Categoria: Spagna

I miei viaggi (agg. 12/2013)

Statistica dei chilometri percorsi nel 2013
Statistica dei chilometri percorsi nel 2013

Era da un po’ che volevo fare un elenco dei posti che ho visitato.
Mi piace molto viaggiare e la maggior parte dei soldi che ho speso nella mia vita li ho investiti in questo genere di esperienza, senza mai pentirmene. Parlo di investimento perché spendere per viaggiare arricchisce di più, semplicemente 🙂

 

E siccome ho viaggiato molto, sono mooooolto più ricco 😉

 

In questo elenco mancano le località italiane perché ne ho perso il conto, sono tantissime.
Non pensate che sia un esterofilo, anzi, credo fermamente che non ci sia Paese più bello del nostro, però ogni tanto bisogna affacciarsi dal balcone di casa propria.
Io ho iniziato nel gennaio del 1995… e non mi sono più fermato, o quasi! 😉

 

1995: Montecarlo (Principato di Monaco), Praga (Repubblica Ceca), Parigi (Francia), Bruxelles (Belgio), Amsterdam (Olanda), Dachau e Monaco di Baviera (Germania)
1996: Parigi (2), Londra (Inghilterra) e Amsterdam (2)
1997: Guadalupa e Martinica girate in auto
1998: Parigi (3), New York, Schenektady, Albany e Orlando (USA)
1999: Il Cairo, Menfi, Saqquara e Giza (Egitto)
2001: Parigi (4)
2004: Mumbai e Calcutta (India), Barcellona (Spagna),  Parigi (5), Mauritius girata in macchina, Londra (2)
2005: Key West, Islamorada, Orlando (2), New York (2) (USA), Cozumel, Playa del Carmen e Tulum (Messico), Haltun Ha (Belize), Valencia (Spagna)
2006: Chicago, St. Louis, Springfield, Oklahoma City, Amarillo, Tucumcari, Santa Fe, Los Alamos, Albuquerque, Holbrook, Grand Canyon, Flagstaff, Las Vegas, Los Angeles (USA). Tutto in auto lungo la mitica Route 66.
2007: Siviglia e Granada (Spagna)
2008: Berlino (Germania), Istanbul (Turchia)
2009: Amsterdam (3), Budapest (Ungheria), Edimburgo e Cramond (Scozia), Brema (Germania), Amsterdam (4), Lisbona (Portogallo)
2010: Bristol (UK), Salisbury (UK), Stonehenge (UK), Amsterdam (5), Volendam, Monnickendam, Marken (Olanda), Madrid (Spagna)
2012: Parigi (6)
2013: Phnom Pen, Siem Reap, Koh Kong (Cambogia), Bristol (2), Bath, Salisbury (2) e Stonehenge (2), Siviglia (2), Gibilterra (UK), Cadice (Spagna), Parigi (7)

 

Se ho lasciato qualcosa lo aggiungerò!
Buon viaggio, G.

Diario di viaggio: Andalusia

La rocca di Gibilterra
Dalla rocca di Gibilterra si vede la costa africana: l’altra colonna d’Ercole.

Non sono vere e proprie ferie, diciamo che è una pausa!
Prendo un bel week end lungo, torno a Siviglia e in più ci aggiungo Gibilterra e Cadice.
Vi racconto cosa ho fatto durante una settimana trascorsa in Spagna, alla scoperta dell’Andalusia, delle sue attrazioni, della sua gastronomia.

03/10 Roma-Siviglia

Partenza all’alba per prendere l’aereo che parte da Roma Ciampino alle 09:55, la compagnia è Ryanair – sempre peggio in quanto a puntualità e organizzazione – e la spesa totale è stata di 167 Euro per due persone, incluso un bagaglio da imbarcare.
Una volta atterrati in terra spagnola ci dirigiamo verso la navetta Tussam che con 4 Euro p.p. ci porterà in centro.
Il nostro hotel è lo Zenit Sevilla nel quartiere Triana, quindi scendiamo alla fermata Marquese Paredes che praticamente è a 5 minuti a piedi dall’albergo.
Ero stato a Siviglia nel 2007, nello stesso identico quartiere e devo dire che l’ho trovato stravolto… in meglio: tanti nuovi locali, isole pedonali, illuminazione, tutte le facciate delle abitazioni restaurate, sembra un luogo diverso. Si vede che è molto vivo e che parte della movida notturna si è spostata in questa zona. Il quartiere è a 10 minuti di cammino dal centro storico, peraltro una passeggiata bellissima da fare sia lungo il Guadalquivir sia perdendosi nel dedalo di vie che portano alla cattedrale, la prima attrazione in programma.
Prima però facciamo rifornimento con un paio di bocadillos jamon serrano y queso e poi raggiungiamo l’ingresso della Cattedrale (8 Euro), la più grande del mondo in termini di volume.
All’esterno non impressiona quanto all’interno, dove sono custoditi tesori e opere d’arte in ogni angolo della struttura.
Così, armati di guida e mappa in italiano ritirata all’ingresso, cominciamo a visitare le varie cappelle, le sacrestie e gli altari. Sono da segnalare in particolare l’ampiezza degli archi e i diametri delle colonne, oltre alle decorazioni e agli intarsi. La cultura e l’architettura almohade hanno prodotto nel tempo un armonioso mix di elementi caratteristici dell’Islam e del cristianesimo, difatti la cattedrale in origine era una moschea. Ciò conferma che il culto di un dio può avvenire pacificamente, anche e soprattutto con la condivisione e la trasformazione degli spazi destinati alla preghiera: come accaduto con Santa Sofia a Istanbul.
Dopo aver visto una tela di Goya, la pala d’altare più grande del mondo in oro (purtroppo parzialmente in restauro) e legno con oltre 1000 figure bibliche intarsiate, il coro ligneo con 117 stalli e il sedicente sepolcro di Cristoforo Colombo (non è certo che siano le sue spoglie), cominciamo la salita della Giralda, il simbolo della città. La Giralda è un campanile alto 96 metri da cui si gode una vista magnifica, senza scale ma con 34 livelli collegati da comode rampe (in passato ci passavano anche cavalli e muli per trasportare il muezzin e materiali da lavoro).
Al termine della visita usciamo passando attraverso il rilassante patio degli aranci e torniamo verso il fiume e la Torre del Oro, altro simbolo rappresentativo di Siviglia. L’antica torre di avvistamento serviva come deposito per le ricchezze importate in Spagna dai conquistadores e deve il nome al rivestimento di azulejos dorati che in passato ricopriva la cupola. I piedi, coinvolti loro malgrado nelle nostre marce forzate, cominciano a sembrare dei cotechini e quindi si opta per una pausa sulle sponde del Guadalquivir, un lungofiume ben organizzato per fare attività e passeggiare, con piste ciclabili e fontane.
Prima di rientrare verso l’hotel allunghiamo ancora sul Paseo del O e ci dirigiamo verso il parco di Maria Luisa dove c’è un luogo da non perdere: Plaza de Espana. Immerso nel verde c’è l’enorme edificio semicircolare costruito in occasione dell’Esposizione Iberoamericana del 1929, con fontane, corsi d’acqua, ponti e decorazioni in ceramica: un vero capolavoro che celebra perfettamente la tradizione della ceramica sivigliana.
Dopo un centinaio di foto, riprendiamo la strada per l’hotel e ci fermiamo a cenare da Patio San Eloy: due birre, due acqua, due tortillas de patatas, calamari fritti, una sirloin di manzo e formaggio di capra Montenebro con miele e mandorle, tutto per 40.45 Euro.
Ok, possiamo dichiarare chiusa la prima giornata andalusa 😉

04/10 Siviglia

Dopo la Cattedrale, l’altro grande edificio storico di Siviglia è l’Alcazar, l’immensa residenza dei califfi musulmani prima e dei re cattolici poi. Ancora oggi è la residenza ufficiale dei reali spagnoli quando sono in visita alla città.
Prima di entrare torniamo a comprare dei panini nello stesso forno di ieri, lo storico Horno O’ Donnell nell’omonima strada (consigliatissimo per assaggiare tortilla di patate, jamon serrano y queso e empanadas con ripieno di carne o vegetale).
Ok, basta mangiare, ora torniamo all’Alcazar.
L’ingresso costa 8.75 Euro e bisogna calcolare almeno 3 ore per fare una visita completa, inclusi i meravigliosi giardini.
Superato l’ingresso principale, sembra di entrare in un’altra epoca: gli stucchi, i marmi, i legni e le fontane, lavorati in stile almohade, impressionano per la precisione delle geometrie e l’armonia d’insieme che offrono alla vista. Le decorazioni sono sfarzose e colorate, e le ceramiche svolgono una parte importante nei complicati disegni ideati dai maestri costruttori.
Le sale hanno ospitato episodi importanti della vita spagnola, matrimoni, feste e complotti si sono alternati nei secoli alle leggende che raccontano la vita dei sovrani che hanno abitato la fortezza. Ogni sala è stata studiata con cura e ogni zona edificata alternandola a patii e giardini che completano la struttura.
I piani superiori venivano usati nei mesi invernali perché più esposti al sole, mentre d’estate si viveva nei piani inferiori, freschi e protetti dalla calura grazie ai numerosi alberi da frutto e ai corsi d’acqua che si incrociano sia in ambienti esterni sia interni.
La visita al giardino merita una lunga passeggiata, il verde è lussureggiante e ben curato, tra fontane, costruzioni, pavoni in libertà, gazebo, vasche d’acqua e un divertente labirinto di siepi.
Che dire, la cattedrale di Siviglia sarà anche bella e imponente, la torre Giralda sarà anche il simbolo della città, ma l’Alcazar è di un altro pianeta: per me è il vero sovrano di questa città, da vedere assolutamente. E poi se la giornata è bella, come accade spesso in Andalusia, si possono fare foto davvero uniche, spettacolari.
Una volta all’esterno percorriamo Avenida San Fernando e ammiriamo l’edificio dell’hotel Alfonso XIII, il più lussuoso della città, e di fronte l’ex fabbrica di tabacco, il secondo edificio più grande della Spagna, oggi sede di una prestigiosa università.
Dopo aver attraversato i corridoi come bravi studenti, torniamo verso il parco Maria Luisa per una sosta al fresco della vegetazione sulle sponde del laghetto e poi rientriamo in hotel.
Per cena restiamo ancora una volta nel quartiere Triana: qui la scelta è vastissima e la qualità media è sicuramente alta perché c’è soprattutto gente del posto ad affollare queste strade, non turisti. Sin dall’arrivo avevamo adocchiato l’Abaceria Alborea e mai intuizione fu più azzeccata: per 4 birre, un piatto da 800 gr. di pescato fritto (merluzzo, alici, polipi, seppie, gamberetti…) e due di tapas (una con formaggio di capra, miele e noci, e una con fette di jamon serrano su un disco di melanzane condito con salsa salmonata) spendiamo solo 21.15 Euro e ci alziamo sazi e soddisfatti.
Un’altra giornata lunghissima si chiude, domani ci sarà il primo trasferimento.

