Ci abbiamo provato l’anno scorso, a Giugno, ma non ci siamo riusciti: andare in Normandia durante i giorni di rievocazione dello sbarco (6 Giugno) è stato impossibile! Quindi abbiamo rimandato a un periodo più calmo, ed eccoci qua!
Il programma di viaggio prevede l’attraversamento del Nord della Francia: prima tappa la mistica rocca di Mont Saint-Michel, poi le martoriate spiagge che durante la II Guerra Mondiale furono determinanti per la riconquista dell’Europa da parte degli Alleati e infine un’escursione a Honfleur, Etretat e Giverny, lungo strade molto amate dai pittori impressionisti di fine ‘800. Partiamo? 😉
28/03 Roma – Parigi – Rouen – Mont Saint-Michel (346 km)
Questa fuga di Pasqua in Normandia non è stata pianificata con larghissimo anticipo, i biglietti li abbiamo prenotati l’11/02 e gli hotel il 25/02: praticamente un solo mese prima di partire.
Eppure abbiamo strappato ottime tariffe: per il volo a/r Ryanair – complice l’orario di partenza da fornaio – spendiamo 103 Euro a testa, partenza da Roma alle 06:30 e arrivo a Parigi (Beauvais) alle 08:50. Ormai siamo di casa a Beauvais, è il nostro terzo atterraggio, e stavolta abbiamo deciso addirittura di spenderci l’ultima notte. Ma per questo c’è tempo, siamo appena all’inizio 😉
Ryanair non manca mai di sorprendere i suoi clienti con modifiche sulla politica dei bagagli, quindi è bene essere sempre aggiornati. Le ultime novità sul bagaglio a mano sono del 15/01/2018 e si possono sintetizzare così: con il biglietto ordinario non è più possibile portare in cabina il trolley ma solo uno zainetto o una borsa di piccole dimensioni che entrano sotto il sedile. Hanno diritto al bagaglio a mano in cabina (fino a esaurimento dei posti nelle cappelliere) e all’imbarco prioritario solo i possessori di biglietto Premium (5 Euro in più durante l’acquisto, 6 Euro dopo). Tutti gli altri passeggeri possono portare il proprio trolley (mi raccomando alle dimensioni e al peso!) fino al gate di imbarco ma al momento di salire a bordo sarà etichettato e messo in stiva (gratis, ovviamente). Se poi volete star tranquilli, consiglio di dare sempre un’occhiata alla pagina che risponde a tutte le domande sul bagaglio a mano di RyanAir.
Visto che abbiamo imbarcato una valigia grande, all’arrivo non ci costa molto aspettare sul nastro anche quello che fu il “bagaglio a mano”. L’aeroporto è piccolo, le indicazioni sono facili da seguire ma questa volta non cerchiamo lo shuttle che porta a Parigi (un’ora abbondante, 14.50 Euro, capolinea Port Maillot dove c’è la metro). Stavolta raggiungiamo l’edificio di fronte al terminal, dove sono raccolti i banchi degli autonoleggi e puntiamo quello dell’Avis, per ritirare l’auto prenotata per 6 giorni a 157 Euro su Rentalcars (sito del gruppo Booking).
Ci assegnano una Ford Fiesta Diesel nuova di zecca, nella tariffa sono inclusi 1500 km. Al momento del ritiro bisogna presentare patente, carta d’identità e una carta di credito (non di debito!) per le cauzioni, anche se avete già pagato in anticipo. Tutto come previsto, quello che non ti spiegano durante la prenotazione online è l’ammontare di queste cauzioni: 900 euro! Non proprio un dettaglio. 800 Euro sono per eventuali danni e 100 se arriveranno multe, la cifra viene congelata e restituita alla riconsegna dell’auto.
La nostra Fiesta è ben accessoriata: cruise control, avviso e correzione automatica di cambio corsia, segnalatore di sosta durante la guida, lettore dei segnali stradali, sensori di posteggio, ecc… c’è tutto per un viaggio sicuro, quello che non dovrebbe esserci è un odore acido che persiste anche dopo i primi chilometri con i finestrini aperti. Qualcuno ha trasportato formaggi francesi oppure non osiamo immaginare altro, l’olezzo ci basta per battezzare la nostra nuova compagna di viaggio: Puzzarella 🙂
Sono le 10:15 quando azzeriamo il contachilometri e iniziamo il viaggio on the road in Normandia, la prima tappa sarà Rouen e ci arriveremo guidati dal nostro nuovo navigatore TomTom Start 42 che abbiamo comprato per 89.90 Euro completo di tutte le mappe d’Europa, una cifra inferiore rispetto a quanto sarebbe costato noleggiarlo con l’auto.
Arriviamo a destinazione alle 12:00 dopo aver guidato per soli 87 chilometri sotto una pioggia incessante che, purtroppo, sarà spesso una costante dell’intero viaggio: sì, è vero, il meteo in Normandia è particolarmente instabile. Preparate la valigia con k-way e portate un ombrellino, perché anche nella giornata più soleggiata probabilmente tornerà utile. I cambiamenti sono così repentini che è meglio non farsi cogliere impreparati, difatti l’ombrello comprato durante il bagnatissimo viaggio di Natale a Sofia si rivela subito utile.
Lasciamo la macchina in un (costosissimo) parcheggio multipiano in pieno centro (2 ore, 6 Euro) e facciamo un giro intorno al Palazzo di Giustizia nel cuore del centro storico medievale, circondati da abitazioni in stile normanno con le facciate a graticcio. Arriviamo fino a una delle antiche porte cittadine, quella più conosciuta che ospita il grande orologio astronomico che dal 1389 scandisce le ore di Rouen. Da qui ci spostiamo verso la cattedrale di Notre-Dame, capolavoro di gotico fiammeggiante che mostra con orgoglio un enorme rosone decorato. Peccato non poterlo ammirare dall’interno visto che l’edificio è chiuso tra le 12:00 e le 14:00!
