Dopo un’estate intera di lavoro e un settembre incredibile per la mole di progetti sviluppati, sono cotto!
Mi rendo conto che “scomparire” davvero in questo periodo è semi-impossibile, però ho bisogno di allontanarmi, di vedere le cose da prospettive diverse. Così preparo una gran trolley, carta di credito, portatile e cellulare, e per la prima volta inizio un viaggio da solo. Oddio, non sarà proprio così, ma più avanti vedremo…
Viaggiare da soli ha i suoi pro e i suoi contro, però è un’esperienza da fare e che consiglio a tutte le persone che hanno il viaggio nell’anima. Volevo vedere posti nuovi, località che quando ho proposto per vacanze condivise non hanno suscitato entusiasmi, quindi quale occasione migliore di questa?
Ma dov’è che vado? Scopriamolo insieme, giorno per giorno 😉
11/10 Roma – Edimburgo
La prima destinazione è Edimburgo. Parto da Roma Ciampino alle ore 11:00 con un volo Ryanair che, per carità, ha sempre delle tariffe convenienti però… però rispetto a un tempo è diventata molto più fiscale e macchinosa con i costi aggiuntivi, specialmente legati alla politica sui bagagli. Durante la prenotazione ho scelto di imbarcare una valigia e di fare il check-in on line (che poi non serve a niente se devi far stivare il bagaglio!), e ho scelto anche l’invio del codice di prenotazione via SMS… che non è mai arrivato! Insomma, sono stati un po’ deludenti, anche perché questi servizi li ho pagati. E poi a Ciampino ho visto persone “smontare” le proprie valigie per alleggerirle ed evitare l’esoso extra da 15 Euro al chilo! Una vera esagerazione: se hai preso il biglietto a un prezzo medio e poi in valigia hai tre chili in più, il totale diventa simile a quello di altre compagnie dove però puoi imbarcare maggior peso, non sono fiscali sugli extra, ti assegnano i posti e a bordo ti danno anche uno snack. Perdonatemi, sono delle semplici riflessioni.
Il volo parte puntuale ma arriviamo a Edimburgo con 45 minuti di ritardo, per fortuna il fuso orario ci porta indietro di un’ora e recupero qualcosa. Subito fuori il terminal ci sono le navette Lothian che portano al centro città, il biglietto costa 3.50 sterline (cambio: 1 Euro pari 0.80 sterline) e una mappa e la voce dell’autista indicano chiaramente il nome della fermata (Edimburgo non ha metro ed è servita completamente da bus). Scendo a West End, dove la Shandwik Place diventa Princess Street, e inizio a capire dove sono. Edimburgo è divisa in zone, una volta individuate le principali (Old e New Town) si hanno degli ottimi punti di riferimento per guardare una mappa.
Il mio hotel è in zona Bruntsfield, il riferimento è il quartiere Tollcross, così appena vedo il bus 11 che va verso quella direzione… mi ci fiondo, pago il biglietto (£ 1.20) e aspetto la mia fermata. Solo dopo scoprirò che ho preso il pullman nel mezzo di Charlotte square, uno dei migliori esempi di architettura georgiana e sede della residenza ufficiale del primo ministro scozzese. Il pullman mi scarica nei pressi del King’s Theathre e da lì raggiungo l’hotel Links, oggi Black Ivy (agg. 01/20).
Non sono proprio vicinissimo al centro, però il posto è molto bello, a due passi dal Meadows, un parco pubblico con buche da golf per chi vuole cimentarsi (le regole di questo gioco le hanno scritte qui!), e immerso in una zona residenziale molto tranquilla e piena di bei locali. L’hotel ha copertura wi-fi e un bar aperto fino a notte, dove si incontrano tantissimi ragazzi al termine delle lezioni perché siamo in una zona universitaria, c’è una bella atmosfera in pratica!
Esco subito a fare una perlustrazione, capire le distanze e i tempi è fondamentale prima di cominciare a pianificare le visite, così dedico l’intero pomeriggio a un girovagare consapevole: mi perdo e mi ritrovo tra strade e vicoli. L’impressione iniziale della città non è delle migliori, cioè, è molto bella però sembra piuttosto spenta. Ma la spiegazione c’è: di solito arrivo nelle capitali di venerdì, quando il week end sta per esplodere. Stavolta è domenica e tutto è più tranquillo, quasi silenzioso direi.
Percorro la East Fountainbridge e attraverso tutto il Grassmarket, dove affacciano molti negozi e dove mi fermo a mangiare un fish & chips fatto al momento (£ 7.20). Al termine di Grassmarket prendo la West Bow fino al famoso Royal Mile, l’acciottolata arteria principale che collega il castello di Edimburgo, in cima a una roccia, al palazzo di Holyroodhouse più a valle. Ma non lo percorrerò tutto, lo metto in agenda per domani, intanto però posso ammirare le City Chambers (le camere del consiglio cittadino) e Heart of Midlothian, un cuore fatto di ciottoli ben visibile nel pavimento antistante la St. Giles. Segna il luogo dove un tempo c’era un carcere famoso per le torture e le esecuzioni capitali. La tradizione della città vuole che i passanti sputino su questo cuore per assicurarsi buona fortuna. Dopo questa prima esplorazione rientro e scopro che alle 21:00 nel pub dell’hotel già non servono più da mangiare, allora esco nuovamente e ceno da No. 1 un sushi bar vicino (CHIUSO, agg. 01/20). Vado a dormire presto, come non mi capitava da anni, ma sono stanco morto e per l’indomani ho un programma fittissimo a cominciare da un problema da risolvere: non ho l’adattatore necessario per caricare le batterie di cellulare, notebook e macchina fotografica! Saranno incubi tecnologici… 😉
12/10 Edimburgo
Dopo un’importante colazione (uova strapazzate con bacon e salsiccia, pane imburrato con marmellata, the, succo d’arancia e yogurt all’amarena), esco per esplorare Edimburgo. Appena fuori l’hotel c’è un elettricista che con £ 4.50 mi risolve un bel problema: ha l’adattatore che cercavo!
