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Diario di viaggio in Perù: Arequipa, Titicaca, Cuzco e Machu Picchu

Un tour del Perù fatto in casa: da Lima a Machu Picchu lungo il Gringo Trail
Una sintesi del tour in Perù: le isole Uros, Arequipa, Chinchero e le saline nella Valle Sacra, Paracas e Machu Picchu

Machu Picchu e Perù: fatto!
Il viaggio si potrebbe riassumere in una cosa del genere: 15 giorni, 11 città, 8 hotel, 6 aerei, 30 ore di volo, 9 bus, 33 ore di trasferimenti, 19 taxi, 14 ore di macchina, 5 barche, 6 ore e mezza di navigazione, 2 treni, 5 ore e mezza di collegamenti e tanti chilometri a piedi, per vicoli, strade, salite, discese, mari, monti e laghi peruviani. Ma così è troppo facile e poco d’aiuto, per questo dopo il post su come organizzare un viaggio in Perù… arriva il diario di viaggio completo.
Buona lettura e buon viaggio!

01/10 Roma – Lima

Partenza notturna da casa fissata alle 03:15, viaggiamo spediti fino a Roma dove alle 05:15 lasciamo la macchina al solito parcheggio Altaquota2 (52 Eu).
La navetta ci porta al terminal alle 05:30, giusto un’ora prima del volo. I tempi sono così ridotti perché dopo il check-in online fatto la sera prima, dobbiamo solo andare al desk per imbarcare le valigie che sono 10 chili sotto il limite consentito (Kg 23) e passiamo rapidamente ai controlli di sicurezza. Il volo è operato da Air France all’andata e KLM al ritorno ed è stato acquistato il 31/05 sul portale viaggi American Express per 1100 Euro a persona.
Non proprio economico ma abbiamo scelto gli orari migliori per noi e soprattutto i voli con un solo scalo. Quindi facciamo una sosta all’aeroporto Charles de Gaulle di Parigi: due ore e mezza in attesa della coincidenza che quasi passano via mentre ci spostiamo da un terminal all’altro (c’è da prendere anche un bus per raggiungere il terminal M!). Da pochi mesi abbiamo il Priority Pass di Amex per accedere gratis alle lounge VIP degli aeroporti di tutto il mondo ma la inaugureremo un’altra volta, quando i tempi per le coincidenze saranno maggiori.
L’aereo che ci porterà a Lima dopo 12 ore e mezza sembra un residuato bellico, non è all’altezza  degli ultimi viaggi fatti con Emirates, China Eastern e Catai: è anzianotto, con i sedili reclinabili rotti e atmosfere vintage. Mancano solo i rotori con le pale. Per fortuna è stato aggiornato l’intrattenimento multimediale con monitor cinesi per i giochi Atari e un paio di film in bianco e nero. Soprattutto non è memorabile il servizio: alle 12:00 servono il rancio a base di pollo e insalata e poi più nulla fino alle 20:00. Quindi sfruttiamo in un paio di occasioni il self service al centro dell’aereo dove facciamo uno spuntino con mini Magnum e succhi di frutta. Dopo aver sonnecchiato davanti a un inguardabile Ocean 8, iniziamo a mettere a punto la strategia per vedere qualcosa a Lima e decidere dove mangiare per la prima cena peruviana.
Atterriamo puntuali alle ore 16:00 e raggiungiamo il nastro dei bagagli in preda al panico perché, appena agganciati al Wi-Fi dell’aeroporto, un SMS e una mail di Air France ci avvisano che il nostro bagaglio non è stato imbarcato sull’aereo e che ce lo consegneranno presto all’indirizzo che indicheremo all’ufficio Lost & Found. Peccato solo che i bagagli sono lì che ci aspettano sul nastro! Mah… falso allarme, meglio così.
Prima di uscire dall’aeroporto e subire l’annunciato assalto dei tassisti, ritiriamo da un ATM 400 Soles (+19 Soles commissione) e spendiamo 116 Euro con una banale PostePay (104 il cambio a 3,8 + 5 Eu commissione fissa + % variabile in base all’importo del prelievo). Lo stesso ritiro di Sol fatto con Amex è costato un Euro in più, mentre con BancoPosta è stata rifiutata la transazione nonostante il logo del circuito Maestro fosse tra quelli accettati.
Superate le porte degli arrivi riceviamo subito proposte di tassisti ufficiali che sono dentro l’aeroporto ma da fuori arrivano altri tassisti che si presentano pure loro come ufficiali. Ne scegliamo uno che ci spiega che sono tutti ufficiali, solo che alcuni possono sostare dentro l’aeroporto e altri no; si affacciano solo a pescare clienti ma le tariffe sono uguali: 60 Sol (15.60 Eu) per Miraflores, dove arriviamo dopo circa 45 minuti e l’attraversamento di diversi distretti. Prima di scaricarci di fronte l’hotel Estelar Apartamentos Bellavista, il nostro autista Ramon ci introduce al Perù e ci racconta la situazione dei 400.000 migranti che hanno invaso Lima a causa della crisi economica venezuelana. In qualche modo sono stati accolti nonostante le già grandi difficoltà di Lima, una metropoli che ha superato 10 milioni di abitanti! Questi migranti economici sono ai semafori, vendono prodotti del loro Paese e Ramon scambia qualche parola con loro mentre siamo imbottigliati nel traffico, non c’è ostilità ma comprensione. Ci spiega che nei prossimi giorni si voterà in tutto il Perù e che il voto è un dovere inteso come vero e proprio obbligo, altrimenti multa salata! Mica male…
Ci fermiamo un attimo a lasciare i bagagli e siamo subito fuori per andare a conoscere il primo ristorante di Gastón Acurio, uno chef molto noto che rappresenta bene la gastronomia nazionale per la sua capacità di valorizzare i prodotti e le ricette tradizionali del Perù. Ha attirato l’attenzione di tutti i buongustai del mondo e – per fare un parallelo – è popolare quanto i nostri Cracco a Cannavacciuolo. Solo che nei suoi ristoranti si mangia davvero, perché le porzioni sono abbondanti.
Arriviamo al Panchita molto presto e senza prenotazione, ci mettono in lista e aspettiamo 45 minuti prima di sedere: il locale è bello, arredato con gusto, con un angolo bar, la cucina a vista e un grande forno a legna rivestito di ceramica, molto scenografico. Ordiniamo anticuchos, degli spiedini tipici di polpo alla brace (i più noti sono quelli di cuore di manzo che per i nostri gusti è troppo “pulp”), serviti con patate e mais imburrato in salsa peruviana. Da notare: per tutto il resto del viaggio ci sogneremo questo antipasto!
Come portate principali scegliamo: chuletas de chanco, due belle braciole di maiale con purè di mela cotta e salsa al miele; e pancheta de lechòn, un bel filetto di maiale con pelle croccante e salsa creola.
Abbiamo mangiato bene, la prima cena limena è andata alla grande e sappiamo bene che sarà probabilmente la cena più costosa del viaggio, dipende da quanti altri ristoranti di Acurio intendiamo visitare! Nonostante questa premessa, non c’è niente a che vedere con i conti di Cracco e Cannavacciuolo: spendiamo 200 Sol (52.48 Eu).
Facciamo due passi per tornare in hotel, mettiamo l’orologio indietro di 7 ore e alle 23:00 crolliamo dal sonno in un vero letto!

Quanto abbiamo camminato oggi? 4,3 km

02/10 Lima – Paracas

Il fuso orario e l’eccitazione per l’inizio dell’avventura si fanno sentire, siamo svegli già alle 03:00 e non c’è verso di riprendere sonno. Alla fine, gira e rigira, alle 06:00 siamo in piedi, diamo un’occhiata alla posta e abbracciati alle nostre valigie leggiamo ancora messaggi di Air France che ci conferma di aver smarrito i bagagli. Sorridiamo di questo finto imprevisto e ci mettiamo in movimento per scendere a fare colazione, soprattutto mettiamo in movimento le nostre ganasce che iniziano ad assaggiare un po’ di cibo locale: proviamo la yucas, la manioca, un tubero simile alla patata che ovviamente fritto è buono, e ci abbiniamo uova strapazzate, salsicce, pancake al miele, croissant e pane tostato con marmellata di sambuco e aguaymanto, una bacca della foresta di colore dorato e dal gusto asprigno, detta anche “ciliegia peruviana”. A vederla è particolare perché ogni frutto è “incartato” nelle sue foglie, come se fosse confezionato.
Siamo mattinieri e pronti a goderci il risveglio di Lima dopo aver raccolto informazioni in reception e aver lasciato i bagagli che torneremo a prendere alle 12:30, quando arriverà anche il taxi prenotato.
Iniziamo a vagare per la strade del quartiere Miraflores, costeggiamo il parco Kennedy e percorriamo tutta l’Avenida Jose Larco fino alla fine, dove c’è uno spettacolare belvedere con un centro commerciale all’aperto e un parco su più livelli. Nei primi negozi di souvenir incontrati su questa strada notiamo che nessuno espone i prezzi ma tanto non dobbiamo fare shopping e dal Mirador del Parco Salazar passeggiamo lungo la bellissima Malecon de la Reserva, in pratica un lungomare rialzato di un centinaio di metri dal quale si godono panorami meravigliosi del Pacifico e scorci indimenticabili di Lima. Proprio qui scattiamo la prima foto per il nostro profilo Instagram Handmade_Travel che con oltre 350 like sarà la più cliccata del viaggio.
Arriviamo fino al celebre Parco dell’Amore e da qui rientriamo verso l’hotel lungo Malecon Balta costellato di campi da tennis. Prima però facciamo un salto al mercato indio, giusto il tempo di dare un’occhiata e farci un’idea di quello che potremo acquistare nei prossimi giorni. Alle 12:30 prendiamo il nostro taxi che per 20 Sol (5.20 Eu) ci porta in 30 minuti al nostro primo appuntamento con i bus Cruz del Sur per prendere il pullman delle ore 13:30. Un margine di tempo giusto per capire come funziona il terminal, anche perché prima di salire a bordo c’è da fare il check-in per i bagagli e un controllo passaporti simile a quello degli aeroporti.
Attenzione! Diversamente da come avevamo letto su Internet non accettano fotocopie dei documenti ma bisogna presentare gli originali registrati al momento dell’acquisto online.
Il bus parte puntuale e sarà così anche per (quasi) tutti gli altri che prenderemo durante il viaggio: anche su questo argomento avevo letto notizie inquietanti di ritmi blandi, tempi dilatati, ritardi cronici e invece – non so se siamo stati fortunati – non abbiamo riscontrato niente di tutto ciò: bus, auto, navette, barche, treni, aereo, tutti i mezzi presi in Perù sono stati sempre precisi!
Percorriamo la Panamericana verso Sud lungo un percorso monotono che propone un paesaggio arido alla nostra sinistra e il mare a destra. Ma soprattutto notiamo quella che sarà poi una costante dei nostri spostamenti in bus: centinaia e centinaia di costruzioni semidiroccate, perimetri tracciati con grandi palizzate di legno o in muratura, con qualche capanna nel mezzo, a volte fatte semplicemente di canne. Alcuni tassisti ci spiegheranno che sono una sorta di usucapione: in Perù c’è tanta terra e se qualcuno dimostra di averne diritto può reclamarne la proprietà. Per questo lungo tutto il nostro tragitto abbiamo trovato ovunque questi appezzamenti recintati alla buona: vicino al mare, in altitudine, nel deserto, in zone industriali o prossime alle città, tutti i luoghi con potenziale in via di sviluppo sono marchiati da questa insolita pratica. Teniamo conto di questo, se può aiutarci a fare un’idea degli spazi a disposizione: il Perù ha sette microclimi, paesaggi e ambienti che vanno dall’Oceano alle cime innevate, dalla foresta amazzonica al deserto, è grande quattro volte l’Italia e ha la metà dei suoi abitanti!
Alle 17:00 arriviamo a El Chaco, il villaggio più noto della penisola Paracas e prendiamo un taxi che per 5 Sol (1.30 Eu) ci porta al nostro hotel Betania. Prima di salutarci ci facciamo spiegare i dettagli dell’escursione che intendiamo fare domani, chiediamo il prezzo e confrontiamo tutto con la nostra guida Lonely Planet e con le informazioni raccolte online. Alla fine ci mettiamo d’accordo per 170 Sol (44.50 Eu) inclusi l’imbarco e i biglietti per le Isole Ballestas e la Riserva Nazionale di Paracas. Durante gli spostamenti visiteremo cinque siti e come omaggio finale ci abbiamo anche messo il ritorno al terminal Cruz del Sur per la nostra prossima partenza in bus.
Usciamo per andare a vedere il tramonto sul malecon e notiamo come la città sia ancora in fase di ripresa dal terremoto del 2007 che l’ha praticamente devastata: tutte le strade sono sterrate, c’è sabbia dove dovrebbe esserci l’asfalto e solo il lungomare è stato recentemente ricostruito. Le case del villaggio, neanche tutte, hanno solo le facciate terminate, il resto delle costruzioni sono ancora grezze.
Dopo una lunga passeggiata e qualche incontro ravvicinato con i pellicani sulla spiaggia, alle 19:00 puntiamo il locale scelto per cena: El Chorito, presente sulla Lonely e consigliato anche dal nostro hotel. Iniziamo con un Pisco Sour, il cocktail nazionale peruviano a base di pisco – un’acquavite di uva passa – shakerato con zucchero, albume d’uovo, limone, angostura bitter e ghiaccio.
Ok, a bere si beve bene, vediamo come si mangia. Ordiniamo chicharrones, un fritto di pesce cabrilla (perchia) e ancora lo stesso pesce alla chorillana, grigliato con cipolle, pomodoro, aceto e pasta di pepe giallo. Tutto buono e pesante, si può fare sicuramente di meglio. Per pagare il conto di 103 Sol (23 Eu) si procede rigorosamente in contanti perché non accettano carte di credito, come del resto il nostro hotel.
Sono solo le 20:00 quando ci prepariamo per fare una doccia e crollare beatamente dal sonno dopo il primo vero giorno in Perù e soprattutto dopo il primo spostamento. Dobbiamo caricare le batterie per le escursioni in programma domani, il viaggio entra nel vivo.

