Dopo aver spiegato come organizzare un viaggio negli USA, io e mio nipote Lorenzo siamo pronti a partire. Ci aspettano tre stati (California, Arizona e Nevada), tre metropoli (San Diego, Las Vegas e Los Angeles), qualche piccola località (Yuma, Cottonwood e Flagstaff), un paio di deserti (Sonora e Mojave), la Route 66, migliaia di chilometri e il re dei paesaggi americani: il Grand Canyon. Tutto in 10 giorni. Si parte!
29/08 Roma – Los Angeles – San Diego (202 km)
Viaggiare con un nipote rivela subito un grandissimo vantaggio: i genitori ti accompagnano in aeroporto (e i nonni ti vengono a riprendere) risparmiando il viaggio in macchina, con annesso parcheggio, chiavi, navetta, ecc… molto più pratico!
Non cambia però la levataccia: per una partenza sicura seguiamo le istruzioni di Alitalia che invita i passeggeri diretti in USA a recarsi in aeroporto tre ore e mezza prima del volo. Quindi ci mettiamo in macchina a Gaeta alle 03:30 e arriviamo alle 05:00, così tanto in anticipo che – dopo aver imbarcato i bagagli – troviamo i controlli di sicurezza ancora chiusi e dobbiamo aspettare l’arrivo del personale per l’apertura.
Tutto avviene al terminal 1 e non il 5, perché il volo è Alitalia. In passato ho viaggiato per gli USA con Delta e i voli delle compagnie americane e israeliane partivano da un blindatissimo T5. In quell’occasione, presentandoci con due ore scarse di anticipo rispetto al decollo, rischiammo seriamente di non partire.
Lo stesso rischio che corriamo anche stavolta perché, mentre ci dirigiamo al gate, mi accorgo di aver perso biglietto e passaporto! Torniamo indietro, allertiamo polizia e carabinieri, frughiamo nei vassoi del controllo bagagli e solo quando ripercorriamo i movimenti precedenti, troviamo la soluzione: l’edicola!
La signora alla cassa non si era scomposta e aspettava il nostro ritorno: quando sono entrato speranzoso nel negozio ho incontrato il suo sguardo rassicurante ed è stato come avere un’apparizione mariana. Mi ha detto solo: “Ti stavo aspettando”.
Il biglietto aereo A/R per Los Angeles l’ho acquistato online sul sito Alitalia il 24 Giugno ed è costato 550 Euro a persona, incluso il bagaglio in stiva da 23 chili. Il volo fila liscio e dopo 10.500 chilometri, 12 ore e mezzo, due pasti carcerari e due film (Creed II e Aquaman), atterriamo e sbrighiamo le pratiche doganali alle colonnine automatiche e poi con gli agenti che ci identificano con foto e scansione dell’impronta digitale.
Nessun problema per ritirare i bagagli, alle 14:00 siamo finalmente fuori LAX, il grande aeroporto di Los Angeles, e prendiamo lo shuttle gratuito che collega i terminal con gli uffici dei noleggi auto. Il bus si riconosce facilmente perché è rivestito con colori e logo di Alamo, la compagnia dove ritireremo la macchina.
Il noleggio per una settimana è costato 308 Euro incluso il navigatore, prenotazione fatta l’8 Luglio online (il pagamento anticipato dava uno sconto sul prezzo finale). Al momento del check-in ho aggiunto per 54.90 dollari (49.60 Eu) una copertura assicurativa totale, senza franchigie, anche per smarrimento delle chiavi, assistenza stradale o rottura dei vetri.
Alle 15:00 ritiriamo la macchina e va in scena la solita operazione simpatia, stavolta con l’impiegato Eddie. Spiego che dobbiamo fare molti chilometri e per questo ho fatto l’assicurazione supplementare: per caso è disponibile un upgrade gratuito? 😉
Come accaduto in passato, anche Eddie ci invita a scegliere tra le macchine di categoria superiore a quella prenotata e non ci pensiamo due volte: Chevrolet Malibu bianca con 1200 miglia, tutte le comodità e tetto apribile.
Ora una parentesi importante per un viaggio on the road in USA.
Guidare la macchina è divertente, facile, ci sono strade di ogni genere e tante corsie a disposizione. Di base bisogna sapere che vanno rispettati i limiti, non si superano MAI i bus scolastici in sosta, si può girare a destra (se non espressamente vietato) anche con il semaforo rosso e la risposta alla fatidica domanda quanto costa la benzina in America? è facile: “Costa poco”.
Il prezzo può variare molto tra i vari distributori ma certamente sarà sempre più conveniente dei nostri prezzi. Per le macchine a benzina, prima di fare rifornimento, si può selezionare quella a 87 ottani, la più economica. La benzina si vende a galloni (3,78 litri).
Per calcolare un budget di viaggio, svelo subito che abbiamo percorso 1476 miglia pari a 2375 chilometri. Abbiamo fatto benzina 4 volte per un totale di 31,7 galloni (120 litri) e una spesa finale di 98.5 dollari (89.50 Eu). Quindi il costo medio di un litro di benzina è stato di 0.82 dollari (0.75 Eu), la metà rispetto a noi. Il consumo della nostra Malibu: 19,7 km/litro.
Anche per questo viaggiare in macchina in America è piacevole e conveniente.
Torniamo al viaggio: azzeriamo il contachilometri, impostiamo il navigatore, prendiamo confidenza con l’auto e restiamo concentrati per uscire dal traffico convulso di Los Angeles. Fuori ci sono 28 gradi e guidiamo senza soste fino al nostro Days Inn San Diego Hotel Circle Near SeaWorld dove arriviamo alle 18:50 dopo aver percorso 126 miglia.
Facciamo un salto in piscina per rilassarci e decidere dove cenare, la scelta ricade su Blue Water Seafood, una pescheria/grill dove ordiniamo due grandi sandwich. Uno con salmone scozzese, guacamole, chipotle e cheddar, e l’altro con tonno hawaiano. Mangiamo molto bene e ci dispiace che alle 21:00 siano in chiusura perché ci sarebbe piaciuto assaggiare qualcos’altro. Spendiamo 25 dollari (21.70 Eu) e prima di rientrare in hotel compriamo un paio di bottiglie d’acqua dal tipico negozietto di liquori aperto fino a tardi.
Siamo in piedi da 30 ore, è tempo di mettere le lancette 9 ore indietro: adesso sì che abbiamo tempo per recuperare sonno! 😉
Quanto abbiamo camminato oggi? 7,8 km
30/08 San Diego
Purtroppo il fuso ha colpito: nonostante la stanchezza ci abbia messo KO alle 22:00, mi sveglio alle 02:00 e poi a intervalli di altre due ore fino alle 06:00. A quel punto, svegli entrambi, ci alziamo per andare a fare la prima colazione americana da Denny’s.