Ripercorro la stessa strada fatta ieri per arrivare al Royal Mile, dove di cose da vedere ce ne sono davvero tante. Inizio le mie escursioni dall’imponente chiesa di St. Giles che per gli scozzesi ha un’importanza fondamentale nella loro storia: è qui che cominciò una rivolta della durata di un anno che nel 1638 portò alla firma del National Covenant in cui veniva affermata l’indipendenza dei vescovi scozzesi (e le loro nomine) dalla corona inglese. L’interno è notevole per i colori delle sue alte vetrate, che contrastano con il grigio dei mattoni, e poi ci sono le volte dipinte interamente di un azzurro brillante, senza raffigurazioni di alcun genere. Un piccolo gioiello è la Thistle Chapel, caratterizzata dalla massiccia presenza di legno finemente lavorato. Entrare in una chiesa protestante e vedere croci senza Gesù, oppure l’assenza totale di altre immagini sacre, dipinti o statue, fa riflettere molto…
La mia passeggiata prosegue, ho in testa un percorso particolare e lo seguo districandomi tra close (viuzze) e wynd (vicoli), due elementi che insieme ai tenement (caseggiati) caratterizzano questo stupendo quartiere.
Sì, Old Town praticamente si conserva ancora com’era 400 anni fa, ed è un enorme labirinto di scale, giardini e stradine nascoste costruite su vari livelli in base al periodo storico. Basta pensare che sul Royal Mile ci sono dei ponti che portano alla città nuova ma… sotto non vi scorre un fiume! C’è la città vecchia, che non vuole essere più sepolta. E così è arrivata a proteggerla anche l’UNESCO inserendola tra i patrimoni dell’umanità (anche se con tutti i patrocini che a volte concedono con troppa generosità, stanno facendo perdere credibilità a questo riconoscimento).
Continuo a camminare fino a Canongate Kirk, una chiesetta che ha uno stupendo cimitero dove riposano le spoglie di Adam Smith e del poeta Robert Ferguson. L’atmosfera è surreale, Edimburgo è famosa per i suoi cimiteri nel centro della città e per il suo rapporto con la morte e, soprattutto, con il soprannaturale. Mi riferisco a medium, fantasmi, apparizioni, che alimentano anche tantissime attrazioni create appositamente per i turisti in cerca di brividi…
Poco distante la chiesa c’è un close che si chiama Dunbar, se entrate qui troverete un incantevole giardino in stile secentesco: un’oasi di silenzio e pace a pochi metri dal caotico Royal Mile, incredibile! Dopo una sosta riprendo il cammino fino al discusso Parlamento scozzese, dall’architettura di dubbio gusto (ma si sa, le “archistar” spesso fanno danni…), che si trova proprio di fronte all’Holyroodhouse Palace e l’omonima abbazia, due costruzioni splendide. D’altronde parliamo di una residenza reale e della sua chiesa!
Sempre da questo punto si può scegliere se dirigersi verso l’Arthur’s Seat, un parco naturale nel centro della città una volta riserva di caccia dei reali, che ha il suo picco nella cima di 251 metri che da diverse angolazioni impone su Edimburgo la sua millenaria presenza, oppure verso la collina di Calton, ricca di monumenti interessanti e con una vista panoramica spettacolare. Scelgo quest’ultima e così mi accingo a risalire Regent Road, dove si può fotografare la tomba del filosofo Hume, fino all’ingresso pedonale del parco: sono arrivato in quella che è stata battezzata l’Acropoli di Scozia. Infatti su Calton Hill ci sono diverse opere costruite in stile classico (tombe e templi commemorativi), oltre all’osservatorio cittadino e al monumento a Nelson che riproduce un cannocchiale rovesciato. La vista da quassù è sorprendente: spostandosi di pochi metri è possibile vedere il panorama a 360 gradi, oppure si può salire in cima alla torre per dominare l’intera città. Dopo le foto di rito incomincio la discesa verso Princess Street, un’arteria enorme (e attualmente sventrata per via dei lavori in corso per costruire la rete tranviaria) strapiena di negozi di ogni genere e molto, molto frequentata. Dopo un boccone al volo presso il St. James Shopping Centre la percorro tutta, passando in rassegna palazzi e campanili monumentali (Scott Monument, Royal Scottish Academy e National Gallery of Scotland).
