Categoria: Viaggi

Come organizzare un viaggio in Giappone

Come organizzare un viaggio in Giappone
Il Giappone visto dalla Treccani

Alla fine ce l’abbiamo fatta!
Il viaggio in Giappone era in programma già nel 2016 ma impegni di lavoro ce l’hanno impedito, così siamo partiti per il secondo viaggio in Andalusia. Sicuramente è stata una bella esperienza ma, al ritorno, la guida del Giappone rimasta sulla scrivania ha rappresentato un monito potente: “Per stavolta siete perdonati, ma la prossima…”

Un monito che abbiamo ascoltato e su cui abbiamo lavorato nel corso dell’anno. Anzi, ci siamo organizzati gli impegni e abbiamo sognato, pensato e poi studiato questo viaggio in Giappone per prepararlo nel migliore dei modi possibili.
Ci abbiamo ragionato così tanto che ho pensato di scrivere questo post che anticiperà il vero diario di viaggio: una cosa che non ho mai fatto ma che ritengo utile. Per due motivi: 1) L’organizzazione di un viaggio in Giappone richiede tempo, metodo e idee chiare; 2) Il nostro itinerario e la relativa mole d’informazioni diventavano talmente complessi che avrei rischiato di scrivere un diario di viaggio troppo lungo e – ancora peggio! – a distanza di molti mesi avrei potuto trascurare informazioni importanti.

Non siamo ancora partiti ma una cosa è certa: abbiamo viaggiato in lungo e largo tra la costa Est e la costa Ovest degli USA, in India, in Cambogia e in Russia, sempre con viaggi faidaté. E ogni volta è stato bello e impegnativo ma per il Giappone è stato un altro livello.
Nessuna difficoltà insormontabile ma neppure una passeggiata, molto probabilmente anche per l’itinerario scelto che come sempre è un mix tra mete turistiche arcinote e destinazioni meno conosciute. La nostra ricerca di luoghi autentici  e fuori dalle rotte classiche del turismo di massa continua ad alternarsi perfettamente con le visite alle grandi metropoli e altre tappe considerate “obbligatorie” quando si visita un Paese.

*** AGGIORNAMENTO OTTOBRE 2017 ***

Il diario di viaggio in Giappone completo, scritto per il seguente itinerario, è disponibile nel post dedicato. Buona lettura! 🙂

L’itinerario

Il nostro viaggio in Giappone inizia a Tokyo, prosegue nella penisola del Kansai e termina a Kyoto. In pratica trascorreremo l’inizio e la fine del viaggio nelle due capitali storiche; e nel mezzo andremo nel cuore dell’isola, lungo i sentieri spirituali del buddhismo zen ed esoterico.
I luoghi che visiteremo e le attività previste nel Kansai saranno: Hongu per i templi scintoisti, i villaggi termali di Watarase e Yunomine Onsen, il trekking del Kumano Kodo, il mare di Shirahama e il breve ritiro in un monastero sul monte sacro Koya-san per visitare il cimitero Okuno-in.
A questo itinerario aggiungeremo anche escursioni di un giorno da Kyoto, per visitare il Buddha di Nara e la foresta di bambù di Arashiyama.

In Giappone ci sono tantissime cose da scoprire: storia, cultura, religione, paesaggi, mare, monti, ghiacciai e isole tropicali, c’è di tutto. Bisogna solo scegliere in base ai propri gusti, prendere una guida ben illustrata e particolareggiata, informarsi, fare ricerche e rispondersi alla domanda: cosa voglio vedere in Giappone? Noi abbiamo ragionato in questo modo, sulla base del tempo a disposizione e degli spostamenti da fare.

Sitografia e Bibliografia

Per ottenere un buon risultato, abbiamo fatto tante ricerche e consultato moltissimi siti. Al termine della selezione, alcune di queste risorse sono diventate dei riferimenti che sento di condividere, anche come forma di ringraziamento agli autori che si sono impegnati per semplificare l’organizzazione del viaggio in Giappone ai propri lettori. Inizio dai libri…

  • Guida Lonely Planet Giappone, disponibile su Amazon
  • Giappone in 2 settimane: Guida pratica per un viaggio da Tokyo a Kyoto e dintorni. Di Alessandra Sanna, ebook disponibile su Amazon
  • Orizzonte Giappone. Viaggio fra cultura, cucina e natura di un paese all’apparenza incomprensibile: Seconda edizione aggiornata e ampliata. Di Patrick Colgan, ebook disponibile su Amazon

Di Alessandra e Patrick consiglio anche i rispettivi siti: Sognando il Giappone per la prima e Orizzonti Blog per il secondo 🙂

Sui loro siti troverete tante informazioni utili e per aggiungere altri riferimenti online in italiano sul Giappone, segnalo anche il sito di Marco Togni e quello di Fabrizio, Giappone per tutti.

Per la parte di viaggio nel Kansai e nello specifico per i sentieri del Kumano Kodo, la nostra stella polare è stato il sito Light Painting di Fabrizio Paravisi: fotografie, descrizioni, addirittura mappe di Google con i percorsi da seguire; ha fatto davvero un ottimo lavoro e ci ha dato grande motivazione nella definizione dell’itinerario.

Sempre per il Kansai e il Kumano Kodo, merita una menzione anche Japan Hoppers che a dispetto del nome è in perfetto italiano 🙂

Per quanto riguarda i siti istituzionali, ne riporto in particolare tre:

Soggiorno e spostamenti

In Giappone ci sono hotel di ogni tipo e per ogni tasca. Poi ci sono anche alcune esperienze alternative per soggiornare, per questo è meglio capire le differenze tra ryokan, minshuku e shukubo. Le prime due sono simili, in pratica delle locande tradizionali, delle pensioni a conduzione famigliare. Entrambe possono essere in condivisione con la famiglia ospitante e si scelgono per vivere una completa esperienza giapponese visto che ci si adegua ai ritmi e alle usanze locali, in particolar modo per i pasti. Si dorme ovviamente su tatami e futon e, forse, l’unica differenza sostanziale consiste che nelle minshuku i proprietari si aspettano che siano gli ospiti a preparare il futon per dormire e a riporlo nell’armadio al mattino.

Lo shukubo, invece, è la foresteria di un tempio buddhista. Anche qui le camere sono in stile tradizionale giapponese ed è possibile partecipare alle consuetudini dei monaci: pasti, preghiere, coprifuoco, orari sonno-veglia, ecc…

Noi abbiamo scelto una minshuku a Shirahama, uno shukubo a Koya-san e hotel nelle altre destinazioni. Tutti gli alloggi sono stati prenotati su Booking.

Per quanto riguarda gli spostamenti, abbiamo optato per il celebre Japan Rail Pass: la tessera per prendere treni (e non solo) in tutto il Giappone, molto conveniente se avete intenzione di fare spostamenti interni.
Sulla base del nostro itinerario abbiamo calcolato quanto sarebbero costati i singoli trasferimenti in treno e abbiamo comprato il pass di una settimana. In media, se pensate anche solo di fare un viaggio a/r Tokyo-Kyoto conviene avere il JR Pass rispetto al costo del biglietto.

Il pass è valido solo per i turisti e NON si compra in Giappone (AGG. 12/2019: è iniziata nel 2017 una fase sperimentale che permette agli stranieri l’acquisto in Giappone, a prezzo maggiorato). Si compra online e si riceve un voucher che si cambia in stazione una volta arrivati in Giappone. La validità del pass scatta dal momento in cui si effettua il primo viaggio.

I siti che ho considerato come validi riferimenti per l’acquisto sono due:

Gli stessi siti sono da considerare se intendete noleggiare il pocket wi-fi, un dispositivo portatile che fa da hotspot per connettersi a internet con smartphone e notebook. Si prenota online in base alla durata del soggiorno, si ritira sul posto (in aeroporto o in hotel, per esempio) e si riconsegna prima della partenza, semplicemente lasciandolo in una cassetta postale dopo averlo inserito nella busta pre-affrancata che viene consegnata al momento del ritiro. E così il problema internet, wi-fi aperte, tariffe telefoniche, giga, connessioni rapide e ricerche in caso di bisogno è risolto 😉

Cose da sapere

Ci sono tante cose da conoscere per organizzare un viaggio in Giappone, dal meteo alla gastronomia, dalla storia al bon ton. Ma per questi importanti dettagli e informazioni rimando a una buona guida, più completa di questo post 🙂
In questo ultimo paragrafo voglio solo riassumere alcune cose essenziali, voglio provare ad anticipare alcune risposte alle principali domande che possono sorgere durante la preparazione del viaggio.

  • Documenti: passaporto valido ma nessun visto da chiedere in anticipo. All’arrivo viene rilasciato un visto turistico per 90 giorni
  • Una polizza di viaggio è sempre prudente averla, in Giappone e in qualsiasi altro Paese
  • La corrente è 100V/50Hz/60Hz con prese a lamelle. Adattatore/trasformatore obbligatorio!
  • La moneta è lo Yen (¥). Un Euro sono circa 130 Yen
  • Le ore di fuso rispetto all’Italia sono otto, in avanti. Sette se da noi c’è l’ora legale
  • La guida è a sinistra ed è richiesta la patente internazionale
  • Il meteo: dipende dove andate e in che periodo. Il Giappone va dalle montagne con clima alpino alle isole tropicali.
  • Prima di partire ricordate sempre di registrarvi sul sito della Farnesina, Dove siamo nel mondo

Ok. Per adesso è tutto, il resto arriverà al ritorno, più o meno a metà Ottobre. Di sicuro la data della partenza è fissata: 21 Settembre 2017. Chissà come sarà l’autunno in Giappone! 😉

***AGGIORNAMENTO OTTOBRE 2017***

Questo viaggio è andato benissimo e l’organizzazione descritta ha funzionato perfettamente, complice l’ammirevole organizzazione giapponese. Mi riferisco in particolare agli spostamenti avvenuti in bus e treno: tutto riuscito come da programma in Italia. Orari e coincidenze programmate non hanno subito intoppi. Il diario di viaggio quotidiano è disponibile nel post dedicato. Buona lettura! 🙂

Diario di viaggio: Bruges e Bruxelles

Bruges e Bruxelles
Bruges di giorno e Bruxelles di notte: da vedere!

Da qualche tempo, per trascorrere i week end, scegliamo di visitare Paesi “in crisi”. Facciamo una sorta di viaggio “utile”, questo abbiamo pensato quando abbiamo deciso di andare a Porto e Atene.
Un bel giorno di Febbraio 2017 ci siamo detti: in questo momento storico nessun Paese europeo è più in crisi dell’Europa stessa! E così, dopo tanto rinviare, ci siamo decisi per viaggiare verso Bruxelles, la capitale politica d’Europa.
Un’ottima scusa per andare a vedere la spettacolare Bruges: una scelta che si rivelerà molto molto azzeccata 😉