04/10 Siviglia – Gibilterra (200 km)

Sveglia puntata alle 09:30, colazione in stanza con dolcetti al miele e succo d’arancia e alle 11:00 siamo già in strada per andare al mercato a fare qualche spesuccia prima di prendere un autobus diretto alla stazione dei treni Santa Justa.
Compriamo un paio di immancabili calamite e spezie, tante spezie: il souvenir migliore per portare via con sé un pizzico di profumi, colori e sapori dei luoghi visti. Andiamo via con tanti sacchetti pieni di preparati per paella, curry, abodo e fiori d’anice.
Recuperata la valigia prendiamo l’autobus per andare alla sede della Budget in Avenida de Kansas City e ritirare la macchina. Ci danno una Peugeot 208 che sarà un po’ casa per i prossimi 5 giorni.
Alle 13:30 in punto partiamo per La Linea della Conception, la località spagnola a 1,5 km dall’enclave inglese di Gibilterra.
Non c’è molto da segnalare durante il viaggio, guidare non è affatto difficoltoso, la strada è buona e nei 200 chilometri che ci separano dalla meta la cosa che spicca di più è l’altissima concentrazione di pale eoliche. La zona è molto ventosa e sicuramente è l’ideale per installare centrali di questo tipo, però l’impatto paesaggistico c’è. Per carità, l’energia pulita è cosa buona giusta ma l’occhio vorrebbe per sé solo il meglio e il meglio, in questo caso, sarebbero state le colline brulle, la vegetazione ricca in prossimità di pascoli e corsi d’acqua, e nient’altro, salvo qualche fattoria isolata. E invece…
Dopo due ore di marcia all’orizzonte si staglia la Rocca di Gibilterra, l’enorme sperone di roccia che ospita da secoli il territorio d’oltremare inglese più famoso e strategico. Da notare: gli spagnoli non amano particolarmente questa “colonia” e finché non arriverete a 5 chilometri da Gibilterra non troverete nessuna indicazione per arrivarci. Nessuna 🙂
Lasciamo le valigie in hotel, il Marriott AC La Linea, prendiamo qualche informazione e ci spostiamo verso il confine, dove c’è da fare dogana sia a piedi sia con l’auto. Noi siamo arrivati a un parcheggio vicinissimo alla frontiera, abbiamo pagato 2 Euro per tutto il tempo necessario alla visita e carta d’identità alla mano siamo passati dalla Spagna al Regno Unito. La prima cosa che ti trovi davanti appena entri a Gibilterra? La classica cabina telefonica rossa! Così capisci subito che lì le cose sono diverse…
Per arrivare in centro bisogna camminare un bel po’ e dopo questa prima scarpinata del giorno facciamo una pausa nella piazza Grand Casemates, dove mangiamo – cosa? – fish & cheaps 😉
Da qui inizia Main Street, la strada principale di Gibilterra piena zeppa di negozi e duty free (un paradiso per comprare tabacchi e alcolici), che risale fino alla funicolare. Ma… la teleferica che collega alla parte superiore della rocca, per visitare il parco naturale, è in programma domani 😉
Ormai distanti almeno un’ora di cammino dalla base di partenza, decidiamo di rientrare con un mezzo pubblico – che neanche a dirlo, è il classico bus rosso a due piani. Paghiamo 1.70 Euro e dopo 20 minuti arriviamo di nuovo al confine.
Una guardia, stanca di assistere a un anacronistico teatrino di turisti che sembrano varcare una zona di guerra, è l’emblema di un’ormai tiepida rivalità che qui sembra non essersi rassegnata al passare del tempo e della storia.
Per mettere fine a questi ragionamenti a metà strada tra storia, filosofia e geografia non resta che buttarsi di nuovo a capofitto nella gastronomia. E visto che un recente viaggio a Bath e Bristol ci ha fatto conoscere bene le “grandi” specialità della cucina britannica, decidiamo che per mangiare si può tranquillamente tornare in terra spagnola e godersi ancora qualche tapas.
La scelta del locale ricade su La Serrana, un trionfo di portate e di cucina caratteristica. Scegliamo spiedini di pecora, di maiale e di pollo, accompagnati da crostini con granchio e caviale, salmone e caviale, e formaggio con miele e noci. Un paio di birre e ancora un conto ridicolo: 16.80 Euro in due.
Come direbbe il nostro uomo della reception: “Andate a visitare Gibilterra, però poi mangiate a La Linea” 😉

05/10 Gibilterra

La giornata è interamente dedicata alla visita della rocca e questa volta, per la prima volta – avendo visto il giorno prima che la situazione alla frontiera non era poi così caotica – decidiamo di non dare ascolto alla guida, che sconsigliava di superare il confine in auto, e procediamo spediti fino alla funicolare. Nessun traffico congestionato, nessuna fila al controllo passaporti, niente di apocalittico. In compenso abbiamo risparmiato qualche chilometro di passeggiata e non è poco visto che le energie serviranno nel resto del giorno.
Per una visita piuttosto impegnativa bisogna calcolare almeno 4 ore, tenendo conto che ci saranno da fare grandi scarpinate, salite ripide e percorsi tutt’altro che agevoli tra gradini e strutture fatiscenti. Ecco, la prima cosa inspiegabile di questo complesso dalla lunga storia e presentato come di “grande importanza”, è lo stato di semi-abbandono in cui versa. Cioè, per portare turisti in cima con la teleferica, il governo inglese si fa pagare ben 14.70 Euro per un passaggio di pochi minuti, però una volta a destinazione li lascia un po’ a se stessi: tranne uno shop con annesso ristoro non ci sono mappe, le indicazioni sono pochissime e – come già detto – le strutture esistenti sono piuttosto malconce. Un bel paradosso se si pensa che tutta l’area è coperta dal wi-fi incluso nel prezzo del biglietto. Chi ha uno smartphone può così scaricare l’app che almeno qualche informazione la dà, chi non ha uno smartphone dovrà arrangiarsi diversamente.
Ci sono tante modalità per acquistare il biglietto: solo andata, a/r, per la fermata intermedia inclusi gli ingressi alle grotte e al castello moresco. Ognuna ha un prezzo, noi abbiamo scelto la modalità a/r.
La visita alla riserva naturale è sempre compresa nel costo di qualsiasi biglietto, si pagano a parte solo gli accessi alle caverne e al castello moresco. Oppure con 28.70 Euro si compra il biglietto che include tutto.
La rocca è alta 400 metri e il perimetro visitabile misura circa 5 chilometri. Dalla sommità si distingue chiaramente la costa africana del Marocco, l’altra colonna di Ercole, a soli 13 chilometri di distanza.
Per fortuna la giornata è splendida, l’aria è limpida e grazie al punto di vista privilegiato e alla prospettiva che abbiamo, le circa 50 navi in transito nel famoso stretto sembrano delle barchette. Si cammina molto, fa caldo, e consumiamo molte energie per raggiungere un osservatorio della II Guerra Mondiale, una delusione che sconsigliamo: solo fatica sprecata, la vista da lì non è poi così diversa rispetto ad altri punti più semplici da raggiungere.
Sulla strada del ritorno incontriamo un anziano in difficoltà con la sua auto a noleggio (perché affittare una macchina per venirsi a impiccare fin quassù in una strada stretta, ripida e pericolosa?!) e decido di non girarmi dall’altra parte, mi fermo e chiedo se ha bisogno di aiuto. Domanda retorica perché il nonnino stava per spaccare tutto, incollato in salita non riusciva a ripartire da fermo ed era ormai a pochi centimetri da una roccia: prendo il suo posto, spengo l’aria condizionata e sposto la macchina in una zona più tranquilla, ma nuovamente in salita. Così colgo l’occasione al volo… per prendere un passaggio per noi fino alla prossima discesa! 🙂
Fatto! La buona azione ci premia perché accompagnare il nonno sano e salvo a destinazione ci fa risparmiare del tempo e un bel po’ di salita.
Prima di raggiungere la fermata intermedia della funicolare salutiamo e facciamo le ultime foto alle vere regine di Gibilterra: le scimmiette bionde famose in tutto il mondo.
Questa colonia di macachi è l’unica in terra europea che vive in piena libertà, allo stato naturale, e la leggenda vuole che finché ci saranno loro, Gibilterra sarà inglese. Se le cose stanno davvero così mi sa che gli inglesi possono stare tranquilli, i macachi sono tantissimi, sembrano sereni e ben integrati con le persone che le visitano ogni giorno presso l’Apes’ Den. Ah! Non date loro cibo, non tentate approcci troppo confidenziali con i piccoli, non lasciate zaini abbandonati neanche il tempo necessario per scattare una foto, non tirate fuori buste di plastica. Siete avvisati, qui i padroni sono loro, non voi 😉
Tornati alla macchina decidiamo di non rientrare subito ma di continuare a visitare la parte nascosta di Gibilterra, quella dietro la rocca, che abbiamo potuto ammirare dall’alto. Visita consigliata, c’è un bel faro, una moschea, spiagge e Catalan Bay, un pittoresco villaggio di pescatori. Ovviamente senza macchina è molto difficile arrivarci 😉
Solo alla fine, durante il ritorno in hotel, ci siamo ritrovati incolonnati in fila, ma la causa è stata bene accetta per quanto insolita: un passaggio a livello bloccava il traffico per… il decollo di un aereo! Sì, perché per accedere a Gibilterra bisogna attraversare la pista di un aeroporto e quindi, che sia a piedi o sia in macchina, per passare bisogna aspettare che gli aerei finiscano le loro manovre.
Altra segnalazione utile: i parcheggi blu durante il week end sono tutti gratuiti, peccato però che troverete buona parte dei negozi chiusi.
Rientrati in terra spagnola che è sera, si decide rapidamente che la squadra vincente non si cambia. Quindi si ritorna a La Serrana, non senza difficoltà per parcheggiare (una costante, anche indicata sulle guide): i pochi posti disponibili vanno decifrati tra segnaletica orizzontale e verticale, strisce blu, bianche, listoni del marciapiede gialli, divieti e passi carrabili sui portoni che però si applicano sulla sponda opposta. Insomma, se trovate parcheggi a pagamento è meglio, tanto non costano molto ma almeno state tranquilli e risparmiate tempo e stress.
Guadagnato un tavolo, ordiniamo due montaditos (saltinbocca): uno con chorizo e Roquefort e un altro con salchichones y queso. Poi una bella moussakà e gli spiedini di maiale che conosciamo bene. In totale spendiamo 19.20 Euro e anche stavolta siamo soddisfatti, al termine di un’altra giornata indimenticabile tra Spagna… e Regno Unito 😉

07/10 Gibilterra – Cadice (122 km)