La nuova méta sono i Princess Street Garden, l’ennesimo, stupendo parco cittadino. Lo attraverso e seguo i sentieri che si arrampicano sulla roccia sovrastata dal monumentale castello-simbolo della città, e dopo una faticosa scarpinata arrivo in cima all’Explanade. Nonostante il castello sia l’attrazione più visitata di Edimburgo, non mi suscita particolare entusiasmo: la roccaforte è molto più interessante per la sua collocazione, per il suo dominare la città… diciamo che dal basso fa molta più impressione che dall’interno! 🙂
Però, nel gift-shop, si può comprendere bene quanto la tradizione sia sentita dal popolo scozzese. La devozione per gli antenati e per quei clan che hanno costruito le fondamenta della storia patria è palpabile: insegne, crest, kilt, tartan di vari colori, tutto è in grado di dettare precise coordinate su una particolare famiglia piuttosto che un’altra. Ma il tour che ho organizzato non è ancora finito, quindi riscendo di nuovo per il Royal Mile fino a incrociare il George IV Bridge che percorro fino all’angolo con Candlemaker Road. Qui c’è quella che viene considerata una delle statue più celebrate e conosciute di Edimburgo: Greyfriars Bobby, un piccolo terrier che alla morte del suo padrone, un poliziotto della città, vegliò sulla sua tomba per ben 14 anni! I cittadini hanno voluto onorare la sua fedeltà, rendendolo immortale insieme al suo padrone, ma la località non merita una visita solo per questo motivo. A due passi dalla statua appena citata c’è Greyfriars Kirk and Kirkyard, uno dei luoghi più inquietanti della città. La chiesa non è particolarmente attraente ma è un vero è proprio pezzo di storia della Scozia, perché qui venne firmato il National Covenant di cui ho accennato poco sopra e, soprattutto, vennero tenuti in terribili condizioni di prigionia ben 1200 ribelli. Molti di essi morirono di stenti o giustiziati, e furono sepolti nel retro della chiesa, che ancora oggi conserva in un cimitero monumentale le tombe dove morirono queste persone. Ed è proprio qui che risiede il fenomeno noto come Poltergeist McKenzie, il caso di attività paranormale meglio documentato del mondo. Be’, restare indifferente in questi luoghi è impossibile, se poi ci si mettono anche gli scoiattoli ad alimentare suggestioni, muovendo rami, apparendo e scomparendo, facendo percepire movimenti “strani”, il gioco è fatto! E allora vai col business dei tour guidati a caccia di fantasmi 🙂
Dal cimitero rientro verso l’hotel tagliando per Meadows Park, ma prima mi sono imbattuto nel Flodden Wall, delle mure megalitiche costruite nel 1500 per arginare una temuta invasione inglese.
Be’, la giornata è finita, ho camminato per quasi 7 ore (è stata una scelta, il percorso si può fare con gli autobus volendo) e, soprattutto, ho cambiato idea sulla prima impressione ricevuta dalla città: è molto bella e godibile. Anzi, ho provato qui sensazioni che non avevo mai provato in nessun’altra città…
13/10 Edimburgo – Cramond
Allora, Edimburgo è piccola. Non ha neanche 500.000 abitanti e le cose davvero interessanti da vedere sono tutte concentrate in aree piuttosto limitate. Diciamo che il giro di ieri mi ha permesso di vedere praticamente il meglio che c’è in città per un turista, quindi nella giornata di oggi potrò dedicarmi a un’escursione fuori porta. Ma prima… prima mi aspetta l’ultima attrazione della Old Town: Real Mary King’s Closed.
Questo vicolo è l’emblema della costruzione a strati della città e delle sue storie tristi e dolorose, con l’ovvio corollario di fantasmi sopraggiunti a conclusione di varie vicende drammatiche. Il vicolo cadde in disgrazia quando i suoi abitanti, tra cui Mary King (una commerciante benestante), vennero colpiti dalla peste. Le autorità locali per sconfiggere l’epidemia trovarono un metodo singolare e radicale allo stesso tempo: murarono vivi i suoi abitanti. La struttura non è una ricostruzione, è proprio una passeggiata nella Edimburgo che fu: buia, umida e maleodorante.
Le visite sono ben organizzate, durano un’ora e vengono effettuate soltanto in gruppi e con partenze in orari precisi. Il prezzo è di 10,50 sterline, inclusa l’audioguida. Tutto è bene organizzato e la passeggiata si rivela piacevole: si entra nel cuore del vicolo, nelle case rimaste sotto la nuova Edimburgo, nelle stanze ancora piene di dolore e sangue. E, ovviamente, la voce narrante non si risparmia particolari tremendi su morti ammazzati e fantasmi tornati a perseguitare i loro aguzzini. Le luci sono fioche, i rumori, le ombre, le statue che riproducono alcuni personaggi, tutto è organizzato per amplificare le sensazioni dei visitatori e se vi capita una guida brava… ci sarà di che avere paura! 😉
La stanza che riempie di angoscia è quella della piccola Annie, una bimba che una medium giapponese disse di aver visto piangere per la morte dei suoi genitori. Da quando avvenne questa rivelazione la stanza di Annie è stata invasa da peluche, giocattoli, bambole che i visitatori portano perché lo spirito della bambina possa avere qualcuno con cui giocare e trovare così la pace. Quando siete di fronte a questo mucchio di giocattoli impolverati, e una voce vi dirà nell’orecchio che “se vedete qualcosa… non siete i soli”, be’, siete autorizzati ad avere la pelle d’oca!