01/04 Roma – Bruxelles – Bruges

Torniamo sul sito Ryanair per questo viaggio e con soli 35 giorni di anticipo strappiamo un biglietto a/r per 74 Euro a persona. Perché così poco? Perché l’orario di partenza è prestissimo e ci costringe a una sveglia alle 03:30 di notte per uscire di casa alle 04:00 e arrivare alle 06:00 al parcheggio AltaQuota2, il nostro riferimento per le partenze da Fiumicino. Ora anche più comodo perché si può pagare online in anticipo (10.80 Euro per quattro giorni). La navetta ci lascia al terminal 2 di FCO, superiamo i controlli di sicurezza e alle 06:30 raggiungiamo il nostro gate in perfetto orario per l’inizio del l’imbarco. Il decollo è previsto alle 07:00, per questo l’aereo è mezzo vuoto e non incappiamo nella fastidiosa procedura dello stivaggio dei bagagli a mano in eccesso (oltre i 90 colli a bordo, Ryan – e non solo – imbarca tutti gli altri, quindi di solito chi arriva prima troverà posto nella cappelliera. E tutti gli altri saranno costretti ad aspettare la valigia sul nastro degli arrivi). Il decollo viene posticipato alle 07:30 – probabilmente per via di una fitta nebbia che ci ha accompagnato durante tutto il tragitto in macchina – e atterriamo a Bruxelles alle 09:30.
Non ci fermeremo nella capitale belga ma proseguiremo subito per la vera destinazione di questo viaggio: Bruges. Quindi  seguiamo le indicazioni per l’uscita e ci dirigiamo verso la stazione dei treni, facciamo giusto una sosta rapida alle macchinette automatiche per fare il biglietto: 21.30 Euro solo andata. I monitor non aiutano molto a capire orari e destinazione, impressione che sarà confermata durante tutti gli spostamenti successivi. La soluzione migliore per avere la certezza di prendere il treno giusto è consultare gli orari stampati sui cartelloni gialli. Quello che appare come un metodo “antico” viene usato tantissimo e difatti queste tabelle orarie sono disponibili in luoghi ben visibili e incorniciate in vetrine molto pulite e illuminate. Alle 10:13 partiamo per la stazione di Bruxelles Nord dove scendiamo per fare l’unico cambio previsto e prendere il treno delle 10:40 che arriverà a Bruges alle 11:50. Non abbiamo avuto molto tempo per preparare questi passaggi dall’Italia, abbiamo solo verificato che i collegamenti erano frequenti e poi abbiamo fatto tutto sul posto. Avevamo previsto di arrivare alle 13:00 ma siamo stati bravi e fortunati, così abbiamo guadagnato un’ora sulla tabella di marcia prevista.
Fuori dalla stazione ci siamo orientati sulla mappa all’interno della guida per camminare verso il nostro albergo, i primi scorci di Bruges ci convincono subito della scelta fatta e non vediamo l’ora di mollare le valigie e uscire alla scoperta di questa città storica. Lungo il cammino spunta un pallido sole che riscalda l’aria e i turisti si rilassano nei tanti dehor offerti dai locali che affacciano sulla movimentata piazza ‘t Zand. C’è anche un mercatino che quasi ci porta fuori strada con i profumi provenienti dai furgoncini che vendono cibo di strada, ma resistiamo e raggiungiamo l’ormai vicino Floris Karos Hotel.
Come al solito quando arriviamo in un nuovo albergo, ci fermiamo giusto il tempo di lasciare le valigie e decidere un itinerario, così anche stavolta ci ritroviamo subito in strada, diretti verso il Markt, la piazza centrale di Bruges. Prima, però, una delle nostre tappe preferite: un supermercato. Quante cose si capiscono da un supermercato! Vedere gli scaffali, il banco degli alimenti freschi, osservare le persone del posto fare la spesa, le loro preferenze, fare dei confronti con le nostre abitudini, sono tutti elementi che ti aiutano a metterti in linea con il luogo che ti ospita. E poi non dimentichiamo il confronto dei prezzi e, soprattutto, il vantaggio di comprare souvenir gastronomici con un notevole risparmio. Il Belgio è famoso per il cioccolato, quindi secondo voi dove costerà di meno la stessa confezione di cioccolatini? In un negozio di souvenir o nel supermarket?
Facciamo una spesa veloce a base di formaggio Gouda, arrosto di maiale con paprica e pomodoro, pane locale e piccola scorta d’acqua (7.35 Euro), usciamo e ci fermiamo nell’adiacente Muntplein, una piazzetta curata, con alberi e panchine dove ci sediamo per mangiare.
Dopo la sosta riprendiamo la marcia e in pochi minuti arriviamo nel medievale Markt: sembra di tornare indietro nel tempo, ci sono i cavalli con le carrozze che attraversano il grande spiazzo acciottolato, le facciate tipiche delle case tutte unite le une alle altre, strette, con una contiguità geometrica amplificata dai frontoni a gradoni che disegnano nell’aria un lungo saliscendi di “scale” e torrette. Le costruzioni ormai ospitano quasi esclusivamente bar e locali turistici, di fronte alle verande esterne si staglia la sagoma del Belfort, il campanile-simbolo di Bruges che risale al XIII secolo. Alto 83 metri, ha un carillon composto da 47 campane che viene suonato (molto spesso!) a mano ed è, ovviamente, Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Sempre sulla piazza c’è anche l’imponente facciata neogotica dell’Historium, un museo interattivo sul medioevo.
Dopo il Markt tocca al Burg, un’altra grande piazza storica di Bruges, vicina a quella principale che – per i nostri gusti – si è rivelata anche più interessante. La cosa che colpisce del Burg sono le decorazioni in oro, le statue e i fregi che decorano le facciate dello Stadhuis (il municipio) che risale al 1420. Ma non è finita, perché adiacente al vecchio municipio c’è la Heilig Bloedbasiliek, la Basilica del Santissimo Sangue che deve il suo nome a una fiala sacra che contiene alcune gocce del sangue di Cristo, portata fin qui dai cavalieri crociati. La reliquia è esposta al pubblico due ore al giorno (dalle 14:00) sotto l’occhio attento di un prete che presidia la fiala sacra seduto su uno scranno. Vale la pena fare una visita anche per vedere gli interni della chiesa, curatissimi.
Una volta fuori, il nostro itinerario prosegue verso l’adiacente Vismarkt: una bella piazzetta caratterizzata da un porticato quadrangolare in marmo che un tempo ospitava il mercato del pesce. Oggi sono pochi i pescivendoli che lo usano ma il quartiere è ancora adatto per fare spuntini a base di pesci del Nord (se non avete mai assaggiato i filetti di aringa di queste parti, qui potete recuperare!), durante il weekend al posto dei pesci sui banchi troverete oggettistica e souvenir fatti da artigiani.
Continuiamo a camminare per raggiungere il Begijnhof, un quartiere di Bruges che risale al XIII secolo. Più che un quartiere è una piccola comunità che in passato ospitava le donne vedove che optavano per una vita religiosa senza però prendere i voti, in pratica delle suore laiche che concentravano qui la loro presenza e che erano molto rispettate per la fierezza e l’autonomia. Una storia identica all’altro beghinaggio famoso, quello di Amsterdam, e difatti anche la strada che facciamo per raggiungere l’ingresso del Begijnhof, lungo i canali, ci ricorda il recente viaggio nei Paesi Bassi.
In prossimità delle mura di cinta di questo complesso, c’è una fontana dove si abbeveravano i cavalli che ancora oggi assolve a questa funzione. Dopo una breve sosta equina attraversiamo il ponte del 1776 per superare il massiccio portone che ci proietta nel cortile interno. La caratteristica di questo beghinaggio sono le case con le facciate imbiancate che circondano un grande giardino alberato, curatissimo. In questo periodo sono in piena fioritura degli splendidi narcisi gialli che rendono la visione d’insieme molto suggestiva: ovviamente le foto si sprecano!
All’uscita proseguiamo lungo il Minnewater che però approfondiremo domani, per oggi può bastare anche perché sono le 19:00 di sabato e abbiamo una missione da compiere: scegliere il ristorante per cena! Purtroppo si rivelerà più difficile del previsto perché l’offerta è ampia, bisogna evitare le (tante) trappole per turisti e trovare posto. Alla fine la nostra selezione si rivela un buco nell’acqua perché sono tutti pieni, così dobbiamo affidarci ai consigli di Amina, la receptionist del nostro hotel che ci promette di mandarci in un posto dove va lei con i suoi amici. Prenota per noi il De Middenstand e alle 20:30 in punto siamo seduti a tavola. Il locale è carino, pulito, e pieno di clienti. La nostra scelta ricade ovviamente sui piatti della tradizione e quindi arriva per noi una bella carbonade, spezzatino alla fiamminga macerato nella birra e servito con salsa di mele, e poi un bel filetto mignon alla griglia con burro alle erbe che di mignon aveva solo il nome. Piatti già generosi accompagnati da insalata, patatine e due birre, una Leffe scura e una Jupiler. Lasciamo sul tavolo 52 Euro e poi ci restano le forze per rientrare in hotel e dormire dopo una lunghissima giornata.
La prima impressione? Bella Bruges!

Quanto abbiamo camminato oggi? 8,3 km

02/04 Bruges

Il risveglio migliore durante un viaggio è una buona colazione. Anche a Bruges, e per fortuna il Floris non ci delude e ci fa cominciare la giornata con una carica energetica importante: uova con bacon, fagottini al cioccolato, pane imburrato e brioche con la marmellata. Ci sono anche degli ottimi salumi e formaggi che finiscono nel nostro zainetto per pic-nic, infatti oggi abbiamo intenzione di arrivare fuori le mura della città, nel quartiere di Sint-Anna, ma prima di uscire… prenotiamo il ristorante per cena! Vista l’esperienza della sera precedente giochiamo d’anticipo, e consiglio di fare così a tutti i lettori: se volete mangiare in posti non-turistici, assicuratevi un tavolo in anticipo 😉
Il quartiere di Sint-Anna è una zona periferica che merita un’escursione: qui si trovano gli ultimi mulini a vento di Bruges. Per raggiungere la nostra destinazione abbiamo seguito il corso del canale principale che attraversa il centro e abbiamo seguito le indicazioni (da notare! sono sempre in due lingue: francese e fiammingo) fino alla Jeruzalemkerk, dagli interni insoliti – tanto marmo nero – costruita nel XV secolo sul modello della Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Proseguiamo il nostro percorso pedonale fino al parco Kruisvest che, su due collinette vicine, ospita gli storici mulini a vento, perfettamente conservati. Siamo circondati dal verde, su un lato del parco c’è un corso d’acqua, è ora di pranzo e c’è un gran sole: cosa si fa? Semplice: ci sdraiamo sul prato, mangiamo e prendiamo il sole. Alle 15:00 riprendiamo la marcia, con l’intenzione di tornare in centro nei pressi del Begijnhof, dove ieri avevamo fatto alcune incursioni nei negozi di souvenir. Abbiamo già fatto un po’ di confronti così andiamo a colpo sicuro: prima acquistiamo t-shirt, calamite e shottino (20 Euro), poi entriamo nel bookshop del museo Arenthsuis e compriamo sportina e limette brandizzate con il logo Brugge (5 Euro). I souvenir tipici del Belgio sarebbero tre: merletti, birra e cioccolata. Ai primi non siamo interessati, le seconde non possiamo portarle in Italia e quindi abbiamo deciso di assaggiarle sul posto (non tutte, sono oltre 250!) mentre il cioccolato non ha alcuna controindicazione, solo che abbiamo rinviato questo tipo di shopping a Bruxelles, come si dice: dulcis in fundo 😉
Mentre torniamo verso il Begijnhof troviamo il ristorante prenotato al mattino, dove abbiamo previsto di cenare, e restiamo molto perplessi: in pieno centro storico, ha tutte le sembianze di una trappola per turisti. E ora ci spieghiamo anche la reazione che aveva avuto il receptionist quando abbiamo chiesto di prenotarlo: ha alzato un sopracciglio come a dire “ma siete sicuri?!”.
Presi dal dubbio, continuiamo a camminare verso Minnewater, il parco con omonimo laghetto dove c’è un ponte molto noto tra i ragazzi di Bruges: è qui che gli adolescenti vengono a scambiare il loro primo bacio. Quale luogo migliore per scattare una foto con le nostre mani? Ma non è stato uno scatto qualsiasi, perché stavolta eravamo armati di Instamax e da qui abbiamo lanciato la prima foto virale del nostro account Instagram Handmade_travel: cosa abbiamo fatto è tutto da scoprire! 😉
Mentre torniamo verso l’hotel notiamo, appena fuori la cerchia delle mura storiche, un ristorante che per posizione e struttura ci ispira moltissimo: lo cerchiamo su Tripadvisor e le ottime recensioni confermano l’intuizione, così una volta in hotel facciamo disdire il primo ristorante prenotato e ci facciamo riservare un tavolo in quello nuovo. Come sarà?
Lo scopriremo presto, prima però ci prendiamo un po’ di tempo per una nuotata nella piscina dell’hotel e un bagno caldo in stanza. Dopo la ricarica torniamo di nuovo in strada per fare un aperitivo prima di cena, un aperitivo a base di birra. Avevamo individuato Beers Yesterday’s World, un bar-negozio dove puoi comprare (quasi) tutto l’arredamento e l’oggettistica presente. E qual è il tema? Semplice: l’originale piaga creativa del XXI secolo: il vintage! Però non avremo la possibilità di riprovare le sensazioni polverose vissute in locali simili durante l’ultimo viaggio a Cracovia, perché è domenica e lo troviamo chiuso: a quanto pare, quindi, la versione “negozio” prevale sulla variante bar e forse è giusto così. Per fortuna, poco distante, c’è ‘t Brugsch Bieratelier, un vero pub piccolo e molto caratteristico che offre una degustazione di 12 birre alla spina servite su una lunga asse di legno con i fori circolari per i bicchieri, in pratica il doppio di quella che abbiamo provato a Vilnius. Sono circa 2,5 litri di birre diverse e noi siamo solo in due: per quanto invitante la sfida è impari, quindi passiamo la mano e ordiniamo solo una bionda e una mora, rispettivamente Zot e Viven Bruin, consigliate dal simpatico barman Vincent (9.40 Euro).
Dopo un’oretta passata a vedere i clienti del posto avvicendarsi al bancone, sotto un insolito soffitto tempestato di banconote provenienti da tutto il mondo, ci muoviamo verso t’ Bagientje, il ristorante “alternativo” di questa sera. Sin dall’ingresso sentiamo di aver azzeccato la scelta: tende scure in velluto pesante, luci soffuse, pavimento in legno e grandi tavoli con al centro composizioni fatte con la cera accumulata dalle candele che creano un’atmosfera rilassata. Anche il modo di servire è stato gradevole: portano a tavola i coperti insieme a pentolini caldi che contengono il cibo ordinato, ti servono una porzione nel piatto e lasciano il pentolino per i bis. Così, attingendo a più riprese, ci siamo gustati un ragout di agnello con patate e verdure, e uno spezzatino di coniglio con salsa di prugne e crocchette di patate. Da bere ancora una Zot e una Jupiler, accompagnate nell’attesa dalle famose patate fritte belghe. Cena molto soddisfacente, migliore di quella di ieri e per una cifra minore: 46.75 Euro.
La serata non è finita, perché decidiamo di tornare al Markt per vederlo illuminato di notte. Ci aspettavamo uno spettacolo più suggestivo ma non è niente di memorabile, quindi restiamo giusto il tempo di fare qualche foto d’ordinanza e poi rientriamo verso il Floris.
Due giorni così sono perfetti per visitare bene Bruges, siamo molto contenti di questa scelta e ci sentiamo appagati dalle cose viste, domani possiamo partire serenamente per visitare Bruxelles.

