. Le autorità locali per sconfiggere l’epidemia trovarono un metodo singolare e radicale allo stesso tempo: murarono vivi i suoi abitanti. La struttura non è una ricostruzione, è proprio una passeggiata nella Edimburgo che fu: buia, umida e maleodorante.
Le visite sono ben organizzate, durano un’ora e vengono effettuate soltanto in gruppi e con partenze in orari precisi. Il prezzo è di 10,50 sterline, inclusa l’audioguida. Tutto è bene organizzato e la passeggiata si rivela piacevole: si entra nel cuore del vicolo, nelle case rimaste sotto la nuova Edimburgo, nelle stanze ancora piene di dolore e sangue. E, ovviamente, la voce narrante non si risparmia particolari tremendi su morti ammazzati e fantasmi tornati a perseguitare i loro aguzzini. Le luci sono fioche, i rumori, le ombre, le statue che riproducono alcuni personaggi, tutto è organizzato per amplificare le sensazioni dei visitatori e se vi capita una guida brava… ci sarà di che avere paura! 😉
La stanza che riempie di angoscia è quella della piccola Annie, una bimba che una medium giapponese disse di aver visto piangere per la morte dei suoi genitori. Da quando avvenne questa rivelazione la stanza di Annie è stata invasa da peluche, giocattoli, bambole che i visitatori portano perché lo spirito della bambina possa avere qualcuno con cui giocare e trovare così la pace. Quando siete di fronte a questo mucchio di giocattoli impolverati, e una voce vi dirà nell’orecchio che “se vedete qualcosa… non siete i soli”, be’, siete autorizzati ad avere la pelle d’oca!
Tornato all’aria aperta faccio un giro a Leight Walk, la zona in fase di rivalutazione dove si trova il porto e lo yacht reale Britannia ma mi rendo conto che era un tragitto che potevo risparmiarmi, non lo consiglio.
Prendo un bus che mi riporta a George Street e con il biglietto giornaliero (£ 3) fatto in mattinata, da lì parto per Cramond Village. Tempo 40 minuti e arrivo in questo bellissimo villaggio di pescatori. O almeno, quello che una volta era un villaggio di pescatori. Oggi a Cramond ci sono delle villette bellissime, un’atmosfera rilassante, una chiesa (con annesso cimitero) in pietra, un antico forte romano e, soprattutto, ciò per cui ci si va: la buona aria del mare. Sì, a Cramond si scattano grandi foto: c’è un piccolo porto con delle barche a vela ormeggiate, un solo bistrot dove prendere un the e un’enorme spianata che permette di passeggiare a ridosso del mare. Ma non è finita, perché le maree aprono e chiudono ogni giorno un piccolo sentiero che porta all’omonima isola, località rinomata per chi ama il bird watching (non io!).
Al rientro in hotel mi sono goduto un ottimo hamburger da 7 once di manzo Angus, accompagnato da cheddar cheese stagionato, bacon e le immancabili patatine fritte in quantità industriale (£ 10, inclusa una pinta di birra). Dopo aver scaricato la posta (per questo viaggio ho scelto tutti hotel con connessione wi-fi gratuita) torno in camera per preparare la valigia: l’indomani si parte molto presto, alle 06:20 un aereo mi porterà verso la prossima destinazione: Brema!
Qualche annotazione finale su Edimburgo: è bella, vale la pena visitarla. Il centro città è sicuro e pulito, il grado di civiltà è molto elevato: nessun venditore molesto e massima accoglienza per i turisti, giustamente vissuti come una risorsa importante nell’economia della città. L’unica nota negativa è sulle indicazioni: in centro non ci sono praticamente cartelli che indichino le direzioni per le principali attrazioni, in pratica bisogna consultare continuamente la mappa.
Per pianificare i miei percorsi e apprendere nozioni sulla storia della città, in questo viaggio mi ha accompagnato una guida Lonely Planet.