Tornato all’aria aperta faccio un giro a Leight Walk, la zona in fase di rivalutazione dove si trova il porto e lo yacht reale Britannia ma mi rendo conto che era un tragitto che potevo risparmiarmi, non lo consiglio.
Prendo un bus che mi riporta a George Street e con il biglietto giornaliero (£ 3) fatto in mattinata, da lì parto per Cramond Village. Tempo 40 minuti e arrivo in questo bellissimo villaggio di pescatori. O almeno, quello che una volta era un villaggio di pescatori. Oggi a Cramond ci sono delle villette bellissime, un’atmosfera rilassante, una chiesa (con annesso cimitero) in pietra, un antico forte romano e, soprattutto, ciò per cui ci si va: la buona aria del mare. Sì, a Cramond si scattano grandi foto: c’è un piccolo porto con delle barche a vela ormeggiate, un solo bistrot dove prendere un the e un’enorme spianata che permette di passeggiare a ridosso del mare. Ma non è finita, perché le maree aprono e chiudono ogni giorno un piccolo sentiero che porta all’omonima isola, località rinomata per chi ama il bird watching (non io!).
Al rientro in hotel mi sono goduto un ottimo hamburger da 7 once di manzo Angus, accompagnato da cheddar cheese stagionato, bacon e le immancabili patatine fritte in quantità industriale (£ 10, inclusa una pinta di birra). Dopo aver scaricato la posta (per questo viaggio ho scelto tutti hotel con connessione wi-fi gratuita) torno in camera per preparare la valigia: l’indomani si parte molto presto, alle 06:20 un aereo mi porterà verso la prossima destinazione: Brema!
Qualche annotazione finale su Edimburgo: è bella, vale la pena visitarla. Il centro città è sicuro e pulito, il grado di civiltà è molto elevato: nessun venditore molesto e massima accoglienza per i turisti, giustamente vissuti come una risorsa importante nell’economia della città. L’unica nota negativa è sulle indicazioni: in centro non ci sono praticamente cartelli che indichino le direzioni per le principali attrazioni, in pratica bisogna consultare continuamente la mappa.
Per pianificare i miei percorsi e apprendere nozioni sulla storia della città, in questo viaggio mi ha accompagnato una guida Lonely Planet.
14/10 Edimburgo – Brema
Mi sveglio letteralmente all’alba, anzi prima. Alle 04:45 un taxi mi aspetta per portarmi in aeroporto (£ 18.50) dove prenderò nuovamente un volo Ryan (£ 14.00) che mi porterà in Germania, a Brema.
Una volta atterrato rimetto l’orologio sul nostro fuso orario, sono le 10:00 e appena uscito dal terminal sono di fronte ai tram che si dirigono in centro. Prendo il numero 6 (Eu 2.20) direzione Universitat e scendo presso la stazione centrale.
Visto che presto prenderò un treno proprio da qui, ho voluto calcolare subito i tempi e le distanze che ci sono dal mio hotel. Mi accorgo subito che orientarsi è molto facile, Brema è davvero piccola! Con l’iPhone verifico il tragitto da fare (fantastico, con Google Map puoi pianificare il percorso pedonale!) e in 10 minuti sono davanti la porta del B&B SchlafCompany. L’hotel è a conduzione famigliare e i gestori sono molto ospitali, mentre sistemano la camera vado a fare colazione al Bremen 4U Café, molto bello e molto buono. Visto che sono in piedi da un po’… la colazione sarà un specie di pasto: uova con bacon, succo d’arancia, due croissant con burro e marmellata fatti in casa, una fetta di torta al cioccolato, the Earl Grey con pasticcino (Eu 11,70). A parte il design, sono i particolari che lo rendono interessante. Ti servono tutto in modo che tu possa preparare da solo le porzioni in base ai tuoi gusti: c’è un vasetto con la marmellata, uno con il miele, uno con il burro, uno con la nutella… e poi il the è racchiuso in un sacchetto di seta, così ne senti il profumo prima dell’infusione. A volte basta poco per essere “diversi” da tutti gli altri, bravi!
Proseguo a passeggiare diretto verso il centro (parliamo di qualche centinaio di metri!) e arrivo nella piazza principale, Marktplaz.
Qui sembra di entrare nel classico paesaggio delle fiabe nordiche, e difatti una delle più celebre favole dei fratelli Grimm è ambientata proprio qui, è chiaro che mi riferisco ai Quattro suonatori di Brema (o musicanti, dipende dal traduttore). La città è talmente riconoscente della popolarità ricevuta da questa storia che ha dedicato un monumento all’asinello, al cane, al gatto e al gallo, ovviamente impilati l’uno sull’altro. Ma in Marktplaz non c’è solo questo perché è qui che affacciano il Rathaus, il municipio che – indovinate un po’? – è stato dichiarato patrimonio dell’umanità dall’UNESCO; e St. Petri Dom, la chiesa più importante della città. La visita all’interno di quest’ultima è molto gradevole, anche perché sono organizzati molto bene e nella parte museale è possibile accedere anche con un’audioguida che danno gratuitamente. Insomma vale la pena fare un giro, anche per la piccola cappella sotterranea.