Quanto abbiamo camminato oggi? 10 km

03/10 Paracas – Islas Ballestas

In piedi già alle 06:30. La spiegazione è facile: siamo svegli da molto tempo perché dalle 04:00 tutti i galli del Perù hanno cominciato a cantare all’unisono sotto la nostra finestra e ci hanno costretto a una levataccia! Per fortuna ieri siamo andati a letto… con le galline! A quanto pare il gallo di Paracas è determinante nell’adattamento del bioritmo al nuovo fuso orario: siamo freschissimi e scendiamo baldanzosi a fare una ricca colazione. Ci diamo dentro con tutto: pane, marmellata, uova strapazzate, prosciutto, formaggio, succo d’ananas estratto fresco – il migliore del viaggio – e tisane. Non è proprio il pasto indicato prima di salire a bordo e fare qualche ora in mare ma noi siamo di Gaeta, siamo lupi di mare!
Il cielo non promette nulla di buono, ci sono 18 gradi e alle 07:50 passa a prenderci puntuale il nostro amico tassista Luis che ci porta all’imbarcadero dove incontriamo la guida e il gruppo di 30 persone pronte a imbarcarsi sulla lancia che alle 08:30 punta la prua verso le Ballestas, distanti 20 chilometri.
Prima di marciare a velocità di crociera l’imbarcazione si avvicina alla costa della penisola per fotografare il misterioso ed enorme geoglifo del candelabro, lungo 150 metri sul versante di una collina rivolta verso il mare. Significato e provenienza restano ancora ignoti: si va dai collegamenti con le linee di Nazca, al simbolo massonico, fino a scomodare addirittura le costellazioni. Dopo le foto di rito si prende il largo verso le isole, che raggiungiamo in circa 20 minuti.
Qui inizia il vero spettacolo, protagonista la natura: vediamo colonie di leoni marini, pinguini di Humboldt, milioni di uccelli che godono la piena libertà del loro habitat. Siamo ancora all’inizio ma possiamo già affermare che l’escursione delle isole Ballestas, al largo di Paracas, è da non perdere!
In questo incontaminato santuario della fauna marina l’uomo si stabilisce solo ogni 7 anni, quando 400 persone vivono sull’isola due mesi per estrarre il guano accumulato: il fertilizzante naturale migliore del mondo! Un fertilizzante che piove dal cielo, quindi si consiglia di portare un k-way e tenere la bocca chiusa! L’ultimo “raccolto” risale al 2011, quindi lo Stato dovrebbe autorizzare proprio quest’anno l’estrazione: sembra che ci sarà un bel carico da fare, si “sente” nell’aria.
Dopo aver ammirato anche le stelle marine e gli archi di pietra con l’inquietante profilo Inca che sembra osservare i turisti, alle 09:45 torniamo verso terra dove arriviamo dopo mezz’ora esatta e troviamo il nostro Luis ad attenderci.
Alle 10:30 siamo già nella vicina Riserva Nazionale di Paracas e percorriamo in macchina una delle zone più aride del Sudamerica. Subito dopo l’ingresso ci fermiamo a visitare un’area dove ci sono numerosi fossili marini: sembra incredibile ma dove ci troviamo adesso una volta c’era il mare! Difatti la strada che attraversa il parco non è asfaltata, è sale compattato e reso scuro dai copertoni delle auto ma basta smuoverlo un po’ e rompere la superficie per riconoscere il minerale bianco. In questa zona non piove praticamente mai, altrimenti la strada sarebbe fango.
Durante l’estate la Riserva è molto frequentata perché ci sono spiagge bellissime, la temperatura arriva a 45° e quella dell’acqua sui 25/26. I panorami sono meravigliosi, anche dal belvedere della vicina Cattedrale possiamo ammirare lo spettacolo del deserto che si tuffa nell’Oceano. Questa formazione rocciosa ci ricorda le falesie viste a Etretat, nel recente viaggio in Normandia, anche se possiamo affermarlo solo grazie alle foto presenti sui cartelloni perché in realtà la struttura ad arco è crollata nell’acqua durante il famigerato terremoto del 2007.
Poi ci spostiamo verso la spiaggia Yumaque dove facciamo una lunga passeggiata per vedere le stratificazioni geologiche simili alla scogliera di Sandanbeki, a Shirahama, ammirate durante il viaggio in Giappone. Mentre ci avviciniamo agli scogli, pensiamo che sarebbe bello incontrare da vicino un leone marino: detto-fatto! Ce n’è uno tutto per noi da fotografare! Se ne stava beato sugli scogli e non l’abbiamo visto fino a che non siamo arrivati a pochi passi. Si è mosso impaurito e mentre noi scappavamo da una parte lui prendeva la via del mare, salvo poi fermarsi. Ha capito che eravamo innocui e anche noi siamo tornati indietro e ci siamo avvicinati con prudenza. È stato un incontro fortuito e fortunato, meno fortunato l’incontro successivo, quando a riva è stato sbattuto dalle onde il cadavere di una foca e gli avvoltoi collo rosso si sono subito avvicinati per iniziare il banchetto. Pazienza, è la natura!
La tappa successiva è l’incredibile spiaggia rossa, inaccessibile sia d’estate che d’inverno. La Playa Roja è un’insenatura di sabbia rossa che contrasta con il giallo del deserto e il blu dell’oceano. Il suo colore è il risultato di antiche attività vulcaniche risalenti a milioni di anni fa e, per preservare questo scenario incredibile, è vietato portare via anche un solo sassolino.
Dopo 7 ore trascorse tra barca e macchina, tra mare e deserto e immersi sempre in paesaggi incantevoli, è tempo di tornare alla dura realtà: lo shopping lungo il malecon! Giusto il tempo di ritirare ancora un po’ di contanti da un ATM in strada e iniziamo a visitare alcuni dei tantissimi negozi che vendono souvenir e che saranno, con i loro colori sgargianti e le migliaia di accessori in argento, pietre e smalti, una costante di tutte le tappe del viaggio.
Per iniziare la campionatura di ricordi del Perù, compriamo orecchini e calamite con 10 Sol (2.60 Eu), poi entriamo in un mini market per fare scorta di snack visto che nei giorni successivi trascorreremo molto tempo sul bus: con 6.40 Sol (1.70 Eu) compriamo patatine di pollo a la brasa, arachidi e una confezione di camote, una patata dolce e ovviamente fritta.
Prima di cena ci fermiamo per l’happy hour di Muelle Viejo che ci ha convinto per il suo piano superiore: ordiniamo una Piña Colada, una birra da 66, crostini al prosciutto e ci godiamo un fantastico tramonto sul mare incluso nel conto di 40 Sol (10.50 Eu).
Sono le 19:00 quando ci spostiamo verso il ristorante scelto per cena, l’ultimo in fondo al lungomare di Paracas, La Negra y El Blanco. Anche qui abbiamo scelto un locale terrazzato per vedere il panorama, peccato però che l’illuminazione del porto non sia particolarmente scenica e non si veda granché dopo il tramonto. Restiamo concentrati sul cibo e assaggiamo il famoso ceviche (o cebiche) peruviano: un piatto tipico a base di pesce e frutti di mare crudi, marinati in limone abbondante e spezie. Assaggiamo anche il pescato del giorno, una spigola alla chorrillana, cioè grigliata e saltata con pomodoro e cipolla, servita con patate fritte e riso bianco. Spesa: 88 soles (22 Eu).
Mentre rientriamo verso l’hotel ragioniamo sul fatto che una sola notte a Paracas sarebbe sufficiente: El Chaco si visita tutto il giorno dell’arrivo, l’indomani si possono visitare le isole Ballestas e la Riserva, come abbiamo fatto noi, e poi ripartire già nel pomeriggio verso un’altra destinazione. Certo, il rischio è quello di perdersi il meraviglioso corteo e il comizio del candidato alcalde di turno: ma noi no! Noi siamo qua e ci uniamo alla folla che marcia al grido: “Omar! Amigo! El pueblo esta contigo!”, ed è con questa meravigliosa parafrasi da supermercato che lasciamo la piazza in delirio con decibel da stadio.
Vista l’atmosfera caliente e le birre in circolazione probabilmente la notte sarà lunga e i galli domattina si vendicheranno…