14/10 Edimburgo – Brema

Mi sveglio letteralmente all’alba, anzi prima. Alle 04:45 un taxi mi aspetta per portarmi in aeroporto (£ 18.50) dove prenderò nuovamente un volo Ryan (£ 14.00) che mi porterà in Germania, a Brema.
Una volta atterrato rimetto l’orologio sul nostro fuso orario, sono le 10:00 e appena uscito dal terminal sono di fronte ai tram che si dirigono in centro. Prendo il numero 6 (Eu 2.20) direzione Universitat e scendo presso la stazione centrale.
Visto che presto prenderò un treno proprio da qui, ho voluto calcolare subito i tempi e le distanze che ci sono dal mio hotel. Mi accorgo subito che orientarsi è molto facile, Brema è davvero piccola! Con l’iPhone verifico il tragitto da fare (fantastico, con Google Map puoi pianificare il percorso pedonale!) e in 10 minuti sono davanti la porta del B&B SchlafCompany. L’hotel è a conduzione famigliare e i gestori sono molto ospitali, mentre sistemano la camera vado a fare colazione al Bremen 4U Café, molto bello e molto buono. Visto che sono in piedi da un po’… la colazione sarà un specie di pasto: uova con bacon, succo d’arancia, due croissant con burro e marmellata fatti in casa, una fetta di torta al cioccolato, the Earl Grey con pasticcino (Eu 11,70). A parte il design, sono i particolari che lo rendono interessante. Ti servono tutto in modo che tu possa preparare da solo le porzioni in base ai tuoi gusti: c’è un vasetto con la marmellata, uno con il miele, uno con il burro, uno con la nutella… e poi il the è racchiuso in un sacchetto di seta, così ne senti il profumo prima dell’infusione. A volte basta poco per essere “diversi” da tutti gli altri, bravi!
Proseguo a passeggiare diretto verso il centro (parliamo di qualche centinaio di metri!) e arrivo nella piazza principale, Marktplaz.
Qui sembra di entrare nel classico paesaggio delle fiabe nordiche, e difatti una delle più celebre favole dei fratelli Grimm è ambientata proprio qui, è chiaro che mi riferisco ai Quattro suonatori di Brema (o musicanti, dipende dal traduttore). La città è talmente riconoscente della popolarità ricevuta da questa storia che ha dedicato un monumento all’asinello, al cane, al gatto e al gallo, ovviamente impilati l’uno sull’altro. Ma in Marktplaz non c’è solo questo perché è qui che affacciano il Rathaus, il municipio che – indovinate un po’? – è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO; e St. Petri Dom, la chiesa più importante della città. La visita all’interno di quest’ultima è molto gradevole, anche perché sono organizzati molto bene e nella parte museale è possibile accedere anche con un’audioguida che danno gratuitamente. Insomma vale la pena fare un giro, anche per la piccola cappella sotterranea.
Una volta all’esterno giro tra i tanti vicoli, pieni zeppi di negozi, e mi diverto a perdere e ritrovare l’orientamento, questo per far capire quanto è piccolo il centro storico, vale a dire la maggior attrazione della città.
Dopo diversi “passage”, cioè delle gallerie pedonali che collegano strade un po’ più grandi delle altre, entro in un centro commerciale: devo comprare il secondo adattatore del viaggio! E allora mi chiedo: ma la UE invece di sprecare soldi per definire le dimensioni standard di patate e cetrioli, non potrebbe lavorare per unificare i voltaggi dei paesi comunitari e, soprattutto, delle varie prese elettriche?! 😉
Dopo questa profonda riflessione rientro in hotel, perché la levataccia comincia a farsi sentire e per scaricare un po’ di posta. Resto on line fino alle 21:00 e poi esco per cena, trovando subito il ristorante che mi hanno consigliato alla reception. Purtroppo però, non mi hanno detto che si tratta di un ristorante spagnolo! Allora decido che no, non avrei mangiato cucina iberica e decido di andare avanti in quella che sembra una strada ricca di proposte, e così nell’ordine trovo: un greco, un messicano, un africano orientale, l’immancabile italiano, il cinese, il giapponese, il pub inglese e, appunto, lo spagnolo! Ahia, bisogna cambiare programma… ma di solito le cose improvvisate regalano sorprese e così scopro, sempre vicino l’hotel, Hangeboden (chiuso dal 2011, agg 01/20), un locale davvero tedesco! All’interno, oltre al gestore, c’è una coppia matura e tutti e tre bevono birra e fumano continuamente. L’atmosfera è molto familiare, mi invitano a sedermi al bancone e dopo aver ordinato, su suggerimento del proprietario Jurgen, una Schweineschnitzel (due bistecche di maiale impanate e fritte, accompagnate da cetrioli in salamoia e le immancabili patate, fritte e lesse), mi omaggiano dell’inno nazionale italiano sparato a tutto volume. Quando poi mettono su una versione di Va’ Pensiero interpretata da Al Bano, capisco che sono ubriachi 🙂
Però sono stato benissimo, Jurgen mi ha servito della birra Barre spillandola da vero maestro con calma e mosse accurate, invitandomi a mangiare perché lui ci avrebbe messo il tempo che gli sarebbe occorso, fantastico! Così familiarizzo con Peter e Renate e, prendendo spunto dalla mia sciarpetta dell’AS Roma, cominciamo a parlare di calcio, di Hassler, Berthold e il mitico Rudy Voeller, con loro che mi aggiornavano su quello che avevano fatto questi idoli una volta tornati in Germania. La compagnia è gradevole, la cena ottima (Eu 10.80) ma gli occhi mi si chiudono e quindi decido di abbandonare il tavolo dando appuntamento a Jurgen per l’indomani e buonanotte… ai musicanti! (o ai suonatori).