Abbiamo tempo e fame per fare il pieno di zuccheri, proteine e grassi. Soprattutto gli ultimi, come conferma il nostro ordine: All American Slam, con toast imburrati, tre uova strapazzate con cheddar e accompagnate da bacon, salsicce e patate. Per finire abbiamo diviso un paio di pancake alla cannella conditi con panna montata e glassa calda di formaggio cremoso. Una colazione super, al prezzo di 40 dollari (36.30 Eu) che ci servirà come carica per tutta la giornata.
Torniamo in hotel, ci organizziamo e alle 11:00 usciamo di nuovo per andare verso l’Old Town di San Diego.
Arriviamo dopo pochi minuti, lasciamo la macchina in un grande parcheggio gratuito e trascorriamo le successive tre ore passeggiando tra gli edifici che costituirono il nucleo della città antica, il cuore della California che proprio qui venne fondata nel 1769.
La visita è molto interessante, si alternano costruzioni originali dell’epoca a evidenti riproduzioni che rendono l’insieme del tutto simile a un parco dei divertimenti a tema pionieristico. Ci sono figuranti in costumi dell’epoca che rendono credibile la rievocazione storica, anche i negozi e il mercatino rispettano canoni estetici e cura dei dettagli per rendere l’esperienza del turista immersiva nel passato.
La vicinanza con il Messico si sente e i souvenir hanno origine nello stato confinante: ceramiche, stampe, alimenti, sono tantissimi i prodotti con chiare influenze dei vicini di casa.
Visitiamo i piccoli musei ospitati negli edifici storici: l’ufficio dello sceriffo, la prigione, il saloon, il municipio, la posta con le diligenze, le stalle e la grande piazza centrale.
Dopo una pausa per una maxi limonata, alle 13:30 riprendiamo la macchina per andare in centro, ci aspetta il Gaslamp Quarter.
Il tragitto è breve ma ci liberiamo della macchina dopo un’ora perché incontriamo diverse difficoltà a parcheggiare: in centro ci sono moltissimi “parcheggi pubblici” a pagamento e una buona parte di questi funziona solo con carte di credito al costo di 18/20 dollari… per ora!
Quindi vale la pena perdere un po’ di tempo per trovare cifre più basse e difatti il nostro impegno viene premiato da un multipiano enorme, proprio a ridosso della 5th, la strada principale di San Diego, a solo un dollaro per ora.
Non facciamo neanche cento metri nella caratteristica 5th e ci fermiamo subito da SD Trading Co, un monomarca cittadino che fa tutto al 50% e ne approfittiamo per i primi, classici souvenir: magneti, t-shirt, shottino e palla di Natale (15 dollari, 13.65 Eu).
L’orientamento nel centro di San Diego è molto facile: le strade principali sono numerate in modo sequenziale e incrociano altre strade che sono denominate come lettere dell’alfabeto.
Dopo la pausa shopping percorriamo tutta la Quinta finché non incrociamo la E di Elm Street, da qui giriamo per salire verso il grande Balboa Park. Passeggiamo nel verde fino al ponte Cabrillo, in pietra, e lo attraversiamo per arrivare alla California Tower, sede del Museo dell’Uomo.
In cima a questa collina San Diego raccoglie gallerie, musei, orti botanici, tutto estremamente curato e vivo. Ci sono tante persone che si godono la serata che anticipa il week end e l’atmosfera è rilassata e festosa, anche grazie al Food Truck Friday: una rassegna che per cinque mesi all’anno ospita i migliori fast food di strada per tutti i gusti, dal sushi al vegano.
I profumi stuzzicano l’appetito ma resistiamo alle tentazioni e continuiamo a camminare lungo i sentieri. Dopo la salita dell’andata ci godiamo la discesa lungo l’altro versante della collina, dove ammiriamo un magnifico giardino di piante grasse prima di prendere la strada che ci riporterà in centro.
Tornati sul livello del mare ci orientiamo di nuovo e ci ritroviamo sull’11esima, da qui ci muoviamo verso la Quarta per vedere Horton Plaza, considerata il cuore del Gaslamp Quarter, e poi rientriamo sulla Quinta dove ci aspetta per cena l’esperienza del Gaslamp Strip Club, una steak house dove puoi ordinare la carne che preferisci e cucinartela da solo su delle griglie già pronte e dotate di tutti gli attrezzi e i condimenti per provetti chef.
Sulla nostra piastra finiscono una Ribeye da 4 etti e una Skirt Steak da 3, tutte e due frollate per 21 giorni, marinate in olio di oliva e aglio, e servite con Caesar salad e pane all’aglio (abbiamo grigliato pure quello!). Buonissima cena, accompagnata da Bud Light e Pepsi Cola (niente birra per l’under 21!), per una spesa finale di 54 dollari (49.10 Eu).
Non è ancora tempo di tornare in hotel, dopo cena ci spostiamo a passeggiare lungo la spettacolare baia di San Diego dove abbiamo la fortuna di trovare uno show di fuochi d’artificio sul mare, al termine di un concerto. Tra un superyacht e l’altro seguiamo il deflusso del pubblico e anche noi rientriamo verso il parcheggio arrampicandoci lungo la suggestiva scala illuminata che taglia in due l’imponente Convention Center della città.
Dopo aver raggiunto il nostro parcheggio sulla Sesta, paghiamo 14 dollari per la sosta (12.70 Eu) e torniamo in albergo.
Sono le 22:30 quando arriviamo, giusto il tempo di fare una doccia e caricare le batterie: domani si prende la strada e inizia la parte del viaggio on the road 😉
Quanto abbiamo camminato oggi? 11,8 km
31/08 San Diego – Yuma – Cottonwood (740 km)
Oggi ci aspetta la tappa più lunga del viaggio: il passaggio dalla fresca costa californiana ai paesaggi aridi dell’Arizona, sarà la nostra tappa di avvicinamento al Grand Canyon.
Prima però c’è da fare il pieno di energie dal vicino Bunz dove ordiniamo una maxi colazione con burrito, waffles, succhi d’arancia e ovviamente l’immancabile corredo di colesterolo: uova e pancetta. Aggiungiamo pane imburrato e spendiamo 35 dollari (31.80 Eu).
Adesso sì che possiamo partire, prima però torniamo nell’Old Town per acquistare alcune cose che ci erano piaciute ieri e compriamo una seconda palla di Natale e un’altra t-shirt (20 dollari, 18.10 Eu).
Sono le 10:00 quando impostiamo il navigatore e senza distrazioni puntiamo dritti Yuma, dove arriviamo giusto tre ore e 180 miglia dopo. Durante il tragitto facciamo una sola pausa per scattare foto spettacolari nel punto in cui la I-8 taglia in due delle enormi e arroventate dune di sabbia sottile e bianca.
Nonostante la temperatura sia di 41 gradi, decidiamo di fare un giro a piedi nel sonnacchioso centro storico di Yuma, località nota per la sua prigione storica e per i film western che la citano.