Non ci resta che appostarci fuori a scattare foto cercando gli stessi angoli che Monet immortalò in ben 31 tele dedicate alla cattedrale alla fine del 1800. Durante il nostro servizio fotografico improvvisato notiamo che le torri laterali sono diverse, proprio come la Manquita di Malaga vista durante l’ultimo viaggio in Andalusia. Le due torri sono diverse per forma e anche per colore: una è di colore giallo paglierino, quella detta Torre del Burro, perché venne finanziata dall’omonima Confraternita di commercianti. Ecco, si comincia a parlare di cibo e quindi perché non fare la prima pausa gastronomica francese? Giusto un assaggio: fougasse aux lardons, una focaccia tempestata di cubetti di pancetta (2.40 Euro).
Visto che per riprendere la macchina e proseguire il viaggio dobbiamo attraversare un centro commerciale, ne approfittiamo per fare subito una piccola spesuccia per le colazioni dei prossimi giorni e qualche spuntino: nel nostro carrello finiscono una tanica di acqua da 5 litri e due bottigliette da rifornire, patatine, succhi di frutta, mandorle sgusciate, cubetti di zenzero e limone canditi, mandarini e una confezione da sei di simil-Girella (12.40 Euro)
Riprendiamo la strada verso la tappa-regina di questo viaggio e ce la prendiamo comoda, un po’ per ambientarci sulle strade francesi, un po’ perché la pioggia non ci molla. Percorriamo altri 259 chilometri fino a destinazione, dove arriviamo alle 18:00. Non ci sono volute 4 ore di guida, eh! Abbiamo rallentato molto perché in prossimità dell’arrivo ci siamo fermati più volte per fotografare da lontano l’isola con la fortezza e l’abbazia più conosciute di Francia: Mont Saint-Michel.
Che dire: l’impatto prospettico è notevole, davanti a noi ci sono chilometri di campi verdi dove i montoni locali brucano beatamente. Un paesaggio già visto in cartolina e sui libri di scuola ce lo ritroviamo finalmente davanti, in attesa di ritrovarlo anche a tavola! 😛
Ora è il momento di alcune informazioni utili per prenotare un hotel a Mont Saint-Michel. Allora, negli ultimi anni l’area è molto cambiata e l’accesso alla città-fortezza è limitato perché, mentre in tutto il mondo si calcolano i rischi causati dall’innalzamento del livello dei mari, qui – a causa di una diga – stava accadendo il contrario: la terra e la vegetazione avanzavano e guadagnavano nuovi spazi a discapito del mare. Mont Saint-Michel rischiava di perdere per sempre la sua origine naturale di isola inespugnabile protetta dalle maree. Solo grazie a una profonda riprogettazione del sistema di chiuse e di accessi al sito, l’ingegneria ha restituito alla marea la sua piena espressione e ha conservato Mont Saint-Michel come è sempre stata.
Questi cambiamenti hanno ridotto gli accessi al ponte-passarella che collega l’isola con la terraferma, solo i clienti dei pochi hotel all’interno della ZTL – la Caserne – possono entrare in macchina e da qui, in ogni caso, possono andare verso la rocca solo con le navette di servizio. Tutti gli altri visitatori arrivano da fuori con i bus locali oppure devono lasciare l’auto nel grande parcheggio all’ingresso del villaggio e proseguire esclusivamente a piedi o con la navetta interna (Le Passeur). Questo è decisamente da considerare prima di prenotare: noi abbiamo scelto di soggiornare nell’area protetta e una volta sul posto ci siamo resi conto che è stata un’ottima scelta. Arrivare da fuori, con la pioggia, e dipendere esclusivamente dai bus locali avrebbe complicato il soggiorno. Questa mappa interattiva spiega chiaramente quanto appena descritto.
Noi abbiamo prenotato l’Hotel Vert che in occasione dell’arrivo ci ha dato un codice numerico da inserire alla sbarra per gli accessi riservati. Abbiamo parcheggiato e alla reception ci hanno dato subito una buona notizia e una meno buona: la prima era che la navetta gratuita passava proprio di fronte al nostro hotel, la seconda invece era l’orario della marea prevista alle 18:10. Con soli 10 minuti a disposizione abbiamo lanciato le valigie in camera e ci siamo fiondati al volo sulla navetta.
Siccome la marea di oggi ha coefficiente 66, quindi piuttosto bassa rispetto all’effetto che ci si aspetta di vedere, mentre quella di domani – ben 81 cm! – sarà notevole (coefficiente 100 è considerata una super-marea), decidiamo di fare solo un po’ di foto e un rapido sopralluogo esplorativo lungo le mura di ronda. L’ingresso è unico, dalla porta principale dell’Avancée, e una volta dentro prendiamo subito le prime scale sulla destra che salgono su un torrione che affaccia verso la terraferma. Da qui proseguiamo lungo il perimetro alto della rocca e ammiriamo l’intersecarsi di giardini, abitazioni, edifici governativi ed ecclesiastici. Una passeggiata che, notiamo, non ci porterà verso l’altra metà dell’isola, quella che affaccia sul mare aperto. Questa vista è possibile solo dai punti panoramici dell’abbazia. Concludiamo quindi la nostra escursione rientrando attraverso il torrione Nord, quello maggiormente consigliato per vedere le maree, e da qui torniamo verso l’uscita.
Tira un gran vento, iniziamo a sentire la stanchezza e decidiamo di rientrare in hotel ancora con la navetta. Su questo shuttle ci sono delle caratteristiche che vale la pena menzionare: ha solo tre fermate, il capolinea dista 350 metri dall’ingresso, è elettrica, gratuita e non fa inversioni ma marcia avanti e indietro semplicemente cambiando la postazione di guida; è attiva sette giorni su sette (tranne il 25/12 e l’1/01) dalle 07:30 fino all’1:00 e passa ogni 15/20 minuti in base al numero di turisti presenti.
La giornata sta per finire, prima però c’è uno dei momenti che preferiamo in viaggio: scegliere il ristorante e mangiare. Accettiamo la disponibilità limitata perché non intendiamo riprendere la macchina, uscire, cercare strade e acquistare un nuovo codice per l’ingresso (4 Euro), quindi valutiamo solo locali raggiungibili a piedi e alla fine optiamo per Ferm Sant Michel, una vecchia stazione di posta subito fuori la Caserne.