15/10 Brema

Allora, se Edimburgo è piccola… Brema lo è ancora di più! E le cose da vedere sono molte meno.
Quindi il secondo giorno ho già familiarità con il luogo ma, soprattutto, ho ben poco da fare. Dopo la colazione vado in centro, cambio dei soldi in banca, e attraversando MarktPlatz, raggiungo Schnoor, sicuramente il quartiere più caratteristico della città. È composto interamente di vicoli e le case, tutte unite e di colori diversi, ospitano tantissimi negozi di artigianato, souvenir e ristoranti. Nel cuore di questo intreccio di vicoli c’è una bella chiesa dedicata a S. Francesco e dopo un giro all’interno, vado a fare shopping (comprerò t-shirt per la collezione di mio nipote, peluche dei musicanti, borsa in tela, uno yo yo e due magneti da frigo). Dopo aver visitato tutte le viuzze mi dirigo verso Bottcherstrasse. Non per ripetermi, ma ogni volta che c’è un cambio di direzione si ripassa per Marktplatz, stavolta però aggiungo che al centro della piazza si può vedere la statua in marmo di Rolando, monumento nazionale alto dieci metri che rappresenta la libertà e che, non per essere ripetitivo, è anch’esso registrato come patrimonio ecc… ecc… dell’Unesco.
Eccoci arrivati a Bottcherstrasse! La strada è molto piccola, molto breve ma anche molto bella, azzarderei che è la più bella che ho visto qui, ancora più interessante dello Schnoor. Nella sua struttura a zig-zag, ospita alcuni selezionati locali, una fabbrica di caramelle con gli artigiani che lavorano in una vetrina, fotografatissimi come delle star di Hollywood, ed è caratterizzata dall’ampio uso della pietra rossa per mura e costruzioni, e da gruppi di musicisti di strada quasi ad ogni angolo. Dopo una pausa per prendere un po’ di sole seduto su una panca in pietra di… Marktplatz, decido di rientrare in hotel per preparare i bagagli.
La sera cenerò di nuovo da Jurgen, ma farò molto presto perché l’indomani mi tocca un’altra levataccia! Ma la farò volentieri: devo andare in stazione a prendere un treno che mi porterà ad Amsterdam, dove incontrerò amici che arrivano da Roma, Gaeta e Bologna… mi sa che sarà un compleanno indimenticabile!
Qualche annotazione su Brema: è bella, però se dovessi sceglierla come meta per una vera e propria vacanza, ci rifletterei un po’. Due giorni qui sono sufficienti, per me è stata una tappa di passaggio tra Edimburgo e Amsterdam, una bella tappa ma se volete andare in Germania, Berlino e Monaco hanno molto di più da raccontarvi.
Ah! Dimenticavo, fa un freddo terribile. Al 13 ottobre erano già a -1, non oso immaginare dove sarà la colonnina di mercurio durante i giorni della merla! 🙂