Quanto abbiamo camminato oggi? 12,5 km

03/04 Bruges – Bruxelles

Alle 08:30 siamo pronti per lasciare Bruges, prima però c’è da fare la nostra ricca colazione e preparare le valigie. Dopo il check-out raggiungiamo in 20 minuti la stazione e prendiamo il treno delle 11:08 per Bruxelles, questa volta rispetto all’andata non avremo cambi da fare né supplementi per il passaggio dall’aeroporto. Quindi paghiamo il biglietto 14.70 Euro e dopo un’ora e dieci minuti siamo già a Bruxelles.
Anche qui la scelta dell’hotel è stata strategica per ottimizzare il tempo a disposizione, ci bastano cinque minuti per arrivare all’Hotel Agora Brussels Grande Place che è perfettamente posizionato anche rispetto a ciò che intendiamo vedere durante il nostro breve soggiorno.
Siamo in anticipo rispetto alla consegna della camera, quindi lasciamo le valigie, prendiamo una mappa e usciamo subito per andare al quartiere dei musei. Durante il tragitto ci fermiamo a scattare un’altra foto istantanea dal belvedere che affaccia sui Jardin du Mont des Arts e procediamo per visitare il museo di Magritte, solo che una volta arrivati scopriamo che il lunedì è chiuso. Quindi continuiamo la nostra passeggiata visitando la chiesa di Nostra Signora du Sablon – con magnifiche vetrate colorate – e all’uscita ci dirigiamo verso l’imponente Palazzo di Giustizia che nostro malgrado è completamente rivestito dall’impalcatura di un restauro in corso. Ci accade spesso, siamo perseguitati dai tubi Innocenti!
Il palazzo è stato per lungo tempo uno dei più grandi del mondo e decidiamo di dare un’occhiata all’interno, così superiamo i controlli di sicurezza e facciamo una rapida visita agli ambienti maestosi in stile neoclassico. Il palazzo non è propriamente una meta turistica in quanto ospita realmente procedimenti giudiziari, ma vale la pena visitarlo per i maestosi interni che ci hanno ricordato la stazione Grand Central di New York e poi perché è interessante vedere i togati al lavoro in un ambiente così carico di significati. Ci affacciamo a un’udienza in corso con la stessa curiosità con cui ammiriamo il belvedere del grande palazzo che sovrasta la città.
Una volta fuori facciamo la nostra sosta nel parco Petit Sablon, un piccolo angolo di pace per uno spuntino circondati da aiuole verdi curatissime, tulipani in fiore e una grande fontana gorgogliante.
Con la pancia piena torniamo verso il punto di partenza e, prima di procedere alla scoperta del centro storico, ci fermiamo in hotel per prendere possesso della stanza e poi subito a visitare la Grand Place, il salotto di Bruxelles dista neppure tre minuti da dove siamo. Che dire, il colpo d’occhio è magnifico, i palazzi sono imponenti, le facciate – tutte risalenti al 1600/1700 – sono finemente decorate con stucchi e ori. Ci sono i simboli delle varie gilde, le corporazioni di categoria, che competono tra loro per la più prestigiosa, grande, insolita, rappresentativa, in un gioco di allegorie e simbolismi che dona alla piazza un aspetto unico.
Da qui proseguiamo lungo una delle sei strade che sboccano nella piazza principale che si collega con il Palazzo della Borsa, un’altra grande struttura in marmo che sulla facciata principale è decorata anche con alcune sculture di Rodin. Giriamo lungo il perimetro del palazzo e notiamo che attorno la piazza, paradossalmente a pochi metri dall’elegante e sorvegliata Grand Place, l’atmosfera non è delle migliori: nonostante l’area molto centrale sembra sia una zona trascurata e poco sicura.
Da qui seguiamo le indicazioni per andare a vedere l’altra attrazione-simbolo di Bruxelles: il Manneken Pis, la piccola statua di un bambino sfrontato che dal 1618 fa la pipì davanti ai tantissimi turisti che vanno a visitarlo. In questa zona la densità dei negozi che vendono waffle è altissima e quindi cediamo alla ricetta classica: cialda 20 riquadri con spolverata di zucchero a velo (1 Euro).
A questo punto la passeggiata diventa una caccia al souvenir della capitale d’Europa, si comincia con le immancabili calamite e t-shirt, poi ciabattine e una prima confezione di cioccolato arancia e sale. Prima del calar del sole andiamo a visitare la concattedrale dei Santi Michele e Gudula, risalente al 1519, e la troviamo maestosa, bianca, con due torri altissime a caratterizzare la facciata gotica.
Rientriamo in hotel lungo una strada piena di ristoranti con i “buttadentro” appostati a ogni angolo, quindi nonostante la fame abbiamo un’idea chiara sulla zona da escludere per cena. Si sta facendo tardi, la scelta è vastissima e nell’incertezza decidiamo ancora di affidarci a un’indigena: la receptionist del nostro hotel si è dimostrata molto in gamba al nostro arrivo, e si confermerà tale anche nel suggerire e prenotare uno dei suoi locali preferiti. La nostra richiesta è stata la solita: nessun posto per turisti! E ci ha consigliato bene, perché sarà questa sera che faremo la miglior cena del viaggio. 9 et Voisins è situato proprio dietro la Borsa, arriviamo affamati come lupi alle 21:00 in punto e abbiamo subito buone sensazioni: locale caldo, accogliente, con arredamenti essenziali e con una grande lavagna affissa alla parete: lì c’è la cosa che ci interessa di più, il menù. Ci facciamo ispirare dai nomi sconosciuti e chiediamo conferme ai camerieri, così ci ritroviamo nei piatti una stoemp sausage, salsiccia servita con purè di patate e carote; e un jambonneau moutarde l’ancienne, importante cosciotto di maiale spennellato di senape: ottimo. Per mandare giù questo bendiddio abbiamo scelto una birra bianca e due Ciney blond. Non solo è stata la miglior cena delle tre fatte in Belgio, ma anche il conto è stato il migliore: 39.52 Euro. Sempre bello lasciare un luogo con il ricordo di un buon sapore…

Quanto abbiamo camminato oggi? 11 km

04/04 Bruxelles – Roma

Giorno di partenza sì, ma con calma. Abbiamo mezza giornata a disposizione e non intendiamo perderla, facciamo colazione da Gaufres de Bruxelles, il bar convenzionato con l’hotel, dove ordiniamo due tipi di waffle, succo di arancia e the per 8.40 Euro, le bevande sono state gentilmente offerte dall’hotel. Siamo pronti per il secondo tentativo al museo di Magritte e stavolta va tutto liscio: l’ingresso costa 13 Euro per l’intera struttura museale oppure 8 Euro per vedere solo i padiglioni dell’artista belga, uno dei nostri preferiti insieme a Salvador Dalì che ci siamo gustati abbondantemente a St. Petersburg, durante il nostro ultimo viaggio in Florida.
Complessivamente, però, il museo di Magritte è stato una delusione perché le opere più conosciute non sono lì, ci sono tantissimi studi e altrettante opere minori ma il meglio di questo artista l’abbiamo già visto in altri musei, per esempio al MOMA di New York. Da notare: nel passare da un piano all’altro del museo ci siamo goduti un bel panorama sulla città e abbiamo individuato lo scintillante Atomium, il terzo grande simbolo di Bruxelles.
Dopo la visita torniamo verso il centro storico e ci fermiamo a fare uno spuntino da Belgian Frites Papy famoso da 30 anni per le sue patatine fritte, scegliamo la ricetta classica con maionese (3.20 Euro) e siamo subito pronti per la missione finale: comprare la famosa cioccolata belga.
Allora, nel centro storico la scelta è vastissima, ci sono tante pasticcerie con vetrine che strabordano di delizie decorate e grezze: c’è solo l’imbarazzo della scelta. Ci sono tante negozi che vendono cioccolata confezionata, di ogni tipo, misura, peso, forma, gusto. Sono probabilmente tutte buone ma la nostra scelta è ricaduta su L’Art du Chocolat, un pasticceria classica, e capisci dov’è la differenza con le altri quando entri e senti quel profumo inconfondibile, quell’aroma che fa schizzare la glicemia alle stelle soltanto respirando.
Ci facciamo preparare un paio di confezioni con 32 cioccolatini bellissimi da vedere e buonissimi, per tutti i gusti: champagne, tè verde e lime, amarena, pralinati alle nocciole, arancia e frutto della passione, ganache di nocciola e marzapane, crema di limone, crema di nocciole, di tutto. Per concludere lo shopping più dolce ci abbiamo aggiunto dei cubetti da sciogliere nel latte per una vera cioccolata calda, al cocco, dark e alla menta (30 Euro).
Sono le 14:30 quando ci dirigiamo in stazione per fare i biglietti (8.80 Euro) e prendere il treno delle 14:55 che nel giro di 30 minuti circa ci porterà all’aeroporto di Zaventem.
Durante l’attesa del volo facciamo un rapido bilancio finale: ci sentiamo molto fortunati, abbiamo avuto dalla nostra parte un meteo splendido a dispetto di quanto si dice sul Belgio, cioè un Paese spesso piovoso, e abbiamo trovato perfetta la soluzione di trascorrere due notti a Bruges e una a Bruxelles, e non viceversa. Per la nostra dimensione, orientata alla ricerca di luoghi alternativi, più a dimensione d’uomo rispetto alle metropoli (sempre più spesso troppo simili tra loro) è stato un abbinamento perfetto: Bruges la ricorderemo a lungo!

Ma alla fine, quanto abbiamo camminato? 37,8 km

Note
Hotel prenotato su Booking
Guida di riferimento: Brugge e Bruxelles di Lonely Planet
Libro letto su Kindle: Topkapi di Erik Ambler

Diario di viaggio: Cracovia e Auschwitz

Cracovia, Auschwitz e la miniera di sale di Wieliczka
Un viaggio, tre luoghi: Cracovia, Auschwitz, Wieliczka (miniera di sale)

Ci piace viaggiare e questo si era capito. Ma da qualche anno abbiamo scoperto il gusto di viaggiare nel periodo natalizio alla scoperta dei mitici mercatini di Natale.
Cerchiamo luci, colori, allestimenti, atmosfere e soprattutto cibo di strada: ebbene sì, i mercatini saranno anche belli, caratteristici per i souvenir e l’artigianato, ma sono soprattutto buoni!
E così, dopo Parigi, Porto, Bratislava e Vienna, è il turno di Cracovia: un’ottima scelta, una bellissima città, sicuramente da visitare anche in altri periodi dell’anno.

06/12 Roma – Cracovia

Partiamo da casa alle 08:00, abbiamo l’aereo alle 11:30 e arriviamo all’aeroporto di Roma Ciampino puntuali, dopo aver lasciato l’auto al nostro solito parcheggio a lungo termine: Altaquota (20.70 Euro, ora accettano il pagamento online e si risparmia un po’). Il volo Ryanair è stato prenotato l’8 Settembre, quindi tre mesi prima, perché in un precedente tentativo abbiamo notato che i prezzi dei voli per Cracovia “decollano” facilmente. Noi ce la siamo cavata con 82.50 Euro a persona.
Viaggiamo leggeri, veloci, con carte d’imbarco sullo smartphone e il solo bagaglio a mano, così subito dopo l’atterraggio, alle 13:30, siamo fuori l’aeroporto in attesa del nostro autista Uber prenotato dall’app che ci accompagna in hotel in 20 minuti per soli 6 euro.
Facciamo check-in, diamo uno sguardo nella nostra bellissima stanza che affaccia sulla Vistola e lasciamo subito il Niebieski Art Hotel & Spa per andare alla scoperta di Cracovia. L’impatto è molto particolare, perché fa un freddo boia e nevica, fenomeno che per noi che proveniamo dal mare ha sempre un fascino particolare. A piccole dosi però! 😉
La prima tappa la facciamo allo sportello di un bancomat per cambiare gli Euro: la moneta della Polonia è lo zloty (Zl) e bisogna fare un po’ di esercizio per la conversione. In totale cambiamo 120 Euro (tasso: 1 € = 0.23 Zl), così mettiamo in tasca 500 zloty (incluse commissioni) per le nostre spesucce.
Infiliamo guanti, cappelli e cappucci impermeabili e continuiamo a percorrere il lungo rettilineo che dall’hotel ci porta dritti in centro. La nostra prima visita è la Basilica di San Francesco: buia e spettrale, è piena di persone che pregano a lume di candela. Molto suggestiva, è famosa per i suoi interni decorati e per le vetrate policrome che però non riusciamo a godere completamente, un po’ perché fuori nevica e il cielo è coperto, e un po’ tanto perché in questo periodo dell’anno il sole tramonta verso le 15:30… quindi manca l’ingrediente fondamentale per ammirare le vetrate artistiche dall’interno: la luce! 🙂
Una volta fuori imbocchiamo l’antistante Bracka, una delle strade principali che sbucano nel cuore del centro storico: Rynek Glowny, l’antica piazza del mercato caratterizzata dalle sagome della torre del municipio, della basilica di Santa Maria con i suoi due campanili diversi, dell’imponente stabile del fondaco dei tessuti, e circondata dalle facciate decorate di sontuosi palazzi monumentali. Una piazza così bella doveva essere per forza Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO (1978). La vista d’insieme è resa ancora più gradevole dall’invasione colorata del mercatino di Natale.
Non ci lasciamo distrarre da suoni e profumi che arrivano da tutti gli angoli e procediamo dritti verso la basilica, dotata di due ingressi: uno gratuito, accessibile per la preghiera e una visione parziale della chiesa e l’altro a pagamento, per ammirare meglio le cappelle interne e la pala d’altare più celebre della città.
I biglietti si fanno all’esterno, nella piazzetta adiacente, e vale la pena spendere i 10 zloty (2.25 Eu) per osservare da vicino il capolavoro di Veit Stoss: un imponente polittico in legno di dimensioni ciclopiche posto sopra l’altare. Immaginate cosa può venir fuori da un lavoro meticoloso durato ben 10 anni!
Al termine della visita la nevicata è ancora in corso e inizia a lasciare i suoi segni: la piccola piazza Mariacki, posta sul fianco della basilica, è ormai imbiancata e l’attraversiamo rapidamente per raggiungere la chiesetta di Santa Barbara che all’esterno ha una piccola acquasantiera che contiene… un blocchetto di ghiaccio! 🙂
Entriamo a dare uno sguardo ma re(si)stiamo pochissimo perché dentro c’è una puzza tremenda: pensiamo che il tappeto all’ingresso, complice l’umidità, abbia iniziato a rilasciare miasmi inevitabili, poi man mano che leggiamo la guida e apprendiamo che la cappelletta è posta sopra un antico cimitero, ci diamo una personalissima spiegazione che ci costringe a uscire fuori per ridere liberamente. La stanchezza inizia a fare brutti scherzi, ci fa bene prendere un po’ d’aria fresca e visto che stanno per scoccare le 18:00, ci fermiamo per ascoltare lo heinat. Ogni ora dal campanile principale della Basilica, un trombettiere suona una breve melodia per quattro volte, una per ogni punto cardinale. La tradizione pare sia legata a una serie di leggende antiche che risalgono anche a otto secoli fa, ma la versione più amata è quella narrata negli anni ’20 da Eric Jelly nel libro per bambini The Trumpeter of Krakow, da scoprire! 😉
Ok, l’impatto culturale c’è stato ed è stato soddisfacente. Ora è tempo di esplorare le bancarelle del mercatino di Natale, specialmente perché sembra che il cibo di strada sarà protagonista assoluto e visto che siamo in ora da aperitivo assaggiamo subito gli oscypek, delle scamorzine affumicate grigliate sulla brace. Ne prendiamo una semplice (che servono anche accompagnata da confettura di mirtilli) e una avvolta in una strisciolina di bacon, decorata in cima con una prugna (9.50 Zl, 2.15 Eu). Ottimo inizio che ha aperto una voragine nello stomaco, così rimediamo subito con una gran fetta di pane casareccio tostato, spalmato di lardo e guarnito con salsiccia (13 Zl, 2.90 Eu): ora sì che possiamo andare a cena! 🙂
La nostra esplorazione sarà più dettagliata nei giorni successivi, ora siamo stanchi e rientriamo verso l’hotel, stavolta in tram.
I collegamenti di Cracovia sono molto buoni ed economici, la città è servita da bus e tram, i biglietti si possono fare a bordo o alle fermate, dotate sempre di pensiline e tabelloni digitali con gli orari di arrivo previsti: al termine del viaggio constateremo di aver preso molte volte i mezzi pubblici e hanno sempre reso un ottimo servizio.
Il nostro biglietto da 2.80 Zl (0.60 Eu) dura 20 minuti e in meno della metà del tempo ci porta fino al capolinea Salwator, a pochi metro dal nostro albergo.
Abbiamo già scelto in Italia dove cenare stasera, quindi saliamo in hotel solo per lasciare gli zaini e orientarci senza prendere freddo in strada (-4 gradi!). L’operazione richiede pochissimo tempo perché Golonkarnia, il ristorante individuato per la prima cena polacca, è letteralmente a due passi da noi. Fuori dal centro, ottime recensioni, pochi posti a sedere, specialità locali, in pratica ha caratteristiche perfette per rispondere alla domanda: dove cenare a Cracovia? 🙂
C’erano solo altre due persone, forse anche per via della musica proposta: dei pessimi remix di grandi singoli della musica internazionale, eseguiti probabilmente con la diamonica Bontempi, degne basi del peggior karaoke abusivo di tutto l’Est Europa. Ma poco importa, perché la nostra attenzione era già dedicata al menù, pratico ed essenziale, che ci ha aiutato a scegliere facilmente. Abbiamo ordinato la specialità della casa: ginocchio di maiale macerato in birra e cotto nel forno a legna, servito con rafano, cetriolini e un quarto di pane. E poi un altro piatto locale, dietro suggerimento d’eccezione della mia amica Slawka G. Scarso: pierogi, ravioli di carne conditi con cipolle croccanti. Eravamo affamati come lupi eppure non siamo riusciti a finire tutto il ginocchietto! Porzione enorme, i saggi ragazzi del posto che cenavano alle nostre spalle ne hanno ordinato uno solo da dividere e hanno fatto bene. Siamo rimasti molto soddisfatti della resa e del sapore dei piatti ordinati, per non parlare del conto: solo 93 Zl (20.50 Eu) incluse due belle birre 0,5 non pastorizzate.
Siamo solo al primo ristorante provato ma siamo già molto soddisfatti, lo candidiamo subito per la cena finale ma questa possibilità si rivelerà un’illusione: l’isolamento e la musica discutibile ci ha fuorviato, il locale è vuoto soltanto perché è martedì. Nei giorni successivi sarà impossibile trovare un tavolo libero, sia passando di persona con netto anticipo sia facendo chiamare dall’hotel. Quindi se volete provare il golonka migliore di Cracovia, il consiglio è di prenotare sempre, anche un paio di giorni prima.
Ok, si va a dormire presto ché domani sarà una giornata intensa. Sotto tutti i punti di vista.