Quanto abbiamo camminato oggi? 9,2 km

04/10 Paracas – Nazca – Arequipa

L’adattamento al fuso va a rilento perché andiamo a dormire molto presto, per cui anche oggi siamo svegli alle 05:00 e decidiamo di accendere i notebook e sistemare qualcosa di lavoro.
Alle 07:00 c’è il richiamo della colazione e andiamo a fare il pieno di uova strapazzate, prosciutto, formaggio, panini con marmellata, banana, tisane e l’ormai adorato succo di ananas frullato fresco-fresco per noi.
Dopo la sbornia generale di ieri, facciamo un giro nella piazza centrale per vedere il paese che si sveglia lentamente, i bambini che vanno a scuola, gli operai al lavoro, mentre noi torniamo in hotel e prepariamo i bagagli con calma.
Alle 10:00 arriva puntualissimo Luis che, come promesso, ci accompagna alla vicina stazione dei bus. Si è capito, dai! Luis Edwin Sotomayor è un autista molto consigliato per un taxi-tour della penisola di Paracas, potete contattarlo anche su WhatsApp al numero (+51) 985470839.
La nostra corriera per Nazca parte alle 10:30 e impiega 3 ore e 50 minuti per arrivare a destinazione. Da questo viaggio in poi abbiamo prenotato dall’Italia solo i posti VIP, a partire da 45 Sol (11.80 Eu), con i sedili reclinabili quasi a 180 gradi. Torneranno utili visto che i prossimi trasferimenti saranno molto più lunghi dei primi due.
Nel corso del tragitto il bus si ferma a Ica, famosa per le dune di sabbia e la vicina oasi di Huacachina, e man mano che ci spostiamo verso l’interno e lasciamo alle spalle il mare, il paesaggio è sempre più desertico. Le morbide colline di sabbia dorata diventano altissime e ripide, poi nel giro di qualche chilometro si liberano dalla sabbia e si trasformano in rilievi aspri e duri.
Lo scenario che segue si ripete come una sequenza già vista e che rivedremo spesso: terreni incolti, aridi, costellati di tante capanne nel bel mezzo del nulla, spesso con le pareti fatte di canne e stuoia intrecciata. Anche i villaggi che attraversiamo mostrano povertà e un senso di incompiutezza che ci ricorda il viaggio in Cambogia: tante baracche sul ciglio della strada, nessun marciapiede per le botteghe e i venditori che sfruttano la strada per vendere la propria merce. La sporcizia e la polvere vengono spazzate via da camion e bus frettolosi di arrivare a destinazione nei luoghi benedetti dal turismo e dal commercio.
Subito dopo Ica il deserto si mostra ancora più sfacciatamente e presto ci rivelerà il suo volto più noto e misterioso. Arriviamo all’autorimessa alle 15:00 con 30 minuti di ritardo e facciamo subito il check-in dei nostri ingombranti bagagli: visto che stasera stessa ripartiremo per Arequipa, useremo il terminal come deposito bagagli per muoverci liberamente durante le nostre escursioni a Nazca.
All’uscita ci propongono diversi taxi tour, in modo un po’ insistente e specificando che altrimenti non avremmo avuto tempo per raggiungere i luoghi d’interesse con i mezzi pubblici prima dell’orario di chiusura. Peccato che non sia vero, visto che i bus locali passano ogni 30 minuti fino alle 22:00. Come lo sappiamo? Abbiamo chiesto: proprio di fronte al terminal Cruz del Sur c’è l’autorimessa di PerùBus che con le sue vetture Soyuz collega le principali città peruviane e fa anche servizi urbani. Rispetto a Cruz del Sur sono più frequentati dalla gente del posto e hanno tempi più compassati, però fanno esattamente quello che cerchiamo: con 3 Sol (0.80 Eu) andiamo al Mirador De Geoglifos, a 30 chilometri da Nazca.
Il bus ci lascia nel mezzo del deserto, davanti a una struttura in ferro presidiata da alcune bancarelle di souvenir. L’ingresso costa 3 Sol e dalla cima della torre si vedono tre figure: la lucertola, l’albero e le mani.
Non siamo interessati ai costosi sorvoli perché non siamo particolarmente attratti dalle linee ma – come si dice? – passavamo di qui… e che fai? Non ti fermi?
Dopo Luigi Di Maio Ministro del Lavoro, un altro grande enigma irrisolto dell’umanità sono le linee di Nazca ?
La provenienza di questi segni incisi nel terreno non è mai stata definita con certezza, probabilmente risalgono a una civiltà pre-incaica vissuta tra il 300 e il 600 d.C.
Le figure sono circa 800 e le linee ben 13.000, sono profonde solo 4 centimetri e si conservano grazie al clima arido. Sono tante le teorie sul significato di questi geoglifi nel deserto, le spiegazioni più frequenti vanno dal culto delle divinità fino alla riproduzione delle costellazioni e… lo sbarco alieno! ?
Mentre siamo impegnati a scattare le foto delle mani per la nostra gallery Instagram arrivano sulla torre due ragazze che siamo certi di aver visto già in aeroporto e a Paracas. Stavolta ci presentiamo e ci ritroviamo a parlare italiano, in cima a un trespolo battuto dal vento, lontani 10.000 chilometri da casa, a raccontare le sensazioni di questo viaggio, gli spostamenti, le tappe che faremo… ma le sorprese non sono ancora finite, perché Claudia e Simona ci hanno detto di essere di Perugia, e Antonio, il ragazzo che lavora al mirador e aiuta i pedoni ad attraversare la Panamericana, ci ha raccontato che sua madre vive da 18 anni proprio a Perugia e che lui sta mettendo i soldi da parte per raggiungerla e restare a vivere in Italia. Quanto è piccolo il mondo! 😉
Dopo i saluti rientriamo separatamente a Nazca e confermiamo che la scelta di prendere il bus locale per raggiungere questo belvedere si è rivelata azzeccata in confronto ai 70 Sol (18.20 Eu) chiesti dai tassisti.
Arrivati in centro individuiamo il posto dove cenare, facciamo una passeggiata lungo il corso principale, Avenida Bolognesi,  e compriamo una t-shirt e un paio di calamite per 20 Sol (5.20 Eu). Ovviamente, anche qui, sono tutti in delirio per le imminenti elezioni e veniamo travolti dall’entusiasmo di un altro corteo elettorale: mentre stiamo fotografando il candidato che sfila, si avvicinano, ci consegnano una maglia e ci invitano a unirci alla marcia. Va bene, seguiamo la folla fino a Plaza de Armas e ci dileguiamo per tornare verso il mercato che ci aveva molto incuriosito, dove vendono polli crudi, verdure, ortaggi e tanta frutta.
La nostra passeggiata finisce proprio di fronte al terminal dei bus, dove c’è il locale scelto e consigliato sulla Lonely: La Kañada (AGG. 02/20: CHIUSO, è diventato Nazka Restobar)
Ordiniamo il tipico tacu tacu di pollo, in pratica quella che da noi sarebbe una ricetta con gli avanzi, perché la base si prepara con una minestra di legumi del giorno prima mescolata con riso fino a creare una massa compatta che viene saltata in padella insieme alla carne. Un sapore bello intenso che abbiamo ammorbidito con un piatto di lomo saltado: straccetti di manzo flambé con cipolle, pomodoro e il segreto dello chef, servito con riso e patate fritte. Spendiamo 51 Sol (13.20 Eu), attraversiamo la strada e raggiungiamo il nostro hotel speciale: il bus notturno Cruz del Sur che alle 22:00 partirà per Arequipa dove arriveremo domattina alle 07:30. Aggiungiamo un’altra esperienza particolare all’avventura e ci prepariamo all’altitudine, si comincia a salire.
Prossima fermata: 2355 metri sul livello del mare.

Quanto abbiamo camminato oggi? 3,2 km

05/10 Arequipa

Durante la notte in bus alterniamo stati di veglia a sonno profondo. I sedili sono comodi e vale la pena spendere qualcosa in più per riposare. Le poltrone VIP sembrano dei letti con tanto di cuscino e coperta e i posti disponibili nel piano inferiore del bus sono soltanto 12, quindi si viaggia tranquilli ma di certo non è una stanza d’albergo!
Arriviamo con un’ora di ritardo e così il viaggio è durato ben 10 ore e mezza! Tutto senza sosta, in pratica è come fare un altro volo intercontinentale.
Abbiamo voglia di sgranchire le gambe e questa esigenza coincide perfettamente con i tempi del nostro Viza Hotel che abbiamo raggiunto con una corsa di 15 minuti in taxi al costo di 10 Sol (2.60 Eu). Con il check-in previsto alle 13:00 la nostra camera non è ancora pronta e ci chiedono di attendere giusto il tempo di terminare le pulizie. Per noi non è un problema, anzi, lasciamo i bagagli e ci precipitiamo da Capriccio, nella vicina Calle Mercaderes. A dire il vero a bordo del bus servivano una piccola colazione ma noi abbiamo bisogno di una grande colazione, è pur sempre il pasto più importante della giornata!
E con pieno spirito peruviano ordiniamo una colazione con pane croccante, costine di maiale, camote fritto e salsa creola, pancakes burro e miele, una gigantesca fetta di torta alle mele, un succo mango, arancia e ananas e un altro mango, ananas e maracuja. Anche il conto, per gli standard peruviani, è in formato maxi: 68.50 Sol (18.70 Eu).
Torniamo in hotel a riposare un po’ e nel primo pomeriggio siamo di nuovo fuori, prima però ci facciamo prenotare un tavolo per domani nel locale di Gastón Acurio: confermiamo la fiducia al noto chef peruviano e a quanto pare non siamo gli unici a giocare d’anticipo, visto che ha tavoli liberi solo alle 19:45.
Iniziamo a esplorare la città dal Claustro de la Compañia, un bellissimo chiostro colonico, con un colonnato perimetrale in sillar finemente scolpito. Il sillar è una pietra vulcanica bianca.
Un tempo il chiostro era un’area di pertinenza della vicina chiesa della Compagnia del Gesù, oggi ospita quello che viene considerato il “centro commerciale più elegante del Sudamerica”.
Anche la chiesa gesuita è molto bella, con una elaborata facciata barocca che risale al 1660, all’interno l’altare è molto decorato e chiaramente ispirato a quello della cattedrale di Siviglia che abbiamo visitato durante il primo viaggio in Andalusia.
Superata la chiesa arriviamo nella meravigliosa Plaza de Armas, la piazza Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO che nell’immaginario collettivo rappresenta idealmente le città coloniche spagnole. Quadrangolare, con un ampio giardino con fontana zampillante al centro, è circondata da tre bellissimi porticati a due piani di colore bianco. Lungo il quarto lato c’è l’imponente cattedrale con i due campanili che svettano e, alle loro spalle, come a riprodurre una similitudine fra architettura e natura, spiccano le cime innevate dei vulcani El Misti e Chanchani. Bianco il sillar, bianchi i porticati, bianche le montagne, capito perché Arequipa è la città bianca? 😉
Visto che la cattedrale apre alle 17:00 facciamo una passeggiata lungo Calle San Francisco dove al civico 108 incontriamo il palazzo nobiliare conosciuto come casa Ricketts, oggi sede di una prestigiosa banca. Si può entrare anche senza fare operazioni agli sportelli perché c’è un cortile molto bello da vedere e una piccola galleria d’arte locale a ingresso libero.
Di fronte questa questa banca ci sono diversi uffici di cambio con un rapporto molto favorevole per l’Euro, lo troviamo a 3.85 senza commissioni. A conti fatti conviene molto di più cambiare qui che prelevare dagli ATM (guadagniamo circa 15 Euro per ogni 100 Euro cambiati).
Al civico 303 della stessa strada troviamo il ristorante Zingaro, precedentemente selezionato, e ci fermiamo a prenotare per assaggiare il famoso alpaca.
Questa bellissima strada termina con la chiesa coloniale del 1553 dedicata a San Francesco, nota per aver resistito a tutti i terremoti che in questa zona sono molto frequenti. Al suo interno è ancora visibile la cupola crepata dall’ultimo sisma. In uscita dalla chiesa incontriamo di nuovo Simona e Claudia, ci aggiorniamo sui nostri spostamenti e ci salutiamo per andare a visitare la cattedrale.
Sulla basilica cattedrale non c’è molto da dire perché l’imponenza esterna è di gran lunga migliore degli interni, questo perché l’edificio negli anni ha subito danni irreparabili a causa di incendi e terremoti, quindi non resta niente che risalga alla fondazione del 1656. Addirittura l’intera struttura attuale risale al 1868, grazie all’ultima ricostruzione avvenuta successivamente a un sisma che l’aveva completamente rasa al suolo.
Al termine della visita lasciamo il centro storico, superiamo il ponte Grau e percorriamo circa 400 metri per arrivare al Monasterio de la Recoleta che purtroppo troviamo chiuso. La nostra guida diceva che sarebbe stato aperto fino alle 20:00 ma alle 19:00 è già tutto buio e spento.
Chiediamo informazioni a un signore che sosta sull’uscio, e che poi scopriamo essere il parroco, il quale prima ci conferma la chiusura del museo, poi prende il telefono, chiama qualcuno e gli dice che ci sono due turisti. Terminata la chiamata ci dice di aspettare cinque minuti perché un suo collaboratore ancora all’interno avrebbe aperto il museo solo per la nostra visita. L’ingresso costa 10 Sol (2.60 Eu) e ovviamente non ci tiriamo indietro, nonostante l’isolamento e l’insolita dinamica per accedere.
Quando viene ad aprirci un ragazzo pallido e silenzioso, ci inghiotte un’atmosfera esoterica e inquietante. Il museo ha poche sale piene di reperti raccolti dai missionari spagnoli e ci sono conservate mummie e teschi impressionanti per stato di conservazione. Le stanze sono buie e siamo le uniche persone nel monastero, tutto è spento e per salire al piano superiore usiamo la luce del nostro cellulare. Siamo sicuri che rivivere nella nostra immaginazione le scene principali dei film horror valga la pena rispetto a quello che siamo venuti a vedere: un’antichissima biblioteca con oltre 20.000 volumi risalenti al 1500!
Passeggiamo sulle assi malconce che scricchiolano e restiamo affascinati nel percorrere una teca lunga quanto l’intera stanza, decine di metri, dove è riprodotta la storia dell’umanità tramite disegni, testi e la genealogia di tutte le case regnanti del mondo, dall’arca di Noè fino alle successioni di Papi, Re, Imperatori e dinastie del XIX secolo.
Dopo quasi un’ora col fiato corto, anche per via dell’altitudine, siamo pronti per la cena dallo Zingaro. Appena seduti ci portano delle focaccine salate al rosmarino per accompagnare la birra Arequipena. Poi ordiniamo tequenos, involtini di pasta sfoglia ripieni di prosciutto e formaggio, serviti con un ottimo guacamole. Come piatti principali prendiamo due portate adorate in Perù: il cuy croccante, il porcellino d’India piatto nazionale, servito con patate e insalata; e poi un favoloso filetto di alpaca in salsa al rosmarino servito con verdura, yucca fritta e patate dolci. Lasciamo sul tavolo 144 Sol (37.40 Eu) per quella che sarà una delle cene migliori del viaggio.
Dopo l’ultima notte in pullman è ora di godersi la suite che ci siamo concessi come premio per i primi giorni di sbattimenti. E non saranno gli ultimi… 😉