Sveglia con tutta calma, ricca colazione in albergo, check-out e di nuovo in macchina, verso una nuova destinazione: Cadice.
Considerata una destinazione minore dell’Andalusia, ha però una storia importante: è l’insediamento urbano più antico d’Europa ininterrottamente abitato da migliaia di anni. Insomma, un luogo in linea con i miei gusti di viaggio recenti che prediligono i piccoli centri con spiccata personalità alle grandi metropoli sempre più omologate, che si assomigliano un po’ tutte.
Dopo un paio di ore di guida, arriviamo all’hotel Monte Puertatierra e usciamo subito ad ammirare l’immensità dell’Oceano. Qui il cielo e il mare sono di un azzurro intensissimo e tutta la città ha una luce particolare, brilla. Il centro storico dista solo 10 minuti, così superiamo Plaza de la Costitution e raggiungiamo il cuore di Cadice: la sua cattedrale e la bellissima piazza del sagrato.
Dopo una pausa ci immergiamo nei vicoletti del centro e notiamo che anche qui, nonostante sia lunedì, è tutto chiuso. Poi vediamo esposti gli orario di apertura di un negozio: mattina dalle 10:00 alle 14:00 e pomeriggio dalle 18:00 alle 21:00. Questa sì che è vita! 🙂
Siccome sono passate da poco le 15:00 entriamo in uno dei pochi locali aperti, una pasticceria, e assaggiamo un tipico dolce: il polverone, un biscotto farinoso che una volta masticato si sfalda tutto lasciando una sensazione non troppo gradevole, a metà strada tra il soffocamento e una palata di sabbia in bocca. Anche il sapore non è granché, tanto che non merita il bis.
Allora decidiamo di allungare verso la spiaggia de La Caleta per prendere un po’ di sole in attesa che i negozi riaprano. Attesa che poi scopriremo risultare vana, perché il 7 Ottobre è il giorno della Vergine del Rosario e Cadice si ferma per onorare la sua santa patrona. Questo vuol dire che troveremo poche attività aperte, però assisteremo a una sentitissima e partecipata processione in pieno stile andaluso. Uno stile che si riconosce anche in tutti i dipinti e le sculture sacre, dove la sofferenza viene espressa da sguardi spenti, atmosfere cupe e rappresentazioni di ferite ancora più ampie e sanguinose di quelle che conosciamo noi nell’iconografia religiosa italiana.
Di ritorno dal mare incrociamo il corteo della processione e ci fermiamo ad assistere al passaggio della banda, piuttosto sorpresi di non vedere alcuna statua davanti ai fedeli. Ce ne facciamo presto una ragione ed entriamo da el Aljibe, un ristorante consigliato dalla guida che al piano terra funziona come tapas bar. C’è molta confusione per via della festa ma riusciamo a trovare un tavolo e ceniamo ancora una volta in modo magnifico, spendendo solo 25 Euro: involtini di salmone con formaggio e capperi, spiedino di maialino iberico e salsiccia in salsa BBQ, pesce pietra con riso in salsa verde, frittelle di bianchetti della baita e le crocchette della casa, a base di patate e carne.
Usciamo belli sazi e troviamo una sorpresa: la chiesa di fronte al ristorante è la sede principale della festa, non la cattedrale! Quindi ci troviamo di fronte a una grande folla che attende… l’arrivo della Madonna!
Proprio così, quello che ci aspettavamo di vedere prima sta arrivando proprio davanti a noi: un enorme baldacchino che ospita una statua della Madonna con bambino, tutto finemente scolpito e decorato come un blocco unico, massiccio. D’argento.
La visione è impressionante, anche perché i portantini sono celati sotto la struttura e restano invisibili al pubblico, così la Madonna sembra fluttuare nell’aria in tutta la sua magnificenza.
A piccoli passi e con sapienti manovre, la statua passa davanti al cordone di militari in alta uniforme ed entra in retromarcia nella chiesa, per tornare verso il suo altare. Una volta stabilizzata, il parroco recita ad alta voce una preghiera che ha tutto il tono dell’incitamento, l’euforia della folla sale e culmina in un applauso collettivo mentre i portantini escono affaticati e sudati da sotto il baldacchino. Mentre si mettevano in posa per una foto ricordo ne avrò contati una cinquantina…
Ebbene sì, la cattolicissima Spagna non si smentisce: qui la Chiesa ha ancora un forte alleato. Fortissimo 😉

08/10 Cadice – Sanlucar de Barrameda – El Puerto de S. Maria (110 km)

Oggi abbiamo in programma di visitare un paio di città vicine a Cadice. Sanlucar de Barrameda e El Puerto de S. Maria sono due località del cosiddetto “triangolo dello sherry” (la terza è Jerez de la Frontera), famose per la produzione di questo vino e non solo, perché sono due città di mare piuttosto rinomate e a misura d’uomo.
Ero partito dall’Italia con l’intenzione di visitare qualche agenzia immobiliare a Sanlucar, per vedere qualche casa e poi, una volta sul posto, mi rendo conto che ci vorrebbe più tempo di una mezza giornata, che di occasioni ce ne sono tantissime, che il mercato immobiliare spagnolo ha avuto un tracollo e che, soprattutto, è ancora una volta tutto chiuso!
Saranno i nostri orari, non so, fatto sta che dal sabato a Gibilterra a martedì a Sanlucar di attività aperte ne abbiamo viste davvero pochine. Pazienza! Visitiamo rapidamente il centro storico, il palazzo municipale in stile neo-mudejar e qui mi fermo a parlare con un anziano su una panchina. Lui è di Siviglia e – guarda un po’ – ha un appartamento a Sanlucar dove trascorre le vacanze e ci tiene a darmi un consiglio: “Provate la tortilla di camarones. Se non lo fate mi offendo!”.
Con questa veemenza come si può dire di no? Piuttosto obbediamo a un ordine tanto invitante e rientrando verso la macchina ci fermiamo in uno dei tanti tapas bar di Plaza del Cabildo per assaggiare questa deliziosa frittatina di gamberetti minuscoli e croccanti.
Ottima sì, ma non può bastare per un pranzo. Così entriamo nel bar Mi Bodega e ordiniamo due panini con il celebre prosciutto Pata Negra, qualità Bellota, la migliore che si può trovare in Spagna (costa tra i 30 e i 60 Euro al chilo), e decidiamo di andare a mangiarli al mare.
Ci dirigiamo verso El Puerto de Santa Maria e raggiungiamo la spiaggia di Santa Catalina, che troviamo semi-deserta. La sabbia è bianca, il mare di un blu intenso e di una forza straordinaria: la forza dell’Oceano Atlantico.
Immergiamo i piedi davanti a onde che si infrangono ripetutamente sulla battigia, dove arrivano alte più di due metri. Il rumore è assordante perché il fronte dell’onda è compatto e lungo decine e decine di metri. Entriamo in acqua con cautela per superare al momento giusto il punto di rottura della cresta, così da non rischiare né di essere travolti né di essere trascinati verso il largo dalla risacca di ritorno, che poi è la cosa più pericolosa. Bastano pochi passi dalla riva per ritrovarsi con l’acqua alla cintola e una sola ondata per ritrovarsi subito immersi fino al collo. Bisogna avere cautela nel fare il bagno nell’oceano, ancora di più se siete a digiuno di mare, onde, correnti, ecc… 😉
Dopo il bagno e il pranzo restiamo a leggere fino alle 19:00, un orario in cui sicuramente troveremo qualcuno aperto in città per comprare questo straordinario sherry che sa di mare e di legno. Alla fine opto per la cantina Obregon in calle Zarza, chiedo un litro della qualità Manzanilla (secco, da servire fresco) e lo spillano davanti a me (2.80 Eu) da una botte nera, che insieme a tante altre e ai poster di famosi toreri costituiscono l’unico arredamento del locale.
E così anche El Puerto è stato visitato, torniamo a Cadice che è tardi, giusto il tempo di trovare un miracoloso parcheggio vicinissimo all’hotel e fermarsi a mangiare un boccone nel tapas bar Alameda: carne di toro, tortilla di patatas, boccadillo jamon serrano y queso (6.50 Euro).
Domattina sveglia puntata alle 09:30, bisogna preparare le valigie e ripartire verso Siviglia, dove ci aspetta l’areo che ci riporterà a casa.

09/10 Cadice – Siviglia – Roma

Di solito non mi piace scrivere del ritorno, anche perché c’è poco da dire. Ma stavolta non è così perché ci aspetta una terribile sorpresa.
Fatta colazione, preparata la valigia, pagato l’hotel, usciamo in strada per prendere la macchina e scopriamo che… qualcuno l’ha già presa!
Neanche per un attimo ho pensato a un furto, perché avevo parcheggiato proprio davanti una stazione di polizia, quindi ho pensato a un carro attrezzi e la conferma arriva subito: sono parcheggiato su una striscia bianca, sì, ma riservata ai motocicli!
La sera prima, complici le fronde degli alberi, il buio, la stanchezza, non l’abbiamo proprio visto e la tortilla è stata fatta. Inutile stare a frignare, abbiamo un aereo da prendere in un’altra città e bisogna passare all’azione.
Entriamo nella caserma della polizia che ci rimanda alla municipale, giusto 2 chilometri più avanti. Prendiamo un autobus al volo e una volta a destinazione i vigili ci informano che l’auto non è lì ma al deposito giudiziario… giusto 4 chilometri indietro, nella stessa direzione da cui venivamo! Stavolta ci serviamo di un taxi (6 Euro) per tornare a Campo del Sur, la zona della cattedrale dove è custodita la macchina in un parcheggio sotterraneo.
Prima di ritirare l’auto mi indicano un ufficio distaccato dove pagare il verbale, fortunatamente a ‘sto giro è tutto aperto e riesco a pagare la multa di 40 Euro in tempi veloci. Penso che sia fatta, ma la mazzata deve ancora arrivare perché l’intervento del carro attrezzi ha un costo: 139.60 Euro! Pazienza, la disattenzione è costata cara ma perdere il volo costerebbe ancora di più, quindi…
Usciamo da Cadice che sono le 12:40, abbiamo il volo alle 16:00 e dobbiamo sperare che non ci siano imprevisti durante il viaggio perché il margine calcolato per questi è stato abbondantemente consumato. Per fortuna il viaggio è regolare, verso le 14:00 siamo a Siviglia, facciamo il pieno prima di riconsegnare l’auto (54 Euro, 1.4/L.), paghiamo il noleggio e alle 14:30 siamo alla fermata del bus. Bus che è appena passato, il prossimo sarà alle 15:07 e non possiamo aspettare: ci tocca ancora un taxi (22 Euro) per riuscire ad arrivare in aeroporto un’ora e 15 minuti prima del volo, un margine accettabile visto che dobbiamo imbarcare un bagaglio.
Alla fine ce l’abbiamo fatta, peccato per i soldi buttati ma l’importante è non aver dovuto improvvisare un piano B, molto più complicato da organizzare.
Non sarà certo questo imprevisto a farmi cambiare idea sul viaggio e sui luoghi visitati: l’Andalusia si è confermata magnifica, ricca di storia, di cultura, di cose belle da vedere e buone da mangiare. Ci tornerò ancora una volta, ancora con più calma.
E poi, quella casa a Sanlucar… 😉

PS: nel 2016 sono tornato davvero in Andalusia, per vedere Granada, Ronda, Cordoba e Malaga.
Leggi anche il secondo diario di viaggio in Andalusia 😉