Quanto abbiamo camminato oggi? 7 km

07/12 Cracovia – Auschwitz

Giornata molto lunga, sveglia puntata alle 07:00 per una maxi colazione che dovrà darci energie per molte ore. Alle 08:30 siamo in strada, fa freddissimo quando prendiamo il tram 2 fino a Dworzec Glowny, la fermata di riferimento per la stazione dei bus (e dei treni) di Cracovia che raggiungiamo passando attraverso l’enorme shopping center Galeria Krakowska.
Oggi abbiamo programmato una visita al museo-memoriale di Auschwitz-Birkenau, il più famigerato campo di concentramento e sterminio della Germania nazista.
Come raggiungere Auschwitz da Cracovia? Non è propriamente una passeggiata, quindi programmate per tempo la visita e i collegamenti per arrivarci. In città diverse agenzie propongono l’escursione a/r in giornata ma noi abbiamo preferito la visita individuale, organizzata online.
Da notare! La località Auschwitz ha ripreso il suo nome polacco di Oswiecim e molte indicazioni fanno riferimento a questa sintassi e non a quella per noi più nota, anche sui tabelloni dei mezzi pubblici.
Auschwitz dista circa 70 chilometri e si può raggiungere in bus e treno con un viaggio di un’ora e mezza, noi abbiamo scelto il bus perché ce ne sono di più e perché ti lascia davanti al cancello d’ingresso mentre il treno ferma a 1.5 km dal sito. La compagnia con il maggior numero di collegamenti è Lajkonik, noi abbiamo preso il biglietto per la partenza delle 09:40 al costo di 14 Zl (3.20 Eu).
L’ingresso al campo è gratuito e i biglietti sono stati prenotati sul sito ufficiale, ci sono diverse formule per entrare (gruppi, individuali, giornata-studio, con guida, ecc…) e bisogna scegliere anche in base alle disponibilità: gli ingressi sono scaglionati per fasce orarie e variano molto in funzione del periodo dell’anno: controllate sempre bene prima di prenotare perché durante l’inverno il museo potrebbe essere aperto solo mezza giornata.
Prima di entrare nel lager ci sono da superare dei controlli di sicurezza e le borse con dimensioni superiori a 30x20x10 cm devono essere obbligatoriamente lasciate al guardaroba (3 Zl, 0.70 Eu).
Il nostro viaggio è filato liscio e alle 11:20 siamo pronti a iniziare la nostra visita come previsto dall’orario prenotato. La prima mazzata arriva al cancello dove l’immagine vivida dell’arco in ferro battuto che recita Arbeit macht frei  (il lavoro rende liberi) ci accoglie in tutta la sua freddezza.
Poi inizia un viaggio indietro nel tempo che si ferma a solo 70 anni fa, quando l’uomo è diventato una bestia: un carnefice spietato di altri esseri umani, dove il male assoluto ha preso forma e ha seppellito un milione e mezzo di uomini, donne, bambini. Ci sono parole migliori delle mie per descrivere i dettagli, ci sono commentatori più autorevoli di me per leggere e apprendere quel pezzo di storia, quel buco nero nel cuore della millenaria civiltà europea. Quindi ridurrò al minimo le mie impressioni personali, peraltro il linea con la filosofia di questo blog, e mi limiterò a stimolare e promuovere questa visita a tutti coloro che avranno la fortuna di visitare Cracovia.
In base alla vostra sensibilità, età, esperienza, voglia di capire, programmate una visita in questo memoriale e – al netto dell’impatto emotivo – ne uscirete sicuramente più forti e informati. Vedrete davvero ciò che avete visto sui libri e al cinema, vedrete i recinti elettrificati, le torrette di guardia, i fili spinati, i dormitori, le condizioni di prigionia, i muri delle esecuzioni, i patiboli, le camere a gas e i crematori. Tutto è com’era, per non dimenticare.
La visita passa in rassegna tutti gli spazi del campo, dall’infermeria ai padiglioni dedicati alle varie nazioni che hanno subito le deportazioni organizzate dei propri civili, con documenti storici, fotografici, filmati per rinnovare la memoria di tutti, per testimoniare ciò che è avvenuto davvero, ciò che nessun revisionismo può mettere in discussione senza ridicolizzarsi e offendere.
Alle 14:00 usciamo e prendiamo la navetta per Birkenau, il campo satellite a pochi chilometri da Auschwitz, e quando arriviamo ci resta un’ora di tempo per la visita perché chiuderà alle 15:30. Ero stato a Dachau anni fa, e quindi ero già pronto su quanto avrei visto ad Auschwitz, ma a Birkenau no. Birkenau mi ha impressionato, ha aggiunto stupore all’orrore: le dimensioni, l’organizzazione metodica, scientifica, raggiungono apici inimmaginabili. Il campo è talmente vasto che non si capisce dove finisca, impieghiamo 20 minuti per andare dall’ingresso al monumento internazionale per le vittime dell’Olocausto, posto al centro tra i ruderi dei crematori, lasciati in macerie così come erano stati ridotti ai tempi della Liberazione, come un monito. Siamo circondati da un paesaggio ostile, freddo, il campo ha una superficie così grande che i gruppi di persone in visita si disperdono e puoi ritrovarti isolato, circondato dal silenzio. Seguiamo i binari percorsi dai treni carichi di persone impaurite che nell’ultima fase della soluzione finale non venivano neanche più schedate, raggiungevano direttamente le camere a gas. Fa freddo, c’è la neve, immaginiamo i prigionieri costretti all’aperto in condizioni disumane, mentre soffriamo noi che siamo coperti e ci muoviamo liberamente; siamo privilegiati, e per quanto predisposti a raggiungere un altro livello di comprensione, alla fine mi rimbombano in testa le parole di un sopravvissuto: “Voi non sapete, voi non potete neanche immaginare…”. Vero, io non posso neanche immaginare cos’è stato.
Esperienza forte, senza dubbio. Le riflessioni continuano anche sul bus che ci riporta a Cracovia, dove arriviamo alle 18:15.
Prima di cena ci rilassiamo un po’ in camera e ci scaldiamo nella sauna e nell’hammam della spa, alle 20:00 siamo di nuovo in strada per prendere il tram e scendere alla fermata del Teatro Bagatel. Da qui imbocchiamo la Sw Anny per raggiungere la piazza centrale da un ingresso differente da ieri, e ammirare l’imponente facciata barocca della chiesa di Sant’Anna. Quando sbuchiamo in Rynek Glowny ci troviamo di fronte la Torre del Municipio con tutti i suoi 70 metri di altezza impreziositi da ologrammi che riproducono fiocchi di neve e decorazioni natalizie. Se si aggiungono le principesche carrozze bianche trainate da cavalli massicci che sbuffano vapore dalle narici, sembra di essere in una fiaba antica.
Questa sera si cena in strada senza timore del freddo, quindi ci immergiamo completamente nei profumi che invadono tutta la superficie del mercatino di Natale e iniziamo a fare la nostra selezione per scegliere dove fermarci. Dopo un accurato sopralluogo, ci sediamo a un tavolo e andiamo a fare rifornimenti: pierogi ripieni di lenticchie, pomodori secchi e aglio selvatico (7.50 Zl, 1.70 Eu) e poi passiamo alla carne con un maxi spiedino di maiale e una grande salsiccia con patate al forno (52 Zl, 11.80 Eu). Nota di merito per lo spiedino, semplicemente meraviglioso. Dopo aver riempito lo stomaco prendiamo un bicchiere di vino rosso caldo (8 Zl, 1.80 Eu).
C’è davvero di tutto: artigianato, fiori, dolci, vestiti, oggetti in legno, ceramica, cera, vetro… scattiamo ancora qualche foto prima di rientrare in hotel in tram, la giornata è stata molto lunga e siamo provati da tutte le cose viste e quelle fatte: una notte di sonno al caldo ci aiuterà sicuramente a ricaricare le batterie.