All’ingresso ci sono vecchie carrozze e l’interno è molto curato, con un soffitto altissimo in muratura e legno e un grande camino scoppiettante. Fuori ci sono 4 gradi e trovare un’ambiente così caldo e accogliente stuzzica ancora di più l’appetito, è il momento perfetto per prendere confidenza con una costante del viaggio in Normandia: il menù fisso. Lo propongono praticamente tutti i ristoranti e basta il desiderio di assaggiare un paio di portate per rendere conveniente la formula del menù, che di solito è composto da tre elementi: antipasto, piatto principale e dessert. Siccome i costi delle singole portate sono mediamente alti vale la pena ammortizzarli con il “pacchetto”. Ci sono diversi menu fissi con diversi prezzi, la differenza sta nel tipo di portate che si possono scegliere per comporre il proprio pasto.
Noi scegliamo il Menu du visiteur e dalle varie opzioni ordiniamo un duo di terrine, una con legumi e una con una base di agnello pré-salé al foie gras; come primo piatto agnello, ancora pré salé, sfilacciato con purea di patate, e per dolce una creme brûlé. Ci abbiamo aggiunto anche un petto di pollo alla griglia marinato nel miele e mezzo litro di Chardonnay. Nell’attesa ci hanno offerto anche una piccola zuppa di frutti di mare frullati, bollente e servita in bicchierini: un intruglio né mangiabile né bevibile. Tutto il resto era buono ma senz’anima, diciamo che l’atmosfera ha fatto meglio dello chef (49 Euro).
Ricordate che qualche rigo fa l’avevo giurata a quei montoni? Detto-fatto! L’agnello pré-salé descritto nel menù è un tipo di carne che si può mangiare solo qui, difatti è protetto da un marchio AOP. “Pré-salé” dà l’idea di qualcosa di “pre-salato” e in un certo senso è proprio così: pré in francese vuol dire prato e questi benedetti agnelli brucano ogni giorno erbe ricche di sali minerali perché bagnate dalle maree, quindi le loro carni hanno un gusto particolare.
Questa notte sogneremo prati salati.
Quanto abbiamo camminato oggi? 6,9 km
29/03 Mont Sant-Michel
Dopo quasi 24 ore svegli ci siamo regalati una bella dormita, sveglia con calma, colazione in camera e poi di nuovo in strada per raggiungere la vicina diga sul fiume Couesnon.
Qui c’è un osservatorio, a pochi passi dal lungo ponte-passerella, dove una serie di pannelli spiega gli interventi che sono stati fatti per scongiurare la catastrofe ambientale e paesaggistica che Mont Sant-Michel ha rischiato.
Anche oggi c’è vento e pioggia, la temperatura massima arriva a 6 gradi e la percepita è solo 2: questo conferma quanto sia instabile il meteo della Normandia e ci dà una spiegazione sul perché ci siano così pochi turisti. Ci aspettavamo il delirio pre-pasquale, con un’altissima concentrazione di viaggiatori e invece non c’è quasi nessuno. Sui depliant dei servizi locali preso in hotel (stampato anche in italiano) è spiegato che l’alta stagione inizia dal giorno di Pasqua e finisce l’1/10, quindi siamo in bassa stagione e si nota: non sembra affatto un sito Patrimonio dell’UNESCO che supera i 3 milioni di visitatori all’anno!
Ci spostiamo verso il centro informazioni e il bookshop per fare qualche acquisto prima di tornare sull’isolotto, ci scaldiamo un po’ mentre nel carrello finiscono i primi souvenir: ormai immancabili ospiti per le collezioni nostre e di amici, acquistiamo calamite, sportine, t-shirt e shottini (40 Euro). Visto che ci troviamo, allunghiamo la pausa e facciamo uno spuntino con una baguette prosciutto e formaggio, accompagnata da una birra La Croix des Grèves Blonde prodotta dai monaci dell’abbazia.
Ok, le batterie sono cariche e le calorie sono pronte per essere dissipate. Il Passeur non si fa attendere, saliamo e man mano che ci avviciniamo all’isola la pioggia concede una tregua benevola che ci permette di arrivare senza ombrello dalle pendici della rocca di granito fino in cima all’abbazia. Ci godiamo una bella passeggiata lungo la stradina principale, la Grand Rue, che ieri avevamo evitato in favore del giro di ronda e ci immergiamo in un’atmosfera medievale perfettamente credibile. Sì, ci sono molti negozietti di souvenir, B&B e ristoranti, ma sono discreti e con insegne in linea con il decoro storico, niente di pacchiano o fuori posto. Tutte le attività sono integrate perfettamente in strutture che risalgono al XV-XVI secolo.
La salita ci porta fino all’ingresso dell’abbazia, il biglietto costa 10 Euro e ritirata la mappa-guida (in italiano) ci addentriamo nella Meraviglia d’Occidente che segna il confine tra la Bretagna e la Normandia. Un timido sole si affaccia tra le nuvole e proietta le ombre delle guglie gotiche sulle scale che portano alla terrazza Saut-Gautier. Sembra di essere entrati in una trama fantasy, un genere che non amo ma che rende l’idea. Tutto è enorme: sembra incredibile che dal XII secolo siano riusciti a costruire in un fazzoletto di terra questo capolavoro imponente di architettura civile, militare e religiosa.
L’intera struttura ha assunto nel tempo una forma piramidale perché è stata realmente costruita a strati, quindi una base ampia per il popolo e il commercio, protetta da mura perimetrali, e in cima a tutto l’abbazia con la rocca militare. Ovviamente la componente religiosa è stata prevalente nei secoli, dal semplice oratorio fino alla creazione di una meraviglia che a un certo punto della sua storia è diventata anche strategica sul piano militare: nessuno ha mai espugnato Mont Sant-Michel.
Man mano che si esplorano le sale si comprende pienamente il gioco di incastri che, come una scatola cinese, configura un equilibrio perfetto tra la leggerezza delle guglie e l’imponenza delle mura. Il complesso non è costruito solo dal basso verso l’alto ma anche dall’interno verso l’esterno, creando un gioco sapiente di labirinti che si intersecano e di spazi che si sovrappongono senza disturbarsi nelle loro funzioni, dall’ampio refettorio al chiostro. Quest’ultimo è una meraviglia nella meraviglia, perché non ti aspetti possa trovare spazio anche un cortile verde e ben curato in spazi apparentemente angusti.