16 e 17/10 Amsterdam

Al mattino, anzi all’alba, vado via da Brema e per farlo mi dirigo verso la stazione dove alle 06:37 ho il treno che mi porterà a Osnabrück, per la prima tappa verso Amsterdam. Sulle ferrovie tedesche c’è poco da registrare, sono mostruosamente puntuali ed efficienti, cito soltanto questo: il 20 agosto ho comprato con 29 Euro il biglietto per il viaggio da Brema, per un totale di tre treni da prendere. Bene, praticamente due mesi prima della partenza conoscevo il binario di partenza! Addirittura in un cambio avevo solo 4 minuti a disposizione per la coincidenza, ma poiché si trattava del binario di fronte a quello di arrivo, non ci sarebbero state corse furiose da fare… e così è stato! Il treno è arrivato, ho attraversato il marciapiede e sono salito sull’altro treno che era già in attesa ed è partito puntualissimo: è così che dovrebbero funzionare le ferrovie!
Alle 11:00 sono finalmente ad Amsterdam dove un po’ alla volta incontrerò tutti gli altri: il 16 infatti è il mio compleanno e sono venuti a festeggiare con me amici provenienti da Roma, Bologna e Gaeta.
Su Amsterdam, non mi dilungherò, ci sono stato già quattro volte ed è una città che conosco abbastanza bene e che adoro per la sua architettura, per i suoi canali, per l’atmosfera sempre elettrica e allo stesso tempo pacifica e rilassante.
A titolo di cronaca, cito alcune informazioni su questo breve soggiorno: l’hotel che ho scelto è stato il Tulip Inn, oggi WestCord City Centre Hotel Amsterdam (agg. 01/20), molto chic ma soprattutto perfettamente posizionato. Se sarete nei paraggi di questo hotel, è vivamente consigliata la colazione da Coffee Connection (CHIUSO, agg. 01/20): apple pie con panna e brownie sono all’altezza della migliore tradizione americana (Eu. 7.50 con un the alla cannella).
Poi, il museo di Van Gogh merita sempre una visita (ma ricordate di comprare i biglietti (Eu. 13) in hotel o nei centri di informazione turistica se volete risparmiare file chilometriche! 😉
Ancora, l’affitto della bicicletta è indispensabile per vivere pienamente lo spirito della città (consiglio Yellow Bike, 13 euro al giorno assicurazione inclusa… è anche adiacente al locale dove fare colazione!); per finire un paio di note sul cibo: durante il giorno fate spuntini presso i botteghini che ci sono lungo i canali, si mangiano cose sane e fresche. Ovviamente sto parlando di pesce, anzi, veri e propri panini a base di aringhe, salmone e baccalà fritto: non fatevi impressionare perché sono ottimi (Eu. 7.50), mentre a cena si può optare per un ristorante esotico, Amsterdam infatti ne è piena proprio per via della sua tradizionale fama di città multietnica, storicamente centro nevralgico di scambi economici e, di conseguenza, culturali. Noi abbiamo scelto Tomo, come fatto anche a marzo, un sushi bar delizioso: pulito, buone porzioni, begli arredamenti e personale cortese.
Nota di colore: a marzo, girovagando per Vondel Park incrociai la strada con Franklin Rijkaard, stavolta invece, durante la notte di sabato ho incontrato fuori il nostro hotel la signora Ilary Blasi in Totti. Era con un’amica e rientrava verso il suo albergo. Indossavo sempre la mia benedetta sciarpetta della Roma, e siccome continuavo a fissare la Iena perché non ero convinto che si trattasse di lei, dopo un sorriso ha imboccato la porta girevole, mentre l’amica mi faceva cenno di “sì” con la testa e rideva, a confermarmi che avevo visto bene.
La Roma il giorno dopo ha perso 2-1 e Totti non ha giocato… non è che stava pure lui ad Amsterdam?! 🙂