Quanto abbiamo camminato oggi? 11 km

08/12 Cracovia

Ci svegliamo con tutta calma dopo nove ore di sonno e facciamo una ricca colazione ancora più ricca del giorno prima: brioche, muffin, nastrine con marmellata, toast imburrati, bacon, uova, salsicce, ananas, melone, muesli, smoothies e succhi di frutta. Proprio quello che ci voleva per la giornata che dedicheremo a due zone di Cracovia: la collina del Wawel e Kazimierz.
Per quanto la temperatura sia sempre rigida, 4 gradi, oggi c’è un gran sole e decidiamo di camminare seguendo la pista ciclabile che affianca il percorso del fiume Vistola: una passeggiata molto suggestiva, a contatto con tantissimi cigni che si avvicinano tranquillamente, abituati alla presenza umana. Dopo qualche centinaio di metri, dove il fiume curva in un’ansa, si staglia davanti a noi il Wawel: la collina simbolo dell’intera Polonia, sede del castello che ha celebrato l’incoronazione di molti sovrani e che ancora oggi, all’interno della sua cattedrale, ospita le spoglie dei più illustri politici polacchi.
Torniamo sulla strada principale e iniziamo la salita verso la cima, attraversiamo le massicce mura, superiamo la statua equestre di Tadeusz Koscuiszko ed entriamo dalla porta principale oltre la quale c’è l’ampio cortile del complesso fortificato. Gli edifici che affacciano su questo grande prato ci ricordano molto la spianata delle cattedrali ammirata all’interno del Cremlino, durante il viaggio a Mosca e San Pietroburgo.
La visita di tutti gli spazi esterni è gratuita, mentre è necessario un biglietto per accedere alle sale del castello e della Cattedrale. Armati di mappe e guida, facciamo il punto della situazione e ci dirigiamo in biglietteria per fare il ticket cumulativo per gli ambienti che desideriamo vedere.
La nostra preferenza cade sul complesso religioso: il biglietto per la Cattedrale del Wawel costa 12 Zl (2.70 Eu) e include l’accesso alla chiesa, alla cripta, al campanile e al museo della chiesa oggi intitolata a Giovanni Paolo II. Il culto per il Papa polacco che conosciamo bene è molto sentito, un po’ ovunque si trovano foto, statue, cimeli e targhe che ricordano il suo passaggio. Soprattutto nel museo c’è un’intera sala a lui dedicata che a noi italiani risulterà piuttosto, diciamo così, famigliare: la copia commemorativa della prima pagina dell’Osservatore Romano uscita nel giorno della nomina a Capo della Chiesa, oppure le scarpe fatte a mano da artigiani italiani, ci faranno sentire un po’ a casa 😉
La nostra visita della cattedrale è iniziata dal basso verso l’alto: siamo partiti dalle cripte sotterranee dove riposano molti reali e altre personalità politiche e artistiche della storia polacca, come per esempio il pianista e compositore Chopin, oppure il presidente Lech Kaczyński e la moglie, morti nel 2010 in un incidente aereo insieme a buona parte del governo, una storia sordida che nelle indagini ha sviluppato alcuni retroscena da spy-story.
L’esperienza più bella che offre il biglietto cumulativo è l’ascesa del campanile, un percorso da fare lungo ripide scale di legno e intervallato dai pianerottoli che ospitano campane in bronzo sempre più grandi man mano che si sale: ognuna ha un nome e qualche dato relativo alle dimensioni. La cosa più impressionante è ovviamente il peso, nell’ordine delle decine di tonnellate.
In uscita dalla collina si potrebbe attraversare la grotta del drago Smok, un drago cattivo divenuto una sorta di mascotte per la città. La grotta d’inverno è chiusa, quindi prendiamo un sentiero per tornare al livello del fiume, ci fermiamo per uno spuntino all’aperto e poi riprendiamo il cammino verso il quartiere ebraico di Kazimierz.
Qui sono state girate diverse scene del film Schindler’s List, perché era in stato di abbandono da molto tempo e poteva offrire una ricostruzione più fedele del ghetto di Varsavia rispetto alla capitale stessa, molto rimaneggiata dopo la guerra. Come per magia, da quando agli inizi degli anni ’90 Steven Spielberg ha iniziato i sopralluoghi e successivamente ha girato il suo premiatissimo film, il quartiere ha vissuto una completa rinascita e oggi è una delle zone più trendy e vive di Cracovia.
Il nostro tour ci ha portato a cercare tre sinagoghe: la prima è quella di Remuh, con il suo cimitero antico visibile dall’esterno, che però troviamo chiusa; la seconda è la sinagoga Alta, chiamata così perché la sala di preghiera è al secondo piano e infine quella di Isacco. Giusto due note su queste ultime: trovare la sinagoga Alta non è stato semplicissimo perché le facciate di questi luoghi di culto non sono sfarzose e, questa in particolare, sembra addirittura un palazzo abbandonato. Si entra da una libreria ebraica che pare sia la migliore di Cracovia, il biglietto cosa 9 Zl (2 Eu) e al piano superiore c’è una mostra fotografica in una stanza quasi completamente spoglia, se non fosse per alcuni resti di decorazioni stuccate. Invece la sinagoga di Isacco – la più grande di Cracovia – costa 7 slot (1.60 Eu) ed è sicuramente in condizioni migliori della precedente, grazie ad alcuni recenti restauri, ma anche qui non sento di poter descrivere qualcosa di particolarmente emozionante. Diciamo che il quartiere vale una visita, per le sue viuzze, i negozietti, i caffè; una passeggiata a Kazimierz va fatta ma, diciamo così, l’ingresso nelle sinagoghe non è obbligatorio 😉
Una volta rientrati sulla strada principale prendiamo al volo un tram diretto verso la piazza centrale, dove facciamo a colpo sicuro i primi acquisti nel mercatino di Natale che ormai conosciamo benissimo: compriamo un rompicapo in legno e miele locale di colza, tiglio e melata di conifere. Notiamo che in giro c’è molta più gente, probabilmente perché è iniziato il ponte dell’8 Dicembre.
Raggiungiamo il Fondaco dei Tessuti, il lungo porticato coperto al centro della piazza che un tempo ospitava le botteghe dei mercanti di stoffe e oggi raccoglie negozietti di souvenir che hanno prezzi medi più alti rispetto alle bancarelle esterne. Come facciamo sempre, dopo il confronto prezzi dei giorni precedenti, entriamo nel negozio che abbiamo individuato come il più conveniente (bene o male i souvenir da acquistare sono sempre quelli) e mettiamo insieme una spesa unica. La scelta è caduta su Ziomek e negli zaini sono finiti: sportina, t-shirt, palle di Natale, agendina, fermagli, shottini, magneti da frigo e altre cianfrusaglie per un totale di 109 Zl (24.70 Eu).
In attesa di cenare, cerchiamo lo storico locale Piwnica Pod Baranami per fare un aperitivo: la classica birreria sotterranea di Cracovia. Si entra da un palazzo che sta sulla piazza del mercato (di fronte la Torre del municipio), si riconosce facilmente perché ha delle grandi teste di ariete scolpite sull’architrave del portone. L’atmosfera all’interno è molto informale, non ci sono camerieri a servire: si prende posto, si fa la fila alla cassa, si paga e si porta al tavolo. Tutto molto vintage, come si usa (anche troppo) da qualche anno. Quindi sedie zoppe, tappezzerie rotte, tavoli traballanti, cera colata e muri “polverosi”… per usare un eufemismo. A piccole dosi, si può fare: ordiniamo una birra media chiara, vino caldo alla cannella e un po’ di noccioline (23 Zl, 5.20 Eu). Grazie al wi-fi aperto ci connettiamo per trovare il prossimo ristorante e la scelta ricade su Czarna Kaczka – The Black Duck dove ci presentiamo senza prenotazione. Male, molto male. Il ristorante è pieno e il cameriere, Philippe, manda indietro tante persone, anche noi. Ma si vede che gli siamo simpatici, perché ci dice di tornare dopo 45/50 minuti, salvo poi darci un tavolo dopo 20 minuti in buona parte passati a parlare con lui, delle sue origini franco-polacche e del suo anno sabbatico da spendere proprio a Cracovia per conoscere meglio le sue radici. Philippe ha fatto un miracolo perché non avrebbero accettato prenotazioni per i prossimi due giorni! E noi, fame nera del momento a parte, eravamo intenzionati ad assaggiare la specialità dello chef: l’anatra, cucinata praticamente in tutti i modi.
Il locale è accogliente, caldo, piccolino (è praticamente la sala colazione dell’hotel adiacente) e con un menù ben concentrato sui piatti della tradizione polacca: sul nostro tavolo finisce una mezza anatra alla brace con salsa di mirtilli e patate fritte; e un bell’arrosto di maiale con cumino e vino rosso servito su pane tostato. Tutto accompagnato con patate al forno e due birre 0,5 bionde (Tyskie anche qui, come dagli altri). Abbiamo mangiato benissimo e alla fine ci hanno offerto una vodka alla ciliegia, leggera, più simile a un liquore, che ci è piaciuta moltissimo e ha addolcito ancora di più il conto di 105 slot (23.80 Eu).
Torniamo in hotel ancora una volta soddisfatti della città, delle cose viste, del cibo… se non fosse per ‘sto freddo! 😀

Quanto abbiamo camminato oggi? 12,7 km

09/12 Cracovia – Wieliczka (miniera di sale)

Oggi abbiamo in programma un’escursione alle miniere di sale della vicina Wieliczka, un altro sito Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Sono ben pubblicizzate e le conoscevamo ancor prima di partire, forse per questo c’era qualche aspettativa in più… ma non voglio essere troppo severo sul giudizio finale! Diciamo che sarò piuttosto sbrigativo nella descrizione di questa esperienza perché, diplomaticamente parlando, ho apprezzato di più Cracovia e sono un po’ dispiaciuto di aver lasciato cose da vedere a vantaggio di questa gita fuori porta.
Come arrivare alla miniera di sale? Noi ci siamo andati in treno, sono solo 13 chilometri di distanza e ci vogliono circa 25 minuti. Il biglietto costa 3 Zl (0.70 Eu).
Siamo partiti dalla stessa stazione di due giorni fa, Krakow Glowny, solo che stavolta c’è un bel sole e quindi ci siamo arrivati a piedi facendo una passeggiata dalla piazza centrale del mercato, che abbiamo visto per la prima volta con la luce diurna, e poi superando le mura difensive e Porta Floriana.
Dopo uno spuntino salato da Awiteks saliamo sul treno delle 14.10 (ce ne sono moltissimi) e una volta a destinazione seguiamo le chiare indicazioni per raggiungere l’ex miniera. Siamo già in possesso del biglietto, acquistato online sul sito ufficiale: l’ingresso costa ben 84 Zl (19 Eu) – una cifra molto alta rispetto ai prezzi visti finora in Polonia – e bisogna scegliere un orario di accesso tra quelli disponibili, perché si può entrare solo in gruppo (35 persone) e per questioni di sicurezza non sono previste visite individuali.
Si può anche scegliere la lingua parlata dalla guida ma nel nostro orario non c’era l’italiano e quindi ci accodiamo a un gruppo inglese; alle 15:00 in punto inizia la visita con la vertiginosa discesa di 400 gradini in legno su una struttura elicoidale che porta a circa 90 metri di profondità. Il punto più profondo è -135 metri e sarà toccato nel corso della visita che dura un paio d’ore, inclusa una complessa procedura di uscita, dopo aver percorso 3 chilometri di tunnel. La temperatura media è sui 15 gradi e non si registrano presenze di animali strani 🙂
Come anticipavo: non mi soffermerò molto sui particolari, la guida era molto simpatica, aveva un buon copione che permetteva di interagire con il pubblico e dava informazioni didascaliche e curiose. Nonostante ciò non siamo riusciti ad appassionarci! Hanno fatto un ottimo lavoro di conversione del sito, davvero, però non ho trovato gli spunti giusti per un’esperienza memorabile: il prezzo del biglietto vale giusto per la visione d’insieme dell’enorme Cappella di Santa Cunegonda, con i suoi maestosi lampadari, i bassorilievi e l’altare interamente scolpiti nel sale; poi molto impressionanti sono le travi massicce che sostengono le gallerie e un paio di laghetti sotterranei ben illuminati che mettono in risalto l’acqua verde per l’alta concentrazione di sale. Tutto qui. Il resto è un po’ di fuffa, qualche manichino e carrello da miniera arrugginito. Cioè, non è neppure detto che ai bambini piaccia sicuramente questa gita, e se soffrite di claustrofobia è sicuramente meglio starne alla larga.
Lasciamo il sito minerario perplessi e torniamo verso Cracovia, dobbiamo riprenderci da una parziale delusione e vogliamo farlo a modo nostro: con l’ultima cena presso il ristorante della prima sera, la nostra strategia storica per lasciare una città con un buon ricordo (torniamo sempre nel locale che c’è piaciuto di più nei giorni precedenti). Purtroppo, però, ci aspetta una mazzata terribile: sono le 19:00 quando entriamo da Golonkarnia, il locale è già pieno e non accetta altre prenotazioni! Torniamo in hotel e facciamo chiamare anche da loro ma niente da fare! La prima cena infrasettimanale ci ha decisamente fuorviato, pensavamo che non fosse un posto frequentato e invece…
Ma non è finita, perché una volta in stanza facciamo una grande selezione di ristoranti e chiediamo alla reception di prenotare per noi: niente, tutto pieno! Anche quelli suggeriti dall’hotel. Quindi il consiglio importante che posso dare è sicuramente di prenotare un tavolo in anticipo se volete cenare in un buon ristorante di Cracovia durante il fine settimana!
Allora decidiamo di tornare in centro, provare di persona qualche incursione ma dopo qualche tentativo dobbiamo desistere: non c’è posto da nessuna parte. Per fortuna questo è il periodo perfetto per non restare a digiuno, al freddo, in mezzo alla strada, perché i mercatini di Natale tornano in nostro soccorso: anche qui c’è molta più gente ed è difficile riuscire a ordinare, alla fine prendiamo un spiedino di carne (36 Zl, 8.15 Eu. Anche i prezzi sono lievitati!) con un buon formaggio arrosto. Ci è piaciuto così tanto l’oscypek che nei compriamo sei da grigliare a casa (20 Zl, 4.50 Eu), anche se l’aroma che lascerà in valigia resterà per sempre.
Dopo la cena volante, andiamo in uno degli angoli della piazza dove c’è la pasticceria Harlekin per assaggiare le sue torte che pare siano magnifiche, ma sono le 22:00 e sta chiudendo: niente da fare! Qua è sempre più chiaro che ci tocca tornare a Cracovia…
Alla fine chiudiamo i nostri giri da Nowa Prowincja, che di “nuowo” ha solo il nome: è un altro locale in stile vintage (l’ennesimo, si può dire?) con i muri scarabocchiati e i divani rotti. Sempre alternativo, eh! Però – per dirla tutta – dopo un po’ mi fa le stesso effetto che fa la musica balcanica a Elio e le Storie tese: avete presente? 😉 Comunque, anche qui tutto “fai da te”: ordini e poi ti chiamano con una campanella, così al nostro tavolo mi servo una crema brulé, un toast e due birre medie (32 Zl, 7.25 Eu).
Riprendiamo l’ultimo tram in direzione hotel e chiudiamo la giornata e il viaggio con un pizzico di amaro in bocca per le occasioni mancate: la prossima volta a Cracovia si prenota tutto prima, anche i ristoranti! 😉

Quanto abbiamo camminato oggi? 10,6 km

10/12 Cracovia – Roma

Sono stati giorni movimentati, ci siamo spostati e abbiamo dovuto organizzare un po’ di cose per le escursioni fuori Cracovia perciò, seppure con mezza giornata a disposizione, oggi abbiamo deciso di dedicarla al relax e a ritmi meno frenetici.
Quindi al risveglio ci prendiamo un lungo momento per goderci l’ultima favolosa colazione del Niebieski, rifacciamo le valigie e chiamiamo direttamente Uber per andare in aeroporto in anticipo e fare lì le ultime compere: in particolare vogliamo cercare quel liquore alla ciliegia che ci è piaciuto molto, e non potendo imbarcare la bottiglia dobbiamo acquistarla dopo aver superato i controlli di sicurezza.
Abbiamo ancora 50 Zl (11.30 Eu) da spendere e alla fine li investiremo tutti in questa bottiglia, un succo di mirtilli bio e una confezione di salamini polacchi. Ormai è chiaro: in Polonia abbiamo un buon potere di acquisto, alla fine ho pagato solo due cene e i souvenir con carta di credito ma per tutto il resto del soggiorno sono bastati i 500 zloty cambiati all’inizio. Anzi, ne sono bastati 450 visto che gli ultimi li abbiamo spesi in aeroporto per non cambiarli di nuovo.
Purtroppo, nonostante l’anticipo e il check-in online, Ryanair ci fa il solito scherzetto dei “primi 90” all’imbarco per cui ci stivano il bagaglio a mano e siamo costretti ad attenderlo sul nastro di Ciampino.
Poco male, non ci vorrà molto e riempiremo l’attesa con le prime riflessioni e un bilancio che già si delineava ieri sera: Cracovia è proprio bella! Piena di storia, cultura, chiese, monumenti. Ci sono tante cose belle da vedere e interessanti da scoprire, si mangia molto bene e prima o poi ci torneremo. L’abbiamo vista in un periodo dell’anno particolare, con la neve e i mercatini di Natale, ma sicuramente in primavera, con il sole, il cielo azzurro e i parchi in fiore diventerà ancora più bella.
Arrivederci Krakow 😉

Ma alla fine, quanto abbiamo camminato? 41,3 km

Note
Hotel prenotato su Booking
Guida di riferimento: Cracovia di Lonely Planet
Libro letto su Kindle: Anus Mundi – Cinque anni ad Auschwitz-Birkenau di Wieslaw Kielar

Diario di viaggio in Andalusia: Granada, Cordoba, Ronda e Malaga

Diario di viaggio in Andalusia: Granada e Alhambra, Cordoba, Malaga e Ronda
Ronda, Granada e Cordoba: istanti di viaggio.