Note

Durante il viaggio la guida di riferimento è stata la Lonely Planet Andalusia.
Gli hotel sono stati tutti prenotati su Booking.
Il libro letto con Kindle è stato Il sognatore di George Pelecanos.
Spero che questo diario possa stimolare e aiutare altri viaggiatori, sono a disposizione in caso di domande 😉

I miei viaggi (agg. 12/2010)

Era da un po’ di tempo che avevo in mente di fare un elenco dei posti che ho visitato. Mi piace molto viaggiare e la maggior parte dei soldi che ho speso nella mia vita li ho investiti in questo genere di esperienza, senza mai pentirmene. Parlo di investimento perché spendere per viaggiare arricchisce di più, semplicemente 🙂

 

E siccome ho viaggiato molto, sono mooooolto più ricco 😉

 

In questo elenco ho omesso le località italiane perché ne ho perso il conto, sono tantissime! Non pensate che sia un esterofilo, anzi, credo fermamente che non ci sia Paese più bello del nostro però ogni tanto bisogna affacciarsi dal balcone di casa propria. Io ho iniziato nel gennaio del 1995… e non mi sono più fermato, o quasi! 😉

 

1995: Montecarlo (Principato di Monaco), Praga (Repubblica Ceca), Parigi (Francia), Bruxelles (Belgio), Amsterdam (Olanda), Dachau e Monaco di Baviera (Germania)
1996: Parigi (2), Londra (Inghilterra) e Amsterdam (2)
1997: Guadalupa e Martinica girate in auto
1998: Parigi (3), New York, Schenektady, Albany e Orlando (USA)
1999: Il Cairo, Menfi, Saqquara e Giza (Egitto)
2001: Parigi (4)
2004: Bombay e Calcutta (India), Barcellona (Spagna),  Parigi (5), Mauritius girata in macchina, Londra (2)
2005: Key West, Islamorada, Orlando (2), New York (2) (USA), Cozumel, Playa del Carmen e Tulum (Messico), Haltun Ha (Belize), Valencia (Spagna)
2006: Chicago, St. Louis, Springfield, Oklahoma City, Amarillo, Tucumcari, Santa Fe, Los Alamos, Albuquerque, Holbrook, Grand Canyon, Flagstaff, Las Vegas, Los Angeles (USA). Tutto in auto lungo la mitica Route 66.
2007: Siviglia e Granada (Spagna)
2008: Berlino (Germania), Istanbul (Turchia)
2009: Amsterdam (3), Budapest (Ungheria), Edimburgo e Cramond (Scozia), Brema (Germania), Amsterdam (4), Lisbona (Portogallo)
2010: Bristol (UK), Salisbury (UK), Stonehenge (UK), Amsterdam (5), Volendam, Monnickendam, Marken (Olanda), Madrid (Spagna)

 

Se ho lasciato qualcosa lo aggiungerò!
Buon viaggio, G.

Diario di viaggio: Bristol, Salisbury, Stonehenge, Volendam e Madrid

Stonehenge

Ormai è una consuetudine: quando tutti rientrano dalle loro vacanze, io parto 🙂
Quest’anno sono arrivato particolarmente stanco all’appuntamento con il mio viaggio; durante l’estate ho fatto troppe cose e ho lavorato come un mulo, quindi sento la necessità di “staccare” un po’ e partire è sempre la soluzione migliore!
L’esperienza dell’anno scorso mi è piaciuta, quindi ho deciso di provarla ancora e di vedere nuove città in perfetta modalità Viaggiatore 2.0.
Ad accompagnarmi durante il viaggio ci saranno il mio fedele PC Dell, l’immancabile iPhone e una novità: l’applicazione Trip Journal, a dir poco strepitosa per chi ama scrivere diari di viaggio 😉
Partiamo…

8/10 Gaeta -Roma – Bristol

Quest’anno ho boicottato Ryanair, anzi, spero di non doverla prendere mai più perché trovo che negli anni siano diventati sempre più rigidi, e meno convenienti. Ho quindi deciso di spendere i miei soldi con easyJet: ha tante rotte, prezzi bassi e sui bagagli fa imbarcare fino a 20 chili, 5 in più rispetto al sig. Ryan. La prima destinazione è Bristol, in Inghilterra. Il biglietto l’ho acquistato on line l’8 agosto per la cifra di 78 Euro, solo andata (incluso lo stivaggio di un bagaglio).
Prima dell’imbarco cambio 350 Euro presso Travelex e, tolta la commissione di 25.84 Euro (!), una volta applicato il tasso di 0.772, mi ritrovo in tasca 250 sterline di sua maestà la regina. L’unica cosa positiva è il buyback gratuito: al ritorno se ti avanzano dei soldi te li ricambiano (incluse le monete) allo stesso tasso della partenza, senza commissioni.
Il volo parte puntualmente alle 16:45 e alle 18:15 ora locale (un’ora in meno rispetto a noi) sono a Bristol. Il tempo di ritirare il bagaglio e sono subito fuori a cercare lo shuttle per il centro città.
L’aeroporto è piccolo, basta seguire le indicazioni e non si può proprio sbagliare! La compagnia che collega il terminal al centro è la Flyer e una corsa singola costa 6 sterline. Scendo a Temple Meads, la stazione dei treni di Bristol, a due passi dall’Ibis Bristol Temple Meads Quay che ho scelto per questo soggiorno. Prima di raggiungerlo, però, entro in stazione a ritirare i biglietti del treno che mi serviranno domani e che ho comprato on line dall’Italia. Trovo una macchinetta automatica libera, inserisco il mio codice e la carta di credito come riconoscimento e il gioco è fatto: i tagliandi A/R per Salisbury sono stampati, spesa totale: 20 Euro.
Adesso è il momento di andare in hotel. La struttura è molto bella e ben posizionata, il quartiere è circondato da corsi d’acqua e ponti pedonali, l’insieme è molto suggestivo. La camera è spaziosa e pulita, con letto e doccia molto grandi: ottima scelta. Il tempo di fare due chiacchiere con la receptionist, aderire al programma di fedeltà della catena Accor (mi hanno accredito i bonus maturati nel 2008 a Budapest!) e mi sposto verso il ristorante dell’hotel. Scelgo un Hereford beef burger: 250 grammi di manzo tritato con cipolla, lattuga, pomodoro, formaggio e bacon. Il piatto in cui lo servono monta di serie patatine fritte, insalata, pannocchia lessa, e anelli di cipolla 🙂
Con una pinta di Curling e una bottiglia di preziosa acqua naturale, spendo 14 sterline. La nostra nazionale di calcio ha appena terminato con un pareggio la sfida con l’Irlanda del Nord e io vado diretto in stanza, piuttosto provato dalla giornata di spostamenti: domani si comincia sul serio 😉

09/10 Bristol – Salisbury

Il check out in hotel è alle ore 12:00, ho tutto il tempo per iniziare la giornata nel migliore dei modi: stretching, yoga, elastico e una ricchissima colazione tradizionale! Con 6.95 sterline mangio: una baguette per accompagnare uova strapazzate e bacon, due succhi d’arancia, due fette di pane tostato con marmellata di albicocche, un croissant, due muffin al cioccolato e due con mela e cannella, e per finire un the earl grey… la giornata inizia alla grande 🙂
Raggiungo subito la stazione e alle 12.43 salgo sul mio treno, decisamente affollato. La gente è in piedi nel corridoio e quasi nessuno ha la prenotazione, i pochi che ce l’hanno sono seduti nei posti sbagliati, quindi anche io… ma pazienza, è una storia piuttosto familiare per chi è abituato a viaggiare con Trenitalia 😉
Ho notato una cosa particolare: su un display scorrono i nomi delle varie fermate e alcune di queste sono accompagnate da una “X” che sta a indicare i luoghi dove ci si ferma solo su richiesta, come se fosse un pullman! Il treno attraversa campagne verdissime, dove si intrecciano molti corsi d’acqua; il paesaggio è suggestivo e si intravede Bath: deve essere una bella città (ed è famosa per le terme, quindi l’ho messa nel taccuino).
Dopo un’ora scendo a Salisbury e seguendo le indicazioni sull’iPhone raggiungo l’hotel in quindici minuti. Il Victoria Lodge Guest House è gestito da due coniugi, molto gentili, che mi danno subito qualche dritta sul posto e sull’orientamento. La camera ha due letti, tv, scrivania, internet wi-fi e colazione inclusa nel prezzo (165 Euro per tre notti). Sono a circa 15 minuti a piedi dal centro città, molto facile da raggiungere.
La prima impressione si rivelerà poi quella giusta: Salisbury è proprio piccola (42.000 abitanti) e la sua fama ruota tutta attorno alla magnifica cattedrale, che vado subito a visitare.
Si passa per Market Square e un’infinità di vicoletti, uno più bello dell’altro. Ci sono tante attività commerciali e scarseggiano, strano a dirsi, le trappole per turisti, cioè quei maxi negozi di gadget e souvenir. Proseguo per High Street e finalmente arrivo sull’enorme spiazzo della cattedrale, un prato vastissimo e perfettamente curato. L’impatto visivo è straordinario, è il primo edificio religioso  che vedo all’estero ad avermi davvero impressionato (batte anche la Moschea Blu di Istanbul). Costruita tra il 1220 e il 1258, è un capolavoro assoluto dell’architettura del tempo, e con i suoi 123 metri la sua torre è la più alta d’Inghilterra. Prima di accedere ai locali delle funzioni si passa per il chiostro, impreziosito da archi e volte che si intrecciano creando perfetti giochi geometrici. L’ingresso è libero ma è suggerita una donazione di 5.5 sterline per gli adulti. Acquisto una mini-guida in inglese (2 sterline) ma all’interno è disponibile gratis un opuscolo in italiano. L’insieme è meraviglioso, nonostante non ci siano vistosi segni di opulenza; piuttosto si avvertono l’ingegno e la fatica costata a tanti uomini per esaltare il loro dio, richiamandone la presenza nell’ampiezza delle navate, lunghe e soprattutto alte, altissime. Le cose più notevoli che si possono osservare all’interno sono in particolare tre: l’orologio meccanico più antico d’Europa e forse del mondo, con un ingranaggio fatto di ruote dentate e corde che a vederlo sembra addirittura ridicolo nella sua semplicità ma che a suo tempo ha rappresentato il massimo della tecnologia per misurare il tempo; il fonte battesimale, uno specchio d’acqua perfettamente livellato e immobile (l’effetto è quello delle moderne infinity pool!), tanto da riflettere in maniera nitida le vetrate colorate, raddoppiando l’intensità e la magnificenza dei soggetti raffigurati; e per finire, al centro della cattedrale, dove transetto e navata si incrociano, si possono ammirare le altissime colonne letteralmente piegate dal peso sovrastante della torre: l’effetto è davvero impressionante, sono praticamente curve! Il coro è composto da 106 scranni originali del 1236, e mentre sto facendo il mio giretto sono in corso delle prove, con adulti e bambini vestiti esattamente come durante un concerto. Tutto davvero molto bello, ora capisco perfettamente perché Ken Follett per il capolavoro I pilastri della terra ha trovato qui l’ispirazione per narrare le storie che ruotano attorno alla costruzione della cattedrale di Kingsbridge (il protagonista del romanzo, Tom il costruttore, prima di iniziare a lavorare su quel progetto che lo impegnerà a vita, cercherà lavoro, senza fortuna, proprio nel cantiere della cattedrale di Salisbury! A mio avviso è un vero e proprio omaggio dell’autore alla sua musa).
Prima di uscire è d’obbligo una visita alla sala capitolare, dov’è custodita la meglio conservata delle quattro copie originali della Magna Carta (1215), un documento importantissimo per la storia delle democrazie moderne in quanto ha sancito per la prima volta i diritti dei sudditi e i rapporti con il re, che non si poneva più al di sopra di legge. La Magna Carta a distanza di secoli è stata in grado di ispirare le costituzioni più solide e liberali, come quella americana, oltre alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Note tecniche: è un solo foglio, scritto su pergamena di pecora e composto da circa 3500 parole per buona parte abbreviate. Una volta badavano ai fatti, mica andavano tanto per il sottile…
All’uscita mi fermo da Tesco a comprare acqua, tisane, frutta, crema idratante e il dentifricio Pearl Drops (il migliore per denti bianchi). Spendo 11 sterline, tiro dritto in hotel per mollare tutto e andare subito a cena.
Tra i locali che mi hanno consigliato scelgo George and Dragon in Castle Street, bel posticino con wi-fi gratuito, dove per 13 sterline mi nutro nuovamente con il panino nazionale: hamburger, bacon, cheese, patatine, anelli di cipolla, ecc… ecc… L’atmosfera è rilassante, e il clima gradevole, tanto che scelgo un tavolo nel giardino esterno sull’Avon. In più il chitarrista che suona dal vivo è davvero in gamba (passerò altre volte da qui, e ogni sera ho visto ospiti musicali diversi).
La prima giornata a Salisbury si chiude perfettamente. È il momento di andare a dormire 😉