Percorriamo la Main Street all’ombra dei suoi porticati e troviamo condizioni abbastanza desolanti: tanti locali chiusi, polvere ovunque e qualche negozio di souvenir e bar aperti nella speranza di accogliere qualche turista. Approfittiamo dell’aria condizionata di una boutique di costosissimo abbigliamento vintage, giusto il tempo di comprare un paio di adesivi da collezione e torniamo a prendere la macchina. Prima di ripartire facciamo scorta di benzina e snack, visto che ci resta da percorrere ancora un lungo tratto desertico, dove vedremo il termometro salire fino a 45 gradi!
In prossimità di Phoenix lasciamo la I-8 per prendere strade più piccole che attraversano località minori e caratterizzano il più classico dei paesaggi lunari disseminato di caratteristici cactus Saguaro dell’Arizona: mancano solo Roadrunner e Wile E. Coyote. Beep beep!
Non facciamo altre soste fino a destinazione: alle 19:00 arriviamo al Super 8 by Windham Cottonwood e nonostante siamo abbastanza provati dalla lunga giornata in strada, dopo il check-in torniamo subito in macchina per andare a cena: siamo affamati come coyoti.
Abbiamo intenzione di mangiare messicano perché siamo nel posto giusto per farlo, quindi la prima scelta ci porta da Adriana che troviamo chiusa per lutto. Allora ci spostiamo da Concho’s, consigliato dal receptionist, che però alle 20:01 non ci fa sedere perché chiude alle 20:00. Siamo quasi disperati visto che Cottonwood non offre granché e non ha un centro specifico poiché è una località sviluppata lungo la strada che l’attraversa, e a quanto pare chiudono anche presto!
La fortuna però è dalla nostra: l’altro consiglio che abbiamo è Calavera, un ristorante messicano proprio di fronte il nostro hotel. Il locale è bellissimo, arredato molto bene (mi ricorda un altro messicano dove cenai con Federica a Page, durante il viaggio nei parchi USA) e proprio qui, sicuramente complici la fame e la sete, ci godiamo quella che sarà una delle migliori cene del viaggio: chimichanga con carne di manzo sfilacciata, fajitas e fagioli; e un enorme piatto di pollo alla piastra condito con peperoni, avocado, cipolle, piselli e pomodori, servito su un letto di riso al formaggio. Stavolta servono birra a entrambi e ne abbiamo approfittato con una doppia dose di Bud Light, necessaria per mandar giù le maxi portate e il gusto piccante. Cena pesante ma conto leggero, lasciamo sul tavolo solo 38 dollari (34.60 Eu) e andiamo via soddisfatti.
Cottonwood è piuttosto desolata, non c’è nessuno in giro e a noi resta solo da attraversare la strada per tornare in hotel. Sono le 21:00 e – seppure stanchi – è un po’ presto per dormire, quindi lavoro un po’ al computer, vediamo la sintesi di Juve-Napoli (4-3) e dopo la doccia ci abbandoniamo alla prima notte in Arizona.
Domani andiamo a vedere il panorama naturale più famoso d’America.
Quanto abbiamo camminato oggi? 3 km
01/09 Cottonwood – Grand Canyon – Flagstaff (450 km)
Dopo una colazione abbastanza misera rispetto agli standard a cui ci siamo abituati, alle 10:00 partiamo. Siamo un po’ in ritardo perché non abbiamo resistito e ci siamo visti il primo tempo del derby di Roma (1-1).
Lasciamo la calda Cottonwood, attraversiamo la Coconino National Forest con le sue imponenti conifere, superiamo Flagstaff – dove torneremo al termine di questa giornata – e a 48 miglia dal Grand Canyon, per non sfidare ancora una spia della riserva che ci ammonisce da troppo tempo, ci fermiamo a un distributore e poi facciamo un giro nel Visitor Center a 6 miglia dall’ingresso, nel pieno della Keibab National Forest, giusto il tempo necessario per comprare qualche souvenir.
Arriviamo al casello/biglietteria del Grand Canyon alle 13:00 e troviamo tante macchine incolonnate: è domenica ed è il week end del Labour Day, l’equivalente del nostro Primo Maggio (primo lunedì di settembre).
Quanto costa l’ingresso al Canyon? Dipende. Nel precedente viaggio nei Parchi USA avevamo la tessera annuale, molto molto conveniente. L’ingresso singolo, invece, costa proporzionalmente molto di più: 35 dollari (32 Eu) per veicolo e vale una settimana.
Questa è la mia terza visita al Grand Canyon, la prima risale al 2006, e questa volta – superati i varchi della biglietteria – invece di girare subito a destra per prendere la strada panoramica verso Cameron, proseguo dritto fino al parcheggio di Mather Point. Lasciamo la macchina e ci affacciamo a vedere il magnifico scenario da questo affollato punto panoramico.
Gli scorci della gola più famosa d’America sono sempre impressionanti, nonostante l’alto numero di persone, e da qui partono una serie di sentieri che percorriamo anche in alcuni tratti che richiedono brevi arrampicate per raggiungere belvedere più isolati.
Dopo le prime foto torniamo al grande piazzale e facciamo una pausa per integrare liquidi e sali minerali, fa molto caldo ed è necessario idratarsi prima di proseguire.
C’è qualcosa che non mi convince del tutto: è la prima volta che vedo il Grand Canyon così affollato ed è anche la prima volta che vedo una zona diversa del Grand Canyon. Mi domando se sia stato semplicemente fortunato nelle precedenti visite.
Per fortuna scopro presto che non c’entra niente la domenica e il Labour Day, probabilmente il punto panoramico Mather è sempre così affollato perché è il principale della South Rim. Difatti, appena prendiamo la 64, la strada fatta in passato, ritrovo il “mio” Grand Canyon lungo questa strada costellata di punti panoramici spettacolari e poco frequentati (Grandview, Lipan, Moran, Navajo, Tusayan con le rovine del villaggio nativo).
Percorriamo tutta la Desert View Drive e al termine ci aspetta la torre Desert View e l’ultimo bookstore dove compriamo marmellata e miele di cactus e t-shirt per 15 dollari (13.70 Eu).
Dopo 4 ore nel parco, sono le 18:00 quando riprendiamo la strada per completare le 70 miglia che ci separano da Flagstaff.
In uscita dal Grand Canyon ci gustiamo ancora scorci panoramici presidiati da insediamenti Navajo a bordo strada, dove vendono artigianato locale.
Ci fermiamo presso un paio di questi per comprare dei monili, poi cerco e ritrovo l’ultimo suggestivo belvedere proprio mentre il sole sta calando: una degna chiusura per una giornata che ha visto inseguirsi panorami sempre più belli.
Arriviamo a destinazione che è ormai buio, lasciamo al volo le valigie nella stanza prenotata all’Americas Best Value Inn & Suites Flagstaff e temiamo di essere in ritardo per la cena programmata al mitico Galaxy Diner sulla vecchia Route 66. Dalla reception ci rassicurano che siamo ancora in tempo perché chiude alle 21:00, riprendiamo la macchina e dopo pochi minuti di marcia arriva una grande delusione! Lo storico locale è chiuso!