Gli interni sono profondi e megalitici, i contrafforti, i pilastri, i camini, tutto è enorme e contrasta con gli stretti corridoi, le scale e i passaggi chiusi al pubblico che sembrano collegare segretamente altri locali ancora. Insomma, dietro ogni angolo c’è qualcosa che sorprende ma quello che accade quando arriviamo sul belvedere non ha eguali. Stavolta non è l’uomo a meravigliare ma la natura: finalmente vediamo l’altra faccia della rocca e davanti a noi l’intera baia.
Il complesso chiude alle 17:00, dietro di noi non c’è più nessuno e per questo già alle 17:15 siamo praticamente da soli a scattare foto panoramiche quando a un tratto si distingue nettamente un rumore di fondo, come uno scroscio d’acqua. Allora torniamo alla balaustra e davanti a noi vediamo finalmente il più grande spettacolo di Mont Sant-Michel: l’arrivo della marea!
Per conoscere gli orari consiglio di visitare il sito ufficiale dove è possibile scaricare ogni anno il calendario delle maree, sono informazioni che danno anche gli hotel ma per noi saperlo in anticipo è stato determinante già in Italia, per le prenotazioni e l’organizzazione della visita. Tutto è stato perfetto, siamo riusciti a vedere la marea che arriva veloce “come un cavallo al galoppo” e copre tutto il territorio sabbioso: ci siamo trovati al posto giusto nel momento giusto (due ore prima del picco massimo). A interrompere la visione arrivano due addetti del museo che ci invitano a riprendere la visita perché chiuderanno tutte le porte alle nostre spalle, va bene: missione compiuta per noi! 😉
All’uscita prendiamo la strada di ieri e ci spostiamo sulla torre Nord, la pioggia ricomincia a cadere lentamente e sotto un sole che resiste crea due arcobaleni sull’orizzonte interno della baia. La luce è magica, ci becchiamo addirittura uno scoppio improvviso di grandine e notiamo che anche da questo lato l’onda lunga di marea avanza verso l’interno, più lentamente ma sempre visibile a occhio nudo, per abbracciare l’intera isola lasciando asciutto solo il ponte-passerella (che in casi eccezionali può anche essere sommerso).
Mentre aspettiamo la navetta facciamo nuove foto perché lo scenario è completamente diverso da ieri e ci regala lo scatto perfetto per il nostro profilo Instagram Handmade_Travel.
Per cena già sappiamo dove andare, la Caserne non offre grandissima scelta e il Relais du Roy ci è sembrato quello con le recensioni più equilibrate. Diciamo pure che sembra essere quello meno trappola per turisti ma soprattutto è vicino sia al nostro hotel sia alla navetta, visto che intendiamo tornare anche dopo cena sull’isola.
Ormai sappiamo come funziona, quindi andiamo decisi con l’ordine di due Pelèrin Menu: antipasti con filetti di sgombro marinato nel lime e spolverato di kumbawa (un agrume giapponese che assaggiamo qui per la prima volta, alla faccia del recente viaggio in Giappone!); un filetto di salmone ripieno di ricotta ed erbette aromatiche e il duo di formaggi normanni (puzzolentissimi Camembert e Pont l’Eveque); come piatti principali ancora agnello pré-salé in torta e crosta di pan di zenzero e una Relais Style Montoise Omelet, in pratica una mega frittata che riproduce la famosa ricetta – e le dimensioni! – della più nota Mère Poulard (il ristorante omonimo è proprio all’interno di Mont Saint-Michel), considerato un piatto tradizionale consigliato sulla guida Michelin (esagerati! Ripeto: è ‘na frittatona). Per dolce una crema brûlé con burro salato al caramello, acqua e una 0,5 Heineken (57.30 Euro). Cena tutto sommato migliore di ieri ma anche qui niente di memorabile, c’è sempre quel qualcosa che manca!
Alle 22:30 siamo pronti per riprendere l’ormai famigliare navetta ma dopo una giornata di meraviglie arriva una prima e decisiva delusione: Mont Sant-Michel è spenta. Non è illuminata come invece l’abbiamo vista in foto e, complice il freddo e l’immancabile pioggia, dopo 30 minuti di attesa decidiamo di non proseguire visto che è tutto buio e le navette in servizio sono di meno.
Dobbiamo recuperare energie, domani si riprende la strada per entrare nel cuore della Normandia.
Quanto abbiamo camminato oggi? 4,8 km
30/03 Mont Sant-Michel – Omaha Beach – Bayeux (221 km)
Finora abbiamo fatto il pieno di meraviglie, abbiamo visto cosa può fare l’uomo quando impiega l’ingegno per avvicinarsi al cielo e comunicare con il divino. Abbiamo visto come ha piegato la natura mettendola a rischio e come ha rimediato ai suoi errori.
Oggi andremo a vedere altre forme dell’ingegno dell’uomo, più drammatiche e violente, che quando sono state impiegate per rimediare a errori commessi da altri uomini, hanno causato morte e distruzione prima di ricostruire. Oggi vedremo le martoriate coste della Normandia che il 6 Giugno 1944 hanno visto arrivare gli Alleati in Francia per aprire un fronte occidentale contro le armate di Hitler e riconquistare l’Europa. Non sarà stato affatto facile per quegli uomini coraggiosi e i luoghi che visiteremo: a distanza di 74 anni, si vedono ancora i segni di tante battaglie e sofferenze.
Alle 11:00 partiamo per Sainte Mère Église dove arriviamo dopo un’ora e mezza e 134 chilometri, tutti sotto la pioggia e con 5 gradi di temperatura: ancora una giornata invernale!
Parcheggiamo nella piazza centrale proprio di fronte la chiesa di Notre Dame de la Paix che rappresenta simbolicamente il luogo dove ebbe inizio la grande operazione Overlord, passata alla storia come lo sbarco in Normandia.
La notte prima del D-Day, qui furono paracadutati i militari americani della 82° Divisione Aviotrasportata, un po’ allo sbaraglio visto che moltissimi non arrivarono sull’obiettivo stabilito. Il più celebre di questi errori, citato nel film Il giorno più lungo e – per gli amanti dei videogame – in Call of Duty, è quello del parà John Steele che rimase appeso alla torre campanaria di questa chiesa per due ore fingendosi morto. Riuscì a sopravvivere nonostante le ferite e diventò sordo perché per tutto il tempo le campane suonavano l’allarme durante i bombardamenti. Per ricordare questo episodio, sul campanile c’è in pianta stabile un manichino appeso con il suo paracadute e probabilmente è il manichino più fotografato del mondo!