Quanto abbiamo camminato oggi? 9,8 km

06/10 Arequipa

Dopo una bella notte di sonno ristoratore, anche l’hotel Viza ci regala una magnifica colazione dolce e salata. Visto che è molto presto, prima di uscire torniamo a scaricare un po’ di posta e alle 12:00 ci avviamo verso il Monastero di Santa Caterina da Siena. L’ingresso costa 40 Sol (10.40 Eu) e una volta varcati i tornelli della biglietteria si comprende subito perché questo luogo sia noto anche come “la città nella città”.
Il Monastero di Santa Catalina è stato costruito nel 1579 ed è tuttora cinto da mura che occupano un intero isolato di Arequipa. Con la sua superficie di 20.000 metri quadrati è il monastero di clausura più grande al mondo! Aperto al pubblico nel 1970 dopo 390 anni di isolamento, nel 2000 è stato registrato come sito Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Negli anni non ha mai ospitato tantissime monache ma le dimensioni sono sempre cresciute perché dopo terremoti e incendi distruttivi venivano aggiunte nuove celle, chiostri, cucine, finché non decisero di circoscrivere le mura e collegare le diverse aree con vere e proprie strade che hanno nomi di città spagnole. La personalità di maggior spicco è Suor Ana, una monaca che oggi è oggetto di culto popolare per via dei tanti miracoli e per le predizioni. Talmente amata e venerata che nel 1985 Giovanni Paolo II la beatificò.
Oggi il monastero ospita solo 15 monache che non hanno contatti con i turisti a spasso tra il chiostro degli aranci e quello delle novizie, non vedono nessuno sbirciare nelle vecchie cucine, nelle austere celle monastiche o nel refettorio. Continuano a preservare la loro riservatezza e lasciano che siano gli altri a godersi l’intera struttura, caratterizzata soprattutto dai colori intensi delle sue mura: blu, rosso, giallo e bianco si mescolano nel labirinto dei vicoli che collegano i diversi ambienti e contrastano tra loro. Notevole anche l’esposizione di tele nella grande pinacoteca, qui sono esposti i migliori dipinti della scuola cusquena, che rappresenta la fusione delle culture inca e spagnola.
Il Monastero è considerato l’esempio più bello di architettura coloniale dell’intero Sudamerica e da quando è stato aperto al pubblico, Arequipa ha avuto un boom turistico che ha migliorato complessivamente la città e la vita dei suoi abitanti.
La visita dura circa 3 ore ed è semplificata da una mappa in italiano che rilasciano alla biglietteria.
All’uscita ci fermiamo a cambiare Euro in Soles perché per la prossima visita che faremo al Museo Santuarios Andinos non accetteranno carte di credito ma solo contanti. L’ingresso costa 20 Sol (5.20 Eu) e nonostante l’opuscolo informativo e la mappa in italiano, non è possibile visitare il museo da soli ma bisogna seguire una guida (e al termine lasciare una mancia, non inclusa nel prezzo). La visita inizia con un filmato di 20 minuti e alla cassa organizzano i gruppi in base alla lingua e ai sottotitoli delle proiezioni, quindi dopo aver fatto il biglietto ti assegnano un orario per vedere il documentario al termine del quale parte il tour del museo. Prima però è obbligatorio lasciare zaini, macchine fotografiche e smartphone.
Perché tante attenzioni? Per proteggere Juanita, una delicata mummia ritrovata nel 1995 dall’archeologo Johan Reinhard in uno straordinario stato di conservazione! La piccola Juanita è stata una vittima sacrificale degli Inca, rinvenuta sul Nevado Ampato in seguito a un’eruzione vulcanica che ha sprigionato calore e sciolto il ghiaccio rivelando il tumulo dov’era sepolta. Questo ritrovamento ha permesso agli archeologi di scoprire molto sui riti incaici, sulle vittime, sui sacerdoti e sulla preparazione del sacrificio che iniziava mesi prima con un lungo pellegrinaggio che partiva da Cuzco per raggiungere la cima del vulcano El Misti.
Il nostro filmato inizia alle 16:20 e al termine la nostra guida Jorge ci accompagna per un giro esclusivo, visto che siamo gli unici italiani. Ascoltiamo tutta la storia del ritrovamento di Juanita e le missioni che si sono succedute per proteggere la scoperta fatta a oltre 5500 metri di altitudine e ampliare gli scavi che porteranno alla scoperta di altri tumuli e altre mummie. Colpisce molto sapere che erano solo bambini, appartenenti alle classi più agiate, che erano “consenzienti” e addirittura onorati di essere vittime sacrificali, e che venivano storditi con bevande allucinogene. Attenzione! Le sale del museo conservano mummie congelate e quindi le temperature sono basse in tutte le stanze, in sintesi: fa un freddo boia!
Ok, anche oggi abbiamo fatto il pieno di cultura peruviana e imparato cose nuove. Ora ci possiamo dedicare a un po’ di shopping prima di salutare l’elegante Arequipa. Torniamo quindi in Plaza de Armas e sotto il porticato troviamo l’enorme Galleria degli Artigiani El Tumi de Oro (esattamente l’indirizzo è Portal de Flores, 126): un intricato labirinto di negozietti dove compriamo un bellissimo anello d’argento che riproduce le foglie di coca, una t-shirt, due scialle misto cotone e alpaca, per una spesa totale di 95 Sol (24.80 Eu). Poi proseguiamo lungo Calle Catalina e con 115 Sol (29.95 Eu) acquistiamo ancora orecchini di argento e turchesi per fare alcuni regali.
Sono quasi le 20:30 ed è il momento di far valere la nostra prenotazione da Chicha: dopo aver assaggiato i sapori di mare proposti a Lima dallo chef stellato Gastón Acurio, oggi proviamo il suo ristorante di Arequipa per assaggiare i piatti di carne. Per iniziare ordiniamo l’ocopa, una salsa tipica di Arequipa con patate al salerillo, rosolate insieme a uova e formaggio fritto. Poi passiamo al tradizionale adobo, uno stufato di Arequipa con tre tagli di manzo cotti con origano, cipolla, aglio e chicha, una bevanda poco alcolica che deriva dalla fermentazione non distillata del mais, nota per essere la birra ancestrale delle popolazioni native sudamericane che la bevono anche oggi. E per finire un piatto di alpaca al curry con frutta di stagione e quinoa saltate in padella. Lasciamo sul tavolo solo 147 sol (38.30 Eu) anche perché non è stato possibile ordinare vino o birra: la sera prima delle elezioni non si possono vendere alcolici. Un’idea niente male, visto come sono andate le ultime elezioni dovremmo provarla anche dalle nostre parti 😉
È il momento di salutare Arequipa, bella, tranquilla, con un clima perfetto per fare una prima tappa di adattamento all’altitudine. Domani si riprende la strada, domani si sale ancora.

Quanto abbiamo camminato oggi? 6,6 km

07/10 Arequipa – Puno – Isole Uros

Ancora una levataccia alle 06:00, pubblichiamo una foto su Instagram, facciamo una colazione leggera con pane, burro, marmellata e tisane, e prepariamo un paio di sandwich da portare via. Chiudiamo l’ennesima valigia e alle 08:00 scendiamo a prendere il taxi prenotato. In questa occasione c’è stato l’unico episodio di tassista furbetto perché, siccome ha aspettato 10 minuti in strada, ci chiede 20 Soles invece dei 6 pattuiti con la reception. Durante il tragitto gli spieghiamo che non è colpa nostra: se nessuno ci avvisa, perché dovremmo scendere 10 minuti prima dell’orario stabilito? Va be’, alla fine gli diamo 13 Sol (3.40 Eu) e ci salutiamo da amici.
Entriamo nel terminal del bus con 20 minuti di anticipo, il margine più ridotto del viaggio, e riscontriamo che qui sono meno organizzati rispetto ai precedenti terminal. Per fare il check-in delle valigie aspettiamo 30 minuti perché devono scaricare prima i bagagli arrivati con il bus notturno partito da Nazca. Spieghiamo più volte che il nostro pullman sta per partire ma niente da fare, continuano a scaricare e a dirci di aspettare.
A un tratto annunciano l’imbarco immediato per i passeggeri diretti a Puno e allora qualcuno si sveglia e prende in custodia le nostre valigie. Come se non bastasse, dopo l’attesa di mezz’ora e la brusca accelerazione dell’imbarco, ci spiegano che trattandosi di un terminal pubblico è necessario pagare una tassa di 3 Sol (0.80 Eu) prima di salire a bordo. Ma non potevano dirlo prima?! Corriamo ai banchi di accettazione, paghiamo, torniamo e finalmente saliamo sul bus.
Alle 08:50 partiamo e pensiamo a come avverrà il collegamento con la nostra prossima destinazione, visto che abbiamo organizzato via internet dall’Italia l’escursione in programma. Per fortuna tutto fila liscio: arriviamo a Puno alle 15:20 e troviamo ad attenderci al terminal Jonathan, il tassista che ci accompagna a un imbarcadero privato dove ci aspetta la famiglia del nostro contatto Eddy, che gestisce Los Uros Aruntawi Lodge situato su una delle 180 isole galleggianti dell’arcipelago Uros, sul lago Titicaca.
Abbiamo fatto una lunga ricerca prima di decidere dove andare per vedere lo stile di vita isolano più autentico e meno frequentato dal circuito turistico, e alla fine abbiamo optato per questa famiglia e non abbiamo sbagliato.
Sulla barca troviamo Eddy, la mamma Salomè e la sorella Emily, erano stati a Puno per votare e sarebbero tornati sull’isola insieme a noi.
Appena partiti si scatena un gran temporale con tuoni e fulmini che illuminano il cielo immenso su questo lago a 4000 metri di altitudine. Ci fermiamo un istante presso una specie di casello galleggiante per pagare gli 8 Sol (2.10 Eu) richiesti per accedere ai territori lacustri dell’antica tribù Uros.
Le isole Uros prendono il nome dal popolo di lingua quechua che le abita da secoli. Per sfuggire agli Inca, gli Uros si insediarono nel lago Titicaca al largo di Puno, su isole artificiali costruite con canne di totora. Sono isole galleggianti e flottanti, ancorate al fondo ma con la capacità di spostarsi se necessario. Sono costruite interamente con le canne del lago e necessitano di continua manutenzione: ogni circa tre mesi gli strati superficiali vengono rinnovati con nuove totora per compensare la perdita degli strati più profondi che marciscono a contatto con l’acqua.
L’isola della famiglia di Eddy è piccola ma molto curata, con diverse capanne per ricevere ospiti e una sala comune dove sorseggiamo del mate di coca per contrastare l’altitudine che si fa sentire, specialmente con un gran mal di testa. Ci mostrano la camera dove potremo soggiornare ma la cosa che notiamo – oltre all’assenza di acqua calda – è che fa un gran freddo. Siamo intorno ai 3 gradi umidi, piove e sicuramente con l’avanzare della notte la temperatura scenderà ulteriormente, addirittura di un grado sotto lo zero secondo le previsioni. Non siamo pronti a restare e rischiare di compromettere il resto del viaggio con un’influenza, poi la pioggia continua a cadere e ci impedisce di stare all’aperto e andare a pesca come avremmo voluto fare. Quindi dopo 4 ore in compagnia di questa splendida famiglia, scambiamo alcuni regali che abbiamo portato per loro dall’Italia e torniamo sulla terraferma. 
Sono tutti molto carini e premurosi, ci accompagnano alla barca e alle 20:00 organizzano il ritorno a terra e il nuovo incontro con Jonathan che ci porta all’hotel Balsa Inn prenotato al volo grazie a Eddy.
Visto che è tardi, siamo stanchi e infreddoliti dopo ore di viaggio e pioggia, facciamo una cena in hotel a base di pollo e riso e torniamo in stanza a riposare. Domani ci aspetta un altro piccolo tour de force e dobbiamo recuperare energie.

