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Diario di viaggio: Andalusia

La rocca di Gibilterra
Dalla rocca di Gibilterra si vede la costa africana: l’altra colonna d’Ercole.

Non sono vere e proprie ferie, diciamo che è una pausa!
Prendo un bel week end lungo, torno a Siviglia e in più ci aggiungo Gibilterra e Cadice.
Vi racconto cosa ho fatto durante una settimana trascorsa in Spagna, alla scoperta dell’Andalusia, delle sue attrazioni, della sua gastronomia.

03/10 Roma-Siviglia

Partenza all’alba per prendere l’aereo che parte da Roma Ciampino alle 09:55, la compagnia è Ryanair – sempre peggio in quanto a puntualità e organizzazione – e la spesa totale è stata di 167 Euro per due persone, incluso un bagaglio da imbarcare.
Una volta atterrati in terra spagnola ci dirigiamo verso la navetta Tussam che con 4 Euro p.p. ci porterà in centro.
Il nostro hotel è lo Zenit Sevilla nel quartiere Triana, quindi scendiamo alla fermata Marquese Paredes che praticamente è a 5 minuti a piedi dall’albergo.
Ero stato a Siviglia nel 2007, nello stesso identico quartiere e devo dire che l’ho trovato stravolto… in meglio: tanti nuovi locali, isole pedonali, illuminazione, tutte le facciate delle abitazioni restaurate, sembra un luogo diverso. Si vede che è molto vivo e che parte della movida notturna si è spostata in questa zona. Il quartiere è a 10 minuti di cammino dal centro storico, peraltro una passeggiata bellissima da fare sia lungo il Guadalquivir sia perdendosi nel dedalo di vie che portano alla cattedrale, la prima attrazione in programma.
Prima però facciamo rifornimento con un paio di bocadillos jamon serrano y queso e poi raggiungiamo l’ingresso della Cattedrale (8 Euro), la più grande del mondo in termini di volume.
All’esterno non impressiona quanto all’interno, dove sono custoditi tesori e opere d’arte in ogni angolo della struttura.
Così, armati di guida e mappa in italiano ritirata all’ingresso, cominciamo a visitare le varie cappelle, le sacrestie e gli altari. Sono da segnalare in particolare l’ampiezza degli archi e i diametri delle colonne, oltre alle decorazioni e agli intarsi. La cultura e l’architettura almohade hanno prodotto nel tempo un armonioso mix di elementi caratteristici dell’Islam e del cristianesimo, difatti la cattedrale in origine era una moschea. Ciò conferma che il culto di un dio può avvenire pacificamente, anche e soprattutto con la condivisione e la trasformazione degli spazi destinati alla preghiera: come accaduto con Santa Sofia a Istanbul.
Dopo aver visto una tela di Goya, la pala d’altare più grande del mondo in oro (purtroppo parzialmente in restauro) e legno con oltre 1000 figure bibliche intarsiate, il coro ligneo con 117 stalli e il sedicente sepolcro di Cristoforo Colombo (non è certo che siano le sue spoglie), cominciamo la salita della Giralda, il simbolo della città. La Giralda è un campanile alto 96 metri da cui si gode una vista magnifica, senza scale ma con 34 livelli collegati da comode rampe (in passato ci passavano anche cavalli e muli per trasportare il muezzin e materiali da lavoro).
Al termine della visita usciamo passando attraverso il rilassante patio degli aranci e torniamo verso il fiume e la Torre del Oro, altro simbolo rappresentativo di Siviglia. L’antica torre di avvistamento serviva come deposito per le ricchezze importate in Spagna dai conquistadores e deve il nome al rivestimento di azulejos dorati che in passato ricopriva la cupola. I piedi, coinvolti loro malgrado nelle nostre marce forzate, cominciano a sembrare dei cotechini e quindi si opta per una pausa sulle sponde del Guadalquivir, un lungofiume ben organizzato per fare attività e passeggiare, con piste ciclabili e fontane.
Prima di rientrare verso l’hotel allunghiamo ancora sul Paseo del O e ci dirigiamo verso il parco di Maria Luisa dove c’è un luogo da non perdere: Plaza de Espana. Immerso nel verde c’è l’enorme edificio semicircolare costruito in occasione dell’Esposizione Iberoamericana del 1929, con fontane, corsi d’acqua, ponti e decorazioni in ceramica: un vero capolavoro che celebra perfettamente la tradizione della ceramica sivigliana.
Dopo un centinaio di foto, riprendiamo la strada per l’hotel e ci fermiamo a cenare da Patio San Eloy: due birre, due acqua, due tortillas de patatas, calamari fritti, una sirloin di manzo e formaggio di capra Montenebro con miele e mandorle, tutto per 40.45 Euro.
Ok, possiamo dichiarare chiusa la prima giornata andalusa 😉