La chiesa è molto bella, piccolina e davvero ben conservata nonostante sia stata al centro di scontri feroci. All’interno ci sono diversi punti dove si ricordano i protagonisti del conflitto, con foto di reduci e messaggi di ringraziamento. Molto insolita la vetrata a colori del 1969 che commemora i 25 anni dello sbarco: invece di scene ecumeniche sono rappresentati i paracadutisti, le date, i nomi dei reggimenti che hanno combattuto su quel territorio. Ai piedi della vetrata, scritto in francese e inglese, l’omaggio eterno ai veterani che hanno partecipato alle celebrazioni: Loro sono tornati.
Ci separano solo 15 chilometri dalla prossima tappa: Utah Beach. Qui i combattimenti furono pochi grazie a un’imprecisione: gli americani sbarcarono nel posto sbagliato e invece di fronteggiare le mitragliatrici tedesche si ritrovarono ad aggirarle. Persero solo 12 uomini e lo sbarco poteva sembrare in discesa, peccato che la presa delle spiagge successive dimostrerà il contrario. Scattiamo le foto ai monumenti e alla pietra miliare che indica il KM 00 sulla Strada della Libertà e ripartiamo verso la località successiva: Pointe du Hoc.
Ora una nota sui musei: tutte le località dello sbarco in Normandia hanno i propri musei pieni di documenti, foto, ricostruzioni, memorabilia e residuati bellici. Non si può dire quale sia il migliore perché sono tanti e ognuno con delle peculiarità, ci sono carrarmati, interi aerei custoditi in hangar, spesso sono usati anche come attrattiva all’esterno. Noi per oggi abbiamo scelto di non scegliere un museo e dedicarci solo alla visita dei luoghi.
Nello spostamento da Utah Beach a Pointe du Hoc si lascia il dipartimento della Manica e si entra nel Calvados. A Pointe du Hoc si avverte il crescendo dell’impatto: il sacrificio dei Ranger americani incaricati di conquistare la postazione è narrato con enfasi e il campo di battaglia è stato conservato come allora perché le gesta dei militari furono eroiche e decisive. Gli americani riuscirono a snidare i tedeschi dalle casematte e difesero strenuamente l’avamposto fino all’arrivo dei rinforzi, contando solo 86 superstiti dei 225 uomini inviati sul posto. Il percorso della visita si snoda lungo sentieri che fanno lo slalom tra gli enormi crateri lasciati dalle bombe e dai mortai, si può entrare nei bunker e nelle trincee, e vedere ancora i resti carbonizzati delle strutture in legno che vennero conquistate a colpi di granate e lanciafiamme. Il sacrificio di questi uomini è stato talmente importante che nel 1979 la Francia ha ceduto l’intero sito in uso perpetuo al governo americano.
La pioggia battente e il vento hanno fatto due vittime illustri anche nella nostra missione: l’ombrellino bulgaro si è scoperchiato definitivamente e Federica è caduta sul campo di battaglia, scivolata sul fango e l’erba. Per non proseguire la giornata in una mimetica improvvisata, facciamo una pausa per rinnovare il look e poi scappiamo di corsa a Colleville-sur-Mer.
Arriviamo 20 minuti prima della chiusura (17:00) ma il tempo a disposizione ci basta per vedere il grande memoriale, il cimitero americano e la spiaggia più nota dello sbarco in Normandia: Omaha Beach.
Qui la battaglia fu cruenta e vide in campo migliaia di soldati, alla fine della giornata gli americani contarono un migliaio di morti. La spiaggia venne ribattezzata Bloody Omaha e i minuti iniziali del film Salvate il soldato Ryan di Spielberg ci spiegano il motivo di questo soprannome. Nel cimitero monumentale ci sono file ordinate di croci e stelle di David di quasi 10.000 soldati americani caduti durante la campagna di Francia, in buona parte giovanissimi (m)andati dall’altra parte del mondo a combattere per la nostra libertà e per i quali da sempre nutro rispetto e gratitudine. Dopo la chiusura del cimitero percorriamo l’adiacente sentiero che porta alla magnifica spiaggia: quasi 8 chilometri di sabbia e maree, una spiaggia larghissima che termina a ridosso di falesie e dune. In pratica una scatola di sabbia facile da proteggere, logisticamente era evidente che sarebbe stato un massacro eppure la realpolitik di guerra non ha avuto scrupoli e ha chiesto il sacrificio estremo a migliaia di ragazzi. Per oggi può bastare.
Dopo una carrellata di storia, guerra, libertà ed emozioni è il momento di distrarsi e tornare al viaggio, precisamente ci dirigiamo verso Bayeux dove abbiamo prenotato una stanza presso il Grand Hotel de Luxembourg.
Restiamo in albergo giusto il tempo di ripulirci un po’ dal fango e siamo subito in strada diretti verso la cattedrale di Notre Dame (che fantasia, eh!), del 1077, ancora un capolavoro gotico. Per raggiungerla seguiamo le indicazioni di un simpatico vecchietto che ci fa strada fino all’ingresso. All’interno troviamo la messa cantata del venerdì santo (proprio come accadde durante il viaggio a Vilnius) che rende la visita ancora più suggestiva: le dimensioni sono imponenti, le navate ampie, altissime, si distingue anche il precedente impianto romanico. Gli esterni sono altrettanto belli e curati, la cattedrale è immersa nel centro storico e nelle vicinanze scattiamo foto a un piccolo sistema di chiuse e mulini.
Ce la prendiamo comoda perché stasera non abbiamo l’ansia di decidere dove cenare: è tutto già pronto! Abbiamo organizzato un incontro con amici che vivono qui, un po’ come facemmo con i Di Nittos durante il viaggio in Florida, e quindi ci hanno pensato Alessia e Jacopo a prenotare un tavolo Au ptit Bistrot, vicinissimo alla cattedrale.