10/10 Salisbury

Il meteo non prometteva nulla di buono per oggi, quindi ho deciso di rinviare la mia escursione fuori Salisbury e dedicarmi a un giro più completo della città. Dopo la colazione tradizionale (il colesterolo ringrazia), sistemo alcune cose di lavoro al computer e intorno alle 11:00 sono di nuovo in centro. I negozi sono quasi tutti aperti tranne, strano ma vero, l’ufficio turistico! Va bene, mi arrangio con la cartina che ho e procedo verso la vicina chiesa di St. Thomas Becket, molto piccola ma adorata dagli abitanti del luogo. Questa era la chiesta usata dai braccianti durante la costruzione della cattedrale ed è ancora oggi rispettatissima. L’interno è silenzioso e raccolto rispetto alla sua gigantesca vicina e si può apprezzare pienamente grazie a una mini-guida da ritirare all’ingresso (in italiano, ma bisogna fare da soli perché non c’è nessuno a dare indicazioni).
Oltre alla magnifica luce e alle decorazioni dei vetri, questa chiesa è famosa per l’affresco del Giudizio Universale più grande d’Inghilterra. Dipinto nel 1475 precede di soli 50 anni quello che tale Michelangelo dipingerà dalle nostre parti. Però non si può azzardare alcun paragone: uno dei due sembra fatto da mio nipote di 10 anni. Ma si sa, il Buonarroti era di un’altra categoria 😉
Appena fuori la chiesa c’è una bella piazzetta con un caffè con tavoli all’aperto, e visto che c’è wi-fi ne approfitto per aggiornare il mio stato su 4Square. Apro una parentesi per i viaggiatori 2.0:  ho trovato molto deludente, quando non inutile, l’applicazione Free Wi-Fi finder. A Salisbury  non ha mi ha dato disponibile neppure un accesso mentre ne ho trovati diversi, e se vuoi dare il tuo contributo all’accrescimento del database ti chiede di compilare tanti di quei campi che se ti metti a rispondere hai finito la vacanza. Pazienza, ci ho provato.
Ritorno verso la cattedrale per andare a vedere lo shopping center ma non trovo nulla di interessante, quindi, visto che nel frattempo è venuta fuori una magnifica giornata torno verso la cattedrale e occupo il mio bel pezzo di prato verde, mangio delle mele, prendo il sole, leggo e scatto delle gran foto. Verso le 16:00 rientro in hotel lungo il walkside river, una passeggiata che costeggia l’Avon che qui è poco più grande di un ruscello. Ci sono diverse persone che si bagnano e pescano, in pieno centro città. Incredibile.
Una volta in camera mi preparo un the (il bollitore di cortesia è sempre gradito) e controllo la posta… per troppo tempo! Così faccio maledettamente tardi, troppo abituato ai nostri orari, e alle 21 mi ritrovo a entrare e uscire dai locali che hanno già chiuso le cucine! Finisco quindi da Wagamama un ristorante panasiatico che si rivela una bella sorpresa. Mangio molto bene: ebi gyoza e chicken katsu curry, per saperne di più si può vedere il menù on line 😉 e spendo 17.55 sterline.
Sono passate le 22:00 e mi appresto a rientrare in hotel, stavolta però la passeggiata è “inquietante”, niente a che vedere con la gradevole atmosfera del pomeriggio. Per strada non c’è proprio nessuno, tranne qualche macchina guidata da tamarri che sfilano orgogliosi a bordo di modelli modificati in improbabili e rombanti versioni da competizione, con tanto di braccio fuori il finestrino, musica a palla e sgasate gratuite: tutto il mondo è paese.
Le strade non sono molto illuminate e le case ricordano un po’ quelle dei film horror. Nel tragitto, mi tocca attraversare anche due sottopassi abbandonati, in stile Guerrieri della Notte… uhm… forse dovrei andare di meno al cinema! 😉
È ora di dormire, domani ci si sveglia presto per un’altra lunga giornata con escursione eccellente: è tempo di Stonehenge.

11/10 Stonehenge – Old Sarum

Il giorno tanto atteso è arrivato! Diciamocela tutta, questo ritorno in Inghilterra è stato motivato soprattutto per visitare una località mitica: Stonehenge.
È un posto che appartiene ai misteri dell’umanità e non so per quale motivo ma sin da bambino sai che esiste, come le piramidi in Egitto (difatti, guarda un po’, risalgono allo stesso periodo).
Insomma, le piramide egizie e quelle Maya le ho viste, ora barro la casella dei megaliti e poi credo che mi resterà Machu Picchu, i templi di Angkor e i moai dell’Isola di Pasqua per completare un’ideale raccolta di altari, osservatori, tombe, monumenti costruiti dall’uomo che hanno conservato nel tempo la maestosità originaria, ma soprattutto i loro misteri.
Un’altra nota positiva del mio hotel è che ha proprio di fronte la fermata dell’autobus che porta a Stonehenge 😉
Il biglietto si acquista a bordo, io ho scelto la formula da 18 sterline che comprende il viaggio a/r più l’ingresso ai due siti da visitare. Solo il viaggio costa 11 Euro (poi bisogna aggiungere i 6.90 Euro per entrare a Stonehenge e 3.50 per Old Sarum, quindi il pacchetto conviene). Parto alle 11:10 (una corsa ogni ora) e dopo 40 minuti si arriva a destinazione.
La zona dedicata all’accoglienza è ben organizzata e non rovina il paesaggio circostante, difatti per arrivare sul sito bisogna attraversare un sottopasso che ti fa riemergere a pochi metri dalle famose rocce. Prima di entrare ritiro l’audioguida in italiano e incomincio la visita. Che dire, in tanti restano delusi dal fatto che le pietre in foto sembrano “più grandi”, ma io non ho questa impressione, le trovo in linea con le mie aspettative. L’audioguida è fondamentale per capire cosa si sta guardando: la provenienza del materiale, il trasporto, il tipo di pietra, la lavorazione, le dimensioni, il peso, l’uso… insomma, tante cose interessanti da ascoltare per avere una certezza al termine del giro: Stonehenge non si sa cosa rappresenti 🙂
Il dibattito è ancora aperto e sospeso tra leggenda e realtà, tra scienza e religione. Per esempio si accredita l’ipotesi dell’osservatorio astronomico e come contraltare spuntano i seguaci della Wikka con il mito del Mago Merlino, quindi, se pensate di recarvi a Stonehenge per capire quali misteri l’avvolgono, restate a casa. Se non c’è riuscito Giacobbo in varie puntate di Voyager non ce la farete neppure voi! 😉
Il negozio al termine del giro è piccolo ma ben fornito e faccio un po’ di spese, in particolare per i nipoti: peluche, t-shirt, gomme da cancellare con tema Stonehenge Rocks! Poi compro le immancabili calamite, una fotografia 18×33 in bianco e nero che mi è subito piaciuta e una borsa in juta per trasportare gli acquisti. Alle 13:40 sono sul pullman e dopo venti minuti c’è la fermata a Old Sarum.
Ecco, questo posto ci ricorda come buona parte dell’Europa sia stata provincia di Roma. Sarum era una roccaforte costruita su un collina che sovrasta un’enorme pianura, risale all’età del ferro ed è stato il primo insediamento di quella che diventerà Salisbury. Il sito ha ospitato un castello, un palazzo e una chiesa molto grande, antenata di quella famosissima che sarà elevata nella nuova città. Di tutto ciò resta molto poco, qualche muro di cinta e le fondamenta, però ci sono delle chiare illustrazioni di come doveva essere una volta. Ma vale la pena fare una visita per il paesaggio: la collina che in cima aveva queste strutture, circondata da un profondo fossato, sembra emergere dall’enorme prato che la circonda. C’è verde ovunque, curato perfettamente, e pochissima gente che si aggira tra le rovine: è il momento giusto per fare una pausa, sdraiarsi a mangiare e prendere il sole.
Dopo la rilassante Old Sarum riprendo il pullman che conclude la corsa in Market Square, e ne approfitto per andare da Poundland a comprare un po’ di biscotti (non posso continuare a mangiare tutte le mattine uova e pancetta!)
Una volta tornato in hotel lavoro un po’ al pc e stavolta non mi faccio fregare, esco in tempo per andare a cena all’Avon Brewery Inn ancora in Castle Street, qui spendo 12 sterline per una maxi bistecca accompagnata dagli immancabili anelli di cipolla e patatine fritte. E tanto per completare una giornata all’insegna del mistero, stavolta trovo nel piatto anche alcuni oggetti degni di attenzione, sono verdi, sferici, piccoli, e sono sani: piselli al vapore! 😉
Giornata finita, è tempo di rientrare in hotel e preparare le valigie… domani si parte di nuovo!