Una volta all’esterno giro tra i tanti vicoli, pieni zeppi di negozi, e mi diverto a perdere e ritrovare l’orientamento, questo per far capire quanto è piccolo il centro storico, vale a dire la maggior attrazione della città.
Dopo diversi “passage”, cioè delle gallerie pedonali che collegano strade un po’ più grandi delle altre, entro in un centro commerciale: devo comprare il secondo adattatore del viaggio! E allora mi chiedo: ma la UE invece di sprecare soldi per definire le dimensioni standard di patate e cetrioli, non potrebbe lavorare per unificare i voltaggi dei paesi comunitari e, soprattutto, delle varie prese elettriche?! 😉
Dopo questa profonda riflessione rientro in hotel, perché la levataccia comincia a farsi sentire e per scaricare un po’ di posta. Resto on line fino alle 21:00 e poi esco per cena, trovando subito il ristorante che mi hanno consigliato alla reception. Purtroppo però, non mi hanno detto che si tratta di un ristorante spagnolo! Allora decido che no, non avrei mangiato cucina iberica e decido di andare avanti in quella che sembra una strada ricca di proposte, e così nell’ordine trovo: un greco, un messicano, un africano orientale, l’immancabile italiano, il cinese, il giapponese, il pub inglese e, appunto, lo spagnolo! Ahia, bisogna cambiare programma… ma di solito le cose improvvisate regalano sorprese e così scopro, sempre vicino l’hotel, Hangeboden (chiuso dal 2011, agg 01/20), un locale davvero tedesco! All’interno, oltre al gestore, c’è una coppia matura e tutti e tre bevono birra e fumano continuamente. L’atmosfera è molto familiare, mi invitano a sedermi al bancone e dopo aver ordinato, su suggerimento del proprietario Jurgen, una Schweineschnitzel (due bistecche di maiale impanate e fritte, accompagnate da cetrioli in salamoia e le immancabili patate, fritte e lesse), mi omaggiano dell’inno nazionale italiano sparato a tutto volume. Quando poi mettono su una versione di Va’ Pensiero interpretata da Al Bano, capisco che sono ubriachi 🙂
Però sono stato benissimo, Jurgen mi ha servito della birra Barre spillandola da vero maestro con calma e mosse accurate, invitandomi a mangiare perché lui ci avrebbe messo il tempo che gli sarebbe occorso, fantastico! Così familiarizzo con Peter e Renate e, prendendo spunto dalla mia sciarpetta dell’AS Roma, cominciamo a parlare di calcio, di Hassler, Berthold e il mitico Rudy Voeller, con loro che mi aggiornavano su quello che avevano fatto questi idoli una volta tornati in Germania. La compagnia è gradevole, la cena ottima (Eu 10.80) ma gli occhi mi si chiudono e quindi decido di abbandonare il tavolo dando appuntamento a Jurgen per l’indomani e buonanotte… ai musicanti! (o ai suonatori).
15/10 Brema
Allora, se Edimburgo è piccola… Brema lo è ancora di più! E le cose da vedere sono molte meno.
Quindi il secondo giorno ho già familiarità con il luogo ma, soprattutto, ho ben poco da fare. Dopo la colazione vado in centro, cambio dei soldi in banca, e attraversando MarktPlatz, raggiungo Schnoor, sicuramente il quartiere più caratteristico della città. È composto interamente di vicoli e le case, tutte unite e di colori diversi, ospitano tantissimi negozi di artigianato, souvenir e ristoranti. Nel cuore di questo intreccio di vicoli c’è una bella chiesa dedicata a S. Francesco e dopo un giro all’interno, vado a fare shopping (comprerò t-shirt per la collezione di mio nipote, peluche dei musicanti, borsa in tela, uno yo yo e due magneti da frigo). Dopo aver visitato tutte le viuzze mi dirigo verso Bottcherstrasse. Non per ripetermi, ma ogni volta che c’è un cambio di direzione si ripassa per Marktplatz, stavolta però aggiungo che al centro della piazza si può vedere la statua in marmo di Rolando, monumento nazionale alto dieci metri che rappresenta la libertà e che, non per essere ripetitivo, è anch’esso registrato come patrimonio ecc… ecc… dell’Unesco.
Eccoci arrivati a Bottcherstrasse! La strada è molto piccola, molto breve ma anche molto bella, azzarderei che è la più bella che ho visto qui, ancora più interessante dello Schnoor. Nella sua struttura a zig-zag, ospita alcuni selezionati locali, una fabbrica di caramelle con gli artigiani che lavorano in una vetrina, fotografatissimi come delle star di Hollywood, ed è caratterizzata dall’ampio uso della pietra rossa per mura e costruzioni, e da gruppi di musicisti di strada quasi ad ogni angolo. Dopo una pausa per prendere un po’ di sole seduto su una panca in pietra di… Marktplatz, decido di rientrare in hotel per preparare i bagagli.
La sera cenerò di nuovo da Jurgen, ma farò molto presto perché l’indomani mi tocca un’altra levataccia! Ma la farò volentieri: devo andare in stazione a prendere un treno che mi porterà ad Amsterdam, dove incontrerò amici che arrivano da Roma, Gaeta e Bologna… mi sa che sarà un compleanno indimenticabile!