04/10 Siviglia

Dopo la Cattedrale, l’altro grande edificio storico di Siviglia è l’Alcazar, l’immensa residenza dei califfi musulmani prima e dei re cattolici poi. Ancora oggi è la residenza ufficiale dei reali spagnoli quando sono in visita alla città.
Prima di entrare torniamo a comprare dei panini nello stesso forno di ieri, lo storico Horno O’ Donnell nell’omonima strada (consigliatissimo per assaggiare tortilla di patate, jamon serrano y queso e empanadas con ripieno di carne o vegetale).
Ok, basta mangiare, ora torniamo all’Alcazar.
L’ingresso costa 8.75 Euro e bisogna calcolare almeno 3 ore per fare una visita completa, inclusi i meravigliosi giardini.
Superato l’ingresso principale, sembra di entrare in un’altra epoca: gli stucchi, i marmi, i legni e le fontane, lavorati in stile almohade, impressionano per la precisione delle geometrie e l’armonia d’insieme che offrono alla vista. Le decorazioni sono sfarzose e colorate, e le ceramiche svolgono una parte importante nei complicati disegni ideati dai maestri costruttori.
Le sale hanno ospitato episodi importanti della vita spagnola, matrimoni, feste e complotti si sono alternati nei secoli alle leggende che raccontano la vita dei sovrani che hanno abitato la fortezza. Ogni sala è stata studiata con cura e ogni zona edificata alternandola a patii e giardini che completano la struttura.
I piani superiori venivano usati nei mesi invernali perché più esposti al sole, mentre d’estate si viveva nei piani inferiori, freschi e protetti dalla calura grazie ai numerosi alberi da frutto e ai corsi d’acqua che si incrociano sia in ambienti esterni sia interni.
La visita al giardino merita una lunga passeggiata, il verde è lussureggiante e ben curato, tra fontane, costruzioni, pavoni in libertà, gazebo, vasche d’acqua e un divertente labirinto di siepi.
Che dire, la cattedrale di Siviglia sarà anche bella e imponente, la torre Giralda sarà anche il simbolo della città, ma l’Alcazar è di un altro pianeta: per me è il vero sovrano di questa città, da vedere assolutamente. E poi se la giornata è bella, come accade spesso in Andalusia, si possono fare foto davvero uniche, spettacolari.
Una volta all’esterno percorriamo Avenida San Fernando e ammiriamo l’edificio dell’hotel Alfonso XIII, il più lussuoso della città, e di fronte l’ex fabbrica di tabacco, il secondo edificio più grande della Spagna, oggi sede di una prestigiosa università.
Dopo aver attraversato i corridoi come bravi studenti, torniamo verso il parco Maria Luisa per una sosta al fresco della vegetazione sulle sponde del laghetto e poi rientriamo in hotel.
Per cena restiamo ancora una volta nel quartiere Triana: qui la scelta è vastissima e la qualità media è sicuramente alta perché c’è soprattutto gente del posto ad affollare queste strade, non turisti. Sin dall’arrivo avevamo adocchiato l’Abaceria Alborea e mai intuizione fu più azzeccata: per 4 birre, un piatto da 800 gr. di pescato fritto (merluzzo, alici, polipi, seppie, gamberetti…) e due di tapas (una con formaggio di capra, miele e noci, e una con fette di jamon serrano su un disco di melanzane condito con salsa salmonata) spendiamo solo 21.15 Euro e ci alziamo sazi e soddisfatti.
Un’altra giornata lunghissima si chiude, domani ci sarà il primo trasferimento.