Alle 20:45 ci incontriamo tutti e dopo i saluti siamo pronti a tuffarci in una nuova esperienza gastronomica francese. Anche i nostri ospiti ci confermano che la formula del menù è molto in uso e non è necessariamente da intendersi come “turistica”, pertanto scegliamo due menu fissi per coppia con diverse combinazioni di piatti per assaggiare di tutto un po’. Prima di aprire le danze ci portano un aperitivo con piccole focaccine di ceci servite con crema di aneto, poi scattano i piatti forti. Antipasti: mousse di merluzzo, peperone, cavolo e aglio; pane tostato con parmigiano e formaggio fresco di capra; verdure primaverili e vinagrette all’andouille (un salume di origine medievale composto da trippa di maiale, dal gusto molto forte). Primi: mandrino di vitello arrosto con burro, funghi, frittelle di patate e scalogno candito; e merluzzo giallo al vapore con asparagi bianchi, fragole e salsa di mandorle. Dolci: millefoglie di mousse all’arancia con praline di caramello alla cannella; e croccante al cioccolato, ananas e latte cagliato con sambuco. Da bere una bottiglia di Château Landreau per una spesa finale di 36 Euro a persona.
Un’altra cena in crescendo rispetto alle precedenti, come il conto del resto, con una particolare nota di merito per gli abbinamenti e la presentazione dei piatti, eppure manca ancora quel “qualcosa”… 😉
Quanto abbiamo camminato oggi? 6,8 km
31/03 Bayeux – Arromanches – Honfleur (130 km)
Alle 11:00 dopo la consueta colazione in stanza lasciamo i bagagli in reception e continuiamo la nostra perlustrazione per le strade di Bayeux.
Seguiamo tutto il corso principale, una bella strada piena di negozi e abitazioni a graticcio. Ci fermiamo a fotografare altri scorci del fiume Aure e troviamo il secondo dei tre mulini che sono in città, poi ci fermiamo ad acquistare qualche souvenir ed entriamo in un piccolo Carrefour per ricaricare i viveri dei prossimi giorni: pain au chocolat e succhi di frutta, visto che ci siamo prendiamo anche una baguette per lo spuntino di oggi e un salame locale da portare in Italia.
Ci sarebbe un’altra cosa importante da vedere a Bayeux: il museo della tappezzeria. Qui è custodito un arazzo da record: un’opera completata in 16 anni, lungo 70 metri, che narra la storia di Guglielmo il Conquistatore e le vittorie riportate in Inghilterra. Tutte le guide consigliano una visita ma per noi il problema non si pone: l’arazzo non c’è. Per adeguare le sale che lo ospitano con nuove tecnologie in grado di preservarlo meglio, il capolavoro tessile è andato in prestito… in Inghilterra, dove resterà per due anni. Sarà contento Guglielmo 😉
Bayeux è veramente bellina, merita un giro e per noi la passeggiata termina nella piazza dove ogni sabato si tiene il mercato. C’è ogni bendiddio: formaggi, formaggi, formaggi, salumi, cucine etniche (spagnola, marocchina, messicana), frutta fresca e tante bancarelle che arrostiscono qualsiasi cosa. La sera prima Jacopo e Alessia ci avevano dato la dritta e difatti li ritroviamo proprio qui a fare spese, ancora una conferma di quanto Bayeux sia a misura d’uomo. Ne approfittiamo per altri saluti e poi prima di ripartire, complici i recettori della fame ormai ultrastimolati, compriamo un paio di salsicce calde per le nostre baguette.
Alle 13:00 siamo di nuovo in auto diretti ad Arromanches, a soli 30 minuti. Qui concludiamo il nostro viaggio nei luoghi dello sbarco in Normandia, quella che per noi è la tappa finale per tanti altri fu l’inizio. Per altri ancora fu l’inizio della fine.
Ad Arromanches-les-Bains sbarcarono gli inglesi, su quella che in codice venne nominata Gold Beach. Dall’alto della collina possiamo ammirare un vasto panorama del tratto di mare da cui ancora emergono i resti del grande porto artificiale intitolato a Winston Churchill. Il porto serviva a semplificare le operazioni di sbarco dei rifornimenti e dei mezzi necessari per penetrare le linee nemiche e avanzare il fronte. A questi enormi cassoni rimasti in acqua venivano ormeggiate le navi alla fonda e dai moli galleggianti partivano tanti carroponti di acciaio e legno percorsi dai mezzi militari per raggiungere la terraferma. Un’opera enorme di cui ci rendiamo conto soltanto quando entriamo nel museo che siamo venuti a visitare.
Più che un museo è un cinema a 360° dove su 9 schermi viene proiettato un film-documentario, Il prezzo della libertà, che in 20 minuti ripercorre attraverso immagini e suoni originali i momenti salienti della Seconda Guerra Mondiale: dall’invasione della Francia fino alla Liberazione, ovviamente la parte centrale è focalizzata sullo sbarco. Un’esperienza immersiva che consigliamo (6 Euro). Al termine della proiezione visitiamo il fornitissimo bookshop e con 40 Euro portiamo a termine l’ultima missione-souvenir dedicati al D-Day: foulard, bracciali, t-shirt, portabibite e il richiamo del grillo che serviva ai paracadutisti per riconoscersi quando atterravano oltre le linee nemiche. Chi ha visto Il giorno più lungo ha già capito cos’è, per tutti gli altri c’è questo video.
Sono le 15:45 quando ripartiamo e ci lasciamo definitivamente alle spalle i luoghi dello sbarco: è stata un’esperienza impegnativa ma utile. Era da tempo che mi sarebbe piaciuto visitare questa costa e finalmente ce l’ho fatta, adesso per bilanciare un po’ le brutture della guerra c’è bisogno di arte e cultura. Per questo abbiamo aggiunto al nostro itinerario Honfleur che raggiungeremo dopo una rapida puntata a Deauville, un po’ di novelle vague non guasta prima di perderci lungo la Costa d’Alabastro alla scoperta dei luoghi più amati dagli impressionisti che cambiarono la pittura tra l‘800 e il ‘900.