12/10 Salisbury – Bristol

Ho il treno alle 11:12, ma mi sono svegliato presto quindi dopo la colazione e il check-put mi avvio a piedi verso la stazione. Ho il tempo per fermarmi ad acquistare ancora qualcosa in centro e nonostante tutto arrivo con largo anticipo, tanto che prendo un treno diverso da quello programmato. Non ho la prenotazione ma non fa nulla perché è mezzo vuoto e così arrivo quasi un’ora prima del previsto a Bristol 🙂
Al momento del check-in mi faccio subito accreditare i punti-miglia previsti dell’A-Club. Eh… quando si dice “lungimiranza”, la mia è stata un’affiliazione premeditata 🙂
Prendo una mappa della città e sono già in strada, stavolta accompagnato anche dall’applicazione City Walks, niente male. Vago un po’ a casaccio lungo Victoria Street e mi fermo ad ammirare l’affascinante Temple Church. La struttura risale al 1147 e ha due caratteristiche singolari: gli esterni sono perfettamente conservati nonostante… tutta la struttura sia priva di tetto! Difatti la chiesta fu semi-distrutta durante i bombardamenti incendiari del 1942 e il restauro è stato di tipo conservativo, quindi non una ricostruzione. L’effetto è ben riuscito, lo scheletro della chiesa non ha la copertura, rendendo possibile la vista del cielo dall’interno; sembra un monito contro la stupidità delle guerre. E la seconda caratteristica rende ancora più incredibile questo posto: il campanile del 1460 ha la facciata principale che pende di ben 1,64 metri rispetto alla verticale! Bristol si presenta bene, è una bella giornata e faccio una lunga sosta sdraiato a mangiare e a leggere sul prato della collina dove si trova Castle Park. Da qui c’è una vista della città molto bella: in basso si vede scorrere l’Avon e si è circondati dalle bellissime chiese di St. Thomas e St. Nicholas, mentre sulla sommità si erge il vecchio castello, anch’esso sventrato, che ora è un monumento ai caduti. E sì, Bristol è proprio bella! Tranquilla, molto elegante, ricca d’acqua e di cose interessanti da vedere.
Riprendo la mia passeggiata lungo la storica Baldwin street fino a The Centre, la grande piazza al centro della città. Da qui proseguo lungo il Floating Harbour fino al palazzo Arnolfini dove ho approfittato dell’ultimo sole, una panchina sul fiume e una grande wi-fi aperta per controllare la posta e lavorare un po’ con l’Italia. Dopo la pausa ho ripreso a camminare costeggiando Queen Square per imboccare la Redcliffe Way e raggiungere l’orgoglio della città: la spettacolare chiesa di St. Mary Redcliffe risalente al XII secolo. La leggenda vuole che, visitandola, la regina Elisabetta I l’abbia descritta come “la più bella, la più imponente e la più famosa chiesa parrocchiale dell’Inghilterra”.
Effettivamente per essere una “semplice” chiesa parrocchiale è piuttosto sfarzosa, addirittura oscura la cattedrale della città. All’interno è possibile fare una visita con una guida cartacea in italiano da restituire all’uscita. Segnalo tre cose interessanti: la macchina del caos, un invito condiviso da scienza e religione a meditare sui misteri dell’universo; uno specchio dotato di ruote, che può essere usato per vedere meglio i particolari  dello splendido soffitto a volte; un’area dedicata ai bambini. Ecco, quest’ultima è una costante che ho trovato in tutte le chiese protestanti che ho visitato in Inghilterra: dalla più seria e prestigiosa alla più piccola e semplice, tutte hanno una sorta di baby park con giocattoli, libri e tanti colori per disegnare. Per cena decido di mettere in pausa la terribile dieta a base di bacon fritto e opto per un ristorante mediterrano, il Bristol Bridge (CHIUSO, agg. 01/20) in Baldwin Street. Ordino salmone affumicato con pita greca e insalata con olive e cipolla, e uno stupendo piatto di chicken shish, bocconcini di pollo allo spiedo speziati e accompagnati da un risotto (14.75 sterline).
Al termine faccio due chiacchiere con il proprietario che chiede aggiornamenti sul campionato italiano e poi vado nel pub affianco, lo storico The Old Fish Market, a vedere la partita dell’Inghilterra. Peccato, Mr. Capello & Co. chiudono il match casalingo sullo 0-0 e quindi non ho la soddisfazione di assistere dal vivo a una tipica esultanza inglese 😉
Dopo aver appreso brutte notizie sugli scontri in corso in Italia per la partita contro la Serbia, rientro in hotel percorrendo a ritroso la strada fatta in mattinata.

13/10 Bristol

La prima mossa della giornata è acquistare attraverso la TV della camera il pacchetto multimediale per avere la connessione Internet per 24 ore al prezzo forfettario di 9.90 sterline. Dopo scendo a fare colazione da Philpotts (che in realtà è un take away specializzato in sandwich) e prendo una torta doppio cioccolato e spremuta d’arancia (3.45 sterline) che consumo in camera, mentre sistemo alcune cose. Comunico un po’ con l’ufficio in Italia e alle 13 muovo nuovamente verso il centro, precisamente a Millennium Square dove c’è il centro polifunzionale Explore con l’acquario e la caratteristica “palla” di un imax. In tutta onestà, dopo aver visitato l’oceanographic di Valencia e la Geode di Parigi, questi di Bristol sembrano delle miniature, quindi non accedo.
Faccio un giro nella grande piazza dell’anfiteatro, dove c’è una statua molto fotografata di Cary Grant e poi mi sposto verso la cattedrale della città. Durante il tragitto fotografo la Cabot Tower che sovrasta questa parte della città dall’alto di una collina. Il complesso della cattedrale ospita anche un college e tutta l’area è gremita di ragazzi di varia età; è più o meno l’ora del termine delle lezioni e c’è un’atmosfera piuttosto elettrica: si rincorrono, giocano a pallone, urlano, si riuniscono in gruppetti, scoppiano a ridere, grandi e piccoli, maschi e femmine, tutti con la loro bella uniforme che portano con orgoglio. Sarà un’impressione ma questi ragazzi sembrano appartenere all’elite di Bristol. All’interno della cattedrale, realizzata in stile normanno nel 1140 e intitolata a S. Agostino, non è possibile eseguire una visita perché è in corso un concerto del coro dell’adiacente scuola, quindi scelgo un buon posto e mi siedo ad ascoltare. Si esibiscono prima le ragazze, poi i piccoli e al termine ancora questi ultimi insieme ai ragazzi più grandi. La chiesa è piena di persone, l’acustica ottima e per quanto non sia un esperto l’esibizione mi sembra di qualità. Al termine faccio un giro della struttura con l’ausilio di una breve guida in italiano, disponibile all’ingresso, e poi vado a vedere l’orgoglio di questa cattedrale: l’arco a tutto sesto che caratterizza la Casa del Capitolo, il luogo che in un’abbazia è deputato alle assemblee dei monaci dove si prendono e si comunicano decisioni, si infliggono pene, si eseguono denunce, ecc…
All’uscita scendo verso Floating Harbour e faccio una pausa per mangiare una crepe con prosciutto e cheddar cheese, proveniente dalla vicina località che dà il nome al formaggio celebre in tutto il mondo. Proseguo lungo la passeggiata coperta del Watershed e poi attraverso il ponte pedonale che porta alla sponda opposta dove c’è la galleria di arte contemporanea Arnolfini, la più famosa della città. Devo essere sincero, mi ha deluso molto.
L’ingresso è gratuito e si può assistere alla mostra in corso in quel periodo. La galleria ospita non solo scultura, pittura o installazioni, ma anche eventi musicali, di danza, cinema o reading letterari. Io ho beccato una serie di installazioni sul tema della tecnologia e della comunicazione (ma guarda un po’!), alcune di queste interattive, ma non mi hanno entusiasmato, anche perché non sono proprio sicuro di cosa abbia visto, infatti le informazioni erano davvero molto scarse. La cosa più bella che mi offre l’Arnolfini è una grande finestra che affaccia sull’Avon e che scopro proprio nel momento in cui sta passando la fedele riproduzione della caravella con cui John Cabot, o Giovanni Caboto, partì alla scoperta del Nord America nel 1497. Una volta all’esterno riprendo a camminare diretto verso il gigantesco centro commerciale The Mall Galleries, dove compro tre orrendi magneti (4.47 sterline) e poi procedo verso l’adiacente Cabot Circus, una specie di outlet integrato nel tessuto commerciale della città, molto ben curato. Guardo un po’ di vetrine delle solite firme prestigiose che trovi ovunque ed entro nell’Apple store, dove provo qualche applicazione sugli iPad in esposizione e cerco una cover nuova per il mio telefono. Non c’è niente di entusiasmante, niente che non possa comprare on line e pagare meno dall’Italia, quindi muovo verso l’hotel dopo 5 ore di cammino praticamente ininterrotte 🙂
Il tempo di fare una doccia, rispondere a qualche e-mail e per cena bisso il locale e il menù della sera prima: era tutto perfetto 😉

14/10 Bristol – Amsterdam – Volendam

Al mattino nuova colazione da Philpotts, solo che stavolta aggiungo una bella fetta di torta al limone. Preparo la valigia e scendo in reception per il check out delle 12:30 (la spesa è stata di 130 sterline), quindi mi fermo nella hall a leggere in attesa che si facciano le 14:00 per incamminarmi in stazione. All’ora stabilita prendo i bagagli, sempre più pesanti, e mi avvio. Come ho già spiegato sono a cinque minuti dal capolinea della navetta per l’aeroporto, che parte ogni 10 minuti, quindi neanche il tempo di arrivare che sono già a bordo e diretto verso il mio volo. Una volta concluse le operazioni di imbarco arriva il primo intoppo del viaggio: il mio aereo (easyJet solo andata, 30 Euro, bagaglio da stiva incluso), previsto alle 16.45, partirà con un ritardo di 45 minuti. Non ci voleva! Proprio per questa tappa che dopo l’atterraggio prevede ancora collegamenti in treno e autobus prima di arrivare a Volendam, la mia destinazione finale.
Va be’, non posso far niente se non aspettare e vedere come muovermi. La compagnia aerea non fa nulla per informare e alla fine il ritardo supera l’ora, senza nuove comunicazioni neppure sul tabellone…
Per fortuna, una volta atterrato, il mio bagaglio è stato “sputato” fuori subito e conosco già l’aeroporto e i collegamenti per il centro (biglietto 4.20 Euro). Sono le 20:00 passate quando arrivo alla stazione centrale di Amsterdam e l’orario-limite del check-in nell’hotel di Volendam è fissato alle 21:00: non ce la farò mai.
Quindi, visto che non ho intenzione di farmi prendere dall’ansia, me ne frego semplicemente: in qualche modo arriverò. Voglio salutare almeno la Damrack e fare una capatina nel mio locale preferito, dove saluto un amico argentino che si ricorda di me e della combriccola con cui l’anno scorso, di questi tempi, andavo a bere tisane di ogni gusto. Dopo il momento dell’amarcord torno a essere un’efficiente macchina organizzativa: localizzo la stazione dei bus e ho la fortuna di chiedere informazioni a un signore italiano che vive da 40 anni in Olanda e che mi dà la dritta per prendere il mezzo giusto. Sarà il pullman 110 a portarmi a destinazione. La compagnia è l’Arriva, il biglietto si fa a bordo, costa 6 euro e il tragitto dura 30 minuti. Spiego al conducente dove si trova il mio alloggio e a un certo punto mi scarica in una piazza buia. Fa un freddo boia ma per fortuna trovare l’hotel Old Dutch non è affatto complicato: è affacciato sul porto, praticamente sulla strada principale di Volendam. Lo conosco tutti e il suo ristorante è il più chic della città. Tanto che quando entro, come un profugo con le sue valigie, è gremito di persone… altro che check-in entro le 21!
Una volta preso possesso della stanza scendo affamato come un lupo, ma trovare da mangiare alle 22 passate è davvero un’impresa. Entro ed esco da vari locali, e quando chiedo se è possibile mangiare mi guardano come se fossi un marziano! Alla fine trovo un’anima buona nel proprietario del Grand Café de Molen, che decide di non mandarmi via ma ci tiene a precisare che non potrò scegliere niente dal menù e che mi cucinerà personalmente fish and chips. Prendere o lasciare. Ovviamente prendo, mi siedo e mangio, bene, con 14.60 Euro.
Si capisce subito che Volendam è un posto rilassante, dove tutti si conoscono e amano passare del tempo insieme, in locali come quello. Alla fine del mio pasto, dopo i primi sguardi diffidenti… mi ritrovo al bancone con tanti sconosciuti a bere birra e a mangiare roba tipica olandese, senza pagare più nulla! 🙂
Ritorno in camera che sono davvero stanco ma contento. Sono in una nuova città, che già mi piace molto, e la camera in cui sono è addirittura incredibile: una mansarda molto spaziosa con una finestra che affaccia sul porto e da cui si ammira un panorama strepitoso. E poi c’è il lucernario parallelo al letto da cui puoi vedere le stelle prima di dormire (la stanza è la numero 33, la 25 è identica). Inoltre c’è una bella sorpresa: nella struttura è presente la connessione wi-fi gratuita, mentre dal sito Booking su cui ho fatto la prenotazione, riportava che era disponibile a pagamento. Evidentemente qualcosa è cambiato, in meglio 🙂