Qualche annotazione su Brema: è bella, però se dovessi sceglierla come meta per una vera e propria vacanza, ci rifletterei un po’. Due giorni qui sono sufficienti, per me è stata una tappa di passaggio tra Edimburgo e Amsterdam, una bella tappa ma se volete andare in Germania, Berlino e Monaco hanno molto di più da raccontarvi.
Ah! Dimenticavo, fa un freddo terribile. Al 13 ottobre erano già a -1, non oso immaginare dove sarà la colonnina di mercurio durante i giorni della merla! 🙂
16 e 17/10 Amsterdam
Al mattino, anzi all’alba, vado via da Brema e per farlo mi dirigo verso la stazione dove alle 06:37 ho il treno che mi porterà a Osnabrück, per la prima tappa verso Amsterdam. Sulle ferrovie tedesche c’è poco da registrare, sono mostruosamente puntuali ed efficienti, cito soltanto questo: il 20 agosto ho comprato con 29 Euro il biglietto per il viaggio da Brema, per un totale di tre treni da prendere. Bene, praticamente due mesi prima della partenza conoscevo il binario di partenza! Addirittura in un cambio avevo solo 4 minuti a disposizione per la coincidenza, ma poiché si trattava del binario di fronte a quello di arrivo, non ci sarebbero state corse furiose da fare… e così è stato! Il treno è arrivato, ho attraversato il marciapiede e sono salito sull’altro treno che era già in attesa ed è partito puntualissimo: è così che dovrebbero funzionare le ferrovie!
Alle 11:00 sono finalmente ad Amsterdam dove un po’ alla volta incontrerò tutti gli altri: il 16 infatti è il mio compleanno e sono venuti a festeggiare con me amici provenienti da Roma, Bologna e Gaeta.
Su Amsterdam, non mi dilungherò, ci sono stato già quattro volte ed è una città che conosco abbastanza bene e che adoro per la sua architettura, per i suoi canali, per l’atmosfera sempre elettrica e allo stesso tempo pacifica e rilassante.
A titolo di cronaca, cito alcune informazioni su questo breve soggiorno: l’hotel che ho scelto è stato il Tulip Inn, oggi WestCord City Centre Hotel Amsterdam (agg. 01/20), molto chic ma soprattutto perfettamente posizionato. Se sarete nei paraggi di questo hotel, è vivamente consigliata la colazione da Coffee Connection (CHIUSO, agg. 01/20): apple pie con panna e brownie sono all’altezza della migliore tradizione americana (Eu. 7.50 con un the alla cannella).
Poi, il museo di Van Gogh merita sempre una visita (ma ricordate di comprare i biglietti (Eu. 13) in hotel o nei centri di informazione turistica se volete risparmiare file chilometriche! 😉
Ancora, l’affitto della bicicletta è indispensabile per vivere pienamente lo spirito della città (consiglio Yellow Bike, 13 euro al giorno assicurazione inclusa… è anche adiacente al locale dove fare colazione!); per finire un paio di note sul cibo: durante il giorno fate spuntini presso i botteghini che ci sono lungo i canali, si mangiano cose sane e fresche. Ovviamente sto parlando di pesce, anzi, veri e propri panini a base di aringhe, salmone e baccalà fritto: non fatevi impressionare perché sono ottimi (Eu. 7.50), mentre a cena si può optare per un ristorante esotico, Amsterdam infatti ne è piena proprio per via della sua tradizionale fama di città multietnica, storicamente centro nevralgico di scambi economici e, di conseguenza, culturali. Noi abbiamo scelto Tomo, come fatto anche a marzo, un sushi bar delizioso: pulito, buone porzioni, begli arredamenti e personale cortese.
Nota di colore: a marzo, girovagando per Vondel Park incrociai la strada con Franklin Rijkaard, stavolta invece, durante la notte di sabato ho incontrato fuori il nostro hotel la signora Ilary Blasi in Totti. Era con un’amica e rientrava verso il suo albergo. Indossavo sempre la mia benedetta sciarpetta della Roma, e siccome continuavo a fissare la Iena perché non ero convinto che si trattasse di lei, dopo un sorriso ha imboccato la porta girevole, mentre l’amica mi faceva cenno di “sì” con la testa e rideva, a confermarmi che avevo visto bene.
La Roma il giorno dopo ha perso 2-1 e Totti non ha giocato… non è che stava pure lui ad Amsterdam?! 🙂
18/10 Amsterdam – Lisbona
La giornata la dedico al relax, alcuni amici iniziano a rientrare verso le loro basi e anche io preparo una nuova partenza. Prima, però, ci concediamo un fantastico pranzo da La Place, un ristorante che funziona con il principio del fast food, solo che non è squallido come di solito sono i locali di quel genere.
La Place è un trionfo di colori e odori, si passeggia tra sale enormi e ricche di cibo e si sceglie il proprio pasto che in parte si può comporre con le cose freschissime già preparate ed esposte, in parte invece può essere ordinato a proprio gusto e viene cucinato al momento, davanti ai propri occhi: è un po’ come avere uno chef dedicato! Prendo un filetto di salmone arrosto con patate e una gran torta con mele e frutta secca.