Deauville dista solo 95 chilometri, è un piccolo centro balneare molto ben frequentato: qui hanno vissuto Coco Chanel e il regista Lelouch, si tiene un importante festival cinematografico ed è nota per i casinò, la spiaggia con gli ombrelloni colorati e gli ippodromi. Facciamo giusto un giro per vedere i bei palazzi del centro e i grandi alberghi sul lungomare, non si direbbe proprio un paesino di soli 4.000 abitanti!
Ci mancano ancora pochi chilometri per arrivare a Honfleur, quindi riprendiamo la marcia e dopo neanche mezz’ora arriviamo al Motel Les Bluets.
Da notare: Honfleur è molto visitata dai parigini, abbiamo avuto difficoltà a trovare posto e difatti il nostro hotel si trova esattamente a La Rivière St Sauveur (distante 1,5 km da Honfleur). Questo ci ha permesso di non avere difficoltà con i parcheggi e abbiamo spuntato prezzi migliori (nonostante tutto, qui è stato il soggiorno più costoso del viaggio ma, va detto, anche la stanza più grande e con la SPA a disposizione).
Prima di lasciare la valigia raccogliamo alcune informazioni in reception ma non siamo affatto convinti dei locali suggeriti; ci hanno assicurato che non sono per turisti ma erano proprio tutti lì, nella bolgia del centro. Quindi abbiamo fatto di testa nostra e con lo stesso principio usato nella scelta dell’hotel abbiamo trovato un ristorantino lontano dal centro di Honfleur. Torniamo a bordo di Puzzarella e ci dirigiamo a Vasouy per cenare a Le Petit Vasouyard (agg. 02/20: CHIUSO, ora si chiama Le Classic Pub & Cars Vasouy), ovviamente fuori fa freddo e piove ed entrare senza prenotazione nel week end di Pasqua e trovare un sorriso accogliente e un tavolo vicino al camino è una vera benedizione.
Il locale è arredato in stile marinaro, con un bel giardino curato e grandi vetrate che affacciano sul mare. Ha personalità e le proposte sono decisamente interessanti, noi ordiniamo una galette al salmone e un menu Capitaine Cook composto con una tartelletta ripiena di Andouille e formaggio Livarot; un filetto di maiale glassato con timo, cipollotto e granella di mele essiccate; per del dolce crumble di mele e caramello. Da bere mezzo litro di Petit Chablis superiore per una spesa di 55.40 Euro.
Al termine della cena non ci pensiamo due volte: prenotiamo subito per domani. Gusto, atmosfera… abbiamo trovato quel qualcosa che mancava!
Quanto abbiamo camminato oggi? 3 km
01/04 Honfleur – Etretat – Honfleur (109 km)
Per oggi abbiamo programmato un’escursione a Etretat, andiamo a vedere da vicino questo gioiello della Costa d’Alabastro e per arrivarci attraversiamo il ponte di Normandia (pedaggio 5.40 Euro), un’imponente opera strallata lunga 2 chilometri, alta 219 metri che passa 60 metri sopra la Senna.
Dobbiamo percorrere solo 40 chilometri ma ci fermiamo dopo due ore perché gran parte del tempo lo passiamo a cercare parcheggio! Oggi è Pasqua, per la prima volta vediamo il sole e una marea di persone sono uscite di casa come le lumache dopo la pioggia. Tutti a vedere le falesie!
Etretat ha diversi motivi per essere nota, quelli che mi hanno incuriosito di più sono tre: 1) Qui sono ambientate le avventure del ladro-gentiluomo Arsenio Lupin (la casa-museo dell’autore, Leblanc, è visitabile e gestita dalla nipote dello scrittore); 2) Qui ha vissuto Guy de Maupassant che ha definito perfettamente il nome onomatopeico della città, associandolo al rumore prodotto dai ciottoli delle sue spiagge quando vengono calpestati; 3) Qui si trovano grandi falesie bianche a picco sul mare, amate e dipinte dagli impressionisti.
Il piccolo centro è congestionato di persone ma sembra che tutti siano più interessati ai negozi e ai bar, perché la folla si dirada man mano che ci avviciniamo al mare. Si sta così bene sui ciottoli e il panorama è così rilassante che ne approfittiamo per sonnecchiare un po’ sdraiati al sole. Dopo le rituali foto, torniamo indietro e ci fermiamo a La Maison du Calvado per comprare magneti e caramello al burro salato (23.50 Euro).
Intorno alle 16:00 torniamo a Honfleur e facciamo per la prima volta carburante (Diesel costo 1,345/L, spesa 51 Euro) e lasciamo la macchina nel grande parcheggio antistante il vecchio porto, dove con 4 Euro puoi sostare tutto il giorno.
A Honfleur comprendiamo meglio le meraviglie della Normandia: le ragioni per cui tanti artisti hanno amato e vissuto questi luoghi si ritrovano nella luce spettacolare che volge verso il tramonto. L’iconografia del vecchio porto è costituita dalle antiche case a graticcio che si riflettono sul mare in modo netto, e sembra di stare in un sogno, nel momento in cui non ti rendi più conto di cosa sia reale e cosa no. Qui è nato Boudin, qui hanno dipinto Monet e Courbet, qui ha scritto ed è vissuto Charles Baudelaire. Qui c’è qualcosa di speciale, in un piccolo centro di 8000 anime a 200 chilometri dalla capitale. E questa sensazione di pace, di estasi ispiratrice si conferma anche estendendo il ragionamento all’intera Normandia: Prevert, Flaubert, Proust, Barthes, Queneau, Duras, Duchamp… oltre ai nomi già citati, tutti sono nati in Normandia oppure qui hanno vissuto o ambientato le loro opere: c’è una concentrazione tale di bellezza e cultura che si respira. E non è un caso che nel cuore di Honfleur, tra un creperie e una boulangerie che anche qui hanno cannibalizzato il centro, si possano trovare curatissime gallerie d’arte aperte e visitabili dove è possibile comprare una tela originale di Boudin.
Passeggiamo a lungo e ci perdiamo nel dedalo di viuzze del centro storico, fino ad arrivare al campanile-simbolo della città insolitamente distaccato dalla spettacolare chiesa di Santa Caterina. Costruita tutta in legno, resiste da oltre 500 anni e la navata principale riproduce un drakkar capovolto, l’antica nave da guerra vichinga.