Si torna in Andalusia per vedere altre città, dopo il viaggio del 2013 tra Siviglia, Gibilterra e Cadice, questa volta arriveremo a Granada, Cordoba, Ronda e Malaga.

03/10 Roma – Malaga – Granada (172 km)

Partiamo da casa all’alba e nonostante ciò, il solito micro-tamponamento idiota sulla SS148, ci rallenta e brucia il margine di anticipo calcolato per arrivare in aeroporto. Dopo aver abbandonato frettolosamente la macchina al parcheggio AltaQuota2 (6 giorni, 21 Euro) arriviamo a Fiumicino giusto in tempo per imbarcare un bagaglio e fare il check-in, l’aereo decollerà alle 10:30.
Il volo a/r Alitalia per Malaga è stato comprato il 13 Agosto sul portale viaggi di American Express (181 Euro). I servizi a terra e a bordo (quotidiani gratis e snack) – a parte le divise da elfo – sembra stiano migliorando, speriamo sia la volta buona per la nostra compagnia di bandiera.
Dopo due ore di volo passate a sonnecchiare e leggere, sbarchiamo, recuperiamo la valigia e seguiamo i grandi adesivi a terra che indicano il percorso per raggiungere gli sportelli dei noleggi auto. La nostra macchina l’abbiamo prenotata sul sito Alamo ed è una Peugeot 308 nuova di zecca con cruise control, chilometri illimitati, pieno di benzina e GPS, per una spesa di 222 Euro.
Una volta azzerato il contachilometri studiamo il percorso e puntiamo dritti su Granada anche se nel tragitto abbiamo programmato una fermata al mare, a Nerja.
Però, prima di procedere con la narrazione, vorrei mettere in risalto una informazione fondamentale per questo viaggio, che sarà sicuramente molto cercata: come comprare i biglietti per l’Alhambra di Granada.
Da quanto ho visto è un argomento dibattuto in rete e c’è molta confusione sul metodo migliore, quindi vorrei dare dei consigli semplici e chiari a chi intende fare questo viaggio e troverà il mio blog durante le ricerche.
Il complesso dell’Alhambra ha da tempo gli ingressi limitati, quindi bisogna prenotare il giorno e l’orario esatti della propria visita. E per spuntare il prezzo-base di 14 Euro conviene giocare d’anticipo, anche di alcuni mesi!
Se poi pensate di rischiare lo stesso e provare l’acquisto direttamente in biglietteria nel giorno della visita, sappiate che anche mettendovi in coda all’alba rischiereste di non entrare; quindi organizzatevi bene, è meglio non improvvisare.
Acquistare su internet i biglietti per l’Alhambra non è facile, perché in rete c’è una marea di siti non ufficiali che organizzano visite guidate di gruppo e individuali, e hanno (ovviamente) prezzi maggiorati: da 42 a oltre 100 Euro a persona. E comunque, anche se siete disposti a spendere di più, al momento della prenotazione vi sarà in ogni caso chiesto in quale giorno vorrete effettuare la visita. Dopo aver fissato il giorno bisognerà scegliere la fascia oraria e vedere se tutto coincide con le date del vostro soggiorno. Questi siti sono tour operator autorizzati alla vendita dei biglietti e le loro disponibilità possono variare: per le date del mio viaggio un sito aveva posti liberi a partire dal 6 Ottobre, un altro invece dall’11. Due opzioni impossibili visto che avevamo programmato di lasciare Granada il 6.
Alla fine, dopo tante ricerche e confronti, sento di consigliare queste due soluzioni per comprare i biglietti dell’Alhambra.
1) Acquistare da questo canale ufficiale come suggerito sul sito del Patronato per avere un biglietto senza fronzoli e senza grandi maggiorazioni di prezzo (io non ho completato l’ordine perché, con otto giorni di anticipo, non c’era disponibilità durante le date del mio soggiorno. La prima data utile era distante due settimane!)
2) Come si è capito, stavamo seriamente correndo il rischio di non entrare all’Alhambra quando è arrivata l’illuminazione della Granada Card! Un pass multiservizi come ce ne sono in tante città turistiche. Il pass è valido 3 o 5 giorni, include l’accesso ad alcune importanti attrazioni della città, viaggi in bus e, ovviamente, l’ingresso al complesso dell’Alhambra e Generalife.
Costa 33.50 Euro ma vale la pena perché praticamente assicura l’entrata alla fortezza: durante l’acquisto ho selezionato la data della visita e la disponibilità era molto più ampia di tutti gli altri siti. I pass si possono acquistare online e ritirare in diversi punti della città.
Ok, il capitolo “biglietti Alhambra” per ora è finito, lo riprenderò più avanti con altri dettagli. Ora ricominciamo il viaggio da dove eravamo rimasti 😉
Allora, eravamo in marcia verso Granada quando, dopo un’ora e 70 chilometri di strada, abbiamo deciso di fermarci un attimo a Nerja. Giusto un’oretta, il tempo di sgranchire le gambe, mangiare il primo panino chorizo y queso, e affacciarci allo splendido Balcon de Europa, un belvedere a strapiombo sul mare da cui si gode un panorama spettacolare. Ci sono 30 gradi e sarebbe bello fare un tuffo nella sottostante Playa Calahonda, anche perché l’acqua è bellissima, ma dobbiamo riprendere la strada e raggiungere la destinazione finale.
La stanchezza inizia a farsi sentire e per arrivare a Granada c’è bisogno di lucidità e concentrazione perché ci sono tante ZTL e corsie preferenziali da tenere d’occhio. Ci aveva avvisato l’hotel, ce l’hanno confermato al box del noleggio: se a Granada non prendi multe sei un “campeon” 🙂
Entriamo in città ed effettivamente è complicato districarsi, il nostro hotel è nel cuore del centro storico e dobbiamo raggiungere il parcheggio convenzionato.
Ora un consiglio: se andrete in Andalusia in macchina considerate la questione “parcheggi”, non solo a Granada. In strada è praticamente impossibile lasciare l’auto. Gli hotel non hanno quasi mai il proprio parcheggio, se ce l’hanno è a pagamento oppure offrono tariffe riservate presso box di terzi. Quindi troverete sicuramente dove lasciare l’auto ma, nel preparare il budget di viaggio, dovrete considerare che un posto macchina può costare fino a 25 Euro al giorno! Questa è una costante che abbiamo riscontrato in tutte le località visitate, anche durante il primo viaggio in Andalusia. Il nostro Khu Hotel offre una tariffa speciale da 15 euro al giorno e decidiamo di lasciare la macchina, perché usarla per spostarsi in città è solo fonte di stress.
Sono le 18:30 quando arriviamo in Plaza Bib Rambla, importante piazzetta storica e piena di locali su cui affaccia il nostro albergo. Facciamo check-in, lasciamo le valigie, scegliamo dove cenare e siamo subito fuori per raggiungere Navas, la strada dei tapas bar consigliata dalla receptionist. Una volta sul posto constatiamo che è il tipo di strada che non preferiamo, con tanti turisti e ancora più camerieri che invitano a entrare. Quindi cerchiamo con TripAdvisor qualcosa di più “isolato” e genuino, così finiamo da Rosario Varela. Locale molto accogliente, ben arredato, in legno e armonico nell’unire stili diversi. Ordiniamo due pinte di birra che ci vengono servite con jamon iberico, zucchine e formaggio, e un’altra con acciuga e salmorejo (salsa a base di pomodoro, aglio, pane duro e olio extravergine di oliva). Poi i piatti forti: jamon iberico con pane, aglio e pomodori gratinati; e hamburger con purè di patate e mostarda. Spesa totale 24 Euro, una buona cena per iniziare questa nuova avventura in Andalusia. Ma la giornata non è finita: sulla strada del ritorno in hotel mi accorgo di non avere più il telefono! Scatta lo stesso panico vissuto durante il viaggio in Cambogia, quando sparì il portafoglio. Durante il ritorno di corsa verso il ristorante ho immaginato gli scenari più tremendi ed ero già pronto a innescare le procedure di emergenza per bloccare il telefono e avvisare i contatti. Ma il mio ricordo del Rosario Varela sarà ancora migliore: una volta rientrato nel locale il barista non mi ha neanche dato il tempo di fare una domanda, ha direttamente tirato fuori il telefono da sotto il bancone. Molto onesti, meritano una bella recensione su TripAdvisor anche per questo motivo 😉

Quanto abbiamo camminato oggi? 5,3 km

04/10 Granada

Il bello di stare nel centro storico è che hai tutto a portata di mano, per esempio anche un bel forno che vende prodotti tipici da saccheggiare al mattino.
Tra uno sbadiglio e l’altro prendiamo un paio di brioche: un lazo de almendra, a base di mandorle e una pastel de manzana, con mele, poi qualche pestinos cannella e miele, e perrunas cannella e mandorle.
Carichi di zuccheri, ci spostiamo verso Plaza del Carmen, sede del municipio e dell’ufficio turistico dove ritirare la nostra Granada Card (aperto tutti i giorni, chiude alle 20:00 tranne la domenica, alle 14:00).
Ci danno un pratico kit con mappa, istruzioni, orari e ovviamente la tessera che ci ha permesso in extremis di assicurarci l’ingresso all’Alhambra. Ora sì che possiamo iniziare a visitare la città!
La prima tappa, inclusa nella Granada Card, è la visita della Capilla Real e della Cattedrale. Le due strutture sono adiacenti, incastonate nelle mura storiche e isolate dal traffico, sembra di fare un salto indietro nel tempo quando si entra nel perimetro del complesso religioso. Anche il vecchio municipio, con la sua facciata decorata, e la madrasa – l’antica scuola coranica – sono all’interno della stessa area e tutti riuniti in pochi metri quadrati.
La cattedrale di Granada è un trionfo di barocco e gotico, una commistione di stili piuttosto frequente nei grandi edifici religiosi completati in epoche diverse; notevole il maestoso organo a canne. Ma la Capilla Real, decisamente più piccola, merita ancora maggior attenzione perché è la sede dei sepolcri dei Re Cattolici Ferdinando e Isabella (quelli che hanno unificato la corona spagnola e finanziato Cristoforo Colombo, per intenderci), Filippo II e Giovanna (detta La Pazza). I loro sarcofaghi di modesto piombo sono situati sotto una pala d’altare decoratissima, a cui si accede da una cancellata in ferro battuto altrettanto elaborata con scene evangeliche scolpite e riccamente dipinte nei dettagli. Bella anche la sacrestia-museo con opere del Perugino e Botticelli, quando si parla di arte la mano italiana non manca mai.
Dopo la scorpacciata artistica è il momento di riempire anche lo stomaco, quindi torniamo sulla grande Calle Reyes Católicos e al civico 39 ci fermiamo dallo storico Lopez Mezquita dove spendiamo 5.80 Euro per un’empanadas con carne, datteri e bacon; e una pastella moruna ripiena di pollo in stile arabo con pinoli, ricoperta di cannella e zucchero a velo. Sapori decisi e agrodolci che abbiamo gustato seduti sul fresco sagrato di una piazzetta adiacente la cattedrale.
Prima della prossima tappa ci fermiamo da Medievo per comprare the e tisane (11 Euro) e poi prendiamo il mini-bus C2 per raggiungere il Mirador San Nicolas, un belvedere posto in cima al quartiere arabo Albaycin da cui si può ammirare l’intero complesso dell’Alhambra. Ci fermiamo ad ammirare il panorama, scattiamo delle foto spettacolari per noi e per inserire Granada nella nostra gallery su Instagram, e poi iniziamo la discesa perdendoci letteralmente nel dedalo di vicoli bianchi che caratterizza la collina. Entriamo in cortili freschi, visitiamo un paio di piccole chiese e ci fermiamo a riposare nel rilassante giardino della moschea. Durante i nostri giri abbiamo sempre l’imponente struttura dell’Alhambra che ci scruta dalla collina antistante e cambia colore man mano che cala il sole.
La nostra discesa finisce su Calle Darro, che costeggia l’omonimo fiumiciattolo e che percorriamo fino alla congiunzione con Plaza Nueva e il centro città. Guardiamo uno spettacolo di flamenco (molto) improvvisato da artiste di strada e rientriamo in hotel, non prima di aver acquistato la colazione del giorno dopo, visto che dobbiamo svegliarci presto per entrare all’Alhambra all’ora stabilita sui nostri biglietti. Nessun problema, quando si tratta di mangiare siamo sempre ben organizzati e impieghiamo pochissimo a raggiungere il nostro forno per una scorta di pastas de almendra, cookies di nocciole e palmeritas, ventagli di pasta sfoglia zuccherata.
Poi, tanto per non smentirci, restiamo in hotel il tempo necessario per lasciare gli zaini e cercare un ristorante per cena. Abbiamo intenzione di fare una cena etnica visto che la città ha una storia importante condivisa con la cultura araba, quindi la nostra (seconda) scelta ricade sul libanese Samarkanda (la prima era chiusa!), situato alle pendici dell’Albaycin subito dietro Plaza Nueva, zona da vedere anche per i numerosi negozietti di artigianato e teterie dove si possono gustare pasticcini e fumare narghilè con miscele di tabacco profumatissimo. Ma torniamo a Samarkanda: purtroppo le aspettative sono alte e non del tutto soddisfatte. Abbiamo ordinato birra San Miguel e Alhambra in attesa del mutabal, melanzane arrosto con crema di sesamo; e i falafel, polpette fritte di legumi. Le portate principali, invece, consistevano in un barbecue di agnello accompagnato da riso e verdure; e kafta, polpette di manzo con prezzemolo, cipolla e spezie, accompagnate da patate e crema di sesamo. Come anticipavo, purtroppo, resterà una cena abbastanza anonima, senza un guizzo vincente, una nota di gusto da ricordare. Abbiamo speso 35.75 Euro, cifra contenuta che in ogni modo resterà la maggiore del viaggio.
Chiudiamo la giornata con l’ultima passeggiata verso l’hotel, oggi abbiamo visto l’Alhambra da lontano ma domani è il grande giorno del nostro ingresso!