04/10 Siviglia – Gibilterra (200 km)

Sveglia puntata alle 09:30, colazione in stanza con dolcetti al miele e succo d’arancia e alle 11:00 siamo già in strada per andare al mercato a fare qualche spesuccia prima di prendere un autobus diretto alla stazione dei treni Santa Justa.
Compriamo un paio di immancabili calamite e spezie, tante spezie: il souvenir migliore per portare via con sé un pizzico di profumi, colori e sapori dei luoghi visti. Andiamo via con tanti sacchetti pieni di preparati per paella, curry, abodo e fiori d’anice.
Recuperata la valigia prendiamo l’autobus per andare alla sede della Budget in Avenida de Kansas City e ritirare la macchina. Ci danno una Peugeot 208 che sarà un po’ casa per i prossimi 5 giorni.
Alle 13:30 in punto partiamo per La Linea della Conception, la località spagnola a 1,5 km dall’enclave inglese di Gibilterra.
Non c’è molto da segnalare durante il viaggio, guidare non è affatto difficoltoso, la strada è buona e nei 200 chilometri che ci separano dalla meta la cosa che spicca di più è l’altissima concentrazione di pale eoliche. La zona è molto ventosa e sicuramente è l’ideale per installare centrali di questo tipo, però l’impatto paesaggistico c’è. Per carità, l’energia pulita è cosa buona giusta ma l’occhio vorrebbe per sé solo il meglio e il meglio, in questo caso, sarebbero state le colline brulle, la vegetazione ricca in prossimità di pascoli e corsi d’acqua, e nient’altro, salvo qualche fattoria isolata. E invece…
Dopo due ore di marcia all’orizzonte si staglia la Rocca di Gibilterra, l’enorme sperone di roccia che ospita da secoli il territorio d’oltremare inglese più famoso e strategico. Da notare: gli spagnoli non amano particolarmente questa “colonia” e finché non arriverete a 5 chilometri da Gibilterra non troverete nessuna indicazione per arrivarci. Nessuna 🙂
Lasciamo le valigie in hotel, il Marriott AC La Linea, prendiamo qualche informazione e ci spostiamo verso il confine, dove c’è da fare dogana sia a piedi sia con l’auto. Noi siamo arrivati a un parcheggio vicinissimo alla frontiera, abbiamo pagato 2 Euro per tutto il tempo necessario alla visita e carta d’identità alla mano siamo passati dalla Spagna al Regno Unito. La prima cosa che ti trovi davanti appena entri a Gibilterra? La classica cabina telefonica rossa! Così capisci subito che lì le cose sono diverse…
Per arrivare in centro bisogna camminare un bel po’ e dopo questa prima scarpinata del giorno facciamo una pausa nella piazza Grand Casemates, dove mangiamo – cosa? – fish & cheaps 😉
Da qui inizia Main Street, la strada principale di Gibilterra piena zeppa di negozi e duty free (un paradiso per comprare tabacchi e alcolici), che risale fino alla funicolare. Ma… la teleferica che collega alla parte superiore della rocca, per visitare il parco naturale, è in programma domani 😉
Ormai distanti almeno un’ora di cammino dalla base di partenza, decidiamo di rientrare con un mezzo pubblico – che neanche a dirlo, è il classico bus rosso a due piani. Paghiamo 1.70 Euro e dopo 20 minuti arriviamo di nuovo al confine.
Una guardia, stanca di assistere a un anacronistico teatrino di turisti che sembrano varcare una zona di guerra, è l’emblema di un’ormai tiepida rivalità che qui sembra non essersi rassegnata al passare del tempo e della storia.
Per mettere fine a questi ragionamenti a metà strada tra storia, filosofia e geografia non resta che buttarsi di nuovo a capofitto nella gastronomia. E visto che un recente viaggio a Bath e Bristol ci ha fatto conoscere bene le “grandi” specialità della cucina britannica, decidiamo che per mangiare si può tranquillamente tornare in terra spagnola e godersi ancora qualche tapas.
La scelta del locale ricade su La Serrana, un trionfo di portate e di cucina caratteristica. Scegliamo spiedini di pecora, di maiale e di pollo, accompagnati da crostini con granchio e caviale, salmone e caviale, e formaggio con miele e noci. Un paio di birre e ancora un conto ridicolo: 16.80 Euro in due.
Come direbbe il nostro uomo della reception: “Andate a visitare Gibilterra, però poi mangiate a La Linea” 😉