Il nostro giro tra queste incredibili abitazioni del XVI secolo continua tra una degustazione di Calvados e un Poiré (un sidro molto leggero, a base di pera). Questa bevanda si trova solo in Normandia e quindi l’abbiamo comprato insieme a dei fantastici cioccolatini assortiti da Maison Georges Larnicol (15 Euro).
L’intenzione era quella di rientrare in hotel, fare una pausa, andare nella SPA a rilassarsi un po’ dopo tanti spostamenti ma Honfleur ci ha rapito e trattenuto tra le sue strade fino a ora di cena. Sappiamo dove andare e al Petit Vasouyard ci aspettano: entriamo puntuali, prendiamo posto e ordiniamo da un menu che ormai conosciamo bene: filetto di manzo in salsa bernese con patatine fritte e un hamburger di salmone affumicato con uova, verdure e formaggio spalmabile. Per bere abbiamo bissato il vino di ieri e tutto è stato ancora buono, consigliato! (47 Euro).
Quanto abbiamo camminato oggi? 4,3 km
02/04 Honfleur – Giverny – Beauvais (225 km)
Questo è l’ultimo giorno on the road sulle strade della Normandia. Dopo quasi una settimana in giro è ora di riportare Puzzarella a casa, ci è stata molto utile ma il suo aroma non ci mancherà. A chi fosse interessato ai dati feticisti su consumi e costi per valutare un viaggio simile, dico che oltre il costo del noleggio di 157 Euro abbiamo speso 67 Euro di carburante per macinare 1031 chilometri (23 KM/L) e 33.80 Euro di pedaggi.
Lasciamo Honfleur con calma, dobbiamo raggiungere Giverny ma poco prima di arrivare ci infiliamo in un gigantesco Carrefour alle porte di Vernon: entriamo e ci trascorriamo un’ora. Signori, c’è poco da fare: andare in un supermercato per comprare alimenti locali, conviene. E qui in particolare visto che ci sono scaffali consacrati ai prodotti tipici di Normandia. Considerato che abbiamo spazio in valigia, decidiamo di prendere le ultime cose per la cena francese del ritorno e così nel nostro carrello finiscono: un Camembert di latte crudo, Pont l’Eveque (questi due, insieme al Livarot e al Neufchetel sono i formaggi per eccellenza della Normandia), un panetto di foie gras, un salame con noci, una bottiglia di Calvados, un barattolo di caramello al burro salato e un paio di baguette da farcire con formaggi spalmabili aromatizzati al miele e all’aglio e salame pave poivre già affettato (sul dorso di ogni fetta c’è del pepe). Ci aggiungiamo l’ultima scorta di acqua e andiamo alla cassa (40 Euro).
Le indicazioni che portano a Giverny sono chiare e le seguiamo per arrivare ai due grandi parcheggi gratuiti dove è obbligatorio lasciare la macchina per accedere in centro. Ma perché siamo finiti a Giverny, un villaggetto di 400 abitanti?
Facile, ne ho fatto cenno nei giorni scorsi e questo viaggio non poteva che finire qui: a casa di Claude Oscar Monet!
Il grande pittore ha vissuto a Giverny dal 1883 fino alla sua morte, nel 1926, e noi abbiamo ripercorso le sue tracce in Normandia fin dentro il suo famoso giardino. Monet era (anche) un botanico e le famose ninfee da lui riprodotte in maniera quasi ossessiva, le curava personalmente nel suo giardino giapponese che ora è possibile visitare insieme alla casa.
Arriviamo in un buon momento: c’è il sole e il giardino è in fiore. L’ingresso ha di solito una lunga fila, che becchiamo anche noi, e costa 9.50 euro. Dopo aver visto gli interni, con il salone pieno di opere d’arte sue e di altri impressionisti, la stanza da letto, la cucina maiolicata e i corridoi valorizzati da quadri di pittori giapponesi che tanto lo affascinavano, usciamo per camminare tra glicini e azalee e dirigerci verso il famoso stagno.
Siamo dentro un suo quadro, ci sono i salici piangenti, i piccoli ponti curvi, il barchino nelle acque ferme… manca solo Monet con i suoi cavalletti fissati in serie per continuare a dipingere durante il giorno seguendo la luce del sole. Il vantaggio in più che ho avuto nel fare questa escursione me l’ha dato il libro che sto leggendo, ambientato proprio qui! (titolo nelle note finali).
La visita termina nel bookshop dove prendiamo gli ultimissimi souvenir: una tazza, un tagliere e ancora qualche sportina e magneti (28.30 Euro). Inutile specificare il tema di questi ultimi acquisti 😉
Bene, il viaggio in Normandia è praticamente finito. Quello che resta è solo cronaca, neanche esaltante: la riconsegna della macchina senza sblocco della caparra perché la ragazza di turno non sapeva farlo; un bus che non è passato senza che nessuno venisse a informare della corsa soppressa i poveri viaggiatori in attesa sotto la pioggia. Siamo stati costretti al taxi (7 Euro) per raggiungere l’anonimo Inter Hotel City Beauvais per l’ultima notte. Quel genere di hotel che serve solo per dormire prima di un volo, più o meno la stessa funzione che ha Buffalo Grill, il ristorante dove consumiamo l’ultima cena non propriamente francese: bacon cheeseburger e panino con pollo fritto, con birra e coca. Be’, almeno stavolta il conto è da fast food! (27 Euro).
Che dire, questo itinerario in Normandia è stato appagante. Abbiamo fatto delle buone scelte, forse ci poteva stare una notte in più a Bayeux. Per tutto il resto è stato un gran bel viaggio, siamo sicuri che non dimenticheremo i colori, le luci, la pioggia della Normandia 😉
Ma alla fine, quanto abbiamo camminato? 29,3 km
Note
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Guida di riferimento: Itinerari imperdibili in Bretagna e Normandia di Annalisa Porporato, completa di belle foto e disponibile su Amazon; Meridiani Normandia (N. 208 Ago/Sett 2012) disponibile su Amazon
Libro letto su Kindle: La settimana bianca di Emmanuel Carrère e Ninfee nere di Michel Bussi
In chiusura un ringraziamento speciale va alla mia migliore amica francese Sophie D. e ai suoi splendidi genitori che mi hanno dato consigli determinanti per organizzare questo viaggio in Normandia