Quanto abbiamo camminato oggi? 8,4 km

05/10 Granada

Sveglia puntata alle 07:00, non si scherza con i tempi. I biglietti dell’Alhambra di Granada sono divisi in due fasce orarie, una diurna (dalle 08:30 alle 14:00) e una pomeridiana (dalle 14:00 alle 20:00, alle 18:00 d’inverno).
Come spiegato all’inizio di questo post, durante l’acquisto del biglietto è possibile scegliere la data di ingresso, la fascia oraria e anche l’ora di accesso al complesso dei Palazzi Nazaries, il cuore dell’Alhambra. Per noi la scelta è stata tutta obbligata dalla poca disponibilità di biglietti, quindi ingresso diurno e accesso ai palazzi alle 09:00. In pratica abbiamo giusto il tempo per entrare e raggiungere subito i varchi per i Palazzi: non si transige sugli orari. Se non accedete all’ora stabilita perderete la possibilità di vedere il meglio dell’Alhambra!
Alle 08:00 siamo nel cuore di Granada, in Plaza Isabela Catolica, per prendere il bus C3 che ci porterà in cima, dove arriviamo puntualissimi per entrare nel Palacio Nazaries, la residenza dei sultani musulmani meglio conservata del mondo.
Già pochi metri dopo l’ingresso veniamo ripagati delle tribolazioni patite per trovare i biglietti: dal Patio de Arrayanes a quello dei Leoni, restiamo ammutoliti ad ammirare gli stucchi, le decorazioni dei soffitti, le maioliche colorate, gli archi e le inscrizioni su pietra e legno. Tutto è armonioso e trasmette una sensazione di pace e benessere, sembra di essere in una fiaba, in una delle storie narrate da Washington Irving che proprio in queste sale ha scritto i suoi celebri Racconti dell’Alhambra. Nonostante i gruppi di visitatori, sembra che il tempo sia fermo in un’epoca lontana; seguiamo il nostro percorso attraverso atri, corridoi e grandi stanze, fermandoci a fotografare i marmi bianchi e gli specchi d’acqua che alimentano piccoli canali che attraversano le stanze, donando a ognuna una rilassante colonna sonora naturale. Verso la fine del percorso sostiamo a godere il panorama dalla veranda in legno che affaccia sulle case bianche inerpicate sull’antistante collina dell’Albaycin, così riconosciamo il belvedere dove eravamo ieri per fotografare la fortezza che oggi ci sta rivelando il meglio di sé.
Dopo la visita dei Palazzi facciamo una pausa per sgranocchiare la nostra colazione al sacco e proseguiamo verso l’Alcazaba e il rinascimentale palazzo Carlo V. Ora va detto: questi ultimi due ambienti sono accessibili anche gratis ma non sono neppure lontanamente paragonabili a quello che è celato dietro le mura dei sultani. Entriamo nel museo dell’Alhambra e quando usciamo sono le 12:30, giusto in tempo per salire sulla Torre della Vela per un’ultima foto panoramica scattata dalla sommità della fortezza e poi ci avviamo verso il Generalife.
Ci godiamo una lunga passeggiata nel parco estivo dei sultani e poi dei reali spagnoli, ci nascondiamo all’ombra delle siepi fittissime e ben curate, ci rinfreschiamo con l’acqua delle fontane che scorre addirittura lungo i corrimano delle scale che portano da una terrazza all’altra e alle 14:00 torniamo verso l’Alcazaba per scendere di nuovo in città, stavolta senza bus. Abbiamo deciso di rientrare passando per la Porta della Justicia e seguire il percorso pedonale attraverso il bosco rigoglioso di faggi, castagni e ancora vasche d’acqua, voluto dai sovrani cattolici a ridosso della fortezza per rendere più bella quella che fino al XV secolo era solo un’arida collina.
Una volta finito il sentiero ci fermiamo nel piccolo ristorante della Pension Landazuri per uno spuntino veloce. Molto caratteristico, tranquillo, senza turisti, con belle pareti maiolicate, vegetazione interna e tavoli e sedie decorati con motivi floreali. Ordiniamo una tortilla de patatas e un boccadillo con jamon serrano (7.80 Eu) recuperiamo le forze e poi ci lanciamo nel solito e sfrenato shopping dell’ultimo giorno. E sì, dopo aver valutato, sondato, memorizzato gli articoli e i prezzi migliori, andiamo a colpo sicuro lungo via Caldereria Vieja, alle pendici dell’Albaycin, poi lungo il perimetro della cattedrale e infine proprio sulla piazza Bib Rambla dove c’è il nostro hotel.
I prezzi sono accessibili ovunque senza grandi differenze, forse sono un tantino più costosi lungo il Darro, e gli articoli per quanto interessanti sono bene o male sempre gli stessi. Noi compriamo le immancabili calamite, ventagli, t-shirt, borsellini in cuoio, ampolline porta essenze, specchietti cosmetici, agendine, shottini e ci portiamo a casa anche un coloratissimo servizio da the con bicchierini in stile arabo.
Saliamo in stanza a lasciare lo spesone e a indossare il costume. Sì, perché dopo la sfacchinata arriva il momento del relax e lo faremo proprio in stile andaluso: due ore nell’hammam Al Andalus (biglietto comprato online, 32 Euro invece di 40 incluso un massaggio gratis), il più bello di Granada. Tutto è ben organizzato: dal ricevimento all’atmosfera, ogni ambiente è silenzioso, profumato, caldo e accogliente. Anche qui gli ingressi sono limitati per fasce orarie in modo da non causare affollamento, ci sono 4 piscine (due calde, una tiepida e una fredda) per il percorso romano, e poi sauna e hammam per espellere le tossine. Scegliamo i nostri balsami per il massaggio e ci immergiamo in questa esperienza bisbigliata, meditativa. Quando torniamo alla luce del sole siamo come nuovi e – che novità! – abbiamo una gran fame!
Ma siamo stati bravissimi, viste le ottime recensioni trovate su TripAdvisor abbiamo prenotato con un giorno di anticipo la nostra ultima cena granadina da El Quinteto, e occhio al consiglio perché proprio qui a Granada abbiamo vissuto la miglior esperienza gastronomica del viaggio, la più equilibrata di tutte. Locale non troppo grande, personale molto gentile, stile deciso ed essenziale, ci sediamo al nostro tavolo alto con comodi sgabelli e ordiniamo: due pinte di birra servite insieme a una tapas con gamberi fritti su insalata russa, poi un templado de remojon granadino, un piatto tipico di origini arabe a base di filetto di baccalà servito su insalata a base di arancia, olive nere, cipolla, pomodoro e patate: una vera delizia. Ma non solo, perché ci abbiamo aggiunto anche involtini di pollo fritto con bacon e funghi e il croqueton di verdure, delle grandi crocchette fritte – tipiche anche queste – in versione vegetariana (di solito sono a base di baccalà o coda di toro.)
Abbiamo speso solo 24.20 Euro e non poteva esserci un congedo migliore da Granada, uno di quei posti in Europa da visitare almeno una volta nella vita.

Quanto abbiamo camminato oggi? 10,4 km

06/10 Granada – Cordoba (200 km)

Dopo tre giorni di passeggiate siamo pronti a riprendere la strada verso la nostra prossima destinazione.
Facciamo check-out, ritiriamo l’auto dal parcheggio San Agustin alle 12:00 e salutiamo Granada per metterci in marcia verso Cordoba, che raggiungeremo dopo due ore e mezzo attraverso paesaggi semi-desertici.
Il nostro hotel NH Cordoba Califa è facile da individuare, quindi impieghiamo pochissimo tempo a parcheggiare (14 Eu/giorno), fare check-in e tuffarci nei vicoli della Juderia per percorrere i 700 metri che ci separano dalla Mezquita.
L’antica cattedrale vista da fuori sembra più una fortezza che un luogo di culto, noi per contemplarla meglio prima di entrare ci siamo fermati alla Taberna Bar Santos, istituzione assoluta per provare la tortilla de patata più famosa della città. La frittata preferita dagli spagnoli è ben in vista sul bancone, all’inizio pensavamo fossero delle caciotte e invece no! Erano proprio enormi frittate di patate da tagliare a fette, e noi l’abbiamo accompagnata con del buon jamon serrano (6.50 Eu).
Bene, a pancia piena si gusta meglio una visita. Entriamo da un ingresso secondario e attraversiamo il Patio degli Aranci fino alla biglietteria (ingresso 8 Euro e mappa in italiano), poi finalmente varchiamo la soglia dell’attrazione principale della città: la Mezquita-Catedral, nota in tutto il mondo per l’interno decorato con centinaia di colonne e archi con la doppia campata bicolore, di pietra bianca e rossa.
Lo stile unico di questo edificio fonde culture, storie, religioni e al suo interno si respira un’aria mistica che travalica le sensazioni personali. Siamo in estasi mentre cerchiamo sulla mappa e sulla guida i significati di quanto stiamo vedendo, dalle cappelle cattoliche al mihrab islamico. Tutto avviene sotto questa selva di archi che avevamo visto in tante foto e che finalmente sono davanti a noi, in tutto il loro splendore, tra giochi di luce e prospettive insolite. La cultura e l’architettura mudéjar, uno stile unico che ha miscelato in maniera sapiente tecniche costruttive islamiche e cristiane, anche qui ha lasciato i suoi segni in maniera armoniosa, dimostrando come il culto di un dio possa avvenire pacificamente, anche con la trasformazione degli spazi destinati alla preghiera: la cattedrale era difatti una moschea prima di divenire luogo di culto cristiano. Ed è qui la forza della Mezquita, nella convivenza della memoria.
Alle 17:30 usciamo dall’edificio e proseguiamo verso l’Alcazar. La fortezza non è neanche paragonabile alla sua collega omonima vista durante il viaggio a Siviglia, ma vale una visita: prima però ci affacciamo a scattare un paio di foto al ponte romano sul Guadalquivir. L’ingresso al palazzo costa 4.50 Euro ed è una spesa giustificata in particolare per i suoi giardini, davvero ben curati, con vasche che ospitano carpe enormi, aiuole colorate da una grande varietà di fiori e alberi ombrosi vicini alle panche di marmo che costeggiano un lungo fontanile. Visto il numero esiguo di visitatori e il clima incantevole, non manchiamo di prendere la nostra meritata siesta prima di accedere alle sale reali. Ribadisco: i giardini valgono il biglietto, le sale meno, se si eccettua la collezione di mosaici romani ritrovati nel 1959 durante uno scavo in centro città. Sono molto grandi e impressionanti per qualità di conservazione e precisione. Infine saliamo sulla torre più alta per ammirare il panorama e notare quanto la torre campanaria della Mezquita sia effettivamente molto somigliante alla famosa Giralda di Siviglia che l’ha ispirata.
Come sempre, dopo i giri dedicati alla cultura, non dimentichiamo di abbassare il livello e tuffarci nel solito shopping turistico a base di dolci tipici presso Sabor de Espana, e souvenir nei tanti negozietti che riempiono i vicoli bianchi della Juderia, l’antico quartiere ebraico di Cordoba. E siccome è proprio qui che ceneremo, ci mettiamo alla ricerca di Casa Mazal, il locale scelto e prenotato tramite TheFork.
Ci districhiamo tra scorci bellissimi, di fioriere rigogliose appese su muri candidi, e patii caratteristici che invitano a entrare. E proprio un patio andaluso ci accoglie nel ristorante prescelto, dove troviamo due musicisti che con chitarra acustica e violoncello suonano dal vivo per i clienti. L’atmosfera è soffusa, a lume di candele e, soprattutto, senza amplificazione e flamenchi indiavolati, un vero piacere. La prenotazione online ci dà diritto al 40% di sconto (escluse bevande e dolci) in un ristorante di ottimo livello, quindi prendiamo posto e per iniziare scegliamo la loro specialità: bastoncini di melanzana fritta, serviti con miele di canna  e semi di papavero; poi insalata di pollo croccante con arancia e pinzimonio di senape e miele, e per finire un bel cous cous con confit di agnello e verdure. Per mandare giù tutto questo bendiddio ci siamo fatti dare una mano da un Beronia rueda (bianco), crianza (rosso) e rosado (rosè), per un totale di 31.80 Euro (invece di 45.40).
La sera è dolce, rientriamo verso l’hotel dopo un’altra giornata piena di meraviglie e la concludiamo fuori il nostro terrazzo da cui godiamo un’esclusiva vista del campanile della Mezquita.