Così, dopo un’ultima passeggiata e una sosta indimenticabile al Kadinski mi dirigo verso l’aeroporto dove alle 19:00 mi attende il prossimo aereo per Lisbona dove arriverò alle 21:00 ora locale.
Il tempo di arrivare all’hotel America Diamonds (autobus 745, fermata Picoas, Eu. 1.40 con biglietto a bordo) e mi resta giusto il tempo per orientarmi un po’ e pianificare il percorso da fare il giorno successivo.
Metto le lancette indietro di un’ora e crollo dal sonno.
19/10 Lisbona
L’hotel è ottimamente posizionato, in Italia sono stato molto attento a questo aspetto, perché se si hanno pochi giorni a disposizione è inutile perdere molto tempo negli spostamenti, meglio essere subito nel vivo dell’azione!
Di buon mattino esco e passeggio fino all’enorme piazza Marquese de Pombal (l’architetto che ha praticamente ricostruito Lisbona dopo il catastrofico terremoto del 1755), da qui prendo la metro blu fino a Baixo-Chiado e una volta tornato alla luce risalgo rua Augusta in direzione Rossio.
Questa strada acciottolata è colma di negozi di souvenir, bar, qualche spacciatore di rosmarino e mendicanti, e collega il maestoso arco di trionfo praticamente in riva al mare, alla piazza Dom Pedro IV, quella che per i locali è semplicemente il “Rossio”.
All’incirca a metà strada m’imbatto nell’Elevador de Santa Justa, un ascensore con struttura in ferro battuto alto 45 metri e progettato da un allievo di Eiffel, con evidenti richiami allo stile del suo maestro.
Procedo fino a sbucare nella piazza detta “Rossio” e mi godo lo spettacolo offerto dalle fontane che adornano l’immenso spazio aperto su cui affacciano le strutture del teatro dell’opera e la stazione da cui partono i treni per Sintra.
Dopo una breve pausa fotografica, entro nell’adiacente praca da Figuera da cui si vede il castello-simbolo di Lisbona, e da qui proseguo verso la piazza di San Domingos luogo di ritrovo della comunità africana e sede dell’omonima chiesa, risparmiata dal terremoto catastrofico che colpì la città secoli fa e di cui è possibile ancora vedere le ferite inferte alla struttura. Segnalo che questa è in assoluto la chiesa più bella che ho visto durante il viaggio!
All’esterno c’è lo storico locale A Gingjinha dove per 1.10 euro provo questa celebrata bevanda locale a base di ciliegie sotto spirito. Gingjinha non è solo un liquore, è proprio un rito, un momento della giornata, una coccola che i lisbonetas si fanno in qualsiasi momento della giornata. E fanno bene!
Dopo quest’esperienza alcolica, punto verso le rovine del convento do Carmo che raggiungo inerpicandomi per i ripidi viottoli del Bairro alto.
La piazza del convento è fresca, musicale e rilassante, faccio un po’ di spese in un negozio e mi fermo a pranzare al Royale Café (Eu. 12.30) dove c’è un’ottima connessione wi-fi per dare un’occhiata alla posta.
Al termine della sosta riscendo verso rua Augusta che stavolta percorro verso il mare e l’Arco da Vitoria in Praca do Comercio.
Nonostante ci siano dei lavori in corso, osservare il tramonto sul mare, con il ponte 25 aprile (esatta riproduzione del Golden Gate di S. Francisco) e la statua di Cristo Rei (eretta in onore di Gesù per aver risparmiato il Portogallo dagli orrori della II guerra mondiale, è identica a quella di Rio) a fare da cornice, mi ripaga della fatiche fatte per arrivare fin qui. Lisbona è davvero bella!
Provato dalle lunghe passeggiate, rientro in hotel in metro e ceno in un locale vicino, il Maracanà, dove per 7.25 Euro mangio carne asada e un sandes caso e jamon.
Domani sarà la volta dell’Alfama, un’altra giornata impegnativa.
20/10 Lisbona
La giornata inizia senza fare colazione in hotel, mi dirigo nuovamente a Praca da Figuera per provare le delizie della Confeitaria Nacional, la pasticceria più antica di Lisbona (1829). Trovo un angolo tranquillo, faccio il pieno di dolce e salato ma, soprattutto, provo le migliori pastéis de nata della città!
A questo punto non mi resta che dirigermi verso il castello, non prima di aver visitato la cattedrale Sé, in stile romanico e costruita dai romani sulle rovine di una moschea araba. La chiesa è una delle più fotografate e nella viuzza che la cinge sferraglia il mitico tram 28, il mezzo di trasporto migliore per visitare questa parte della città. Il 28 è ormai un’attrazione turistica più che una linea regolare: sempre pieno, fa un giro della collina che dura 45 minuti ed è tutto a base di saliscendi vertiginosi: da provare!