18/10 Amsterdam – Lisbona

La giornata la dedico al relax, alcuni amici iniziano a rientrare verso le loro basi e anche io preparo una nuova partenza. Prima, però, ci concediamo un fantastico pranzo da La Place, un ristorante che funziona con il principio del fast food, solo che non è squallido come di solito sono i locali di quel genere.
La Place è un trionfo di colori e odori, si passeggia tra sale enormi e ricche di cibo e si sceglie il proprio pasto che in parte si può comporre con le cose freschissime già preparate ed esposte, in parte invece può essere ordinato a proprio gusto e viene cucinato al momento, davanti ai propri occhi: è un po’ come avere uno chef dedicato! Prendo un filetto di salmone arrosto con patate e una gran torta con mele e frutta secca.
Così, dopo un’ultima passeggiata e una sosta indimenticabile al Kadinski mi dirigo verso l’aeroporto dove alle 19:00 mi attende il prossimo aereo per Lisbona dove arriverò alle 21:00 ora locale.
Il tempo di arrivare all’hotel America Diamonds (autobus 745, fermata Picoas, Eu. 1.40 con biglietto a bordo) e mi resta giusto il tempo per orientarmi un po’ e pianificare il percorso da fare il giorno successivo.
Metto le lancette indietro di un’ora e crollo dal sonno.

19/10 Lisbona

L’hotel è ottimamente posizionato, in Italia sono stato molto attento a questo aspetto, perché se si hanno pochi giorni a disposizione è inutile perdere molto tempo negli spostamenti, meglio essere subito nel vivo dell’azione!
Di buon mattino esco e passeggio fino all’enorme piazza Marquese de Pombal (l’architetto che ha praticamente ricostruito Lisbona dopo il catastrofico terremoto del 1755), da qui prendo la metro blu fino a Baixo-Chiado e una volta tornato alla luce risalgo rua Augusta in direzione Rossio.
Questa strada acciottolata è colma di negozi di souvenir, bar, qualche spacciatore di rosmarino e mendicanti, e collega il maestoso arco di trionfo praticamente in riva al mare, alla piazza Dom Pedro IV, quella che per i locali è semplicemente il “Rossio”.
All’incirca a metà strada m’imbatto nell’Elevador de Santa Justa, un ascensore con struttura in ferro battuto alto 45 metri e progettato da un allievo di Eiffel, con evidenti richiami allo stile del suo maestro.
Procedo fino a sbucare nella piazza detta “Rossio” e mi godo lo spettacolo offerto dalle fontane che adornano l’immenso spazio aperto su cui affacciano le strutture del teatro dell’opera e la stazione da cui partono i treni per Sintra.
Dopo una breve pausa fotografica, entro nell’adiacente praca da Figuera da cui si vede il castello-simbolo di Lisbona, e da qui proseguo verso la piazza di San Domingos luogo di ritrovo della comunità africana e sede dell’omonima chiesa, risparmiata dal terremoto catastrofico che colpì la città secoli fa e di cui è possibile ancora vedere le ferite inferte alla struttura. Segnalo che questa è in assoluto la chiesa più bella che ho visto durante il viaggio!
All’esterno c’è lo storico locale A Gingjinha dove per 1.10 euro provo questa celebrata bevanda locale a base di ciliegie sotto spirito. Gingjinha non è solo un liquore, è proprio un rito, un momento della giornata, una coccola che i lisbonetas si fanno in qualsiasi momento della giornata. E fanno bene!
Dopo quest’esperienza alcolica, punto verso le rovine del convento do Carmo che raggiungo inerpicandomi per i ripidi viottoli del Bairro alto.
La piazza del convento è fresca, musicale e rilassante, faccio un po’ di spese in un negozio e mi fermo a pranzare al Royale Café (Eu. 12.30) dove c’è un’ottima connessione wi-fi per dare un’occhiata alla posta.
Al termine della sosta riscendo verso rua Augusta che stavolta percorro verso il mare e l’Arco da Vitoria in Praca do Comercio.
Nonostante ci siano dei lavori in corso, osservare il tramonto sul mare, con il ponte 25 aprile (esatta riproduzione del Golden Gate di S. Francisco) e la statua di Cristo Rei (eretta in onore di Gesù per aver risparmiato il Portogallo dagli orrori della II guerra mondiale, è identica a quella di Rio) a fare da cornice, mi ripaga della fatiche fatte per arrivare fin qui. Lisbona è davvero bella!
Provato dalle lunghe passeggiate, rientro in hotel in metro e ceno in un locale vicino, il Maracanà, dove per 7.25 Euro mangio carne asada e un sandes caso e jamon.
Domani sarà la volta dell’Alfama, un’altra giornata impegnativa.