Quanto abbiamo camminato oggi? 1,8 km

08/10 Puno – Taquile – Puno

L’hotel in cui siamo e che abbiamo scelto ieri sera, ha due caratteristiche determinanti per un soggiorno a Puno: l’acqua calda corrente e un impianto di riscaldamento, due cose che non sono affatto considerate comuni ma che fanno la differenza. Non solo, su richiesta hanno a disposizione anche bombole di ossigeno che portano in camera per favorire la respirazione.
Dopo una notte al caldo, siamo pronti già all’alba e alle 07:45 aspettiamo un nuovo autista inviato da Eddy che ci riporterà sull’isola per fare poi rotta verso Taquile.
Riabbracciamo volentieri Emily e la mamma, anche perché splende un magnifico sole, il cielo è limpido e ci sono 16 gradi che fanno ben sperare: è tutta un’altra cosa rispetto alla giornata buia e piovosa di ieri.
Alle 09:00 ci portano verso un’imbarcazione più grande che sta facendo un giro turistico delle isole Uros. Facciamo un abbordaggio da provetti marinai e ci trasferiamo dopo aver pagato a Eddy 80 Sol (20.90 Eu) per tutto il disturbo, inclusi i passaggi in barca, l’escursione a Taquile e i trasferimenti in auto da e per l’hotel.
Alle 09:30 prendiamo il largo, la terraferma si allontana e l’acqua del Titicaca diventa sempre più blu.
Le barche che attraversano il lago sono di diversi tipi e i prezzi variano in base al comfort e alla durata del viaggio. La nostra è una speed boat che impiega un’ora e mezza per arrivare a destinazione, poi ci sono le regular boat che ci mettono 2 ore e mezza, e infine le artesenales che impiegano il doppio del tempo!
A bordo ci mostrano una cartina che mostra dall’alto in che punto siamo, così possiamo capire la conformazione del territorio circostante e il punto in cui le due penisole antistanti a Puno lasciano un passaggio verso il lago aperto che porta nel cuore del Titicaca. Superata questa bocca vediamo da lontano le sagome delle isole Taquile e Amantani. Siamo a 3800 metri sul livello del mare e a Taquile arriveremo a 4000 dopo una scarpinata che ci porterà sulla sommità dell’isola.
La barca ormeggia sul lato dell’isola opposto a Puno e antistante la Bolivia, la cui terra si vede in lontananza. Prendiamo un sentiero ripido che sale verso l’alto e si sente l’affanno di uno spostamento in altitudine. Fa anche caldo ma, superate le rampe iniziali, l’escursione procede liscia tra scenari indimenticabili, fino ad arrivare alla struttura che ospita la cooperativa costituita dagli abitanti del villaggio.
Per gli abitanti di Taquile il turismo è stato una benedizione: sono vegetariani, non mangiano gli animali che allevano e vivono dei prodotti che offre la terra in un ambiente circoscritto. Con il turismo hanno potuto variare la loro alimentazione e soprattutto collegarsi più spesso con Puno, migliorando notevolmente le condizioni di vita pur mantenendo salda la loro identità comunitaria che preservano con devozione.
Nella comunità sono gli uomini che lavorano a maglia sin dall’età di 8 anni, mentre le donne tessono al telaio. Assistiamo a una dimostrazione dal vivo e ci mostrano anche la preparazione di una schiuma detergente ricavata pestando alcune erbe e mescolandole con l’acqua, in pratica un sapone vegetale. I vestiti tradizionali sono i più sgargianti ed eleganti del Perù e ballano per noi una danza che ogni anno eseguono tutti i giorni dal 25 luglio al 5 agosto, accompagnati dai famosi flauti e da tamburi.
Al termine dell’esibizione aprono un banco per vendere cappelli, sciarpe, guanti, tovaglie, bracciali, contraddistinti da un numero che rappresenta la famiglia che ha realizzato il manufatto. Intanto la cucina lavora per preparare un pasto a base di zuppa di quinoa, omelette al formaggio di mucca non pastorizzato e trota fritta.
Noi restiamo a guardare il panorama, alla nostra destra c’è Amantani con il verde brillante delle piante autoctone e tutto intorno a noi il blu cobalto del Titicaca: nel catino del lago navigabile più alto del mondo l’unica cosa che si riflette sull’acqua è il cielo, come in un gioco di specchi. 
Prima di iniziare la discesa chiediamo al nostro accompagnatore un altro rimedio per il soroche, il mal d’aria. Si rivolge a un giovane del villaggio che va dietro un cespuglio e torna con alcuni rametti di muña, un’erba che sfregata tra le mani e poi inalata riduce il senso di nausea. Finora tra tutte le cose provate, dal mate alle caramelle, alla masticazione diretta delle amarissime foglie di coca, sembra che sia il rimedio più efficace.
L’itinerario riprende con la discesa verso l’altro versante dell’isola dove c’è una bellissima spiaggia di sabbia bianca e nei paraggi la nostra barca che ci attende per ripartire alle 14:00 e arrivare a Puno dopo due ore di navigazione. Facciamo due ore e un po’, perché a qualche chilometro dalla costa l’imbarcazione resta senza benzina e devono dar fondo alla riserva! Dopo questo imprevisto sbarchiamo e prendiamo la navetta che ci porterà al Casona Plaza Hotel Centro.
Scegliamo il ristorante e prenotiamo dalla reception il taxi che domani ci porterà al terminal per prendere l’ultimo bus del viaggio che ci lascerà a Cuzco, l’antica capitale inca.
Prima di cena passeggiamo lungo la vicina strada pedonale Jirón Lima, piena di bottegucce e ristoranti. Compriamo un paio di calamite e poi entriamo da Valeria, un bel ristorantino caldo e accogliente dove ordiniamo filetto di alpaca con purè di patate e insalata di quinoa; e un filetto di manzo con purè di yucca e verdure. Abbiamo bisogno di proteine per integrare al termine di una giornata impegnativa che ci ha fatto disperdere molte energie, mentre il fisico si prepara a combattere il freddo intenso che sta arrivando con la notte.
Lasciamo sul tavolo 73 Sol (19 Eu) e facciamo rientro in hotel ma… poco prima di entrare nel nostro albergo veniamo attirati da una musica fortissima che suona dietro un portone semi-aperto. Ci affacciamo a sbirciare e vediamo festoni e luci anni ’80 di una festa privata, sembra un matrimonio. Incuriositi, chiediamo di cosa si tratta e ci spiegano che è una festa religiosa organizzata nella sede di un gruppo folklorico. A un certo punto sembrano accorgersi tutti di noi che siamo sulla soglia, ci vengono incontro alcune persone e ci invitano a entrare. Sembra brutto tirarsi indietro e così nel giro di pochi secondi ci troviamo seduti a tavola con donne e uomini in abiti tradizionali che stappano birre calde in continuazione e ci offrono da bere.
Di certo non è che si può parlare e socializzare con la musica a palla e la birra a fiumi, quindi come va a finire? Che si balla! E così ci ritroviamo al centro di danze peruviane fotografati e filmati da tutti, un po’ come successe durante i viaggi in India e Cambogia, quando volevamo vedere da vicino persone e stili di vita genuini e siamo finiti per diventare noi il divertimento della serata! 🙂
Peccato per la levataccia che ci aspetta domani, saremmo rimasti volentieri a lungo con i nostri nuovi amici peruviani 😉

Quanto abbiamo camminato oggi? 5,6 km

09/10 Puno – Cuzco

Sveglia alle 06:00, giusto il tempo di fare colazione e alle 07:15 prendiamo il taxi che in meno di 10 minuti ci lascia all’autorimessa dei bus. Anche qui, come ad Arequipa, paghiamo la tassa per il terminal condiviso (1.50 Sol, 0.40 Eu) e procediamo all’imbarco.
Alle 08:00 lasciamo Puno per raggiungere Cuzco dopo altre 7 ore e mezza di viaggio, una in più del previsto a causa di un tremendo incidente e la pioggia. Questo era proprio l’ultimo bus Cruz del Sur del viaggio!
Ok, esperienza molto on the road, molto hippie, molto immersiva. Del genere “da provare almeno una volta nella vita”. Ok, una.
L’ho fatto e ora non voglio vedere un bus a lunga percorrenza per i prossimi 40 anni! Questi lunghi spostamenti a 90 all’ora si sono sentiti tutti, forse anche perché sono stati molto concentrati. Se avete pochi giorni da trascorrere in Perù questo itinerario si può fare anche con voli interni. Opzione da considerare 😉
Fuori dal terminal prendiamo subito un taxi che per 15 Sol (3.90 Eu) ci lascia dopo 20 minuti davanti al nostro Union Hotel Cusco dove ci attende l’albergo più bello del viaggio. Abbiamo fatto lo stesso ragionamento applicato ad Arequipa: dopo gli sbattimenti in giro, un paio di giorni di suite ce li meritiamo. Nella stanza il letto è addirittura più largo che lungo ma c’è tempo per riposare, dopo le ore in pullman vogliamo solo uscire e fare un giro esplorativo dell’antica capitale Inca.
A pochi metri da noi c’è il Mercado San Pedro e l’omonima chiesa adiacente, facciamo un giro in entrambi ma al mercato torneremo domattina, durante la piena attività. Intanto abbiamo capito che è un ottimo posto per fare acquisti di souvenir.
Siamo a 3400 metri e l’aria rarefatta si sente mentre camminiamo lungo Calle Santa Clara, proseguiremo dritti finché la strada non arriverà nel magnifico scenario di Plaza de Armas.
Intanto la luce del sole sta per scomparire e con l’arrivo del buio migliaia di abitazioni costruite l’una sull’altra, illuminano i fianchi delle montagne che circondano Cuzco: sembra un presepe. Facciamo una sosta per vedere la Basilica Menor de la Merced e poi raggiungiamo la piazza principale.
Andiamo dritti al centro dell’enorme rettangolo, proprio qui Pizarro ha dichiarato la conquista della città da parte degli spagnoli e la sconfitta degli Inca. Per avere una visione d’insieme ci posizioniamo vicino alla fontana zampillante che in cima ha la statua di Pachacutec, l’ultimo imperatore inca rappresentato con il braccio teso, una gestualità ieratica riservata a chi guida un intero popolo. Il sovrano oggi è qui, al centro del suo antico impero e di fronte la sacra cattedrale dei suoi nemici, come se quell’epoca non fosse ancora finita. La piazza ha ripreso il nome antico di Huacaypata perché la riconquista della propria identità passa anche attraverso il recupero dell’antica toponomastica quechua che esprime l’orgoglio dei nativi. Ci vengono in mente le parole di Abramo Lincoln: “La forza conquista ogni cosa, ma le sue vittorie sono di breve durata”.
Osserviamo ancora con attenzione gli edifici che circondano la piazza: su due lati ci sono lunghi porticati con grandi balconi in legno finemente intagliato, su un altro lato la cattedrale barocca, poi altre strutture in stile coloniale mescolate con resti delle antiche mura dell’epoca Inca.
Siamo qui da poche ore e non abbiamo visto molto, però abbiamo la netta sensazione di trovarci nella più bella città che vedremo in Perù, anche meglio di Arequipa che nel nostro immaginario pre-partenza era al primo posto!
La passeggiata finisce alle 20 proprio davanti al ristorante scelto per cena: Uchu Peruvian Steakhouse. Locale intimo, molto ben arredato e soprattutto buono: qui mettiamo a segno la miglior cena del viaggio.
Ordiniamo causas con patate bollite aromatizzate alle erbe e anticuchitos, dei piccoli spiedini di pollo cotto alla piastra dopo la marinatura in aji panca e chicha de jora, cioè salsa piccante e birra di mais, accompagnati da avocado e crema di aji amarillo. Più lungo da descrivere che da mangiare! Mentre bastano poche parole per il piatto più noto di Uchu: tre filetti di carni nazionali da 110 grammi l’uno. Noi abbiamo scelto manzo, alpaca e agnello serviti al sangue su una pietra ardente su cui possiamo mettere a punto la cottura preferita. Il gusto viene esaltato da salse e le immancabili patate fritte. Da bere acqua e birra cusqueña, per un totale di 127 Sol (33.30 Eu).
Dopo un assaggio di Cuzco, adesso è tempo di rientrare con la pancia piena in hotel per goderci la nostra meritata suite: il premio per festeggiare la fine dei trasferimenti in bus!