05/10 Gibilterra

La giornata è interamente dedicata alla visita della rocca e questa volta, per la prima volta – avendo visto il giorno prima che la situazione alla frontiera non era poi così caotica – decidiamo di non dare ascolto alla guida, che sconsigliava di superare il confine in auto, e procediamo spediti fino alla funicolare. Nessun traffico congestionato, nessuna fila al controllo passaporti, niente di apocalittico. In compenso abbiamo risparmiato qualche chilometro di passeggiata e non è poco visto che le energie serviranno nel resto del giorno.
Per una visita piuttosto impegnativa bisogna calcolare almeno 4 ore, tenendo conto che ci saranno da fare grandi scarpinate, salite ripide e percorsi tutt’altro che agevoli tra gradini e strutture fatiscenti. Ecco, la prima cosa inspiegabile di questo complesso dalla lunga storia e presentato come di “grande importanza”, è lo stato di semi-abbandono in cui versa. Cioè, per portare turisti in cima con la teleferica, il governo inglese si fa pagare ben 14.70 Euro per un passaggio di pochi minuti, però una volta a destinazione li lascia un po’ a se stessi: tranne uno shop con annesso ristoro non ci sono mappe, le indicazioni sono pochissime e – come già detto – le strutture esistenti sono piuttosto malconce. Un bel paradosso se si pensa che tutta l’area è coperta dal wi-fi incluso nel prezzo del biglietto. Chi ha uno smartphone può così scaricare l’app che almeno qualche informazione la dà, chi non ha uno smartphone dovrà arrangiarsi diversamente.
Ci sono tante modalità per acquistare il biglietto: solo andata, a/r, per la fermata intermedia inclusi gli ingressi alle grotte e al castello moresco. Ognuna ha un prezzo, noi abbiamo scelto la modalità a/r.
La visita alla riserva naturale è sempre compresa nel costo di qualsiasi biglietto, si pagano a parte solo gli accessi alle caverne e al castello moresco. Oppure con 28.70 Euro si compra il biglietto che include tutto.
La rocca è alta 400 metri e il perimetro visitabile misura circa 5 chilometri. Dalla sommità si distingue chiaramente la costa africana del Marocco, l’altra colonna di Ercole, a soli 13 chilometri di distanza.
Per fortuna la giornata è splendida, l’aria è limpida e grazie al punto di vista privilegiato e alla prospettiva che abbiamo, le circa 50 navi in transito nel famoso stretto sembrano delle barchette. Si cammina molto, fa caldo, e consumiamo molte energie per raggiungere un osservatorio della II Guerra Mondiale, una delusione che sconsigliamo: solo fatica sprecata, la vista da lì non è poi così diversa rispetto ad altri punti più semplici da raggiungere.
Sulla strada del ritorno incontriamo un anziano in difficoltà con la sua auto a noleggio (perché affittare una macchina per venirsi a impiccare fin quassù in una strada stretta, ripida e pericolosa?!) e decido di non girarmi dall’altra parte, mi fermo e chiedo se ha bisogno di aiuto. Domanda retorica perché il nonnino stava per spaccare tutto, incollato in salita non riusciva a ripartire da fermo ed era ormai a pochi centimetri da una roccia: prendo il suo posto, spengo l’aria condizionata e sposto la macchina in una zona più tranquilla, ma nuovamente in salita. Così colgo l’occasione al volo… per prendere un passaggio per noi fino alla prossima discesa! 🙂