Mentre procedo tra una foto e l’altra agli splendidi scorci, mi fermo a consultare la mappa e un gentilissimo signore mi avvicina per chiedermi se avevo bisogno di aiuto. Mi ritrovo così a fare la conoscenza di Carlos, che mi offre dell’ottimo vinho verde nel suo locale caratteristico appena aperto (Garraferia S. Martinho, Largo S. Martinho N. 1/2. CHIUSO, agg. 01/20) e ci raccontiamo le nostre esperienze di viaggiatori. Carlos ha dell’ottimo vino e un formaggio di cui va orgoglioso, che vuole a tutti i costi farmi assaggiare. Così non mi tiro indietro e mi fermo per una lunga pausa: è pomeriggio, fa caldo, non è orario per clienti e così ci piazziamo all’esterno su uno sgabellino a parlare, bere e fumare. Carlos ha tante cose da raccontare, a cominciare dalla sua vita fatta di lunghi anni di esperienze professionali in Brasile, Sudafrica, Italia e, infine, nella sua Lisbona dove ha aperto il locale da soli 40 giorni. Ci salutiamo con la promessa di rivederci, non vorrebbe farmi pagare il conto, ma insisto perché mi ha accolto in casa sua e perché tutto era buono, a cominciare dall’atmosfera: questi sono i piaceri nascosti che sono riservati ai viaggiatori solitari!
Dopo l’ultima salita arrivo finalmente alla fortezza de Sao Jorge, un pezzo di storia millenaria della città che ha visto succedersi ogni genere di dominazione e che, dietro le sue poderosa mura, cela una città nella città: piccoli vicoli, case antiche, panni stesi al sole e il fado improvvisato (canto popolare melanconico) che proviene dalle abitazioni rendono questo quartiere davvero unico.
Dopo un giro completo mi fermo a scattare delle foto panoramiche dal belvedere di Porta dal Sol, sotto di me c’è tutta l’Alfama con le sue tegole arancione cotte dal sole che contrastano con l’azzurro del mare.
A mio modesto parere non si può visitare Lisbona senza faticare per ammirare questo paesaggio, è appagante, è un premio per chi non si perde d’animo e sceglie di non limitarsi al solito circuito ultraturistico.
Per tornare verso il centro salgo su un altro tram sferragliante, carico di gente appesa anche all’esterno, che si lancia in discese spettacolari fino a tornare in pianura.
Una volta giù dal trabiccolo rientro in hotel e poi faccio un salto al ristorante Bonjardim dove cucinano il miglior frango (pollo) arrosto della città. Il piatto è servito con insalata e patate e per renderlo più speziato si può aggiungere il piri-piri (Eu. 23.10).
Dopo un giro notturno nelle due piazze principali, purtroppo è tempo di preparare nuovamente la valigia 🙁
21/10 Lisbona – Roma
Questo è l’ultimo giorno a Lisbona, anzi mezza giornata perché alle 14.20 un aereo della TAP mi riporterà in Italia.
La giornata inizia presto con una fantastica colazione alla Confeitaria, dove acquisto anche una confezione di pastinas fresche da portare a casa (6 pezzi, 6.30 Euro) e prosegue con una passeggiata in centro e il rientro in hotel a piedi, attraversando l’imponente Avenida da Liberdade, un’enorme arteria ottocentesca che Pessoa definì “la strada più bella di Lisbona”: 1,3 chilometri di negozi e vegetazione che sbucano nella monumentale piazza intitolata al Marques de Pombal, che rappresenta idealmente l’inizio e la fine del mio viaggio in questa città.
Dopo c’è tempo solo per lo shuttle aeroportuale (3.50 Eu) che mi porterà agli imbarchi, e per i saluti finali.
A Lisbona ci tornerò, voglio godermela con più calma, vivere le giornate con i ritmi locali che non sembrano affatto frenetici. Ho letto che viene spesso paragonata all’Avana, una città che ho visto solo in foto, ma credo che sia una definizione piuttosto azzeccata: ci sono zone decadenti che sembrano uscite da un film degli anni ’50, ma ci sono anche grandi segni di una voglia di crescita e riscatto che, probabilmente, è iniziata con la rivoluzione dei garofani degli anni ’70 (con la caduta del regime di Salazar) e ancora non si è conclusa.
Mio ausilio durante il viaggio è stata la guida Lonely Planet della collana Incontri (Eu. 13.50).
Alla fine sono ritornato nel paese più bello del mondo, ovviamente l’Italia, il mio viaggio è filato liscio come l’olio.
Per quanto non abbia dedicato molto tempo alla preparazione, tutto è andato bene. Le prenotazioni dei voli, dei treni, degli hotel, sono state fatte tutte su Internet e non ho avuto nessun genere di imprevisto, problema, difficoltà.
Un ringraziamento particolare va al mio iPhone: non è solo un cellulare! E usarlo durante i miei giri mi ha dato la conferma che sono ormai un viaggiatore 2.0! 😉
Considero l’esperienza molto positiva, ho qualcosa di nuovo da raccontare e sarei pronto a partire anche domani, di nuovo da solo. Ecco, se mi fossi annoiato, depresso, intristito dopo un viaggio del genere, non inviterei nessuno a provare un’esperienza simile.
E invece, per quanto forte, d’impatto, penso che tutti dovrebbero farsi un giro fuori casa da soli… fa bene!
È come quando i genitori per la prima volta ti danno il permesso per uscire e rientrare da solo: non vi siete lasciati sfuggire quella occasione, non rinunciate neppure a questa!
Omaggi nomadici, G.