Quanto abbiamo camminato oggi? 4,6 km

10/10 Cuzco

Cuzco esprime bene tutta l’essenza del Perù: sontuose chiese, resti di imponenti mura inca e vicoli acciottolati che si intersecano con sontuosi viali coloniali. La nostra intera giornata dedicata alla scoperta della storica capitale inca inizia alle 08:00 e dopo colazione usciamo per tornare al mercato San Pedro. Prima di entrare, però, ci fermiamo a trattare con un tassista il tour che abbiamo programmato per domani, quando per raggiungere Machu Picchu ci sposteremo verso Ollantaytambo attraverso la Valle Sacra.
Il tassista che ieri ci ha portato in hotel ha chiesto 180 Sol (46.90 Eu), quello interrogato fuori il mercato addirittura 250 (65.10 Eu)!
Decidiamo di aspettare un po’ prima di accettare e ci concentriamo sul mercato in piena attività: i negozi sono tutti aperti e tante persone mangiano e bevono. I banchi sono pieni di cibo ed è un festival di colori e profumi: gelatine zuccherate, frullati, frutta fresca di ogni genere, spezie…  c’è anche un’area decisamente più pulp, che ospita i macellai. Questa zona è piuttosto truculenta, solo per stomaci forti: ci sono enormi teste di mucca, lingue, zampe, musi e cuori pronti per essere arrostiti infilzati in uno spiedo, una specialità molto apprezzata.
Continuiamo anche il nostro confronto prezzi tra i banchi di souvenir e poi ci spostiamo verso Plaza de Armas. Siamo fermi sul marciapiede in attesa di attraversare e dall’altro lato della strada chi vediamo? Simona e Claudia! Quanto è piccolo il Perù! Scambiamo i saluti, ci aggiorniamo sugli ultimi spostamenti e soprattutto ci consigliamo i ristoranti provati nella capitale storica ?
Dopo il nostro rituale arrivederci riprendiamo l’itinerario che ci porta dritti nella cattedrale dove facciamo un biglietto cumulativo per visitare anche altri siti, al costo di 30 Sol (7.80 Eu).
Che dire, in tutta sincerità anche qui come ad Arequipa, gli interni valgono meno degli esterni. La cattedrale – come altre chiese viste finora – non è particolarmente memorabile, specie per noi che veniamo dall’Europa. La cosa più curiosa che abbiamo notato è un grande dipinto dell’Ultima Cena dove al centro del tavolo, davanti a Gesù e gli apostoli, c’è un cuy, il porcellino d’India piatto nazionale; a confermare come la scuola cusqueña sia stata capace di unire la cultura cattolica cristiana con quella dei nativi.
All’uscita troviamo un tassista seduto in macchina e domandiamo anche a lui il prezzo del taxi-tour che intendiamo fare domani, stavolta con idee ancora più chiare perché abbiamo acquisito più informazioni e sappiamo esattamente cosa desideriamo vedere: un paio di siti, la saline di Maras e Ollantaytambo, dove ci attende il treno che ci porterà ad Aguas Calientes, la località di riferimento per raggiungere Machu Picchu.
Ci accordiamo con Willy per 150 Sol (39 Eu) e scambiamo i numeri di telefono per dare conferma via WhatsApp una volta tornati in hotel. A proposito, Willy Castillo Gonzales si è confermato persona di fiducia e disponibile. Pertanto lo consiglio per un giro turistico di Cuzco e dintorni, potete contattarlo su WhatsApp al numero +51 962 216482. 
Dopo aver sondato i prezzi un po’ ovunque, inizia il momento dello shopping, entriamo in un consorzio di artigiani e scegliamo il banco di una signora che vende un po’ di tutto, per fare più acquisti e avere uno sconto cumulativo. Compriamo due belle sciarpone, due t-shirt, calze di alpaca, tre pochette e spendiamo 143 Sol (37.20 Eu). Torniamo in hotel per lasciare gli acquisti fatti e inviamo un messaggio a Willy per dargli appuntamento domani alle 12:00 in hotel: anche questa è andata!
Usciamo di nuovo, prendiamo un taxi e spendiamo 5 Sol (1.30 Eu) per andare a San Blas. Il tragitto non è lungo ma c’è un gran traffico e impieghiamo 30 minuti per arrivare: a piedi avremmo fatto sicuramente prima! La chiesa che intendiamo visitare prende il nome dal quartiere che la ospita ed è aperta fino alle 18:00, noi ci presentiamo alla cassa trafelati giusto 2 minuti prima della chiusura ed entriamo spediti con il nostro biglietto cumulativo. Bastano 10 minuti per la visita, la chiesa è piccola e gli elementi di rilievo sono giusto un paio: l’altare tutto in lamina d’oro e il pulpito magistralmente scolpito da un unico (e gigantesco) tronco d’albero che pare sia la miglior opera di legno intagliato delle Americhe.
La nostra passeggiata prosegue da piazza San Blas, stretta tra le strade parallele di Carmen Alto e Bajo. Questo è il quartiere degli artisti che ha avuto un boom negli ultimi anni, si trovano molte botteghe artigiane, piccoli ristoranti e alloggi per backpackers. Per quanto abbiamo visto è una zona un po’ fricchettona come se ne trovano in tutto il mondo e i cacciatori di souvenir qui non faranno affari, molto meglio i prezzi del Mercado San Pedro.
La parte più interessante del quartiere è la passeggiata da fare seguendo il lungo sentiero acciottolato Tandapata: una stretta viuzza pedonale che si districa tra vicoli e scalinate. Isolati dal traffico, sembra di tornare indietro nel tempo mentre si cammina tra mura megalitiche, canali di irrigazione e resti di decorazioni inca.
Ci piace molto camminare in questa zona di Cuzco e continuiamo finché non incrociamo Sunturwasi e Hatunrumiyoc, un lungo e importante doppio-vicolo inca che termina in Plaza de Armas. Da qui riconosciamo il tragitto per tornare in hotel e visto che siamo stanchi e dobbiamo prepararci alla fase finale del viaggio, rientriamo. Prima però facciamo una piccola spesa nel supermarket vicino e poi andiamo andiamo a dormire senza troppe cerimonie dopo aver cenato a base di riso e pollo nel ristorante dell’hotel. Machu Picchu stiamo arrivando!

Quanto abbiamo camminato oggi? 7 km

11/10 Cuzco – Valle Sacra – Ollantaytambo – Aguas Calientes (Machu Picchu)