20/10 Lisbona

La giornata inizia senza fare colazione in hotel, mi dirigo nuovamente a Praca da Figuera per provare le delizie della Confeitaria Nacional, la pasticceria più antica di Lisbona (1829). Trovo un angolo tranquillo, faccio il pieno di dolce e salato ma, soprattutto, provo le migliori pastéis de nata della città!
A questo punto non mi resta che dirigermi verso il castello, non prima di aver visitato la cattedrale , in stile romanico e costruita dai romani sulle rovine di una moschea araba. La chiesa è una delle più fotografate e nella viuzza che la cinge sferraglia il mitico tram 28, il mezzo di trasporto migliore per visitare questa parte della città. Il 28 è ormai un’attrazione turistica più che una linea regolare: sempre pieno, fa un giro della collina che dura 45 minuti ed è tutto a base di saliscendi vertiginosi: da provare!
Mentre procedo tra una foto e l’altra agli splendidi scorci, mi fermo a consultare la mappa e un gentilissimo signore mi avvicina per chiedermi se avevo bisogno di aiuto. Mi ritrovo così a fare la conoscenza di Carlos, che mi offre dell’ottimo vinho verde nel suo locale caratteristico appena aperto (Garraferia S. Martinho, Largo S. Martinho N. 1/2. CHIUSO, agg. 01/20)  e ci raccontiamo le nostre esperienze di viaggiatori. Carlos ha dell’ottimo vino e un formaggio di cui va orgoglioso, che vuole a tutti i costi farmi assaggiare. Così non mi tiro indietro e mi fermo per una lunga pausa: è pomeriggio, fa caldo, non è orario per clienti e così ci piazziamo all’esterno su uno sgabellino a parlare, bere e fumare. Carlos ha tante cose da raccontare, a cominciare dalla sua vita fatta di lunghi anni di esperienze professionali in Brasile, Sudafrica, Italia e, infine, nella sua Lisbona dove ha aperto il locale da soli 40 giorni. Ci salutiamo con la promessa di rivederci, non vorrebbe farmi pagare il conto, ma insisto perché mi ha accolto in casa sua e perché tutto era buono, a cominciare dall’atmosfera: questi sono i piaceri nascosti che sono riservati ai viaggiatori solitari!
Dopo l’ultima salita arrivo finalmente alla fortezza de Sao Jorge, un pezzo di storia millenaria della città che ha visto succedersi ogni genere di dominazione e che, dietro le sue poderosa mura, cela una città nella città: piccoli vicoli, case antiche, panni stesi al sole e il fado improvvisato (canto popolare melanconico) che proviene dalle abitazioni rendono questo quartiere davvero unico.
Dopo un giro completo mi fermo a scattare delle foto panoramiche dal belvedere di Porta dal Sol, sotto di me c’è tutta l’Alfama con le sue tegole arancione cotte dal sole che contrastano con l’azzurro del mare.
A mio modesto parere non si può visitare Lisbona senza faticare per ammirare questo paesaggio, è appagante, è un premio per chi non si perde d’animo e sceglie di non limitarsi al solito circuito ultraturistico.
Per tornare verso il centro salgo su un altro tram sferragliante, carico di gente appesa anche all’esterno, che si lancia in discese spettacolari fino a tornare in pianura.
Una volta giù dal trabiccolo rientro in hotel e poi faccio un salto al ristorante Bonjardim dove cucinano il miglior frango (pollo) arrosto della città. Il piatto è servito con insalata e patate e per renderlo più speziato si può aggiungere il piri-piri (Eu. 23.10).
Dopo un giro notturno nelle due piazze principali, purtroppo è tempo di preparare nuovamente la valigia 🙁