Speravo di cenare qui per la terza volta ma non sarà possibile e forse non lo sarà più per nessuno: sulla porta c’era l’avviso dell’autorità giudiziaria che ne dichiarava il fallimento. Un locale simbolo della Route, fermo agli anni ’50 per arredi, neon, menu e musica rockabilly, ora non c’è più, ora è buio e spento. Mi dispiace che Lorenzo non lo possa apprezzare, a me resta la consolazione di averlo visto un paio di volte, probabilmente già nella sua fase decadente.
Questo luogo simbolico per noi avrebbe dovuto rappresentare l’inizio della seconda parte del viaggio ma non ci abbattiamo, la Route 66 esiste ancora e questo incidente di percorso non cambierà i nostri programmi.
Per cena, però, dobbiamo improvvisare un piano B: andiamo in centro, parcheggiamo la macchina e chiediamo ad alcuni ragazzi come funziona il parcometro (bisogna digitare la targa della macchina sulla colonnina e inserire le monete). Scopriamo con il loro aiuto che la sosta è gratuita fino al mattino successivo, quindi approfittiamo per chiedere dove mangiare qualcosa e ci indirizzano verso il Collins Irish Pub. All’interno troviamo tanti schermi con sport di ogni tipo che però non ci distraggono dalla nostra scelta: hamburger Bacon & Blu per me e un Texas BBQ per il nipote viaggiatore. Va molto meglio lui con salsa barbecue, anelli di cipolla fritti, bacon, cheddar fuso, insalata, pomodoro e cetriolini. Mentre il mio – ahimè, è stata solo colpa mia! – è buono ma lo devo “alleggerire”: complice la stanchezza ho dimenticato che il “blu” cheese è gorgonzola e io non sopporto il gorgonzola! Nonostante tutto è stato un buon piano B, accompagnato con birra, limonata e patatine, spendiamo 40 dollari (36.50 Eu) e alle 22:30 torniamo in hotel e crolliamo dopo una giornata molto intensa.
Domani ci aspetta La Strada e per noi sarà una scoperta e un ritorno. Sarà la Route 66.
Quanto abbiamo camminato oggi? 8,5 km
02/09 Flagstaff – Route 66 – Las Vegas (458 km)
La seconda parte del viaggio che ci porterà a Las Vegas, prevede un tratto di strada da percorrere lungo la Route 66. La Mother Road, la storica strada che dal 1926 unisce Chicago a Los Angeles, l’est e l’ovest degli USA, è sempre meno usata, in alcuni tratti addirittura non esiste più – sostituita da nuove e più veloci highway – ma continua a conservare tutto il suo fascino per chi sa apprezzare ritmi più compassati e vuole vivere di persona quella sensazione di libertà, quel mito americano on the road, descritto in libri, canzoni e film che hanno fatto epoca.
Io l’ho percorsa tutta nel 2006, un’esperienza indimenticabile descritta nel diario di viaggio sulla Route 66, valido ancora oggi per organizzare le tappe fondamentali lungo il percorso. La mia promessa a Lorenzo nasce proprio da quel viaggio, gli avevo detto che dopo la maturità ci saremo andati insieme e oggi la mia parola sarà definitivamente onorata: si torna sulla Route 66!
Prima di partire però ci fermiamo in un vicino Walmart dove spendiamo circa 90 dollari (82.30 Eu) per comprare tante porcherie americane (principalmente Pringles, cereali, carne secca, bibite e dolci introvabili da noi), e restare perplessi davanti alle vetrine dei videogame poste di fronte a quelle dei fucili automatici.
Alle 11:30 siamo sulla Route 66 e procediamo spediti fino allo storico General Store di Hackberry un vero monumento sulla strada americana. Lo scoprii nel 2006 e durante l’ultimo viaggio lo trovai chiuso, ma stavolta recupero e riesco visitarlo nuovamente all’interno. Indosso la maglia a tema Back to the future e davvero mi sembra di fare un viaggio nel tempo: fuori è rimasto tutto com’è, pompe di benzina abbandonate e macchine arrugginite. Dentro è sempre più un incrocio tra un rigattiere e un antiquario, inutile aggiungere qual è il tema dei cimeli esposti.
Dopo un ricco shopping nostalgico fatto di targhe e t-shirt, procediamo per la diga Hoover Dam, a sole 38 miglia dalla nostra destinazione finale.
Quando arriviamo sono quasi le 17:00 eppure ci sono oltre 40 gradi, il sole picchia ancora duro ma non ci ferma: lasciamo la macchina e proseguiamo a piedi per camminare sul Mike O’Callaghan – Pat Tillman Memorial Bridge, una porzione pedonale del ponte che passa sul Colorado proprio di fronte al gigantesco invaso. Dopo le foto panoramiche riprendiamo l’auto e ci spostiamo sul lato opposto per fotografare il bacino della diga più famosa d’America che porta splendidamente i suoi quasi 100 anni di vita.
Alle 18:15 arriviamo finalmente nella città del peccato e facciamo check-in nel Best Western Plus Casino Royale, l’hotel scelto per il nostro soggiorno a Las Vegas.
Una nota importante per prenotare l’hotel a Las Vegas: in passato ho dormito allo Stratosphere e al Mirage quindi ho scelto questo hotel sulla base delle esperienze precedenti. Lo Stratosphere è molto decentrato rispetto alla Strip (come il Mandala Bay o il Luxor che si trovano all’altro punto estremo della strada principale di Las Vegas), mentre il Mirage è stato perfetto: in pieno centro.
Ecco, l’hotel di questo soggiorno è esattamente di fronte al Mirage, in una posizione perfetta per visitare tutti i magnifici casinò della città. Ma la scelta non è stata dettata solo dalla posizione, perché ci sono altre due variabili da considerare: in media dormire a Las Vegas costa abbastanza poco. Bisogna però calcolare bene la tariffa di base e quella dei servizi aggiuntivi obbligatori che, in quanto obbligatori, di fatto cambiano il prezzo finale. Per esempio ricevere il quotidiano in stanza è un servizio che alcuni hotel considerano come “obbligatorio”, indipendentemente se interessante o no: c’è poco da fare, lo pagherete. Stesso discorso per altri servizi in buona parte inutili, come le chiamate urbane illimitate. Questi escamotage, insieme alle tasse di soggiorno quando non incluse, possono addirittura raddoppiare la tariffa iniziale. Quindi attenzione!