Oggi ci aspetta un lungo spostamento in auto attraverso il Valle Sagrado, la Valle Sacra degli Inca, per raggiungere il treno che ci porterà all’apice di questo viaggio: Machu Picchu.
Dopo colazione prepariamo i bagagli e li lasciamo in reception perché domani, dopo l’escursione a Machu Picchu, torneremo a dormire in questo albergo.
Lasciare i bagagli in hotel e muoversi con degli zaini più leggeri è una pratica molto usata, noi l’abbiamo già applicata a Puno e sono così tanti i viaggiatori che adottano questo espediente che gli hotel sono preparati. In particolar modo proprio tra Cuzco e Machu Picchu è una prassi consolidata, anche perché Aguas Calientes non è che sia granché e trascorrerci una notte basta e avanza.
Prima di partire torniamo ancora a San Pedro per gli ultimi acquisti a Cuzco: cinque ciondoli, orecchini, shottino, agendina, peluche di alpaca, sei magneti e un borsellino per un totale di 100 Sol (26 Eu) pagati con Amex (in un mercato! un mercato peruviano!).
Alle 12:00 arriva puntuale il nostro tassista Willy e iniziamo le escursioni di oggi dal Qorichanka (ingresso 15 Sol, 3.90 Eu solo in contanti). Cuzco è tutta un affascinante intreccio di resti precolombiani e architettura coloniale ma l’emblema della fusione tra le due culture è visibile in questo tempio. Il colpo d’occhio esterno riassume perfettamente quanto è celato dietro le spesse mura: la struttura dell’attuale chiesa e il convento domenicano poggiano sulle solide fondamenta di antichi templi inca dedicati alla luna, alle stelle, all’arcobaleno e al tuono.
Qorikancha è l’emblema di come i conquistadores abbiano sostituito il culto politeista dei nativi con quello monoteista cattolico, costruendo un convento in stile coloniale sopra il più ricco tempio dell’impero inca. Tempio che fu addirittura un regalo di Francisco Pizarro a suo fratello Juan… e che regalo! Muri ricoperti da 700 lamine d’oro di 2 chili ciascuna e al centro una fonte ottagonale rivestita da 55 chili di oro massiccio! (Tutto ovviamente trafugato e fuso pochi mesi dopo l’arrivo degli spagnoli).
Al termine della visita torniamo da Willy e prendiamo una strada che ci porta fuori Cuzco e inizia a salire fino ai 3800 metri di quota di Chinchero. In questo villaggio d’altura ci fermiamo a visitare un’officina tessile di famiglie consorziate che filano la lana per produrre accessori che poi vendono a Cuzco. Qui abbiamo un incontro molto ravvicinato con la materia prima di questi artigiani: lama e alpaca pascolano fuori i cancelli e ne approfittiamo per qualche foto insieme alle star della fauna peruviana.
Riprendiamo la marcia fino a un belvedere che conosce Willy e che ci offre un panorama maestoso: alla nostra destra c’è Pisac, di fronte l’enorme massiccio Chicón con i suoi 5530 metri e la cima innevata, in basso la valle in cui scorre il fiume Urubamba.
L’aria è fredda e minaccia pioggia, risaliamo in macchina e andiamo dritti alla prossima tappa: le saline di Maras. L’ingresso costa 10 Sol (2.60 Eu) e basta un’occhiata d’insieme per meravigliarsi ancora di fronte all’ingegno dell’uomo e alla generosità della natura. Siamo in una gola stretta e profonda posta tra montagne altissime, qui una misteriosa sorgente di acqua carica di sodio ha permesso all’uomo di estrarre il sale nel cuore del Perù.
Queste saline sono utilizzate sin dall’epoca inca, sono costituite da ben 3000 vasche terrazzate che, attraverso un intricato sistema di canalizzazione, distribuiscono e raccolgono l’acqua della sorgente salata che nasce a 4000 metri sul livello del mare. Le vasche sono poste su più livelli in base alla qualità del sale da estrarre, prodotto per diversi scopi: allevamento del bestiame, uso medico e alimentare. Ci allontaniamo un attimo dal percorso guidato e ci spostiamo su un sentiero più panoramico per fare una foto spettacolare su uno scenario incredibile: un vento leggero ha spazzato via le nuvole, ora di fronte a noi abbiamo tutta la salina che termina alle pendici di un’altra gigantesca montagna carica di neve.
Prima di tornare alla macchina compriamo un po’ di sale e poi attraversiamo diversi villaggi prima di raggiungere Ollantaytambo. Questo paesino di 900 anime ospita un monumentale sito archeologico inca ed è un punto di riferimento importante per chi si dirige verso Machu Picchu. Facciamo un giro, scattiamo foto nelle vie acciottolate e ci spostiamo lentamente verso la stazione dove alle 18:34 abbiamo il nostro treno diretto ad Aguas Calientes. I treni sono usati soprattutto dai turisti perché costano molto, ci dispiace viaggiare con il buio perché alcuni tratti sono illuminati artificialmente e ci rendiamo conto che nell’oscurità deve esserci un paesaggio incredibile visto che il treno viaggia parallelo al fiume Urubamba che scorre impetuoso a pochi metri dalle rotaie.
Arriviamo puntuali alle 20:15, in stazione c’è grande fermento per quello che probabilmente sarà uno degli ultimi arrivi della giornata. Raggiungiamo sotto la pioggia il nostro hotel Panorama B&B e avvertiamo qualcosa di inquietante a cui non siamo abituati: avvolte nel buio, enormi montagne scure incombono sul nostro balcone con le loro pareti lisce e verticali. Muri alti 2600 metri che dietro di sé hanno celato per secoli l’ultima roccaforte degli inca.
In reception ci consigliano di fare subito il biglietto per il bus che prenderemo domani, quindi ci spostiamo in centro e restiamo direttamente fuori per cena.
Aguas Calientes sembra un outlet a uso e consumo di turisti che sono lì esclusivamente per Machu Picchu, quindi non aspettatevi niente di particolare. Purtroppo piove – e tanto! – quindi non facciamo una grande selezione tra i tantissimi ristoranti e ci buttiamo dentro El Mapi perché ci è piaciuto dall’esterno. Ordiniamo una versione un tantino più elaborata e scenografica del menù monotematico degli ultimi giorni: manzo saltato con patatine fritte, e pollo alla piastra con verdure e purè. Spendiamo 84 Sol (21.70 Eu) e facciamo ritorno verso l’albergo per gli ultimi preparativi. Domani ci aspetta il motivo principale per cui siamo qui: Machu Picchu e non solo, perché siamo pronti a scalare anche il Wayna Picchu.
Prima di andare a letto guardiamo ancora una volta lo splendido panorama dal nostro balcone e anche se siamo eccitati per l’impresa che ci attende, abbiamo davanti a noi abbiamo un sonnifero naturale che ci farà riposare: lo scroscio della pioggia incessante che si confonde con il rombo dell’Urubamba. Buonanotte! 😉

Quanto abbiamo camminato oggi? 8,3 km

12/10 Machu Picchu – Cuzco

Ancora una sveglia all’alba, anzi prima perché nonostante la sveglia sia puntata alle 05:30 siamo svegli dalle 4:30! Il motivo è semplice: abbiamo la fermata dei bus per Machu Picchu proprio sotto l’hotel e sentiamo il vociare di tantissime persone che stanno iniziando a mettersi in fila per raggiungere il sito archeologico.
A proposito, come arrivare a Machu Picchu? Si può prendere un bus che costa ben 24 dollari per andata e ritorno (21 Eu). Serve a coprire 8 chilometri e impiega circa 20 minuti di tornanti a picco nel vuoto. Altrimenti è possibile salire a piedi.
I biglietti vanno comprati in centro, presso il botteghino di Consettur, il rivenditore ufficiale che gestisce anche gli spostamenti.
Sono quasi le 07:00 quando ci mettiamo in fila, ormai si è ridotta moltissimo perché i più mattinieri sono già saliti per vedere l’alba. Noi no! Tanto era nuvoloso… ?
La strada per arrivare in cima è sterrata e a tratti acciottolata, il bus si muove a scossoni nella radura rigogliosa. Ogni tanto incrocia qualche collega che marcia in direzione opposta e ognuno conosce bene chi ha la precedenza in base agli spazi di manovra. Può succedere di vedere accostare un bus ai margini di uno strapiombo: per chi soffre di vertigini non sarà un viaggio piacevole.
Arrivati all’ingresso mostriamo il biglietto e il passaporto. Ricordate di comprare in anticipo il titolo di accesso perché gli ingressi sono limitati, ho spiegato come fare nel post dedicato dove ci sono le istruzioni per acquistare il biglietto per Machu Picchu.
Una cosa da notare e che ci spiegano anche in hotel: all’interno del sito archeologico non ci sono bagni. Si trovano solo ai varchi di accesso e poi stop. Tenetelo in considerazione, specialmente se avete in programma di visitare anche Wayna Picchu. Subito dopo l’ingresso ci fermiamo a ritirare la mappa e iniziamo il nostro giro dalla Capanna del Custode, qui c’è un sentiero a zig-zag che porta a una serie di terrazzamenti da cui è possibile scattare la famosa foto panoramica di Machu Picchu. Il sito è avvolto dalla nebbia in attesa che il sole diventi alto, non piove più ma ci sono ancora nuvole che si muovono veloci e minacciose. Mentre facciamo foto e video, ci spostiamo alla ricerca di visuali sempre migliori e ogni volta il nostro soggetto immobile cambia grazie al movimento prodotto dalle nubi, dal sole, dalle ombre. L’antica cittadella inca si svela poco alla volta fino a mostrare tutta la sua magia fatta di storia, natura, spiritualità e mistero.
Le mura passano da un colore grigio plumbeo a tonalità più chiare man mano che il sole le asciuga, l’erba è di un verde brillante che abbaglia e mentre ci spostiamo verso l’interno del sito, i custodi iniziano a lavorare sulla manutenzione dei prati con la collaborazione di qualche lama lasciato liberamente e pascolare tra le rovine. Di fronte a noi incombe il massiccio verticale del Wayna Picchu, ci osserviamo a vicenda: siamo pronti alla sfida.
La nostra visita prosegue così, seguendo il percorso che affianca le vasche cerimoniali e si addentra nel cuore della città, passando per il Tempio del Sole e fino alla Piazza Sacra.
Machu Picchu fu annunciata al mondo dall’archeologo Hiram Bingham nel 1911, viene considerata la città perduta degli Inca perché non è mai menzionata nelle cronache dei Conquistadores spagnoli. Ma questo non vuol dire che sia stata scoperta agli inizi del XX secolo. Il sito era stato precedentemente saccheggiato da predoni e quando Bingham arrivò con la sua spedizione ci trovò addirittura dei campesinos che vivevano e lavoravano nella città sacra!
Quando si parla di Machu Picchu si parla di mistero perché la sua storia non è ben definita, di certo sono stati trovati templi, un osservatorio e strutture cerimoniali su un lato del grande prato centrale che separa l’altro lato della roccaforte inca, dove si trovano gli alloggi dei residenti, dei contadini e degli artigiani. La cittadella ha ospitato fino a 700 abitanti ed è stata costruita in circa 50/70 anni, nonostante un secolo di studi ancora non sono riusciti ad attribuire con esattezza perché sia stata costruita in questo luogo remoto a 2400 metri d’altezza. Le ipotesi sono diverse: si va dalla città consacrata agli dei dai sacerdoti, per via della sua buona posizione per osservare le stelle, fino alla residenza estiva di Pachacutec, l’imperatore che favorì l’espansione degli inca, fino ad arrivare alla tesi più affascinante che vede rifugiarsi in questa roccaforte gli ultimi inca, consapevoli della sconfitta subita dagli spagnoli e dell’impossibilità di risollevare le sorti dell’impero. Decisero quindi di isolarsi per preservare la loro identità senza più contatti con gli uomini bianchi, in attesa di riconquistare il Perù ormai perso.
Il nostro viaggio nel tempo si interrompe alle 10:00, quando dopo aver attraversato tutta la città arriviamo alle pendici del Wayna Picchu: è arrivato il momento di iniziare l’ascesa.
Il Wayna Picchu, o Huayna Picchu, ormai si è capito, è quel cucuzzolo che sovrasta Machu Picchu. Dalle foto classiche del sito archeologico, quelle che conosciamo tutti, non si vede, eppure proprio lassù ci sono le rovine di un tempio e per arrivarci si percorre una vertiginosa scalinata che sembra scolpita nella roccia. Man mano che ci avviciniamo all’ingresso del Wayna riusciamo a vedere a occhio nudo le persone stanno salendo, ed è un po’ come aspettare il proprio turno sotto una montagna russa al Luna Park. Poi è toccato a noi.
Si può accedere al Wayna Picchu solo su prenotazione e l’ascesa è divisa in due turni di due ore, uno alle 08:00 e uno alle 10:00, il nostro. Ogni turno è riservato a massimo 200 persone al giorno, quindi chi ha intenzione di fare questa esperienza deve giocare d’anticipo. All’ingresso firmiamo un registro con l’orario di partenza e mentre entriamo nel fitto della foresta assistiamo a scene di giubilo di persone che tornano stravolte dalla fatica ma che hanno completato il percorso.
Il dislivello è solo di 300 metri ma ci vogliono tra i 60 e i 90 minuti per arrivare in cima. All’inizio è una passeggiata in salita, con qualche fatica in più per l’altitudine, poi diventa sempre più impegnativa. I gradini sono stretti e alti, mentre li affronti incontri qualcuno che rinuncia e torna indietro, superi persone che poi non vedrai arrivare in alto ma resti sempre concentrato sulle scale. Ogni tanto tiriamo su la testa per ammirare il paesaggio che ci circonda. In alcuni tratti le scale sono a pioli e bisogna usare mani e piedi per salire, più si va su e più diventa difficile. L’attenzione è alta perché è piovuto molto e alcuni tratti sono scivolosi, non ci sono protezioni e sotto c’è uno strapiombo di 2000 metri che termina nel fiume Urubamba. Tutto intorno altre vette enormi rivestite di alberi.
Facciamo tre pause per bere, senza sederci e senza recuperare troppo per non perdere il ritmo. Dopo 50 minuti siamo in vetta e il panorama ripaga la fatica: questa visuale di Machu Picchu la vedono meno di 400 persone al giorno e noi ce l’abbiamo fatta!
La discesa è sicuramente meno impegnativa della salita ma ugualmente complicata per questioni di sicurezza, quindi manteniamo alta la concentrazione fino al momento di firmare il registro con l’orario del ritorno: sono le 12:15 quando rientriamo nel sito principale ancora pieni di adrenalina e carichi di nuove energie nonostante la fatica. Ci avviamo lentamente verso l’uscita continuando a vagare per il lato di Machu Picchu che ancora non abbiamo visto, poi ci mettiamo in coda per prendere il bus del ritorno (una fila di quasi un’ora) che ci riporterà in hotel per fare una pausa prima di riprendere il treno. Siamo stanchi, sporchi e sudati eppure molto soddisfatti!
Non abbiamo più la camera ma in reception sanno come funziona con le escursioni, quindi ci permettono di usare i bagni e preparare qualche tisana e panini con marmellata. Sembra sia stata solo una tregua durata giusto il tempo della nostra missione, perché nel pomeriggio riprendere a piovere fortissimo e continua finché non andiamo in stazione a prendere il treno che alle 16:33 ci porterà a Poroy, la stazione di riferimento di Cuzco (16 km), dove ci aspetta Willy per riportarci al nostro hotel (30 Sol – 7.80 Eu) per ricongiungerci con le nostre valigie.
Sono le 21:15 passate e siamo cotti, quindi non perdiamo tempo a cercare un locale e ci infiliamo nel ristorante dell’albergo di fronte a noi: il bellissimo patio coloniale del Terra Andina sarà la cornice di quest’ultima cena a base di riso e pollo 93.50 Sol (24.10 Eu).
Poi resta solo il tempo di una lunga doccia e crolliamo. Con la visita a Machu Picchu il viaggio ha toccato il suo apice e tutto è filato alla grande, da domani si pensa al ritorno a casa…