Fatto! La buona azione ci premia perché accompagnare il nonno sano e salvo a destinazione ci fa risparmiare del tempo e un bel po’ di salita.
Prima di raggiungere la fermata intermedia della funicolare salutiamo e facciamo le ultime foto alle vere regine di Gibilterra: le scimmiette bionde famose in tutto il mondo.
Questa colonia di macachi è l’unica in terra europea che vive in piena libertà, allo stato naturale, e la leggenda vuole che finché ci saranno loro, Gibilterra sarà inglese. Se le cose stanno davvero così mi sa che gli inglesi possono stare tranquilli, i macachi sono tantissimi, sembrano sereni e ben integrati con le persone che le visitano ogni giorno presso l’Apes’ Den. Ah! Non date loro cibo, non tentate approcci troppo confidenziali con i piccoli, non lasciate zaini abbandonati neanche il tempo necessario per scattare una foto, non tirate fuori buste di plastica. Siete avvisati, qui i padroni sono loro, non voi 😉
Tornati alla macchina decidiamo di non rientrare subito ma di continuare a visitare la parte nascosta di Gibilterra, quella dietro la rocca, che abbiamo potuto ammirare dall’alto. Visita consigliata, c’è un bel faro, una moschea, spiagge e Catalan Bay, un pittoresco villaggio di pescatori. Ovviamente senza macchina è molto difficile arrivarci 😉
Solo alla fine, durante il ritorno in hotel, ci siamo ritrovati incolonnati in fila, ma la causa è stata bene accetta per quanto insolita: un passaggio a livello bloccava il traffico per… il decollo di un aereo! Sì, perché per accedere a Gibilterra bisogna attraversare la pista di un aeroporto e quindi, che sia a piedi o sia in macchina, per passare bisogna aspettare che gli aerei finiscano le loro manovre.
Altra segnalazione utile: i parcheggi blu durante il week end sono tutti gratuiti, peccato però che troverete buona parte dei negozi chiusi.
Rientrati in terra spagnola che è sera, si decide rapidamente che la squadra vincente non si cambia. Quindi si ritorna a La Serrana, non senza difficoltà per parcheggiare (una costante, anche indicata sulle guide): i pochi posti disponibili vanno decifrati tra segnaletica orizzontale e verticale, strisce blu, bianche, listoni del marciapiede gialli, divieti e passi carrabili sui portoni che però si applicano sulla sponda opposta. Insomma, se trovate parcheggi a pagamento è meglio, tanto non costano molto ma almeno state tranquilli e risparmiate tempo e stress.
Guadagnato un tavolo, ordiniamo due montaditos (saltinbocca): uno con chorizo e Roquefort e un altro con salchichones y queso. Poi una bella moussakà e gli spiedini di maiale che conosciamo bene. In totale spendiamo 19.20 Euro e anche stavolta siamo soddisfatti, al termine di un’altra giornata indimenticabile tra Spagna… e Regno Unito 😉

07/10 Gibilterra – Cadice (122 km)