Il Best Western, invece, oltre a proporre una tariffa unica e inclusiva di tutto ci aggiunge anche il parcheggio. Infine, l’ulteriore motivo che mi ha imposto questa scelta: una legge del Nevada vieta il soggiorno in hotel ai minori di 21 anni non accompagnati dai genitori. Gli hotel che ho selezionato durante la ricerca dichiaravano apertamente questa impossibilità, quindi occhi aperti. Il Best Western invece non ha questo limite, ha una tariffa unica, è in pieno centro e include il parcheggio gratuito: come si fa a non sceglierlo? 😉
Stiamo in stanza il tempo di rinfrescarci e sistemare i bagagli, che diventano sempre più massicci, e con il calar del sole siamo subito in strada per assistere allo spettacolo di acqua e fuoco del vulcano del Mirage (ogni ora tra le 20:00 e le 23:00).
Al termine dello show andiamo dritti nella zona pedonale del Linq, alle spalle della ruota panoramica, e tra artisti di strada e negozi cerchiamo e troviamo la nostra meta: il Tilted Kilt che, come accaduto nel 2014, si conferma il miglior hamburger del viaggio. Anche l’ordine è lo stesso della volta scorsa: un Wicked Boston con formaggio americano condito con cipolle alla birra Samuel Adams, pancetta al pepe d’acero, insalata, pomodoro e salse; e poi un BBQ Burger con salsa barbecue, cheddar, pancetta affumicata alle mele, cipolle fritte e due grandi Bud Light alla spina per un totale di 50 dollari (45.70 Eu).
Finalmente carichi di proteine e grassi, siamo pronti per una prima esplorazione della pazza Sin City. Attraversiamo la strada e passiamo davanti alle “rovine” del Caesar’s Palace per procedere poi fino al Bellagio, dove ammiriamo un paio di spettacoli delle fontane danzanti prima di entrare. Siamo a caccia di una informazione importante: gli orari del buffet 🙂
Il leggendario buffet del Bellagio è aperto dalle 19:00 alle 22:00 e così per domani sappiamo già dove venire per cena. Dopo aver buttato inutilmente qualche dollaro nelle slot machine, rientriamo verso il nostro hotel frastornati da luci, suoni e colori dopo giorni di paesaggi deserti e silenzi.
Prima di andare a dormire, però, ci concediamo un po’ di Italia visitando i canali e i cieli azzurri di Venezia perfettamente riprodotti all’interno del Venetian: forse il casinò più kitsch di Las Vegas.
Domani abbiamo un’intera giornata per scoprire questa città folle.
Quanto abbiamo camminato oggi? 10,5 km
03/09 Las Vegas
A causa di un falso allarme antincendio, siamo definitivamente svegli all’alba. Sbrigo un po’ di lavoro e alle 09:30 entriamo nel vicino Denny’s e ordiniamo entrambi un Lumberjack Slam con due uova strapazzate, bacon, salsiccia, prosciutto arrosto e pancake; da bere succo d’arancia e milkshake Oreo. I 37 dollari del conto diventano 27.75 grazie al buono sconto del 25% regalato dall’hotel (25.40 Eu).
Cosa fare a Las Vegas durante il giorno? C’è tanto da fare, i casinò non chiudono praticamente mai e sono belli da vedere a qualsiasi ora. Noi abbiamo passeggiato lungo la Strip partendo dai giardini esotici e le cascate del Wynn fino ai grattacieli curvi del Waldorf Astoria. Visto il gran caldo abbiamo fatto lunghi tratti entrando e uscendo dai casinò, impresa non facile visto che questi locali enormi e ipnotici sono fatti per disorientare e intrappolare le persone! 🙂
Durante il passaggio all’interno del Planet Hollywood troviamo un bel negozio di souvenir dove si compra bene (abbiamo portato a casa una targa del Nevada).
A proposito di souvenir: durante il tragitto abbiamo fatto tanti confronti prezzi ma nessuno batte i negozietti dell’Hawaiian Marketplace che si trovano subito dopo i passaggi sopraelevati del Paris Paris (in direzione Mandala Bay). Concentriamo qui il nostro shopping: t-shirt, borracce di alluminio, magneti, adesivi, penne, berretto, tazze, portachiavi fiche e mazzi di carte usate (hanno i 4 angoli tagliati) con il brand dei più noti casino sul dorso (40 dollari, 36.40 Eu). E per finire un delizioso completino per bebè che giocano d’azzardo.
E sì, ho comprato il primo souvenir del genere al Grand Canyon, ora posso dirlo chiaro e forte: ci siamo! Io e Fede siamo abbastanza incinti!
L’anno scorso, prima del nostro viaggio in Perù, avevamo fatto una previsione: nel 2019, in occasione del viaggio-premio con mio nipote, lei avrebbe preso una pausa per via della futura gravidanza che avevamo in programma … e così è stato! Dopo i primi tre mesi di ecografie e visite mediche, ho ricevuto a San Diego la notizia che anche l’ultimo esame fatto prima della mia partenza è andato benissimo.
Sì! Presto riprenderemo a viaggiare insieme e saremo in tre!
Alle 15:00 rientriamo in hotel e ci rilassiamo in piscina per rinfrescarci prima di cena. Dopo tuffi, snack e letture, indossiamo le nostre belle camicie da serata importante e usciamo di nuovo, stavolta per andare a vedere l’interno del Mirage: la grande piscina, il meraviglioso negozio di memorabilia del cinema e dello sport autografate, il ricco acquario della reception, e poi passiamo agli interni sontuosi del Caesar’s.
Sono le 19:40 quando ci mettiamo in fila per il grande buffet del Bellagio. Aspettiamo il nostro turno per 40 minuti, paghiamo l’ingresso 86.58 dollari (79.15 Eu) e ci accompagnano al tavolo.
Ora dobbiamo solo scegliere da dove iniziare, la nostra intenzione è assaggiare tutto e in buona parte ci riusciamo. Facciamo diversi viaggi e nei nostri piatti finiscono: granchi giganti, gamberi, costolette marinate, filetti di manzo, salsicce, tacchino, pollo, mini hamburger, paella, piatti cinesi, indiani, sushi, uno spicchio di pizza e un pugno di pasta per curiosità (sorvoliamo, non ne vale la pena. Mai! Neanche al Bellagio). Non ci siamo fatti sfuggire (quasi) niente prima di attaccare il carrello dei dolci e gelati. Praticamente abbiamo saltato solo frutta e verdura ma ci sono e abbiamo visto persone mangiare solo quelle.
Rispetto al 2014, stavolta sono incluse nel prezzo le bibite analcoliche: ci sono grandi distributori automatici di soft drink con display digitali per scegliere tra decine di bevande. Assaggiamo la Coca Cola alla ciliegia e la limonata al lime, buonissima. Birra e vino si pagano a parte e si possono chiedere ai camerieri in sala che sparecchiano ogni volta che vai a rifornirti di nuovo. Per noi le cose più buone sono stati i tagli di carne, le costate in particolare, il sushi e il granchio. Delusione per i dolci, in passato erano più buoni, mentre stavolta ci hanno lasciato… l’amaro in bocca!