21/10 Lisbona – Roma

Questo è l’ultimo giorno a Lisbona, anzi mezza giornata perché alle 14.20 un aereo della TAP mi riporterà in Italia.
La giornata inizia presto con una fantastica colazione alla Confeitaria, dove acquisto anche una confezione di pastinas fresche da portare a casa (6 pezzi, 6.30 Euro) e prosegue con una passeggiata in centro e il rientro in hotel a piedi, attraversando l’imponente Avenida da Liberdade, un’enorme arteria ottocentesca che Pessoa definì “la strada più bella di Lisbona”: 1,3 chilometri di negozi e vegetazione che sbucano nella monumentale piazza intitolata al Marques de Pombal, che rappresenta idealmente l’inizio e la fine del mio viaggio in questa città.
Dopo c’è tempo solo per lo shuttle aeroportuale (3.50 Eu) che mi porterà agli imbarchi, e per i saluti finali.
A Lisbona ci tornerò, voglio godermela con più calma, vivere le giornate con i ritmi locali che non sembrano affatto frenetici. Ho letto che viene spesso paragonata all’Avana, una città che ho visto solo in foto, ma credo che sia una definizione piuttosto azzeccata: ci sono zone decadenti che sembrano uscite da un film degli anni ’50, ma ci sono anche grandi segni di una voglia di crescita e riscatto che, probabilmente, è iniziata con la rivoluzione dei garofani degli anni ’70 (con la caduta del regime di Salazar) e ancora non si è conclusa.
Mio ausilio durante il viaggio è stata la guida Lonely Planet della collana Incontri (Eu. 13.50).

Alla fine sono ritornato nel paese più bello del mondo, ovviamente l’Italia, il mio viaggio è filato liscio come l’olio.
Per quanto non abbia dedicato molto tempo alla preparazione, tutto è andato bene. Le prenotazioni dei voli, dei treni, degli hotel, sono state fatte tutte su Internet e non ho avuto nessun genere di imprevisto, problema, difficoltà.
Un ringraziamento particolare va al mio iPhone: non è solo un cellulare! E usarlo durante i miei giri mi ha dato la conferma che sono ormai un viaggiatore 2.0! 😉
Considero l’esperienza molto positiva, ho qualcosa di nuovo da raccontare e sarei pronto a partire anche domani, di nuovo da solo. Ecco, se mi fossi annoiato, depresso, intristito dopo un viaggio del genere, non inviterei nessuno a provare un’esperienza simile.
E invece, per quanto forte, d’impatto, penso che tutti dovrebbero farsi un giro fuori casa da soli… fa bene!
È come quando i genitori per la prima volta ti danno il permesso per uscire e rientrare da solo: non vi siete lasciati sfuggire quella occasione, non rinunciate neppure a questa!

Omaggi nomadici, G.