Sveglia con tutta calma, ricca colazione in albergo, check-out e di nuovo in macchina, verso una nuova destinazione: Cadice.
Considerata una destinazione minore dell’Andalusia, ha però una storia importante: è l’insediamento urbano più antico d’Europa ininterrottamente abitato da migliaia di anni. Insomma, un luogo in linea con i miei gusti di viaggio recenti che prediligono i piccoli centri con spiccata personalità alle grandi metropoli sempre più omologate, che si assomigliano un po’ tutte.
Dopo un paio di ore di guida, arriviamo all’hotel Monte Puertatierra e usciamo subito ad ammirare l’immensità dell’Oceano. Qui il cielo e il mare sono di un azzurro intensissimo e tutta la città ha una luce particolare, brilla. Il centro storico dista solo 10 minuti, così superiamo Plaza de la Costitution e raggiungiamo il cuore di Cadice: la sua cattedrale e la bellissima piazza del sagrato.
Dopo una pausa ci immergiamo nei vicoletti del centro e notiamo che anche qui, nonostante sia lunedì, è tutto chiuso. Poi vediamo esposti gli orario di apertura di un negozio: mattina dalle 10:00 alle 14:00 e pomeriggio dalle 18:00 alle 21:00. Questa sì che è vita! 🙂
Siccome sono passate da poco le 15:00 entriamo in uno dei pochi locali aperti, una pasticceria, e assaggiamo un tipico dolce: il polverone, un biscotto farinoso che una volta masticato si sfalda tutto lasciando una sensazione non troppo gradevole, a metà strada tra il soffocamento e una palata di sabbia in bocca. Anche il sapore non è granché, tanto che non merita il bis.
Allora decidiamo di allungare verso la spiaggia de La Caleta per prendere un po’ di sole in attesa che i negozi riaprano. Attesa che poi scopriremo risultare vana, perché il 7 Ottobre è il giorno della Vergine del Rosario e Cadice si ferma per onorare la sua santa patrona. Questo vuol dire che troveremo poche attività aperte, però assisteremo a una sentitissima e partecipata processione in pieno stile andaluso. Uno stile che si riconosce anche in tutti i dipinti e le sculture sacre, dove la sofferenza viene espressa da sguardi spenti, atmosfere cupe e rappresentazioni di ferite ancora più ampie e sanguinose di quelle che conosciamo noi nell’iconografia religiosa italiana.
Di ritorno dal mare incrociamo il corteo della processione e ci fermiamo ad assistere al passaggio della banda, piuttosto sorpresi di non vedere alcuna statua davanti ai fedeli. Ce ne facciamo presto una ragione ed entriamo da el Aljibe, un ristorante consigliato dalla guida che al piano terra funziona come tapas bar. C’è molta confusione per via della festa ma riusciamo a trovare un tavolo e ceniamo ancora una volta in modo magnifico, spendendo solo 25 Euro: involtini di salmone con formaggio e capperi, spiedino di maialino iberico e salsiccia in salsa BBQ, pesce pietra con riso in salsa verde, frittelle di bianchetti della baita e le crocchette della casa, a base di patate e carne.
Usciamo belli sazi e troviamo una sorpresa: la chiesa di fronte al ristorante è la sede principale della festa, non la cattedrale! Quindi ci troviamo di fronte a una grande folla che attende… l’arrivo della Madonna!
Proprio così, quello che ci aspettavamo di vedere prima sta arrivando proprio davanti a noi: un enorme baldacchino che ospita una statua della Madonna con bambino, tutto finemente scolpito e decorato come un blocco unico, massiccio. D’argento.
La visione è impressionante, anche perché i portantini sono celati sotto la struttura e restano invisibili al pubblico, così la Madonna sembra fluttuare nell’aria in tutta la sua magnificenza.
A piccoli passi e con sapienti manovre, la statua passa davanti al cordone di militari in alta uniforme ed entra in retromarcia nella chiesa, per tornare verso il suo altare. Una volta stabilizzata, il parroco recita ad alta voce una preghiera che ha tutto il tono dell’incitamento, l’euforia della folla sale e culmina in un applauso collettivo mentre i portantini escono affaticati e sudati da sotto il baldacchino. Mentre si mettevano in posa per una foto ricordo ne avrò contati una cinquantina…
Ebbene sì, la cattolicissima Spagna non si smentisce: qui la Chiesa ha ancora un forte alleato. Fortissimo 😉