In ogni caso lo consiglio: anche a distanza di anni e a dispetto di qualche recensione negativa su TripAdvisor, il buffet del Bellagio merita ancora attenzione. Specie se si pensa che la spesa è di 39 Euro a persona in una città dove per un hamburger e bibita ne spendi facilmente 25. Si può fare!
Dopo un’ora e mezza trascorse a tavola come le cavallette dell’apocalisse siamo pronti a uscire e proseguire verso la parte di Strip che ancora non abbiamo visto. Camminiamo sul lato del Bellagio e passiamo in rassegna il vertiginoso New York New York, il fiabesco Excalibur e il piramidale Luxor.
Per tornare indietro attraversiamo la strada all’altezza del MGM e proseguiamo verso il casinò del nostro hotel dove arriviamo dopo mezzanotte: un’ora perfetta per sedersi alla roulette e fare qualche puntata.
Alle 02:00 lasciamo il tavolo da vincenti e portiamo con noi 42 dollari (38.40 Eu): un buon modo per salutare Las Vegas!
Quanto abbiamo camminato oggi? 17,2 km
04/09 Las Vegas – Los Angeles (475 km)
Per oggi abbiamo in programma un pigro avvicinamento a Los Angeles, la destinazione finale di questo viaggio.
Partiamo con calma dall’hotel, dopo aver aiutato una coppia italiana a parcheggiare, fare check-in e orientarsi nel complicato mondo di Las Vegas che al primo impatto ti confonde e frastorna.
Dopo la nostra buona azione quotidiana, lasciamo la Strip in macchina e ci spostiamo verso il Las Vegas South Premium Outlets dove compriamo felpe nello store Nike e visitiamo tanti altri negozi di abbigliamento. Il bottino principale, però, è a base di jerky beef e una confezione di preparato per cucinare la jambalaya della Lousiana, un piatto che ho apprezzato moltissimo durante il viaggio a New Orleans nel 2015.
La sosta dura più del previsto e ripartiamo piuttosto tardi, prima di lasciare il Nevada ci fermiamo a Jean dove c’è il distributore Chevron più grande del mondo con le sue 96 pompe. Deve essere anche il più caro perché qui la benzina la paghiamo ben 4 dollari (3.66 Eu) al gallone!
Superiamo il confine di Stato, rientriamo in California e attraversiamo il deserto del Mojave. Dopo Barstow scendiamo verso sud e nei pressi di San Bernardino veniamo inghiottiti dal traffico convulso delle enormi strade che caratterizzano l’hinterland di Los Angeles.
Sono già le 20:00 quando arriviamo al Best Western Redondo Beach Galleria Inn, lasciamo al volo le valigie e ci rimettiamo in marcia per andare a riconsegnare la macchina.
Arrivare in aeroporto è una missione stressante che portiamo a compimento senza imprevisti, anche perché per fortuna siamo abbastanza vicini. Dopo aver salutato la nostra Malibu, prendiamo la navetta che ci porta ai terminal e da qui ci agganciamo alla wi-fi dell’aeroporto per connetterci con Uber: sarà questo il principale servizio di trasporto che abbiamo programmato di usare a Los Angeles.
Prenotiamo il nostro autista, seguiamo le istruzioni per identificarci a vicenda e con solo 17 dollari (15.50 Eu) ci riporta in hotel. Durante il tragitto chiediamo informazioni per cena ma, siccome è tardi, troviamo i locali consigliati già chiusi e per questo finiamo in un Wienerschnitzel vicino al nostro albergo.
Siamo stanchi morti, ci restano giusto le forze necessarie per mangiare il classico BBQ Bacon Cheeseburger, un Junkyard dog (un hot dog con patatine fritte, chili, formaggio americano, mostarda, cipolle grigliate, pane al sesamo) e un bratwurst con cipolle e mostarda. In pratica un menù da Oktoberfest nel pieno di Redondo Beach, in California. Ma l’assurdità non è finita, perché questi “tedeschi”… non servono birra! Solo bibite analcoliche.
Poco male, siamo già cotti, quindi per digerire vanno bene anche una limonata Tropicana e una Mountain Dew. Lasciamo in cassa 20 dollari (18.20 Eu) e dichiariamo chiusa la giornata e tutta la nostra settimana on the road. Abbiamo visto San Diego, Yuma, Cottonwood, il Grand Canyon, Flagstaff e Las Vegas. 2375 chilometri in 7 giorni, da Los Angeles a Los Angeles: si può fare!
Ora ci aspettano un paio di giorni losangelini e abbiamo le idee molto chiare su cosa faremo… 😉
Quanto abbiamo camminato oggi? 5,1 km
05/09 Los Angeles (Universal Studios)
A Los Angeles c’è Hollywood, la casa del cinema mondiale. Attori, studi, cinema, teatri, produzioni: la scena quotidiana di Los Angeles è sempre a metà strada tra finzione e realtà.
Quindi, per fare un vero assaggio di questo mondo di mezzo trascorreremo la giornata agli Universal Studios di Hollywood… e non solo! 😉
Il 27 Luglio abbiamo comprato il biglietto sul sito ufficiale, con la formula due giorni al prezzo di uno. In pratica scegli la data della visita e hai la possibilità di entrare con lo stesso biglietto anche in un secondo giorno (ti indicano esattamente in quali date sarebbe possibile l’ingresso omaggio). Visto che il prezzo era uguale al biglietto di un giorno ho acquistato questa soluzione a 109 dollari (99.50 Eu). Non succede, ma se succede che ci va, possiamo tornarci gratis già domani. Hai visto mai?
Dopo una ricca ricca colazione dolce e salata offerta dal Best Western, selezioniamo il nostro UberPool per raggiungere gli Studios. Questa categoria di Uber condivide il tragitto o parte di esso con altri passeggeri, riducendo il costo della corsa a 31 dollari (28.30 Eu).
Dopo un’ora di macchina superiamo la passeggiata dei negozi, raggiungiamo l’ingresso del parco alle 11:30 e dopo l’esordio con il cinema 4D di Kung Fu Panda, entriamo dritti nel magico mondo di Harry Potter e poi dei Minion.
Queste attrazioni sono identiche a quelle che ho visto nel parco gemello di Orlando, durante il viaggio in Florida: sono sempre bellissime e divertenti, quindi faccio volentieri il bis di tutto, anche quando ci spostiamo nel livello inferiore degli Studios. Qui ci aspettano i Transformers e l’adrenalinica Jurassic Park dalla quale usciamo piuttosto rinfrescati, vista l’abbondanza d’acqua che è arrivata a secchiate da ogni direzione.
Dopo aver recuperato gli zaini nei comodissimi armadietti gratuiti a riconoscimento digitale, presenti all’ingresso delle attrazioni più movimentate, torniamo al livello superiore e andiamo a vedere la zona dei Simpson con la riproduzione di Springfield, dove non manca una sosta al Krusty Burger per mangiare l’enorme hot dog Telespalla Bob con chili, formaggio e cipolle, accompagnato da una grande limonata (20 dollari, 18.20 Eu).