Quanto abbiamo camminato oggi? 6 km

07/10 Cordoba – Ronda (172 km)

Il nostro secondo viaggio in Andalusia non è ancora finito. Abbiamo un’altra tappa da percorrere e così alle 12:00 ripartiamo in macchina, stavolta per salire un po’ di quota e raggiungere Ronda dopo altri chilometri percorsi tra strade aride e campi di cotone. Nella parte finale del tragitto si rallenta molto perché ci sono diversi tornanti da affrontare, quindi arriviamo alle 15:30 all’Hotel Maestranza, l’albergo che abbiamo decretato il migliore del viaggio. Ottima accoglienza, parcheggio privato al prezzo più basso dei precedenti (11 Euro/giorno), stanza enorme, con salottino, bagno con jacuzzi e il menù dei cuscini per un sonno di altissima qualità. Bravi.
Siamo in pieno centro, Ronda è piccolina, ha 35.000 abitanti, quindi ce la prendiamo comoda e riusciamo a vedere tutto quello che c’è da vedere: partiamo dall’antistante Plaza de Toros, passiamo sul Ponte Nuevo e proseguiamo verso il Ponte Vecchio e quello Arabo, che attraversiamo per raggiungere il belvedere dei giardini del Re Moro. Un’altra passeggiata molto bella, attraverso un borgo antico molto curato, che completiamo con un po’ di shopping lungo Calle Carrera Espinele. Ok, la parte facile è finita, passiamo a quella più avventurosa che è strettamente collegata alla domanda: cosa c’è da vedere a Ronda? Risposta facile: El Tajo, il taglio.
In pratica Ronda è posta su un pianoro alto 200 metri rispetto alla valle e il tessuto urbano è letteralmente spaccato in due da una profonda fenditura nella roccia, nel mezzo del quale scorre un torrente con annessa cascata che, insieme alle campate del Ponte Nuovo alte 160 metri, incornicia uno scenario mozzafiato. Però per godere della vista tipica di Ronda e comprendere pienamente le dimensioni del Tajo, la prospettiva migliore non è quella dei punti di osservazione che partono dal centro città e seguono i percorsi guidati, bisogna spostarsi proprio sull’altro versante e percorrere un sentiero sterrato. Solo da qui avrete la vista d’insieme che ha reso Ronda famosa in tutto il mondo, vale la pena fare la scarpinata perché la fatica viene ampiamente ripagata dalle foto che vi resteranno come ricordo, decisamente il miglior souvenir disponibile a Ronda.
Il tramonto si avvicina, i colori si infiammano e un bel venticello fresco ci spinge a risalire verso il centro abitato e, soprattutto, stimola la fame! Dopo gli ultimi, eccellenti pasti con portate principali, stasera abbiamo voglia di tapas e quindi selezioniamo un locale specializzato per cenare con tanti sfizi e assaggi diversi. Così finiamo da Entrevinos, piccolino e caratteristico, dove ordiniamo un numero impressionante di tapas, che elenco senza contare i bis: jamon iberico, formaggio semi stagionato, spiedino di cervo, mini hamburger di vitello con paté di fegato, salsiccia di Ronda cotta nel vino, bocconcino di maiale con roquefort, baccalà affumicato con gazpacho, salsiccia al vino, spiedino magro d’anatra e formaggio di capra. Tutto accompagnato da 4 birre per una spesa di soli 20 Euro! Era tutto molto buono e se proprio dobbiamo consigliare qualcosa in particolare, non perdete la salsiccia di Ronda, il baccalà e pure il tenero Bambi non era male 😛
Dopo questo gran pieno c’è bisogno di una bella passeggiata digestiva e la facciamo nella villa comunale di fronte all’hotel, in attesa di goderci la nostra super camera piena di comfort: l’ideale dopo una giornata di macchina, di scarpinate, di sole e polvere che ci ha lasciato stanchi e accaldati ma sorridenti. Sì, Ronda non sarà celebre come Granada, Cordoba, Siviglia, Madrid, Barcellona e altre città spagnole, ma merita decisamente una visita!

Quanto abbiamo camminato oggi? 7 km

08/10 Ronda – Malaga (102 km)

Oggi è l’ultimo giorno on the road ma prima facciamo ancora un giro in centro per comprare delle paste fresche e fare una bella colazione in camera in vista della partenza.
La tappa di oggi è la più breve, solo un centinaio di chilometri che sfilano via in un paio d’ore. Quando abbiamo prenotato l’auto online abbiamo programmato tutto per bene: ritiro in aeroporto ma riconsegna in stazione, così abbiamo impostato il navigatore sulla stazione María Zambrano e praticamente ci siamo “accompagnati” in pieno centro e a due passi dal nostro hotel, scelto strategicamente. Così, dopo 6 giorni e 646 chilometri, riempiamo il serbatoio (33 Euro, gasolio a 1,08 Eu/litro) e restituiamo la nostra Peugeot 308.
L’Hotel Guadalmedina è su un grande canale che divide in due Malaga, in una posizione perfetta per visitare la città. Restiamo in stanza il tempo necessario per lasciare i bagagli, renderci conto che stasera ci aspettano sei metri quadrati di letto e raccogliere informazioni per le prossime escursioni. Poi siamo subito in strada per visitare il centro storico, la cattedrale, il teatro romano e l’adiacente Alcazaba.
Ora non me ne vogliamo i fan di Malaga se sarò sbrigativo ma… chiudere questo viaggio qui, dopo le meraviglie viste nei giorni scorsi, è stato un po’ deludente. Diciamo che Malaga è diversamente bella 😉
Siamo entrati nell’Alcazaba (2.20 Euro, e già il prezzo la dice lunga…), abbiamo ritirato la mappa in italiano e constatato che forse pompano un po’ troppo pretenziosamente questa attrazione, osando addirittura un paragone con l’Alhambra, sacrilegio! Il confronto è impietoso, meglio introdurre il palazzo più modestamente e non generare grandi aspettative soprattutto per chi ha già visitato Granada. Ci sono un paio di ingressi interessanti, un corso d’acqua che vale una foto e qualche belvedere da cui non si scorge neppure un panorama decente perché il porto di Malaga è semi-industriale: ci attraccano navi da crociera e traghetti per le isole, vero; ma ci sono anche tramogge e silos orrendi che deturpano il paesaggio. L’antico teatro romano è visibile dall’esterno, buono per un paio di scatti fotografici, come la facciata della cattedrale, la Manquita, chiamata così per via della sua torre e mezza: un torre fu completata e un’altra no per insufficienza di fondi, e così è rimasta monca.
Lasciamo il centro storico, raggiungiamo i giardini del comune, ben curati, e procediamo verso il quartiere balneare: la Malagueta. Mah! Avrà avuto sicuramente giorni migliori, presumo tra gli anni ’70 e ’80, almeno a vedere lo stile degli orrendi palazzi che affacciano sul mare. La spiaggia non è niente di che, anzi, ci sono punkabbestia che aizzano cani e si minacciano con cocci di bottiglie rotte; per questo restiamo il tempo necessario per qualche foto a uno stormo di pappagallini sporchi come la sabbia di riporto che becchettano e rientriamo verso il centro, lungo il Paseo de la Farola e il Palmeral de las Sorpresas, due moli moderni e ben attrezzati che rendono gradevole la passeggiata e salvano in corner la Malagueta.
Visto che c’è poco da vedere, dedichiamo le ultime ore del viaggio ai souvenir e al cibo, e per combinare le cose entriamo nella gastronomia Jamones Salamanca e compriamo prosciutto e formaggio da portare a casa. Dopo inizia la ricerca del locale giusto per cenare, cosa che si rivelerà complicata di sabato sera e senza una prenotazione. Le nostre scelte principali, nella zona del Teatro de Cervantes, ci hanno rispedito indietro e quindi abbiamo iniziato a vagare cercando delle alternative, armati solo di intuito e delle recensioni di TripAdvisor. Quello che ci premeva era evitare le moltissime trappole per turisti del centro storico, una missione davvero difficile! Gira e gira alla fine ci troviamo davanti alla Bodeguita El Gallo che ha richiamato la nostra attenzione, rustica al punto giusto è stata una scelta davvero fortunata per chiudere in bellezza il viaggio in Andalusia e il soggiorno a Malaga, perché abbiamo mangiato benissimo: due San Miguel, la birra di Malaga, polpette in salsa di mandorle, lombatina di maiale al whiskey e per finire flamenquines di manzo con formaggio e prosciutto, e crocchette con coda di toro.
Spendiamo 34.20 Euro e torniamo in hotel soddisfatti, il miglior ricordo di Malaga sarà proprio questa cena! 😉

Quanto abbiamo camminato oggi? 13 km.

09/10 Malaga – Roma

L’ultimo giorno c’è sempre molto poco da dire, abbiamo fatto una gran colazione sì. Però basta con la descrizione delle cose da mangiare! 🙂
Piuttosto voglio lasciare le istruzioni per raggiungere l’aeroporto di Malaga e le impressioni finali di questo viaggio.
Allora, dalla stazione centrale Maria Zambrano bisogna prendere la metro leggera C1 e con 10 minuti di tragitto e una spesa di 1.80 Euro arriverete a destinazione.
L’Andalusia si conferma ancora una volta magnifica, da esplorare, vivere e mangiare. Tra il primo viaggio in Andalusia e questo abbiamo visto in tutto 10 località andaluse e possiamo dire che Siviglia e Granada sono una spanna sopra tutte. Cordoba le segue a ruota con la sua magnifica Mezquita. Poi c’è l’insolita Gibilterra che merita attenzione per le sue particolari condizioni british e la rocca popolata di scimmie; Cadice per il mare, insieme alle piccole Sanlucar de Barrameda, El Puerto de Santamaria e Nerja. Infine Ronda, per lo spettacolo geologico. Ne manca una? Giusto! Malaga. Be’, non si può sempre dire bene di tutto. Quindi se proprio dovessi pensare a una località andalusa dove non tornerei, s’era capito già: è proprio Malaga! 😉

Ma alla fine, quanto abbiamo camminato? 50,1 km

Note
Hotel prenotati su Booking
Guida di riferimento: Andalusia di Lonely Planet disponibile su Amazon
Libro letto su Kindle: Shantaram di Gregory David Roberts

TOP 5 Diari di viaggio: pronti a partire?

India, USA, Spagna, UK e Russia
India, USA, Spagna, UK e Russia: cinque destinazioni da non perdere!

 

Quest’anno niente ferie lunghe a settembre!

Un po’ di cambiamenti in corso nella vita privata e professionale ci costringono a programmare più partenze brevi e quindi il viaggio che avevamo in testa, subisce un rinvio. Per ora.
Stessa situazione del 2013 quando andammo in Andalusia e fu una settimana magnifica, così tanto che a distanza di tre anni stiamo per tornarci per visitare altre località di questa regione stupenda della Spagna.
Come in passato, prima di pubblicare il prossimo diario di viaggio voglio condividere quali sono i reportage più letti nell’ultimo anno.
E così, dopo la TOP 5 del 2015, arriva la nuova classifica. Qual è stato il diario di viaggio più letto?
Scopriamolo insieme…

 

Scende di tre posizioni ma resta nella TOP 5
5) Diario di viaggio a Bristol, Bath, Salisbury e Stonehenge
Avete mai pensato che in UK ci sono altre città da vedere oltre Londra?
Ecco, atterrate a Bristol e seguite questo itinerario per vedere la cattedrale di Salisbury, fare un bagno nelle terme di Bath e ammirare i dolmen di Stonehenge.

 

Guadagna un posto, una destinazione sempre desiderata. E infatti… 😉
4) Diario di viaggio in Andalusia
Quando si ha poco tempo e poco budget a disposizione l’Andalusia è sempre una grande risorsa per un viaggio all’insegna di cultura, gastronomia e paesaggi spettacolari.

 

Una new entry per il gradino più basso del podio
3) Diario di viaggio USA: Florida, Savannah, New Orleans e New York
Fly and drive perfetto per un viaggio on the road: si atterra a Miami per vedere le principali località della Florida, da Key West a Orlando. Si sconfina in Georgia per ammirare la splendida Savannah e poi si torna in Florida per percorrere la Costa Smeralda fino a New Orleans, in Lousiana. Da qui, aereo per New York e Grande Mela tutta da scoprire!

 

L’anno scorso non aveva avuto abbastanza tempo per classificarsi. Ma sapevamo che con un po’ di pazienza ce l’avrebbe fatta!
2) Diario di viaggio in India: Varanasi, Agra, Jaipur e Delhi
Mistico, spirituale, avventuroso, divertente, un viaggione indimenticabile. A noi piace miscelare i comfort e l’avventura, le località turistiche note e quelle da esplorare, così abbiamo visto il Taj Mahal ad Agra e il Chand Baori nel villaggio di Abhaneri, abbiamo navigato sul Gange, visitato i Gath di Varanasi e raggiunto la piccola Sarnath, uno dei quattro luoghi sacri del buddhismo. E poi la città rosa e i templi di Jaipur e il caos di Delhi. Da fare!

 

1) And the winner is… per la seconda volta!
Diario di viaggio a Mosca e San Pietroburgo
Ottenere il visto per la Russia non è proprio la cosa più pratica del mondo, ma una volta fatte le scartoffie vale la pena visitare almeno queste due destinazioni!
Il Cremlino, la Piazza Rossa e San Basilio a Mosca si confrontano con l’Ermitage, i palazzi e i canali di San Pietroburgo. Chi vincerà? Voi, se andate a vederli!

 

Ci rivediamo a Ottobre con il nuovo diario di viaggio dedicato all’Andalusia, questa volta toccherà alle città di Granada, Cordoba, Ronda e Malaga.

 

PS: si parla sempre dei migliori, ma vogliamo dire anche qual è il diario di viaggio meno letto? Purtroppo non è difficile immaginarlo e spiegarsi perché è stato letto solo 4 volte in un anno!
Peccato, è un luogo bellissimo. Quindi, se ora non ve la sentite di andare a Istanbul, potete sempre “leggerla” 😉