08/10 Cadice – Sanlucar de Barrameda – El Puerto de S. Maria (110 km)

Oggi abbiamo in programma di visitare un paio di città vicine a Cadice. Sanlucar de Barrameda e El Puerto de S. Maria sono due località del cosiddetto “triangolo dello sherry” (la terza è Jerez de la Frontera), famose per la produzione di questo vino e non solo, perché sono due città di mare piuttosto rinomate e a misura d’uomo.
Ero partito dall’Italia con l’intenzione di visitare qualche agenzia immobiliare a Sanlucar, per vedere qualche casa e poi, una volta sul posto, mi rendo conto che ci vorrebbe più tempo di una mezza giornata, che di occasioni ce ne sono tantissime, che il mercato immobiliare spagnolo ha avuto un tracollo e che, soprattutto, è ancora una volta tutto chiuso!
Saranno i nostri orari, non so, fatto sta che dal sabato a Gibilterra a martedì a Sanlucar di attività aperte ne abbiamo viste davvero pochine. Pazienza! Visitiamo rapidamente il centro storico, il palazzo municipale in stile neo-mudejar e qui mi fermo a parlare con un anziano su una panchina. Lui è di Siviglia e – guarda un po’ – ha un appartamento a Sanlucar dove trascorre le vacanze e ci tiene a darmi un consiglio: “Provate la tortilla di camarones. Se non lo fate mi offendo!”.
Con questa veemenza come si può dire di no? Piuttosto obbediamo a un ordine tanto invitante e rientrando verso la macchina ci fermiamo in uno dei tanti tapas bar di Plaza del Cabildo per assaggiare questa deliziosa frittatina di gamberetti minuscoli e croccanti.
Ottima sì, ma non può bastare per un pranzo. Così entriamo nel bar Mi Bodega e ordiniamo due panini con il celebre prosciutto Pata Negra, qualità Bellota, la migliore che si può trovare in Spagna (costa tra i 30 e i 60 Euro al chilo), e decidiamo di andare a mangiarli al mare.
Ci dirigiamo verso El Puerto de Santa Maria e raggiungiamo la spiaggia di Santa Catalina, che troviamo semi-deserta. La sabbia è bianca, il mare di un blu intenso e di una forza straordinaria: la forza dell’Oceano Atlantico.
Immergiamo i piedi davanti a onde che si infrangono ripetutamente sulla battigia, dove arrivano alte più di due metri. Il rumore è assordante perché il fronte dell’onda è compatto e lungo decine e decine di metri. Entriamo in acqua con cautela per superare al momento giusto il punto di rottura della cresta, così da non rischiare né di essere travolti né di essere trascinati verso il largo dalla risacca di ritorno, che poi è la cosa più pericolosa. Bastano pochi passi dalla riva per ritrovarsi con l’acqua alla cintola e una sola ondata per ritrovarsi subito immersi fino al collo. Bisogna avere cautela nel fare il bagno nell’oceano, ancora di più se siete a digiuno di mare, onde, correnti, ecc… 😉
Dopo il bagno e il pranzo restiamo a leggere fino alle 19:00, un orario in cui sicuramente troveremo qualcuno aperto in città per comprare questo straordinario sherry che sa di mare e di legno. Alla fine opto per la cantina Obregon in calle Zarza, chiedo un litro della qualità Manzanilla (secco, da servire fresco) e lo spillano davanti a me (2.80 Eu) da una botte nera, che insieme a tante altre e ai poster di famosi toreri costituiscono l’unico arredamento del locale.
E così anche El Puerto è stato visitato, torniamo a Cadice che è tardi, giusto il tempo di trovare un miracoloso parcheggio vicinissimo all’hotel e fermarsi a mangiare un boccone nel tapas bar Alameda: carne di toro, tortilla di patatas, boccadillo jamon serrano y queso (6.50 Euro).
Domattina sveglia puntata alle 09:30, bisogna preparare le valigie e ripartire verso Siviglia, dove ci aspetta l’areo che ci riporterà a casa.