15/10 Volendam

Oggi è una giornata dedicata al completo relax dopo tutti gli spostamenti frenetici dei giorni precedenti. Prendo la bici e vado a zonzo per Volendam, seguo il lungomare fino al porto nuovo e poi visito la parte interna della città. Mi fermo a scattare foto, ci sono canali, parchetti, tutto è silenzioso e ben curato. Le persone in strada sorridono sempre, alcuni commercianti indossano i vestiti tradizionali e le case sono bellissime. Hanno tutte una gigantesca finestra al pianterreno, e le tende sono sempre semi-chiuse e lasciano volutamente intravedere gli ambienti interni. Così vedi chi cucina, chi sta facendo una riunione, chi mangia, chi gioca… queste finestre sono decorate, oppure accessoriate in maniera personalizzata: alcuni mettono in mostra raffinate sculture, oppure gadget di design, altri gingilli più kitsch, ninnoli di ogni tipo, mentre i migliori hanno in “esposizione” dei fantastici gattoni che se la dormono alla grande.
Chi passeggia guarda nelle case, viene naturale, ma senza indugiare con lo sguardo. Sono delle abitazioni private e ti senti un po’ un intruso, quasi obbligato a rispettare la loro privacy. È una sensazione strana, viene da pensare: e se invece è dall’interno che si godono davvero lo spettacolo di guardare tutte le persone che passano, come se fossero comodamente seduti davanti a un’enorme tv? 🙂
Nel pomeriggio scoppia un violento temporale, le strade sono deserte, ma prima che la bici si trasformi in un pedalò riesco a comprare un panino con pesce fresco e mayonaise. Mangio e riposo affacciato al mio balcone, guardando infuriare la tempesta sul mare e all’ora di cena ritorno al vicinissimo De Molen, anche perché piove ancora. Ma stasera sono in orario e potendo scegliere dal menù opto per la carne: una schnitzel (è praticamente una nostra cotoletta alla milanese) accompagnata da pancake prosciutto e formaggio della vicina Edam (20.50 Eu). Poi vado a dormire presto perché l’indomani il giro in bici sarà un po’ più impegnativo…

16/10 Volendam – Monnickendam – Marken

Oggi è il mio compleanno e un guasto sul roaming internazionale sembra fatto apposta per non distrarmi dagli impegni richiesti dal programma della giornata.
In pratica ricevo soltanto gli SMS ma non posso rispondere, così non ci saranno pause mentre faccio ciò che mi aspetta. Dopo una robusta colazione metto a punto lo zaino e alle 11:00 sono in bicicletta, diretto all’isola di Marken. Dopo circa un chilometro mi fermo a scattare foto a un vero mulino olandese e inizio a notare una cosa: è una bella giornata ma il vento, il vento ha qualcosa di strano…
La prima impressione me la lascio alle spalle e proseguo lungo una fantastica pista ciclabile. Dopo 5 km sono a Monnickendam, un pittoresco paesino immerso nel verde e il vento comincia a farmi capire qualcosa di più sulle prime sensazioni che ho avvertito una volta fuori Volendam. Ripresa la pista e individuata all’orizzonte Marken a 14 km di distanza, è tutto chiaro. La pista riservata alle bici non è una porzione della strada principale, quella delle auto per intenderci. Nel tratto che mi interessa è un percorso a sé, che costeggia il mare ed è sopraelevato rispetto alla strada principale. Questo significa una cosa: sarò esposto al vento per tutto il tragitto. E non ho mai sentito un vento così: potente, freddo, continuo, massacrante. Se questo è il famoso vento del nord ne ho fatto scorta per i prossimi anni. Il percorso, tranne qualche falsopiano, è ovviamente in pianura ma con il vento di traverso, è come restare fermi! Anzi, si fatica il doppio a mantenere l’equilibrio e in più il cambio non produce alcun effetto sulla pedalata: è come usare un rapportone in salita, faccio una gran fatica! Però è il bello della sfida, una volta deciso di andare fino in fondo non mi fermo. Quindi via con cappello, cappuccio, zaino e il vento in faccia, per tutti i chilometri che mi separano dalla meta. Il mare è increspato, il sole si affaccia tra nuvole minacciose, e io continuo ad arrancare sui pedali come se affrontassi un mitico tappone alpino, sono state delle sensazioni indimenticabili 🙂
Alla fine arrivo a Marken, ancora un villaggio di pescatori, famoso per le sue casette in legno dipinte di verde. Ancora oggi può risiedere a Marken solo chi ha un avo diretto originario del luogo, da queste parte ci tengono…
Il tempo di fare qualche foto e passo subito ai rifornimenti: compro l’acqua, tanta acqua, in un piccolo market e poi il pranzo a un baracchino del pesce. Visto che incomincia a piovigginare, mangio mentre pedalo, come farebbe un buon ciclista: salmone affumicato cotto al vapore con burro e una porzione di gamberoni sgusciati in salamoia, una botta di grassi ed energie. Sono le 14:00 e riparto con una speranza: se all’andata ho beccato tutto quel vento, al ritorno dovrei averlo a favore. Ipotesi sbagliata, come dicevo il vento era di traverso, quindi al ritorno aveva la stessa intensità e ha prodotto gli stessi effetti, anzi di più, perché rispetto all’andata ero già affaticato. Mi fermo per una pausa energetica a base di miele e riparto per gli ultimi 6 km, i peggiori: ancora con questo vento che rimbomba nelle orecchie, che ti fa correggere continuamente la traiettoria, che ti sposta, che ti soffia contro. Davvero, sembrava accanirsi, l’ho trovato malvagio ma lo ringrazio. Perché mi ha spinto ad andare fino in fondo e a godermi davvero il ritorno al punto di partenza.
Ho riabbracciato Volendam alle 16:00 in punto, sudatissimo e abbronzato. Prima di salire in camera compro un po’ di souvenir da Riverside Gifts e la signora mi spiega come sono loro del posto, chi si sposa con chi e ci tiene a precisare che le persone del posto vogliono tutte restare lì, e andare fuori solo per vacanza e studi. Anche i ragazzi. Il tempo di fare una doccia calda e sono giù al bar a bere un the e a rispondere a centinaia di messaggi di auguri: centinaia nel vero senso della parola! 😉
All’ora di cena cambio locale e finisco al De Lunch Havenrestaurant dove mangio ancora pancake ham and cheese e una bella bistecca di manzo locale, molto buona (24.50 Eu), resto a chiacchierare con Josi fino a tardi e poi inizio a sentire le fatiche della giornata. Rientro in camera, inizio a preparare le valigie e crollo letteralmente dal sonno!

17/10 Volendam – Amsterdam – Madrid

Ancora giorno di partenze. Dopo colazione preparo la valigia e poi faccio una passeggiata fuori a cercare la webcam con cui i miei genitori hanno visto com’è questa benedetta Volendam. Alla fine, seguendo le descrizioni ricevute via mail riesco a trovarla, così chiamo quando arrivo sotto di essa e li saluto in diretta. Il tempo di scattare qualche foto dal pc, tramite screenshot, e rientro in hotel per il check-out (206 Euro incluse le tasse turistiche, i the al bar e l’affitto della bici) prima di raggiungere la fermata dell’autobus. Una volta arrivato gironzolo un po’ per la zona di Amsterdam retrostante alla stazione, che non ho mai visto, e poi prendo il treno per l’aeroporto, dove purtroppo mi aspettano nuovi ritardi, stavolta di Iberia (biglietto multitappa su Expedia: Amsterdam-Madrid-Roma 139.63 Eu). Dopo due improvvisi cambi di gate, annunciati solo via altoparlante, il ritardo a terra supera l’ora. Ritiro il bagaglio e mi dirigo verso la metro, anche grazie all’applicazione MetrO (migliore di Metro Madrid, provata anche questa) che mi ha già fornito il percorso con tutti i cambi da fare per arrivare alla fermata dell’hotel. Così dopo aver comprato il biglietto (2 Euro) a una macchinetta automatica  prendo il primo dei tre treni che mi porteranno alla fermata Gran Via. Sono veramente a pochi passi da Calle Valverde e raggiungo subito l’hotel 7 Islas (4 notti, 330 Euro).
Anche se è tardi qui non ci sono problemi di orari per mangiare, anzi, si può dire che la serata stia appena cominciando. Ma sono stanco, e non mi va di cercare un buon locale, così mi dirigo da Pans e Company sulla Gran Via e faccio un ordine sicuro: baguette con jamon serrano y caso e tortilla de pata y cebolla (11.20 Euro). Il primo purtroppo è pessimo rispetto ad anni fa, quando ci mettevano anche il pomodoro, mentre quello con la frittata di patate si conferma ottimo. Consumo la cena in camera, mi connetto al wi-fi gratuito per scaricare la posta e prima di dormire programmo un po’ le cose da fare e vedere nei prossimi giorni.