Prima di lasciare quest’area andiamo sulla montagna russa virtuale dei Simpson e incontriamo la fila più lunga del giorno: 40 minuti, mentre tutte le altre sono state sempre sotto i 15. Il giorno infrasettimanale sicuramente ci ha aiutati ad avere tempi di attesa così bassi, così come ci ha aiutato l’app ufficiale del parco che dà delle stime in tempo reale sulle file, per organizzare meglio il proprio programma.
Nel frattempo è arrivata l’ora per vedere lo spettacolo live di Waterworld che è rimasto identico a quello visto nel 2006, quindi lo trovo ancora perfettamente organizzato e recitato. In più quest’anno abbiamo trovato a recitare anche la protagonista femminile di Waterworld 2.
Ricordate che per vedere uno spettacolo dal vivo bisogna andare 20 minuti prima dell’inizio dello show. E un avviso importante per Waterworld: sulle gradinate sono indicate chiaramente le file che saranno colpite dagli abbondanti schizzi d’acqua provocati, più o meno volontariamente, dagli attori in scena. Se volete restare asciutti non fidatevi troppo e mettetevi più indietro! 😉
Il parco chiude alle 18:00 ma ce la prendiamo comoda in diversi negozi a tema dove lasciamo 50 dollari (45.70 Eu) per comprare tazze, apribottiglie magnetico, t-shirt, penne, blocchetti e qualche altra cianfrusaglia.
All’uscita seguiamo le indicazioni per la stazione della metro Universal Studio City, dove andiamo a prendere la linea rossa in direzione Union Station e scendiamo dopo una sola fermata a Hollywood Highland: il cuore della lunga Hollywood Boulevard, più nota come Walk of Fame.
Alcune informazioni sulla metropolitana di Los Angeles: la rete è vasta e abbastanza capillare ma Los Angeles è più grande ancora! Molti luoghi noti sono distanti tra loro e in alcuni casi raggiungibili con due o tre cambi e anche un paio di ore di collegamenti. Per questo abbiamo usato la metro solo per tratti brevi e preferito Uber per altri spostamenti: per quanto sia sicuramente più dispendioso dei mezzi pubblici ci ha fatto risparmiare molto tempo. Il primo biglietto della metro costa 3.75 dollari (3.40 Eu) e la cifra include il costo della singola corsa, 1.75 dollari (1.60 Eu), e 2 dollari (1.80 Eu) sono per acquistare la tessera da ricaricare nei viaggi successivi.
È quasi il tramonto quando arriviamo a destinazione, un momento perfetto per vedere questa grande arteria parallela a Sunset Boulevard.
I palazzi e le palme altissime dovrebbero farti puntare gli occhi verso l’alto ma le stelle sul marciapiede sono le vere protagoniste di questa strada spettacolare. Ci divertiamo a riconoscere i grandi personaggi del cinema, della musica, della radio che hanno ricevuto questo omaggio e cerchiamo, e troviamo, anche i nomi di tanti artisti italiani.
Davanti al Chinese Theatre ci sono i calchi di mani e piedi autografati da celebrità del passato e star del cinema contemporaneo. Soprattutto, però, proprio accanto al celebre teatro, c’è un enorme negozio di souvenir con tanto di imbonitore microfonato all’esterno: 5 dollari (4.60 Eu) per comprare qualsiasi articolo, e noi scegliamo felpe e targa della California.
Se vi state chiedendo dove comprare souvenir a Los Angeles, la risposta è tutta in questa strada. La paccottiglia per turisti abbonda e man mano che ci si allontana dalla zona centrale si riducono i prezzi, fino a trovare anche negozi che vendono tutto a 99 cents! Proprio qui compriamo ancora magneti, sticker e portachiavi.
Poi ci sono negozi più belli e curati, come quello della Marvel, dove compriamo altre borracce in alluminio e un tappeto da supereroe per casa nuova (36 dollari, 32.80 Eu).
Dopo una perlustrazione a caccia di promozioni e sconti torniamo nei negozi con le proposte migliori per comprare quattro t-shirt a 10 dollari e sei magneti per la stessa cifra. Ce ne sono tante di queste promozioni: più compri e meno paghi.
Dopo aver camminato a lungo nel tratto più noto di questa incredibile strada, alle 21:30 ci fermiamo a cenare da Johnny Rockets, consigliato dal nostro autista Uber. Si tratta di una catena di fast food – al ritorno ho scoperto che hanno cinque punti vendita anche in Italia, di cui uno a Roma – dove servono carne fresca e non surgelata, quindi il gusto è migliore. Gli arredi sono in stile anni ’50 e anche se promettono sorrisi, troviamo il personale piuttosto scorbutico e sbrigativo. Ordiniamo due panini classici con bacon e cheddar, acqua e Pepsi per un totale di 35.29 dollari (32.20 Eu). Anche qui non servono alcolici.
Sono passate le 22:00 quando torniamo in strada, entriamo in un altro paio di negozi e vampirizziamo la wi-fi di un Footloocker per prenotare il nostro Uber. In meno di un minuto arriva la macchina che con 50 minuti e 27.55 dollari (25.15 Eu) ci riporta in hotel dopo aver attraversato i grattacieli di Downtown.
Ancora una giornata intensa trascorsa in questa città elettrica ma non è finita, domani ci rilassiamo un po’ e andiamo a vedere una Los Angeles più stravagante e bohémien. Domani andiamo al mare…
Quanto abbiamo camminato oggi? 12,8 km
06/09 Los Angeles (Venice – Santa Monica)
Dopo l’ormai consueta e ricchissima colazione, pianifichiamo un po’ la giornata. L’ultima giornata zio-nipote in USA.
Come sempre abbiamo le idee chiare su cosa fare, non resta che applicarle: alle 10:30 arriva direttamente in hotel il nostro UberPool e ci facciamo lasciare a Venice Boardwalk. Tempo impiegato: 45 minuti. Prezzo: 18.22 dollari (16.60 Eu).
Ancora una nota sul funzionamento di UberPool: oltre a ridurre la spesa finale se condividi l’auto con altri passeggeri che prenotano sul tuo percorso, bisogna aggiungere che in questa categoria accetti di incontrare l’autista in un punto concordato che dista al massimo qualche centinaio di metri rispetto al luogo della tua chiamata. A noi di solito sono venuti a prenderci al punto di chiamata ma è successo anche di doverci spostare un paio di volte, in entrambi i casi si è trattato semplicemente di attraversare una strada per stare sul senso di marcia più favorevole all’autista. Niente di complicato, però attenzione alla connessione: se siete in wi-fi e dovete spostarvi, rischiate di perdere il segnale e di conseguenza gli eventuali scambi e aggiornamenti con l’auto in arrivo.