09/10 Cadice – Siviglia – Roma

Di solito non mi piace scrivere del ritorno, anche perché c’è poco da dire. Ma stavolta non è così perché ci aspetta una terribile sorpresa.
Fatta colazione, preparata la valigia, pagato l’hotel, usciamo in strada per prendere la macchina e scopriamo che… qualcuno l’ha già presa!
Neanche per un attimo ho pensato a un furto, perché avevo parcheggiato proprio davanti una stazione di polizia, quindi ho pensato a un carro attrezzi e la conferma arriva subito: sono parcheggiato su una striscia bianca, sì, ma riservata ai motocicli!
La sera prima, complici le fronde degli alberi, il buio, la stanchezza, non l’abbiamo proprio visto e la tortilla è stata fatta. Inutile stare a frignare, abbiamo un aereo da prendere in un’altra città e bisogna passare all’azione.
Entriamo nella caserma della polizia che ci rimanda alla municipale, giusto 2 chilometri più avanti. Prendiamo un autobus al volo e una volta a destinazione i vigili ci informano che l’auto non è lì ma al deposito giudiziario… giusto 4 chilometri indietro, nella stessa direzione da cui venivamo! Stavolta ci serviamo di un taxi (6 Euro) per tornare a Campo del Sur, la zona della cattedrale dove è custodita la macchina in un parcheggio sotterraneo.
Prima di ritirare l’auto mi indicano un ufficio distaccato dove pagare il verbale, fortunatamente a ‘sto giro è tutto aperto e riesco a pagare la multa di 40 Euro in tempi veloci. Penso che sia fatta, ma la mazzata deve ancora arrivare perché l’intervento del carro attrezzi ha un costo: 139.60 Euro! Pazienza, la disattenzione è costata cara ma perdere il volo costerebbe ancora di più, quindi…
Usciamo da Cadice che sono le 12:40, abbiamo il volo alle 16:00 e dobbiamo sperare che non ci siano imprevisti durante il viaggio perché il margine calcolato per questi è stato abbondantemente consumato. Per fortuna il viaggio è regolare, verso le 14:00 siamo a Siviglia, facciamo il pieno prima di riconsegnare l’auto (54 Euro, 1.4/L.), paghiamo il noleggio e alle 14:30 siamo alla fermata del bus. Bus che è appena passato, il prossimo sarà alle 15:07 e non possiamo aspettare: ci tocca ancora un taxi (22 Euro) per riuscire ad arrivare in aeroporto un’ora e 15 minuti prima del volo, un margine accettabile visto che dobbiamo imbarcare un bagaglio.
Alla fine ce l’abbiamo fatta, peccato per i soldi buttati ma l’importante è non aver dovuto improvvisare un piano B, molto più complicato da organizzare.
Non sarà certo questo imprevisto a farmi cambiare idea sul viaggio e sui luoghi visitati: l’Andalusia si è confermata magnifica, ricca di storia, di cultura, di cose belle da vedere e buone da mangiare. Ci tornerò ancora una volta, ancora con più calma.
E poi, quella casa a Sanlucar… 😉

PS: nel 2016 sono tornato davvero in Andalusia, per vedere Granada, Ronda, Cordoba e Malaga.
Leggi anche il secondo diario di viaggio in Andalusia 😉


Note

Durante il viaggio la guida di riferimento è stata la Lonely Planet Andalusia.
Gli hotel sono stati tutti prenotati su Booking.
Il libro letto con Kindle è stato Il sognatore di George Pelecanos.
Spero che questo diario possa stimolare e aiutare altri viaggiatori, sono a disposizione in caso di domande 😉