Quanto abbiamo camminato oggi? 9,5 km

13/10 Cuzco – Lima

Dopo l’ultima colazione a Cuzco facciamo check out e alle 09:00 siamo nella macchina di Willy che è venuto a prenderci per accompagnarci in aeroporto.
Willy è stato molto gentile, ha sempre guidato bene e accolto le nostre richieste. Al momento dei saluti gli facciamo i complimenti per come svolge il suo lavoro e promettiamo che suggeriremo volentieri il suo nome ad altri viaggiatori che andranno in Perù a fare questo giro: promessa mantenuta!
In aeroporto notiamo per la prima volta una certa inefficienza organizzativa di cui avevamo tanto letto, forse con gli aerei ci sanno fare un po’ meno rispetto alle corriere ma la traversata Cuzco-Lima in bus proprio non si poteva fare e quindi pazienza se prima ci dicono un gate e dopo 10 minuti un altro ancora. Anche al nuovo gate vediamo che imbarcano un volo diverso dal nostro e solo un annuncio carpito al volo dall’altoparlante ci informa del nuovo cambio: stavolta il gate è tre piani più in basso. Quando arriviamo al posto giusto evidentemente non è il momento giusto perché ci dicono che il nostro aereo ancora deve arrivare! Alla fine il ritardo totale sarà solo di mezz’ora, sopportabile.
Alle 13:30 lasciamo l’aeroporto di Lima con un taxi Green per 60 Sol (15.60 Eu) più uno sconto di 10 Sol se lo prenderemo anche per il ritorno.
Dopo due settimane siamo di nuovo qui, nella capitale, immersi nel traffico e a 45 minuti dalla nostra destinazione. Stavolta non andiamo a Miraflores ma nell’adiacente quartiere San Isidro, il cuore finanziario di Lima, dove ci aspetta l’ultima notte peruviana presso l’Atton Hotel. In realtà noi abbiamo prenotato l’hotel Foresta ma a causa di lavori di ristrutturazione ci hanno ricollocato in questa struttura, un upgrade inaspettato e sicuramente gradito una volta visto l’albergo e i suoi servizi. Ma non perdiamo tempo, ormai siamo allenati a certi ritmi, quindi lasciamo solo le valigie, raccogliamo in reception qualche informazione per cena e andiamo dritti in centro con un taxi fermato per strada (quelli che sostano vicino gli alberghi costano sempre di più!) al costo di 15 Sol (3.90 Eu).
Il programma che abbiamo in testa è molto semplice: seguire l’itinerario a piedi di Lima Centro suggerito dalla Lonely, con alcune varianti fatte in casa. Partiamo dalla bella Plaza San Marten e procediamo lungo la pedonale Jiròn de la Uniòn: una strada dello shopping un po’ scalcagnata. Durante il tragitto ci fermiamo a visitare la barocca Iglesia de la Merced, una chiesa del 1541 dove fu celebrata la prima messa di Lima, e poi riprendiamo il cammino verso la grande Plaza de Armas.
Curata, ampia, con un’antica fontana del 1650 al centro, la piazza fu il primo insediamento spagnolo e il Palazzo del Governo, quello dell’Arcivescovo, e la Cattedrale della città, che la circondano, ne testimoniano ancora oggi l’importanza.  Dopo aver fortuitamente assistito al cambio della guardia del palazzo presidenziale e all’ingresso di una sposa nella cattedrale, scortata da un manipolo di militari in alta uniforme, ci allunghiamo a visitare l’importante chiesa di Santo Domingo che custodisce le spoglie di tre santi peruviani e proseguiamo per il Parque de la Muralla, situato alle spalle dei palazzi governativi e a ridosso del fiume Rimac. Qui si possono osservare alcuni tratti dell’antica cinta muraria ma noi restiamo soprattutto affascinati dalle piccole arene circolari che sono disseminate nel parco, dove la gente del posto si accalca per assistere a spettacoli teatrali, musicali, di danza tradizionale e sembra divertirsi un mondo.
Non capiamo molto di quello che accade e non riusciamo ad apprezzare l’intrattenimento proposto, così ci rifugiamo nella prossima destinazione, decisamente più prosaica: il supermercato Metro, per acquistare spezie, gelatine e cioccolata (24 Sol, 6.25 Eu).
Ormai è buio, il quartiere non è proprio dei migliori e anche sulla guida consigliano di visitarlo solo durante il giorno, così ci spostiamo verso le zone dove ci sono i locali per trascorrere la serata. Basta riso e pollo! Per l’ultima cena peruviana vogliamo mangiare pesce, come il primo giorno, quindi torniamo a Miraflores e visto che il tassista che abbiamo fermato sembra non conoscere troppo bene la strada, né come funziona il navigatore di Google, gli diamo una mano e con 20 Sol (5.20 Eu) ci portiamo da soli da Punto Azul (quello in Calle San Martin, l’altro locale con lo stesso nome è aperto solo a pranzo). Dopo un’attesa di 45 minuti ci fanno sedere e ordiniamo: polpo arrosto, un esplosivo riso con calamari e gamberi, davvero molto condito e due grandi filetti di palmerita arrosto, un pesce locale accompagnato con insalata. Spendiamo 125 Sol (32.60 Eu) e siamo pronti a lasciare il Perù con un ottimo sapore in bocca. Proprio come successo all’arrivo da Panchita, ormai è chiaro: in Perù si mangia benissimo! 😉

Quanto abbiamo camminato oggi? 7 km

14/10 Lima – Roma

La miglior colazione del viaggio la facciamo proprio sul gran finale all’Hatton, al quale chiediamo (e otteniamo) un check-out ritardato alle 14:00 per fare i bagagli dopo una visita al Mercado Inca e a quello Indio per le ultime compere.
Spendiamo 20 Sol in tutto per andare e tornare (5.20 Eu), compriamo giusto qualche coppa con cannuccia per il mate e vaghiamo tra i banchi ormai stanchi, non c’è niente di diverso o particolarmente conveniente che non abbiamo già visto durante il viaggio. La conclusione in materia di souvenir per noi è semplice: meglio comprare di volta in volta durante le varie tappe e non attendere l’ultimo giorno a Lima.
Al ritorno ci mettono a disposizione sauna e doccia per rilassarci prima di lasciare l’hotel, purtroppo dobbiamo rinunciare perché sono quasi le 16:00 e il taxi che abbiamo prenotato sta per arrivare. Chiudiamo in fretta le valigie e il ritardo di 15 minuti del nostro taxi che arriva solo in seguito a un sollecito telefonico della reception, è un cattivo presagio per tutto quello che succederà durante il viaggio di ritorno.
KLM ci comunica via SMS di aver cancellato la nostra coincidenza da Amsterdam a Roma per un problema tecnico e ci sposta su un aereo Iberia che parte da Lima e fa scalo a Madrid per atterrare a Roma addirittura 20 minuti prima di quanto previsto dal nostro piano di volo. Facciamo regolarmente check-in ai banchi di Iberia, imbarchiamo i bagagli e mentre ci spostiamo al gate delle partenze compriamo al duty free pisco e cioccolata.
Siamo in coda per salire a bordo quando sentiamo i nostri cognomi dall’altoparlante e pensiamo a qualche priorità concessa per via della cancellazione. Invece è l’esatto contrario: ci comunicano che siamo in overbooking e che potremo salire a bordo solo se qualcuno rinuncerà a partire!
Una volta riempito l’aereo e lasciati a terra, il personale Iberia ci porta rapidamente all’imbarco del KLM in partenza, in pratica sul volo che avremmo dovuto prendere e che avevamo acquistato!
La domanda resterà irrisolta: perché spostarci su Iberia sin da Lima se il volo KLM cancellato era solo la coincidenza Amsterdam-Roma e non quello in partenza dalla capitale peruviana? Il mistero lo capiamo in volo, quando si presenta il capitano dell’aereo con le nostre nuove carte d’imbarco e scopriamo che ci hanno prenotato un albergo per la notte del 15 Ottobre ad Amsterdam ed emesso un biglietto per Roma per la mattina all’alba del 16/10: il tutto di propria iniziativa e senza informarci adeguatamente.
Ma non è finita, perché ovviamente i nostri bagagli sono rimasti nella stiva dell’aereo Iberia, con la rassicurazione che sarebbero arrivati a Roma prima di noi e che li avremmo già trovati a destinazione. Sì, come no…
Una volta atterrati a Schipol andiamo al desk KLM, protestiamo per come hanno gestito il nostro caso e chiediamo di trovare un aereo che ci porti a destinazione secondo i nostri piani e che ci ricongiunga al più presto con i nostri bagagli e non il giorno dopo. Tirano fuori dal cilindro un volo in partenza per Bruxelles e poi dalla capitale belga un aereo Brussels Airlines con destinazione Roma. Con questo doppio scalo riusciamo ad arrivare due ore dopo l’aereo che da Madrid avrebbe portato le nostre valigie. Condizionale d’obbligo perché una volta a Roma, come previsto, le valigie non sono arrivate e nessuno sa dove siano.
All’ufficio Lost & Found accettano la denuncia a titolo di cortesia perché il responsabile della consegna bagagli è sempre l’ultimo vettore, in questo caso Brussels Airlines, che però le nostre valigie non l’ha neanche mai viste! Difatti arrivano dopo altri due giorni dall’aeroporto di Madrid dove sono state ispezionate in dogana e ci chiamano per andare a riprenderle perché nessuna compagnia si assumeva le responsabilità dell’accaduto e il costosissimo onere di una consegna a domicilio! Ok, vado a prenderle di persona e poi iniziamo la trafila dei reclami e le richieste di risarcimento.
Nel momento in cui pubblico questo post, 20 giorni dopo il ritorno, in seguito a numerosi solleciti via social e sito, KLM ha risposto con scuse formali e una proposta di rimborso di 125 Euro per passeggero. Proposta che ho declinato per portare avanti una richiesta di risarcimento più adeguata alla gravità dei fatti e ai disagi procurati con un comportamento irresponsabile delle compagnie aeree coinvolte. Abbiamo trovato supporto presso un legale specializzato di Federviaggiatori e al termine della disputa aggiornerò il post con l’esito della citazione in giudizio.
Ma non vogliamo che sia questo il ricordo finale del viaggio.
Quanto accaduto sulla strada del ritorno è solo un episodio negativo, gestito malissimo da KLM, che non influenzerà il ricordo positivo di 15 giorni trascorsi a stretto contatto con la natura, il cibo, i paesaggi, i colori e la gente del Perù.

Ma alla fine, quanto abbiamo camminato? 90 km

Note
Hotel prenotati su Booking
Guida di riferimento: Perù di Lonely Planet disponibile su Amazon
Libri letti su Kindle: I simboli maya, inca e aztechi di Heike Owusu, Paperino – Il mistero degli Incas di Carl Barks e La via d’oro di James Rollins
Tutti i dettagli sulla prenotazione dei treni, dei bus e degli ingressi a Machu Picchu sono descritti nel post dedicato all’organizzazione di un viaggio in Perù