Sono le 12:00, il sole è alto e picchia duro. Girovaghiamo sotto i portici e lungo i viali di quelli che dovevano essere la riproduzione dei canali di Venezia in questo folle progetto di architettura contemporanea. La speculazione immobiliare non riuscì benissimo e Venice cadde in disgrazia, abbandonata e mal frequentata.
Oggi è in netta ripresa: la pista ciclabile, gli skate park, i prati, le palestre all’aperto, i tanti negozietti di artigianato etnico e gli artisti di strada la rendono viva e ne determinato il carattere frizzante e multiculturale.
Eppure c’è qualcosa che non va: l’atmosfera rilassata e del tutto simile alle comuni della vecchia Europa non trova corrispondenza nei prezzi delle cose in vendita. Abbiamo trovato Venice più costosa del centro di Los Angeles!
I negozi vintage vendono a prezzi salati vecchie divise militari e abiti firmati, si trovano capi di abbigliamento di marche note negli anni ’80/90 e non abbiamo trovato niente sotto i 70 dollari. Anche per i comuni souvenir è meglio comprare su Hollywood Boulevard.
Dopo aver accantonato ogni idea di shopping camminiamo lungo la pista che fiancheggia l’enorme spiaggia in direzione Santa Monica, dove arriviamo alle 13:30 dopo una pausa per vedere le evoluzioni degli skater e una doccia per rinfrescare la testa.
Santa Monica è la località che ospita il pier più famoso e frequentato di Los Angeles. Il molo è lungo, si slancia per molti metri dalla terraferma al mare e sulla palafitta trovano posto tanti negozi, addirittura una montagna russa e la celebre ruota panoramica!
Noi entriamo dalla zona del Luna Park, ci fermiamo in una sala giochi anche questa – neanche a dirlo! – con videogames degli anni ’90 e dopo uno spuntino veloce, scattiamo le foto al segnale stradale che indica il termine della Route 66; una piccola anticipazione della fine del molo, dove troviamo l’ultimo shop della Route.
Proprio qui ci affacciamo per ammirare il mare che si apre davanti a noi e mentre stiamo a guardare ci sentiamo osservati da una foca che in acqua aspetta qualche bocconcino lanciato da turisti e pescatori.
Facciamo ancora qualche altro giro che ci conferma, anche qui, che ieri abbiamo fatto ottimi acquisti e prima di andar via il nipotone consacra il suo viaggio in America con un rituale tuffo nell’oceano.
Una volta tornati su Ocean Drive prenotiamo Uber e ci facciamo scaricare al South Bay Galleria, un grande centro commerciale vicino al nostro hotel, dove arriviamo – per l’ultimo shopping matto e disperato – alle 16:30, dopo un’ora di macchina al costo di 30.46 dollari (27.80 Eu).
Qui vanno via ancora 100 dollari in t-shirt, body per bimbi, sportina, thermos, scarpe e ciabatte Nike da Macy’s, dove approfittiamo anche del wi-fi per fare check-in online sull’app Delta, per il volo di domani: il ritorno a casa si avvicina.
Prima però ci aspetta l’ultima cena a Los Angeles e vogliamo che sia meglio delle precedenti, anche perché finalmente riusciamo ad andare in un locale selezionato dall’Italia e che avevamo adocchiato sin dal primo giorno ma che alle 21:00 chiude!
Stavolta siamo in netto anticipo e riusciamo a goderci i tacos di pesce di Ensenada’s surf n turf grill. Ordiniamo due tacos di pesce e uno di pesce e gamberi, accompagnati da riso e fagioli e un refill medio di bibite gassate perché anche qui non servono alcolici! Spendiamo solo 20 dollari (18.20 Eu) per la cena meno costosa di tutto il viaggio che risulta anche una delle migliori.
In uscita dal ristorante ci accorgiamo di aver smarrito gli occhiali da sole e abbiamo anche il sospetto su dove siano stati lasciati, così torniamo dritti nel negozio del centro commerciale dove avevamo provato delle maglie e le commesse sembravano aspettare proprio noi da un momento all’altro. Il viaggio si chiude esattamente come era iniziato: con qualcosa di perso e ritrovato.
Anzi no! Non si chiude così, perché negli ultimi tre giorni a Los Angeles non siamo riusciti a bere la nostra adorata Bud Light, quindi facciamo come a San Diego il primo giorno: entriamo in una di quelle rivendite di alcolici gestite da asiatici asserragliati dietro un vetro blindato e compriamo una bella bottiglia da collezione, in alluminio e richiudibile, della nostra birra preferita (1.49 dollari, 1.30 Eu). Ora sì che possiamo tornare in Italia! 😉
Quanto abbiamo camminato oggi? 14.6 km
07/09 Los Angeles – Roma
Il viaggio con Lorenzo sta per finire. Abbiamo portato a termine la missione e abbiamo fatto tutto quello che avevamo in programma.
Siamo sempre andati d’accordo, ci piace ridere, giocare, siamo appassionati di sport e di AS Roma, ci piace viaggiare, mangiare, andare allo stadio, abbiamo una storia ventennale alle spalle ma un viaggio è un viaggio.
Un viaggio è diverso da qualsiasi esperienza, vengono fuori altre dinamiche, abitudini, caratteri, umori. Stare per undici giorni insieme, a stretto contatto, 24 ore su 24, è stata una novità per entrambi e posso dire che abbiamo superato anche questa prova. Chissà, magari in futuro sarà lui a promettermi un viaggio alle Hawaii! 😉
Ovviamente quando i ritmi sonno/sveglia sono equilibrati e riusciresti a dormire a lungo, è tempo di tornare a casa e ti devi alzare all’alba.
Dopo la colazione e i controlli finali in stanza e nella valigia, alle 7:45 prenotiamo il nostro ultimo Uber per raggiungere l’aeroporto.
Arriviamo a destinazione in 15 minuti, con una spesa di 14.11 dollari (12.85 Eu) e con questa storia delle tre ore e mezza prima siamo decisamente in anticipo sulla partenza.
Ci mettiamo solo 40 minuti a superare i controlli di sicurezza e così ci troviamo nel gate di partenza ben tre ore prima del volo. Non immaginavano un così largo anticipo e contavamo di spendere ancora un po’ di soldi e tempo nel duty free, salvo poi scoprire che trovandoci in un terminal per i voli interni, non ci sono negozi se non un paio di edicole e caffetterie. Una noia mortale lo scintillante aeroporto di Los Angeles!
Lo scalo di un’ora e mezza a Boston fila liscio e mentre stiamo per imbarcarci penso che qui dovrei venire prima o poi. Magari per fare un giro anche in Canada. A Fede piacerebbe viaggiare in Canada e sono sicuro che anche alla piccolissima in arrivo piacerà. Buon viaggio!
Ma alla fine, quanto abbiamo camminato? 95,9 km
Note
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Libri letti su Kindle: La scomparsa di Josef Mengele di O. Guez e Corruzione di D. Wislow