18/10 Madrid

È lunedì, in questo giorno i musei più famosi di Madrid sono chiusi quindi è il momento ideale per conoscere la città attraverso le sue strade e le sue piazze. Il punto di partenza è la fermata della metro Gran Via, da lì percorro tutta Calle de la Montera fino a sbucare nell’enorme Plaza de la Puerta del Sol, il centro “ideale” della città da cui partono le principali strade. La piazza, avrò poi modo di vedere, è sempre piena di gente, a qualsiasi orario della giornata. C’è un’edicola con wi-fi aperto e sosto al sole a controllare la posta, dopo mi rimetto in cammino lungo calle Mayor per svoltare dopo pochi metri nell’omonima piazza, la più rappresentativa della città: quadrangolare, piena di bar con i tavolini all’esterno e soprattutto, con le facciate dei palazzi decorate stupendamente. Scatto qualche foto e proseguo alla ricerca del Restaurante Sobrino de Botìn in Calle de los Cuchilleros. Citato anche in Fiesta! di Hemingway è il ristorante più antico del mondo, in attività dal 1725. Pensavo di trovarlo pieno di turisti e invece ce ne sono solo fuori a scattare foto, forse per via dei prezzi 🙂
L’interno ti riporta indietro nel tempo, ordino al volo un arroz nigro (in pratica un risotto condito con il nero delle seppie), pago (22.25 Eu), scatto un paio di foto e proseguo lungo Calle del Sacramento fino a sbucare davanti all’imponente cattedrale di Nuestra Senora de la Almudena. L’ingresso è libero e all’interno c’è un piccolo depliant con delle spiegazioni (in inglese), la struttura attuale è relativamente recente, risalendo al 1883. Progettata in modo da armonizzarsi perfettamente con l’antistante palazzo reale, è stata inaugurata nel 1911. Ci sono molte cappelle consacrate a personaggi della chiesa contemporanea, come il discusso San Josemaria Escrivà, fondatore dell’Opus Dei, e buona parte delle decorazioni e degli arredi, come pitture, vetri lavorati e sculture, sono stati eseguiti tra gli anni ’90 del secolo scorso e i primi anni del 2000. In pratica è una chiesa nuovissima 🙂
Dopo è il momento di raggiungere il Palazzo Reale per raccogliere alcune informazioni e programmare la visita; poi mi fermo per una pausa rilassante nei giardini dell’elegante Plaza de Oriente che separa l’enorme palazzo dal teatro. Non per essere campanilista… ma in tutte queste architetture monumentali lo stile italiano è ovunque 😉
Proseguo il mio giro a piedi fino a ricollegarmi con la Gran Via, che percorro tutta fino a Calle Valverde, la mia traversa. La strada è veramente enorme e ricca di negozi, gente indaffarata, traffico (e smog) ed è caratterizzata da palazzi di pregevole fattura che la impreziosiscono su entrambi i lati. Dopo una pausa in hotel, esco nuovamente e da Puerta del Sol e mi incammino in Calle de la Cruz dove mi fermo a mangiare tapas da 4D  (10.90 Euro per vino, tortilla de pata, focaccia con jamon serrano e formaggio). Il giro pedestre è davvero finito, domani toccherà ai musei 😉

19/10 Madrid

La giornata è dedicata alla visita del Museo del Prado che raggiungo in metro (fermata Opera). È molto che non visito un grande museo e ho proprio intenzione di fare indigestione di opere d’arte finora viste solo sui libri. Dopo aver visitato i grandi musei di Roma, Firenze, Parigi, New York, Berlino e altre città, attendevo da tempo di poter inserire El Prado tra le pinacoteche visitate, e finalmente ce l’ho fatta! 😉
La Maya Desnuda, la Maya Vestida, il 2 e il 3 de Mayo di Goya, Las Meninas di Velazquez si aggiungono alle raffinate opere di Tiziano, Tintoretto, El Greco, Van Dyck, Rembrandt e Botticelli. Ovviamente il padiglione italiano va per la maggiore e da gaetano non posso non notare che tra questi mostri sacri c’è anche un quadro di Sebastiano Conca (che ha decorato la chiesa dell’Annunziata della mia città, chiesa nella quale Pio IX si rifugiò nel 1848 e che ispirò il dogma dell’Immacolata Concezione proclamato nel 1854).
Poi cerco uno dei miei preferiti, Bruegel il Vecchio e il suo Trionfo della Morte, per finire con un vero e proprio genio: Hieronymus Bosch, l’autore de Il giardino delle delizie. Be’, che dire di questo quadro, se non lo conoscete ve lo mostro tramite questo link. Allora? Non è un genio? Non sembra un quadro di Dalì? non sembra dipinto da un artista della corrente surrealista? Abbastanza, solo che Bosch ha realizzato il suo capolavoro nel 1500!
Dopo aver visto questo quadro dal vivo ho dovuto ridimensionare il mio giudizio sulla rivoluzione artistica dei surrealisti. È proprio vero quanto diceva Goethe: “Tutti i pensieri intelligenti sono già stati pensati; occorre solo tentare di ripensarli”.
Al termine del tour compro delle stampe di quest’opera, una per me e una da regalare 🙂
La visita a El Prado è stata completamente soddisfacente ma c’è un’avvertenza da non trascurare: al biglietto d’ingresso (8.50 Eu) aggiungete i 3.50 Euro dell’audioguida in italiano, solo così la visita può essere completa e appagante.
Mangio un bocadillo al volo e rientro in hotel per prendere accordi con un amico che non vedo da 8 anni e che tramite Facebook mi ha fatto sapere che si trova a Madrid! Alle 20:00 esco nuovamente per l’appuntamento e raggiungo Paolo “sotto le palle del cavallo” della statua equestre al centro di Plaza Mayor. È così che si danno appuntamento i madrileni. Non abbiamo problemi a trovarci e dopo una passeggiata e tante chiacchiere per aggiornarci, finiamo a cenare e a guardare la partita Real Madrid – Milan nel Gran Cafè de Madrid in Calle Mayor. Mangiamo un’entrecote, beviamo un paio di birre (21 Euro) e prima della chiusura della metro ci salutiamo davanti alla fermata Sol.
Torno in hotel, e chiudo una giornata molto piena, fatta di incontri indimenticabili con le opere e gli autori raccolti nel museo e la sorpresa inaspettata della cena con Paolo.

20/10 Madrid

Ultimo giorno a Madrid, ma già so che in questa città ci tornerò perché mi restano ancora cose da vedere: sono tornato 5 volte a Parigi perché non tornare una seconda volta a Madrid?
Comincio presto con la visita al Palacio Real (dove il mercoledì i cittadini UE entrano gratis), prendo l’audioguida (4 Euro) e inizio con la visita alla Farmacia Real (ricorda molto ciò che ho visto nel museo della medicina di Budapest), proseguo poi per le sfarzose sale del palazzo e finisco con la visita all’armeria reale. All’uscita mi dirigo verso il Centro de Arte Reina Sofia e prima di entrare mi fermo a mangiare da El Brillante. Non è indicato dalla guida ma andrebbe inserito: i camerieri urlano come matti le ordinazioni ai cuochi, sono tutti rapidissimi e si mangiano cose buone e semplici, il posto è famoso per i calamari fritti più buoni di Madrid. Ordino anche un bocadillo con tortilla de pata (ottimo), un’acqua (5.30 Euro) e proseguo subito verso il museo che raccoglie opere dell’arte contemporanea. L’ingresso costa 8 Euro e l’audioguida 4, anche in questo caso consiglio di visitare le varie sale armati del supporto audio perché le informazioni scritte sono davvero molto scarse.
Qui c’è Guernica. Guernica di Pablo Picasso. Il museo si identifica talmente tanto con quest’opera che i vari Mirò, Magritte, Dalì, Kandinskij passano quasi in secondo piano.
Al termine decido di fare una cosa inconsueta, letta sulla guida, che mi spinge a fare nuovo viaggio in metro fino alla fermata Principe Pio, per cercare l’Ermita di San Antonio de la Florida, una chiesetta che ospita le spoglie di Goya ma che, soprattutto, conserva un affresco del maestro spagnolo. Uno dei pochissimi che è possibile vedere nel luogo originario di realizzazione. La chiesa è piccola, praticamente senza visitatori, e tenuta molto bene. L’ambiente dell’affresco è rilassante e silenzioso e l’opera è davvero imponente, ci sono anche dei grandi specchi mobili che permettono di vedere i dettagli senza alzare la testa e da una prospettiva diversa dal punto di osservazione “naturale”. L’effetto è stranissimo…
Torno in hotel e mangio da Cutxi (11.80 Euro) qualche tapas a base di calamari fritti e albondigas (piccole polpette di carne), offro un bicchiere all’ennesimo amico ubriacone di questo viaggio e vado a fare le ultime compere su Calle de la Montera. Acquisto maglie, tazze, vino, le immancabili calamite e torno in hotel per iniziare nuovi preparativi. Ancora una volta c’è da fare una valigia, che questa volta però rientra in Italia più piena e più pesante della partenza.
Mai quanto i miei occhi, la mia testa e il mio cuore di viaggiatore solitario.

Nel corso del viaggio, oltre alle applicazioni per iPhone che ho elencato, ho letto e usato: La Papessa di Norfolk, Il Libro del Risveglio di Kerouac, Madrid Lonely Planet.

I miei viaggi

Era da un po’ di tempo che avevo in mente di fare un elenco dei posti che ho visitato. Mi piace molto viaggiare e la maggior parte dei soldi che ho speso nella mia vita li ho investiti in questo genere di esperienza, senza mai pentirmene. Parlo di investimento perché spendere per viaggiare arricchisce di più, semplicemente 🙂

E siccome ho viaggiato molto, sono mooooolto più ricco 😉

In questo elenco ho omesso quasi tutte le località italiane perché ne ho perso il conto, sono tantissime! Non pensate che sia un esterofilo, anzi, credo fermamente che non ci sia Paese più bello del nostro però ogni tanto bisogna affacciarsi dal balcone di casa propria. Io ho iniziato nel gennaio del 1995… e non mi sono più fermato, o quasi! 😉

1995: Montecarlo (Principato di Monaco), Praga (Repubblica Ceca), Parigi (Francia), Bruxelles (Belgio), Amsterdam (Olanda), Dachau e Monaco di Baviera (Germania)
1996: Parigi (2), Londra (Inghilterra) e Amsterdam (2)
1997: Guadalupa e Martinica girate in auto
1998: Parigi (3), New York, Schenektady, Albany e Orlando (USA)
1999: Il Cairo, Menfi, Saqquara e Giza (Egitto)
2001: Parigi (4)
2004: Bombay e Calcutta (India), Barcellona (Spagna),  Parigi (5), Mauritius girata in macchina, Londra (2)
2005: Key West e Orlando (2) (USA), Cozumel, Playa del Carmen e Tulum (Messico), Haltun Ha (Belize), Valencia (Spagna)
2006: Route 66 da Chicago a Los Angeles (USA)
2007: Siviglia e Granada (Spagna)
2008: Berlino (Germania)

Se ho lasciato qualcosa lo aggiungerò!
Buon viaggio, G.

PS: si nota che mi piace Parigi? 🙂